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  1. Il mese di aprile, abbiamo pubblicato un articolo del prof Marrelli che affrontava cinque falsi miti sulla spada medievale. Con questo articolo è tempo di parlare di un’altra arma spesso mal dipinta dai media. Quali miti (falsi e meno falsi) circondano… l’arco? 5 – E’ un’arma facile da produrre, anche in condizioni di emergenza Costruire un arco e delle frecce di fortuna è sicuramente un’impresa possibile, ma tutt’altro che banale e che richiede buoni doti tecniche e manuali. Fornisce risultati interessanti ma comunque ben lontani da una fabbricazione artigianale di una certa qualità, come è possibile vedere dai seguenti video di Primitive Technology. Un simile arco ha una portata ridotta e, sebbene possa essere usato come rudimentale strumento di caccia e di guerra, richiede perizia e fortuna per mettere a segno un colpo letale. La fabbricazione di un arco tradizionale, ottenuto da un unico pezzo di legno, necessita invece di un lavoro estremamente più complesso e ricercato: la scelta di un legno ottimale, come quello di olmo o di tasso, che abbia le caratteristiche di resistenza e flessibilità ideali per il tipo di arco prodotto; un periodo di essiccazione del legno stesso, che può durare diversi mesi. In caso di archi compositi, poi, la presenza di altri materiali, come l’osso e il cuoio, ma soprattutto delle colle può ulteriormente complicare il processo. Le corde, le piume e le punte delle frecce, poi, non possono essere ottenute semplicemente dagli alberi. Le frecce, inoltre, richiedono legni diritti e regolari, privi di nodi e spaccature, del diametro giusto altrimenti il loro volo sarà imprevedibile. In una simile situazione, probabilmente, una rudimentale lancia è più semplice da costruire e decisamente più efficace. 4 – Arco e frecce si possono portare comodamente a tracolla Tanto il cinema quanto i videogiochi ci hanno insegnato che è possibile portare un arco “a tracolla”, con la corda a contatto con il petto, e altrettanto classica è la posizione a spalla della faretra. Partiamo dal primo punto: un arco è di solito riposto “smontato”, ovvero togliendo la corda. In questa condizione, l’asta dell’arco è più lunga e diritta e tale condizione deve essere mantenuta. Questo perché il legno dell’arco, se tenuto incordato, finisce per prendere la piega che la corda gli impone e si riduce drasticamente la forza che esso è in grado di sprigionare. Per questo motivo, quando non è in uso, l’arco deve essere trasportato senza la corda. Questo ovviamente rappresenta anche una fonte di pericolo, in quanto rimettere la corda all’arco richiede il tempo necessario a incurvarlo, di solito con l’ausilio delle gambe, e di reinserire l’asola nell’estremità libera dell’asta. Un combattente preso di sorpresa, dunque, difficilmente avrà il tempo di preparare un arco smontato. Inoltre, come vedremo dopo, alcuni archi (soprattutto quelli da guerra) sono in grado di sprigionare tensioni incredibili che renderebbero il tenere l’arco montato a tracolla… una vera tortura! Per quanto riguarda poi le faretre, sebbene in altre culture si usassero a spalla, in Europa esse erano generalmente portate alla vita: una faretra in spalla, infatti, oltre che rischiare di urtare sugli stipiti delle porte, è particolarmente controproducente per un arciere che si dovesse abbassare, ad esempio per compiere un’azione furtiva o semplicemente per rifugiarsi dietro un ostacolo. In tal caso, le frecce rischierebbero banalmente di scivolare via in avanti, cadendo dalla faretra. Inoltre il movimento per estrarre una freccia da una faretra sulla schiena è molto più ampio e sicuramente anche più scenografico, ma richiede molto più spazio di quanto non sia quello dell’estrazione dalla vita, concetto che, nella realtà, si applica ad esempio anche alle spade. 