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Contenuti visualizzati con la più alta reputazione il 14/02/2006 in tutte le aree

  1. Io da poco ho finito di leggere Eragon e Eldest che fanno parte della triologia di Christopher Paolini e che ho trovato molto belli, piacevoli e scorrevoli nella lettura. Poi Il signore delle magie, di Lyndon Hardy, dell'Arnoldo Mondadori Editore. E' uscito nel '89 e lo troverete solo usato. I ribelli di Treason, di Orson Scott Card, della collana Nord. E' a metà tra fantasy e fantascenza ma molto molto bello. Infine, consiglio molto vivamente il ciclo de'I Dragonieri di Per, di Anne McCaffrey, che da poco hanno ricominciato a ristampare con la Nord (Secondo voi l'hanno comprata la Nord o si è rimessa in piedi da sola? Sapevo ched aveva fallito). Buona lettura! Ops! Ho sbagliato libro...ghghgh!
    1 punto
  2. è una definizione di Asor Rosa. i punti di vista sono molteplici. ho riportato l'intervento di Canfora (non sono una fan di Canfora, anzi) proprio per questo. e comunque mi piace pensare che sia un "concetto" mobile, classico per un certo tempo... io continuo a credere che Eco sia un intellettuale, non un classico. e poi stiamo attenti agli "esercizi" di stile e di marketing... È una grande responsabilità culturale la definizione di classico: me ne può dare una? Non è semplicissimo. Quello che dicevo prima riguarda il canone. E il canone non è fatto tanto dalla lettura di un critico o di un editore. La definizione di canone è legata alla sensibilità di un'epoca. Quel che deve fare un editore è piuttosto dare corpo, editorialmente visibile, a questa sensibilità. Ogni generazione poi legge la letteratura in modo tutto affatto autonomo e magari differente rispetto a quella che l'ha preceduta ed è vero che la sensibilità di un'epoca cambia la definizione di un canone, magari solo in piccola parte rispetto alla precedente: un editore deve rendere disponibili i libri di riferimento per la sensibilità peculiare della propria epoca. Antonio Riccardi (oscar mondadori)
    1 punto
  3. Il metodo del tuo DM, per quanto sembri assurdo, non è detto per forza che sia sbagliato. Mi spiego. Ochei che il ladro si becchi più punti degli altri per le trappole disinnescate. E' anche vero, però, che TUTTI si dovrebbero prendere punti esperienza per i nemici uccisi (magari con un bonus o un malus a seconda che abbiano compiuto azioni degne o indegne). Il tuo chierico, invece, potrebbe essere penalizzato in termini di punti esperienza se si mette in prima linea a smazzuolare invece che starsene in disparte a pensare alla salute dei compagni, se, ad esempio, questo è quello che deriva dal suo allineamento e soprattutto dalla divinità che guida il suo cammino. Un chierico di una divinità buona che rifugga la "Bottissima!" e che magari ti abbia fatto scegliere Protection e Good come domini non la vedo molto contenta se tu ti lanci in prima linea a spaccare sederi... E' anche vero che un chierico del genere può trovarsi costretto ad intervenire con mazza e/o spada, e per questo non deve essere penalizzato. Tutto questo discorso per dire che potrebbe anche essere che il tuo DM non si sia sbagliato di tanto... ma per poter giudicare servirebbe sapere che tipo di chierico stai interpretando.
