"La Divina Commedia" (o senza il Divina, se preferite fare proprio gli arcaici...) è secondo me un'opera avanti mille anni rispetto al suo tempo. Al di là del grandissimo intreccio filosofico-culturale, della metrica sopraffina e di tutto ciò che ben sappiamo, volete mettere che genialata? Tutti sono lì a parlare di amore cortese e donne-angelo, e Dante -TAC!- ci piazza un bel libro di mostri e avventura...
"Scherzi" a parte, Dante Rulez.
Pirandello lo trovo personalmente interessantissimo, così come tanti altri: Verga, in misura minore, mi è sempre piaciuto, ma anche Svevo, Foscolo (con quei basettoni, come si può non apprezzarlo?!?), andando più indietro direi che anche Virgilio non scherzava (Titiro e Melibeo erano due che avevano capito praticamente tutto della vita...). Leopardi lo apprezzo come molto come poeta ma non solo (leggetevi il "Dialogo di un Folletto e di uno Gnomo", o il leggendario "Dialogo della Natura e di un Islandese"... Vabbè, gran parte delle Operette Morali), ed anche Pascoli ("quando partisti, come son rimasta! / come l'aratro in mezzo
alla maggese").
Classici sopravvalutati? Ne esistono, secondo me. Purtroppo o per fortuna, ci portiamo dietro dall'Antica Roma una schiacciante consapevolezza/convinzione di come i nostri avi fossero migliori di noi. Questo ha avuto varie espressioni, dal mos maiorum al senso di inferiorità. In letteratura, vige spesso la regola per cui se qualcuno ha scritto qualcosa più di un secolo fa, allora è stupendo. Mi sembra un po' ottuso come punto di vista: perchè deve per forza essere irresistibile un'opera che mi annoia e che proprio non digerisco?
Quando si parla d'arte, io pretendo di riscontrare da un'opera quel primordiale ed infantile senso di appagamento che danno le cose belle. Capisco ed apprezzo ciò che è un buono sfoggio di tecnica (in poesia come in musica, in pittura...), ma ricerco quel qualcosa in più che fa tendere all'assoluto.
Non vogliatemene male: tra le pagine di un libro, ricerco anche il piacere personale.
Se dobbiamo estendere il discorso ai grandi classici mondiali, allora la discussione si fa più corposa: mi sento innanzitutto di acclamare a gran voce il cosiddetto simbolismo francese (ovviamente Baudelaire, Verlaine e Rimbaud ma anche il meno conosciuto Mallarmè, da molti ritenuto punto di partenza per artisti "nostrani" e colossali tipo Quasimodo e udite udite Ungaretti...), poi se proprio devo saltare di palo in frasca e attraversare la Manica, allora non mi potete toccare Coleridge, credo il mio romantico preferito. Ecco, il romanticismo è una fase artistica che ho sempre apprezzato (esclusi i Promessi Sposi ) in diverse sue forme, coincidenti con diverse realtà geografiche: Italia, Inghilterra, Germania, Russia...
Mi rendo conto di come il mio post sia un delirio cronotopico, ma me ne frego abbastanza, e ritengo che un vero genio, che non credo affatto sopravvalutato, sia Shakespeare (o chi per lui, insomma...), che ha donato situazioni mille volte ricalcate e personaggi stupendi alla letteratura (da Calibano a Macbeth...). Tornando ulteriormente indietro nel tempo, e spostandoci ad est, il "tema dell'autore che non si sa bene se sia esistito davvero e se sì quale fosse la sua identità" mi rimanda ad Omero.
Qui, non ci sono ca**i.
Postilla finale: chi di voi conosce Bulgakov? Io ne vado matto.