3 – E’ un’arma adatta ai combattenti più deboli e fragili Ancora una volta è il cinema, soprattutto quello fantastico, a peccare nell’associare spesso le figure più gracili ed esili all’uso dell’arco: lo vediamo in vari personaggi elfici del signore degli anelli così come in molte figure femminili, per esempio Ginevra del film King Arthur. La forza necessaria per tendere un arco si misura tradizionalmente, a causa dell’influenza anglosassone sullo studio moderno di questo strumento, in libbre: una libbra è un’unità di peso britannica pari a circa 450 grammi. Questo significa che, per esempio, un arco da caccia da 40 libbre richiede, per essere teso, la stessa forza necessaria per sollevare un peso di 0,45 x 40 = 18 kg, come due confezioni da sei bottiglie d’acqua da un litro e mezzo. C’è tuttavia da dire che per sollevare questi 18 kg non si possono usare molti dei muscoli che useremmo normalmente per sollevare un peso, come quelli delle gambe. Tutta la forza è invece impressa unicamente dai muscoli delle braccia, delle spalle e del torso. Si evince dunque che, mentre una persona fisicamente poco prestante possa tranquillamente usare archi dal libbraggio leggero, l’aumentare della potenza dell’arco richiede forze importanti. Per misurare il libbraggio di un arco, ci si appende LETTERALMENTE un peso equivalente. Ma perché aumentare il libbraggio di un arco? Dove una trentina di libbre sono probabilmente sufficienti per provocare, nell’uomo, una ferita che, ben posizionata, possa rivelarsi letale, un arco poco potente tenderà a scagliare frecce più lente, mentre uno con libbraggi più elevati sarà in grado di lanciare proiettili più pesanti e scaraventarli più lontano. La forza di un arco infatti è collegata con l’energia cinetica del proiettile scagliato, e da li alla velocità della freccia. Se l’arco fosse una molla ideale, sarebbe relativamente facile calcolare l’energia (Em) immagazzinata e poi trasformata nell’energia cinetica della freccia (Ec). In questo caso, la forza necessaria per tendere l’arco è direttamente proporzionale all’allungamento (x) dello stesso, cioè di quanto si allontanano l’impugnatura e la corda dell’arco, e tale distanza è anch’essa direttamente proporzionale alla velocità (v) della freccia. Tuttavia, un arco non è una molla ideale: la forza necessaria per tenderlo non aumenta linearmente con il tendersi della corda, ma ha una cosiddetta “curva di carico” che descrive quanto sia difficile tirare la corda in ogni momento della trazione. E’ dunque possibile fare solo ragionamenti di massima e il rapporto tra il libbraggio dell’arco e la velocità della freccia deve essere valutato nei singoli casi. 2 – E’ un’arma formidabile (o, al contrario, inutile) contro avversari in armatura “E qui si apre il vaso di Pandora”. Preparatevi, perché sarà lunga. Partiamo da un presupposto fondamentale. L’intelligenza non è una prerogativa degli ultimi decenni: storicamente, gli uomini hanno sviluppato tecnologie, al netto dei materiali disponibili, in modo da produrre i risultati migliori o quantomeno più adatti al contesto, sia per quanto riguarda le armi che le protezioni da esse. Appurato dunque che i nostri antenati non erano degli stupidi, e che c’erano buoni motivi sia per usare l’arco che per le armature, andiamo a capire il rapporto che c’è fra questi due oggetti d’uso bellico. Prima di proseguire, voglio farvi notare che questo è un argomento molto caldo e dunque proporrò qualcosa di assolutamente nuovo. Le fonti. Nel mondo antico, gli arcieri erano considerati unità di supporto, disturbo e distrazione, il cui scopo era principalmente quello di appesantire il morale dei nemici: certo, una freccia acuminata è ovviamente un’arma letale e una salva di frecce poteva mietere più di una vittima. Sin dall’epoca delle prime civiltà, tuttavia, l’uso di scudi e armature ridusse drasticamente questa eventualità. Blyth, in “The Effectiveness of Greek Armour Against Arrows in the Persian War”, denota ad esempio come un arco persiano risalente al tempo delle Termopili potesse impartire alla freccia un’energia cinetica di circa 35 Joule (da ora J) appena scoccata, ma che questa si riducesse sotto i 30J già