    1 punto
  4. Tempo fa, in questo forum, ho iniziato a trovare il coraggio di mettere per iscritto le storielle che mi balenavano nella testa. Prima in un topic aperto da non so chi, che voleva ricreare l'accogliente atmosfera di una locanda in cui si raccontano piccole storie, piccole vicende della propria vita fantasy. Poi venne La lavagna, e La mia dimora, a raccogliere questi pensieri sparsi, questi pallidi tentativi di narrazione, arte che non mi è mai stata amica. Poi un giorno trovai un topic aperto da questo strano personaggio, con la faccia di Viggo Mortensen se non sbaglio, che diceva di fare un esperimento: era proposta una traccia, un ombra, di un finale di racconto. Beh, la prova consisteva nel creare una storia a piacere, senza ambientazione prefissata o altro, che però comprendesse certi elementi: un chiostro abbandonato, e due persone che si incontrano. Da questo incontro la loro vita cambierà radicalmente. Fu difficile all'inizio accostarsi a questa cosa, perchè non dovevo più scrivere a istinto e in base a quello che mi veniva in mente la momente, ma seguire elementi (anche se pochi) prefissati. Ci misi un po', ma poi "creai" questo... Scomparsa Scomparsa. E' tutto il giorno che la cerco. Ho provato nei bassifondi, in tutti i vicoli, nei locali, dal più chic al più malfamato. Ho chiesto a tutti, a spazzini, postini, autisti e taxisti. Di Lei non c'è traccia. E' sempre stata con me, e ora non la trovo più. Com'è possibile? Non può aver abbandonato la città. Non lo farebbe mai. Questa città è tutto per Lei, e la città è quello che è grazie a Lei. Quando è arrivata qui non era nulla, sconosciuta. Ma poi ha fatto la sua fortuna, e la fortuna della città stessa. Qui c'è l'ambiente giusto, per una come Lei di emergere. E grazie a Lei anche io, per un po', sono diventato quello che sono. Mi ha aiutato, e io ho aiutato Lei. Ormai è molto tempo che la conosco, e non ne posso fare a meno. Devo assolutamente ritrovarla, e riportarla da me, almeno per un po'. Ma nessuno qui non sa niente, nessuno sa dove possa essere. O fanno finta di non sapere. Sono le sei della sera. Non so dove altro andare. Sono già andato in tutti i posti dove andava di solito; tranne quello. Devo provare ad entrare li, per vedere se è passata. E' un brutto posto, lo so, ma ormai ho imparato alla perfezione come muovermi in questa città. Rischio, ma lo so. Ora entro la dentro, mi informo. Qualcuno saprà qualcosa! ................ Lei non c'era, neppure la. Ma ho trovato un uomo, che mi ha detto che anche lui la cerca, per lavoro, e che è riuscito a rimediare un appuntamento per stasera, al parco li vicino. Mi ha detto che se vado anche io probabilmente riuscirò a trovarla; potrei riuscire a fare qualcosa forse, a farla tornare da me. L'ho ringraziato, e ci vedremo alle 21.00 al parco. Ora sto tornando a casa. Entro in casa, apro la porta e mi avvicino al divano. E' molto caldo oggi e la camicia che indosso è tutta sudata, sulla schiena e sul petto. La lancio in bagno, e cado pesantemente sui cuscini del vecchio divano. Si solleva molta polvere, che si incolla alla pelle, ma non ci faccio caso. Chiudo gli occhi, spossato dalla lunga ricerca e dal caldo. E' passata un'ora e mezza. Per fortuna mi sono svegliato. Tra un'ora ho l'appuntamento al parco, e mi devo preparare. Una doccia, veloce e fredda, che mi sveglia completamente. Mi rivesto, e indosso una camicetta aperta sul davanti, bianca, con sopra una giacca elegante gessata, sempre bianca, ma con i bordi neri. I pantaloni sono anch'essi bianchi, e vanno a ricadere leggeri su un paio di scarpe di pelle candida che, allo stesso modo della giacca, hanno i bordi e i lacci neri. Sistemo la cintura, raccolgo il cappello bianco perfettamente abbinato con il completo e mi controllo allo specchio. Beh, quarant'anni, ma ancora un fisico asciutto e muscoloso, perfettamente in forma. La barba è al punto giusto, una via di mezzo tra l'incolto e il curato. Raccolgo la pistola di piccolo calibro, una scaccia cani, e la sistemo sulla caviglia destra, e l'altra automatica nella fondina sottoascellare sinistra. Carica, ma con la sicura. E' sempre pericoloso andare a degli appuntamenti con Lei, visto il nervosismo che permea l'aria in sua presenza. Ma anche a questo sono abituato. Apro l'ultimo cassetto dell'armadio, sollevo il doppio fondo, e raccolgo una nutrita mazzetta di banconote. La sistemo nella tasca interna della giacca, rinforzata con robusta pelle, cuoio. In