dopo una cinquantina di metri, dove la corazza di bronzo di un’oplita spartano richiedeva tra i 30 e i 42 J per essere perforata: altri studi di Gabriel e Metz riportano cifre superiori sia per l’energia delle frecce che per quel necessaria per la perforazione, ma il risultato resta lo stesso. Ovviamente questo non rendeva gli opliti immuni alle frecce, infatti la loro armatura mostrava numerosi punti scoperti che potevano ancora essere sfruttati dagli arcieri: si sarebbe però trattato comunque di tiri fortunati. I resti della Mary Rose a Porthsmouth La situazione europea non subì particolari rivoluzioni a tale riguardo fino al medioevo, dove vediamo, nelle isole britanniche, apparire i famosi archi lunghi inglesi: si trattava di archi di grandi dimensioni, con libbraggi che potevano arrivare, stando alle stime ottenute dagli esemplari ritrovati sulla nave Mary Rose, fino a 160-180 libbre, molte più di quante un moderno arciere tiri comunemente (40-50 libbre per un uomo adulto). L’enorme forza necessaria per tendere questi archi è evidenziata tanto dalla necessità di allenamento continuo, tanto dalle (lievi) deformazioni scheletriche che si possono rinvenire tutt’oggi nei resti di tali arcieri. Non è un caso che, in patria, l’arco lungo fosse spesso associato a una specifica classe sociale, gli Yeomen, ovvero i piccoli contadini liberi in grado di possedere ed allenarsi con un’arma di tale calibro, cosa che una legge del tempo gli imponeva di fare con una certa costanza, nonché di presentarsi in guerra con arco e un certo numero di frecce. Sebbene 180 libbre sia un massimo teorizzato e, probabilmente, molti archi siano stati più deboli, uno dei motivi per cui si decise di investire tante risorse ed energia in tale arma fu proprio il tentativo di rendere gli arcieri efficaci contro le armature dei nemici. Ma di che armature stiamo parlando? L’arco lungo è presente già a metà del tredicesimo secolo, periodo nel quale l’armatura preponderante è la cotta di maglia, ma si iniziano a vedere rinforzi di lamine metalliche esterne, le cosiddette “piastre”. Secondo il mitico testo “The Knight and the Blast Furnace” di Alan Williams, una cotta di maglia del quindicesimo secolo richiede un’energia di circa 120J per essere perforata da una freccia: esso però fornisce anche una lista di coefficienti in base alla qualità dell’acciaio e, andando un po’ a intuito, possiamo immaginare che nel 1200 i sistemi di produzione siderurgica fossero meno efficaci, riducendo a una novantina di Joule l’energia necessaria. Una freccia appositamente costruita per infilarsi dentro gli anelli della cotta di maglia (la cosiddetta punta “bodkin”) avrebbe ulteriormente semplificato la vita dell’arciere. Fatto sta che le fonti sono uniformemente concordi sul fatto che un arco lungo potesse perforare una cotta di maglia, e perfino i test (di cui parleremo a breve) lo dimostrano. Ma nei secoli successivi, tallonata dall’altra letale arma a distanza, la balestra, l’armatura si evolve, andando a sostituire via via ogni porzione possibile di cotta di maglia con spesse e resistenti piastre di acciaio. Ed è qui che si formano due partiti: chi dice che l’armatura a piastre era perfettamente in grado di resistere alle frecce di un arco lungo; chi invece, citando battaglie come Crecy e Agincourt nelle quali effettivamente la cavalleria pesante francese subì una pesante sconfitta da parte degli inglesi e dei loro arcieri, afferma che l’arco lungo potesse effettivamente perforare un’armatura a piastre. Per dirimere la questione (che, come vedremo, non ha una risposta semplice), partiamo sempre dal testo di Williams, che mostra come l’energia necessaria per perforare una corazza a piastre da parte di una freccia dipenda innanzi tutto dallo spessore della suddetta armatura: dai 55 J per una piastra di un millimetro ai 300 J per una da tre millimetri. Questi valori possono ulteriormente oscillare di un 50% in base alla qualità dell’acciaio utilizzato ed essere ancora ridotti dall’angolo di incidenza della freccia, motivo per il quale molte armature di piastre hanno superfici “tondeggianti” proprio per far si che l’energia dei colpi venga “deviata” il più possibile. Se a questo aggiungiamo che ulteriori strati di cotta di maglia e protezioni di tessuto (il cosiddetto gambesone) potevano essere indossati sotto la corazza, si evince che la possibilità da parte di una freccia di passare un’armatura a piastre dipendeva molto dalla qualità della protezione generale e, di conseguenza, dalla disponibilità economica del soggetto. Per questo motivo, anche in battaglie vittoriose per l’arco lungo come Agincourt, i cavalieri più nobili e meglio equipaggiati rimasero sostanzialmente illesi dalle frecce nemiche pur facendo parte dell’avanguardia (The Great Warbow: From Hastings to the Mary Rose, Strickland e Hardy). Questo non rendeva però l’arco lungo meno pericoloso: i fanti meno protetti e perfino i cavalli potevano essere facilmente abbattuti da una salva se le frecce avessero colpito dei punti meno coperti, e anche i cavalieri avevano ancora parti del corpo protette dalla sola cotta di maglia. Altro elemento importante era ovviamente la distanza: un arco lungo poteva colpire un bersaglio a 300 metri, ma l’energia della freccia si sarebbe facilmente dispersa (vedremo dopo quanto). Per questo motivo si utilizzavano frecce pesanti, che avevano una portata inferiore ma garantivano una migliore “conservazione dell’energia”. Al fine di investigare ulteriormente il rapporto tra l’arco lungo e l’armatura, sono stati fatti dei test con riproduzioni moderne prodotte da artigiani specialistici. Uno dei test più recenti e completi è mostrato nel video qui sotto: si tratta di test effettuati con l’aiuto, tra gli altri, del curatore della Wallace Collection di Londra. Lo stesso canale ha prodotto inoltre una vasta gamma di altri esperimenti legati all’arco lungo ancora in corso. Uno di questi test riguarda proprio l’energia delle frecce: un arco da 160 libbre è in grado di imprimere energie di circa 130 J alla freccia che però scendono facilmente sotto i 100J già a cento metri di distanza. Un altro test interessante, poi, è il confronto tra l’arco lungo e il suo avversario storico: la balestra. Un arco è in grado di tirare 6-7 frecce nel tempo in cui una balestra pesante viene ricaricata: dobbiamo comunque ricordare che, mentre per usare una balestra poteva bastare un addestramento di poche settimane, anche solo tendere un arco lungo da guerra richiedeva una vita di allenamento. 1 – L’arco è un’arma definitiva e potentissima Sebbene le trasposizioni cinematografiche degli elfi Tolkeniani ci abbiano insegnato come un solo uomo… cioè… un solo elfo possa abbattere decine e decine di nemici a breve distanza con un arco piuttosto corto, tutto questo poteva sembrare solo fantasia finché non cominciarono, alcuni anni fa, a girare i video di quest’uomo. Voglio chiarire subito: sono fortemente convinto che i video di Lars Andersen non siano artefatti e che egli sia indubbiamente un atleta e tiratore di notevole abilità, effettivamente capace di fare ciò che mostra, e che tale perizia merita un certo rispetto anche solo per il tempo necessario per ottenerla. Indubbiamente però non sappiamo quanto spesso riescano i suoi esercizi, visto che i suoi filmati vengono montati ad arte. Ma questo non ci preoccupa, perché lo scopo di Lars non è dimostrare che tali tecniche siano effettivamente riproducibili ogni volta e con una certa probabilità, come dovrebbero essere invece, ad esempio, le performance di un combattente (per quanto reputo che possa aver preso misure di sicurezza poco evidenti per alcuni tiri particolarmente pericolosi). Esso inoltre tira archi particolarmente deboli sia per importantissime questioni di sicurezza, sia per rendere possibili i suoi numeri. Il fatto è che Lars non è un combattente. E’ un giocoliere dell’arco. Il suo scopo è intrattenere, ed è una cosa assolutamente legittima che gli riesce da Dio. Sebbene la sua abilità sia indiscussa, essa