questa città ci sono più scippatori che piastrelle! Tutto è pronto. Il telefonino lo lascio a casa. In certe situazioni è meglio non avere distrazioni... Esco dalla porta di casa, il taxi chiamato poco fa già pronto ad accompagnarmi. Fornisco indicazioni all'autista sulla destinazione, e sistemo gli ultimi dettagli della cosa. I capelli sono a posto, il naso anche, orecchie pulite. Non voglio fare la figura del pezzente! Ma sono tutto agitato, inizio anche a sudare un poco. Stupido! Quante volte sei andato ad appuntamenti come questo?100?1000? un sacco di volte..eppure sembri un bambino delle medie! Mi dico mentre il taxi prosegue, con una fastidiosa musica country di sottofondo. Dieci minuti, e il tassista arriva nel posto designato, poco distante dal parco dove la incontrerò. Lo pago con i pochi soldi tenuti in portafogli, dando anche una mancia di pochi dollari. L'auto si allontana, e io finalmente mi dirigo, con il cappello in testa, verso il parco. Trovo la panchina scelta, mi guardo attorno e noto che non c'è nessuno. Sospiro e mi siedo in attesa. Si fa sempre attendere; questa pessima abitudine. Però l'attesa è utile, per calmarsi. I battiti del cuore scendono, e riassumo l'aspetto di un uomo maturo, come mi è consono. L'ora stabilita per l'appuntamento passa, di molto, e ancora non si vede nessuno; in più il tempo sta peggiorando a vista d'occhio, e a momenti dovrebbe piovere. Qua quando viene un temporale estivo è una cosa tremenda. Sto quasi per spazientirmi, quando una macchina si avvicina al parco. Ne scende l'uomo del bar, che mi dice che è cambiato il posto e si era dimenticato di me. Salgo in macchina, al posto passeggero, e il viaggio comincia. Poco dopo comincia a piovere, e un forte vento scuote gli alberi e la macchina in corsa. Per strada parlo un po' con l'uomo; è esattamente come me l'aspettavo; si chiacchiera del più e del meno per un po', di come la squadra della città abbia vinto l'ultima partita di baseball, e di quanto vacca sia quell'attrice. Mi dice anche che quando saremo sul posto, un altro parchetto, potrò andare avanti io, per primo; lui non ha fretta, e sembra che la mia sia una cosa più urgente. Lo dice con un sorriso sulle labbra, d'intesa, e solo allora mi accorgo di aver riiniziato a sudare. Sono anche un po' pallido. Mi asciugo con un fazzoletto, e finalmente arriviamo al parchetto. Non è molto grande, ed è già sconquassato dalla pioggia che scende in quantità esorbitanti. Poco distante c'è un piccolo chiostro, con una piccolissima tettoia, nella quale si ripara una figura. E' in piedi, di spalle, con una piccola valigetta appoggiata di fianco; una valigetta lucida, metallica, che riflette i lampi con la sua superficie specchiata. La tipica ventiquattrore. Raccolgo la giacca sopra la testa ed esco di corsa dalla macchina, dirigendomi verso il chiostro. Sono agitatissimo, dalla pioggia e dall'emozione. Addirittura ho le mani che mi tremano. Sembro un novellino! So benissimo che è pericoloso correre, vista la molto probabile tensione del momento, ma sono ansioso di vederla e di assaporare il suo gusto, la sua forza, la sua tenacia. Fortunatamente la figura mi scorge in tempo, e non reagisce in malo modo; raggiungo il felice riparo della tettoia, e scrollo la giacca inzuppata di pioggia. L'uomo sotto la tettoia mi guarda; non è che mi aspettavo! Ma non importa. So già che lui potrà fare qualcosa per me, per permettermi di vederla, di incontrarla ancora. E ancora... Qualcosa all'improvviso non mi convince. Perché questo posto? cosi in vista?e niente altro che io e lui? No, qualcosa non sta andando come previsto, e mi rendo conto di dovermela sbrigare alla svelta. Farmi dire come incontrarla, e via. O se può provvedere lui stesso, che lo faccia in fretta. L'uomo, con il volto riparato dal colletto alto dell'impermeabile lungo, mi guarda con aria interrogativa. Io capisco subito, e apro la tasca interna della giacca. Solo allora mi accorgo della pistola nella fondina sotto ascellare; l'uomo l'ha vista sicuramente, e forse è anche per quello che mi guarda cosi. Lo tranquillizzo con uno sguardo e un sorriso, e lui mi fa cenno che va tutto bene. Estraggo i soldi dalla tasca, glieli faccio vedere e allora l'uomo raccoglie la valigia da terra. Poi succede il finimondo! La macchina con l'uomo che mi ha accompagnato fino a qui, il mio contatto, parte all'improvviso, sgommando, e sbattendo violentemente la portiera del lato passeggero contro un albero, che