non fa di Lars un buon arciere in battaglia esattamente come un lanciatore di coltelli non è necessariamente un buon combattente. Lars afferma di prendere spunto da alcune fonti storiche riferite al mondo orientale, come l’epica indiana Mahabharata o il testo Arab Archery. Alcune delle sue posizioni, come l’idea di tenere alcune frecce in mano anziché nella faretra per tirare più velocemente, sono sensate e hanno fondamento storico, ma osservando i suoi esercizi bisogna notare che la maggior parte di essi richiedono, come già detto, archi estremamente morbidi, che sarebbero di ben poco uso contro avversari corazzati, come abbiamo già visto. Certo, la tradizione orientale presenta popoli di straordinari arcieri a cavallo, come unni, tatari e mongoli: non bisogna però fare l’errore di associare al solo arco l’efficacia di questi uomini in battaglia. La vita da pastore e cacciatore nomade assicurava un allenamento continuo nell’uso del cavallo, più piccolo di quelli da guerra europei ed unicamente dipendente dalla quantità di erba a disposizione: le armate mongole, inoltre, erano accompagnate da truppe mercenarie e soggiogate con stili di combattimento molto diversi, e perfino tra i mongoli stessi una grande quantità di combattenti formava una cavalleria pesante, più corazzata degli arcieri e armata di lancia, per sfondare le linee nemiche. Infine, gli archi mongoli, per quanto compositi, di forme e produzione assai diverse dall’arco inglese, avevano le stesse limitazioni fisiche: archi molto duri avrebbero richiesto immani forze per essere tesi (e infatti pare esistano rarissimi casi di archi da 160 libbre, ma abbiamo poche fonti a riguardo), mentre archi più morbidi, capaci di scagliare frecce con maggiore frequenza, avrebbero avuto una vita più dura contro le armature. Non è un caso che, apparentemente, gli arcieri mongoli sparassero a distanze relativamente corte: inoltre va notato che i mongoli invasero l’europa orientale, notoriamente meno abbiente, nella prima metà del 1200, periodo nel quale l’armatura a piastre doveva ancora svilupparsi, e dunque non dovettero affrontare quelle famose corazze che 100-150 anni dopo sfidarono gli archi lunghi nella guerra dei cento anni. Per le vostre partite di D&D 5e Se volete portare un po’ di riferimenti storici agli archi nelle vostre partite di D&D, potete provare a inserire questi due talenti per i vostri personaggi. Yeoman Requisito: Forza 13 o superiore Una volta per turno aggiungi 1d6 danni al totale di un attacco andato a segno con l’arco lungo. Tiro Rapido Requisito: Destrezza 13 o superiore Puoi effettuare come azione bonus un singolo attacco extra con un arco corto che tu stia impugnando. Articolo originale: 5 miti sull'arco medievale - Eduplay (profmarrelli.it) Se questo articolo ti è piaciuto, segui il prof. Marrelli su facebook e su ludomedia.
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  2. Dal suo Blog Eduplay, il prof. Marrelli ci parla dell'arco medievale e dei falsi miti che lo circondano. Il mese di aprile, abbiamo pubblicato un articolo del prof Marrelli che affrontava cinque falsi miti sulla spada medievale. Con questo articolo è tempo di parlare di un’altra arma spesso mal dipinta dai media. Quali miti (falsi e meno falsi) circondano… l’arco? 5 – E’ un’arma facile da produrre, anche in condizioni di emergenza Costruire un arco e delle frecce di fortuna è sicuramente un’impresa possibile, ma tutt’altro che banale e che richiede buoni doti tecniche e manuali. Fornisce risultati interessanti ma comunque ben lontani da una fabbricazione artigianale di una certa qualità, come è possibile vedere dai seguenti video di Primitive Technology. Un simile arco ha una portata ridotta e, sebbene possa essere usato come rudimentale strumento di caccia e di guerra, richiede perizia e fortuna per mettere a segno un colpo letale. La fabbricazione di un arco tradizionale, ottenuto da un unico pezzo di legno, necessita invece di un lavoro estremamente più complesso e ricercato: la scelta di un legno ottimale, come quello di olmo o di tasso, che abbia le caratteristiche di resistenza e flessibilità ideali per il tipo di arco prodotto; un periodo di essiccazione del legno stesso, che può durare diversi mesi. In caso di archi compositi, poi, la presenza di altri materiali, come l’osso e il cuoio, ma soprattutto delle colle può ulteriormente complicare il processo. Le corde, le piume e le punte delle frecce, poi, non possono essere ottenute semplicemente dagli alberi. Le frecce, inoltre, richiedono legni diritti e regolari, privi di nodi e spaccature, del diametro giusto altrimenti il loro volo sarà imprevedibile. In una simile situazione, probabilmente, una rudimentale lancia è più semplice da costruire e decisamente più efficace. 4 – Arco e frecce si possono portare comodamente a tracolla Tanto il cinema quanto i videogiochi ci hanno insegnato che è possibile portare un arco “a tracolla”, con la corda a contatto con il petto, e altrettanto classica è la posizione a spalla della faretra. Partiamo dal primo punto: un arco è di solito riposto “smontato”, ovvero togliendo la corda. In questa condizione, l’asta dell’arco è più lunga e diritta e tale condizione deve essere mantenuta. Questo perché il legno dell’arco, se tenuto incordato, finisce per prendere la piega che la corda gli impone e si riduce drasticamente la forza che esso è in grado di sprigionare. Per questo motivo, quando non è in uso, l’arco deve essere trasportato senza la corda. Questo ovviamente rappresenta anche una fonte di pericolo, in quanto rimettere la corda all’arco richiede il tempo necessario a incurvarlo, di solito con l’ausilio delle gambe, e di reinserire l’asola nell’estremità libera dell’asta. Un combattente preso di sorpresa, dunque, difficilmente avrà il tempo di preparare un arco smontato. Inoltre, come vedremo dopo, alcuni archi (soprattutto quelli da guerra) sono in grado di sprigionare tensioni incredibili che renderebbero il tenere l’arco montato a tracolla… una vera tortura! Per quanto riguarda poi le faretre, sebbene in altre culture si usassero a spalla, in Europa esse erano generalmente portate alla vita: una faretra in spalla, infatti, oltre che rischiare di urtare sugli stipiti delle porte, è particolarmente controproducente per un arciere che si dovesse abbassare, ad esempio per compiere un’azione furtiva o semplicemente per rifugiarsi dietro un ostacolo. In tal caso, le frecce rischierebbero banalmente di scivolare via in avanti, cadendo dalla faretra. Inoltre il movimento per estrarre una freccia da una faretra sulla schiena è molto più ampio e sicuramente anche più scenografico, ma richiede molto più spazio di quanto non sia quello dell’estrazione dalla vita, concetto che, nella realtà, si applica ad esempio anche alle spade. 3 – E’ un’arma adatta ai combattenti più deboli e fragili Ancora una volta è il cinema, soprattutto quello fantastico, a peccare nell’associare spesso le figure più gracili ed esili all’uso dell’arco: lo vediamo in vari personaggi elfici del signore degli anelli così come in molte figure femminili, per esempio Ginevra del film King Arthur. La forza necessaria per tendere un arco si misura tradizionalmente, a causa dell’influenza anglosassone sullo studio moderno di questo strumento, in libbre: una libbra è un’unità di peso britannica pari a circa 450 grammi. Questo significa che, per esempio, un arco da caccia da 40 libbre richiede, per essere teso, la stessa forza necessaria per sollevare un peso di 0,45 x 40 = 18 kg, come due confezioni da sei bottiglie d’acqua da un litro e mezzo. C’è tuttavia da dire che per sollevare questi 18 kg non si possono usare molti dei muscoli che useremmo normalmente per sollevare un peso, come quelli delle gambe. Tutta la forza è invece impressa unicamente dai muscoli delle braccia, delle spalle e del torso. Si evince dunque che, mentre una persona fisicamente poco prestante possa tranquillamente usare archi dal libbraggio leggero, l’aumentare della potenza dell’arco