si richiude in uno schianto. L'uomo estrae la pistola, allarmato, e io con lui. Ci guardiamo sospettosi un attimo, con le pistole pronte a forare il rispettivo petto, le sicure già disinserite. Poi il suono delle sirene arriva a me! Macchine della polizia stanno arrivando tutto attorno a noi. Sento le ruote della macchina partita di corsa fischiare inchiodando, e poi un forte schianto. I rumori della pioggia che scende scrosciante confondono i miei sensi, ma qualcosa riesco a distinguere. E poi, oltre alle sirene tutto attorno a noi scorgo le luci dei lampeggianti, che si confondono e diffondono nelle gocce di pioggia. Sembra una discoteca all'aperto, mentre iniziano a circondare il parco. L'uomo impreca, furioso e disperato, e poi inizia una folle corsa nella direzione opposta a quella della macchina, pistola alla mano. Io capisco immediatamente che Lei è in pericolo, e mi lancio all'inseguimento, o forse in aiuto, di quell'uomo. Non la abbandonerò! La nostra corsa prosegue rapida e scomposta tra gli alberi, in continui scivoloni con le scarpe colme di fango. Ma non mi fermo e continuo la mia corsa dietro all'uomo. Poi li vedo! Sono in tre di fronte a me, poliziotti con le pistole in mano. Anche l'uomo li vede e due colpi partono dal revolver nella sua mano. Finiscono a mezz'aria, persi tra le gocce di pioggia e gli alberi del boschetto, ma costringono i poliziotti a nascondersi. E anche noi facciamo lo stesso. L'uomo mi guarda e mi urla furioso che era una trappola, per catturarla, che qualcuno ha fatto la spia. Dice di andarmene, in una direzione diversa dalla sua, che dividersi è meglio, per confonderli. Ma io non voglio perderla ancora, e non mi muovo di un passo. Con rabbia mi sputa contro, e una voce ci raggiunge, amplificata da un megafono, che ci suggerisce di arrenderci, che non ci sarà fatto alcun male. In tutta risposta l'uomo bestemmia e poi esce dal nascondiglio dell'albero, per scattare verso un altro gruppetto di giovani aceri a qualche metro da li, facendo esplodere altri due colpi contro gli alberi che offrono protezione agli sbirri, all'unisono con la mia pistola. Tutti i colpi si infrangono contro la corteccia solida e robusta di un albero, ma un proiettile riesce a perforarlo, e un corpo cade di lato, senza proferire suono o parola, ma interrompendo la voce del megafono. Probabilmente quella testa ora ha un orifizio in più.., pensò cinicamente e con un sorriso sulle labbra. Continuo lo scatto verso gli alberi, con l'acqua che mi disturba la vista e i movimenti. Poi finisce tutto! Un boato sordo esplode alle nostre spalle, e un proiettile di fucile raggiunge l'uomo di fronte a me alla spalla sinistra, da dietro, forse al cuore. Mentre cade in avanti con un urlo soffocato dal dolore, altri due colpi lo raggiungono, probabilmente destinati a me, figli di un mitra impugnato probabilmente da un giovinastro figlio di papà che si è ritrovato a fare il poliziotto per chissà quale motivo. O almeno cosi mi piace pensare. Lo colpiscono alla gamba sinistra, perforandogli un arteria; l'uomo cade a terra di viso, cozzando violentemente contro un sasso li per terra, e sfondandosi il cranio, con un rumore sordo, come quello di un melone lanciato contro una parete. Il sangue va ad annacquare il liquido della pioggia, colorandolo di un rosso scarlatto, tremendamente vivo nel buio della notte. Ma l'ultimo colpo, quello peggiore giunge a Lei. La valigetta esplode, vittima della violenta botta di un proiettile in coscio del dolore, inconsapevole del suo delitto. Si apre, disperdendo nell'aria una nuvola di polvere bianca, preziosa quanto l'oro: COCAINA! Mi tuffo a capofitto sulla valigetta, cadendo sulle ginocchia, con il sudore che esce a fiumi dalla mia fronte, nonostante la pioggia. Sento le prime reazioni della crisi d'astinenza confondermi il corpo, improvvisamente consapevole di averla appena persa. Cerco di cogliere tutto il possibile da quella pioggia, cosi diversa da quella che fino a quel momento ha bagnato il mio corpo. Invano. Le lacrime si avvicinano agli occhi, insoddisfatte dell'umidità creata dalla pioggia, vittime di un dolore troppo grande da sopportare. Ma non tutta la cocaina è uscita dalla valigetta, molta è ancora raccolta li dentro. Devo prenderla, prima che si bagni! La mia testa cade all'interno del contenitore, e inspiro selvaggiamente dal naso, leccando la superficie, in una furia disperata e bisognosa, troppo simile a un assetato nel deserto. La polvere