richiede forze importanti. Per misurare il libbraggio di un arco, ci si appende LETTERALMENTE un peso equivalente. Ma perché aumentare il libbraggio di un arco? Dove una trentina di libbre sono probabilmente sufficienti per provocare, nell’uomo, una ferita che, ben posizionata, possa rivelarsi letale, un arco poco potente tenderà a scagliare frecce più lente, mentre uno con libbraggi più elevati sarà in grado di lanciare proiettili più pesanti e scaraventarli più lontano. La forza di un arco infatti è collegata con l’energia cinetica del proiettile scagliato, e da li alla velocità della freccia. Se l’arco fosse una molla ideale, sarebbe relativamente facile calcolare l’energia (Em) immagazzinata e poi trasformata nell’energia cinetica della freccia (Ec). In questo caso, la forza necessaria per tendere l’arco è direttamente proporzionale all’allungamento (x) dello stesso, cioè di quanto si allontanano l’impugnatura e la corda dell’arco, e tale distanza è anch’essa direttamente proporzionale alla velocità (v) della freccia. Tuttavia, un arco non è una molla ideale: la forza necessaria per tenderlo non aumenta linearmente con il tendersi della corda, ma ha una cosiddetta “curva di carico” che descrive quanto sia difficile tirare la corda in ogni momento della trazione. E’ dunque possibile fare solo ragionamenti di massima e il rapporto tra il libbraggio dell’arco e la velocità della freccia deve essere valutato nei singoli casi. 2 – E’ un’arma formidabile (o, al contrario, inutile) contro avversari in armatura “E qui si apre il vaso di Pandora”. Preparatevi, perché sarà lunga. Partiamo da un presupposto fondamentale. L’intelligenza non è una prerogativa degli ultimi decenni: storicamente, gli uomini hanno sviluppato tecnologie, al netto dei materiali disponibili, in modo da produrre i risultati migliori o quantomeno più adatti al contesto, sia per quanto riguarda le armi che le protezioni da esse. Appurato dunque che i nostri antenati non erano degli stupidi, e che c’erano buoni motivi sia per usare l’arco che per le armature, andiamo a capire il rapporto che c’è fra questi due oggetti d’uso bellico. Prima di proseguire, voglio farvi notare che questo è un argomento molto caldo e dunque proporrò qualcosa di assolutamente nuovo. Le fonti. Nel mondo antico, gli arcieri erano considerati unità di supporto, disturbo e distrazione, il cui scopo era principalmente quello di appesantire il morale dei nemici: certo, una freccia acuminata è ovviamente un’arma letale e una salva di frecce poteva mietere più di una vittima. Sin dall’epoca delle prime civiltà, tuttavia, l’uso di scudi e armature ridusse drasticamente questa eventualità. Blyth, in “The Effectiveness of Greek Armour Against Arrows in the Persian War”, denota ad esempio come un arco persiano risalente al tempo delle Termopili potesse impartire alla freccia un’energia cinetica di circa 35 Joule (da ora J) appena scoccata, ma che questa si riducesse sotto i 30J già dopo una cinquantina di metri, dove la corazza di bronzo di un’oplita spartano richiedeva tra i 30 e i 42 J per essere perforata: altri studi di Gabriel e Metz riportano cifre superiori sia per l’energia delle frecce che per quel necessaria per la perforazione, ma il risultato resta lo stesso. Ovviamente questo non rendeva gli opliti immuni alle frecce, infatti la loro armatura mostrava numerosi punti scoperti che potevano ancora essere sfruttati dagli arcieri: si sarebbe però trattato comunque di tiri fortunati. I resti della Mary Rose a Porthsmouth La situazione europea non subì particolari rivoluzioni a tale riguardo fino al medioevo, dove vediamo, nelle isole britanniche, apparire i famosi archi lunghi inglesi: si trattava di archi di grandi dimensioni, con libbraggi che potevano arrivare, stando alle stime ottenute dagli esemplari ritrovati sulla nave Mary Rose, fino a 160-180 libbre, molte più di quante un moderno arciere tiri comunemente (40-50 libbre per un uomo adulto). L’enorme forza necessaria per tendere questi archi è