sale rapidamente nelle mie narici, bruciando come il sole di quel deserto in cui mi sono perso, raggiungendo i polmoni come una valanga di fresca neve. Improvvisamente sento una grande energia invadere il mio corpo, una scarica di potere viva come una bestia carnivora. Il sudore si ferma, e io ritorno alla realtà! Sento di colpo le voci dei poliziotti che mi intimano di fermarmi, di non muovermi. Sono ancora a qualche decina di metri, e io mi sento forte come non mai, oltre che rabbioso per averla uccisa cosi. Con un urlo smodato salto in piedi, raccogliendo anche la pistola dell'uomo ormai morto. I proiettili vengono sputati fuori dalla canna della mia pistola, in rapida successione, mentre mi tuffo in avanti, per cercare riparo dietro a un grosso tronco. Uno dei miei proiettili raggiunge il petto di un poliziotto, che cade a terra con un grottesco urlo di sofferenza, ma donando a me grande fiducia. Sparo qualche altro colpo dietro di me, senza fermarmi dietro all'albero, ricolmo di energia, ebbro del potere che sento in me, e poi scaglio il revolver scarico contro i poliziotti, mentre estraggo la scacciacani dalla caviglia, senza smettere di svuotare il caricatore dell'automatica contro i miei avversari. Forse un altro colpo raggiunge il bersaglio, forse no. Non lo capisco. All'improvviso inizia ad annebbiarsi la vista, il respiro si fa faticoso e pesante, mentre sento il cuore accelerare ardentemente i battiti. Non controllo più completamente i miei arti, e la scoordinazione si impadronisce del mio corpo. Ma non mi fermo, continuo la mia corsa disperata, energica, e sparo qualche colpo a mezz'aria, leggermente consapevole che è assolutamente inutile. Non sento quasi i colpi partire dalla mia arma, le orecchie ovattate dalla pressione sanguigna, e il rumore coinvolgente della pioggia che scroscia in volute spaventose sul mio corpo. E non sento neppure il colpo che mi raggiunge, al ginocchio, in piena rotula. L'osso si frantuma, disperdendosi nella mia carne in mille frammenti pungenti, mentre il mio corpo si avvicina velocemente al terreno. Sto quasi per toccare terra, quando un altro colpo, frutto della stessa raffica, sconquassa anche il mio fianco sinistro, entrando e uscendo come un coltello fa nel burro. Tocco terra appoggiandomi sul fianco, e poi a pancia in su. Ma il dolore non è molto forte, reso più mite dal potere della bianca polvere, che mi permea il corpo. Non sono preoccupato per i proiettili, ma per il fatto che sto per morire di overdose, colpa di un taglio sbagliato, per guadagnare di più. I polmoni si stanno gonfiando dentro di me, e comprimono il mio petto, mentre il cuore fatica a svolgere il proprio lavoro, e una schiuma bianca esce dalla mia bocca, in ondate di morte. Sto per morire: questa volta Lei mi ha tradito! La consapevolezza mi insinua una strana calma, solo mentale, mentre le convulsioni fanno saltellare il mio corpo nella pozza d'acqua a terra, e mentre il sangue disegna strane forme fuoriuscendo da me. Ma so che non voglio rischiare di essere salvato. Sarebbe tremendo vivere nella consapevolezza del tradimento. Un ultimo tremito, violento. Un ultimo respiro, faticoso. Un ultimo movimento, lento. I miei occhi si aprono di scatto, consapevoli della morte di fronte a loro, veicolata da una canna di pistola che mi osserva, sorridente, pronta. E poi alzo il braccio, di scatto, che impugna la scacciacani. E incredibile come, quando si sta per morire, tutto diventi cosi lento. Il dito del poliziotto si muove a premere il grilletto, lo vedo, mentre il mio braccio muove i primi centimetri da terra. E poi il cane della sua pistola, saetta abbaiando verso la testa del bozzolo, che esplode in una pioggia di scintille, un'altra ennesima pioggia a sconvolgere il mio corpo. Quasi vedo il proiettile venirmi incontro, infrangere le gocce di pioggia nella sua corsa inarrestabile, deciso e spietato come la falce della morte stessa. Poi lo sento penetrare nel mio cranio. Troppo simile ad un verme in una mela, rosicchia la buccia e poi la carne, affamato di dolore. Entra, esce e si conficca nel terreno. Pochi istanti ancora, in cui il sangue caldo si diffonde nel cervello e nel cranio, e poi i miei occhi non vedono più niente. Solo rosso..e freddo.
    1 punto
  5. Bel racconto, Strike! Non mi pare di avere particolari consigli da darti, mi piace il tuo stile. Voglio solo sapere come continuerà! -MikeT
    1 punto
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