evidenziata tanto dalla necessità di allenamento continuo, tanto dalle (lievi) deformazioni scheletriche che si possono rinvenire tutt’oggi nei resti di tali arcieri. Non è un caso che, in patria, l’arco lungo fosse spesso associato a una specifica classe sociale, gli Yeomen, ovvero i piccoli contadini liberi in grado di possedere ed allenarsi con un’arma di tale calibro, cosa che una legge del tempo gli imponeva di fare con una certa costanza, nonché di presentarsi in guerra con arco e un certo numero di frecce. Sebbene 180 libbre sia un massimo teorizzato e, probabilmente, molti archi siano stati più deboli, uno dei motivi per cui si decise di investire tante risorse ed energia in tale arma fu proprio il tentativo di rendere gli arcieri efficaci contro le armature dei nemici. Ma di che armature stiamo parlando? L’arco lungo è presente già a metà del tredicesimo secolo, periodo nel quale l’armatura preponderante è la cotta di maglia, ma si iniziano a vedere rinforzi di lamine metalliche esterne, le cosiddette “piastre”. Secondo il mitico testo “The Knight and the Blast Furnace” di Alan Williams, una cotta di maglia del quindicesimo secolo richiede un’energia di circa 120J per essere perforata da una freccia: esso però fornisce anche una lista di coefficienti in base alla qualità dell’acciaio e, andando un po’ a intuito, possiamo immaginare che nel 1200 i sistemi di produzione siderurgica fossero meno efficaci, riducendo a una novantina di Joule l’energia necessaria. Una freccia appositamente costruita per infilarsi dentro gli anelli della cotta di maglia (la cosiddetta punta “bodkin”) avrebbe ulteriormente semplificato la vita dell’arciere. Fatto sta che le fonti sono uniformemente concordi sul fatto che un arco lungo potesse perforare una cotta di maglia, e perfino i test (di cui parleremo a breve) lo dimostrano. Ma nei secoli successivi, tallonata dall’altra letale arma a distanza, la balestra, l’armatura si evolve, andando a sostituire via via ogni porzione possibile di cotta di maglia con spesse e resistenti piastre di acciaio. Ed è qui che si formano due partiti: chi dice che l’armatura a piastre era perfettamente in grado di resistere alle frecce di un arco lungo; chi invece, citando battaglie come Crecy e Agincourt nelle quali effettivamente la cavalleria pesante francese subì una pesante sconfitta da parte degli inglesi e dei loro arcieri, afferma che l’arco lungo potesse effettivamente perforare un’armatura a piastre. Per dirimere la questione (che, come vedremo, non ha una risposta semplice), partiamo sempre dal testo di Williams, che mostra come l’energia necessaria per perforare una corazza a piastre da parte di una freccia dipenda innanzi tutto dallo spessore della suddetta armatura: dai 55 J per una piastra di un millimetro ai 300 J per una da tre millimetri. Questi valori possono ulteriormente oscillare di un 50% in base alla qualità dell’acciaio utilizzato ed essere ancora ridotti dall’angolo di incidenza della freccia, motivo per il quale molte armature di piastre hanno superfici “tondeggianti” proprio per far si che l’energia dei colpi venga “deviata” il più possibile. Se a questo aggiungiamo che ulteriori strati di cotta di maglia e protezioni di tessuto (il cosiddetto gambesone) potevano essere indossati sotto la corazza, si evince che la possibilità da parte di una freccia di passare un’armatura a piastre dipendeva molto dalla qualità della protezione generale e, di conseguenza, dalla disponibilità economica del soggetto. Per questo motivo, anche in battaglie vittoriose per l’arco lungo come Agincourt, i cavalieri più nobili e meglio equipaggiati rimasero sostanzialmente illesi dalle frecce nemiche pur facendo parte dell’avanguardia (The Great Warbow: From Hastings to the Mary Rose, Strickland e Hardy). Questo non rendeva però l’arco lungo meno pericoloso: i fanti meno protetti e perfino i cavalli potevano essere facilmente abbattuti da una salva se le frecce avessero colpito dei punti meno coperti, e anche i cavalieri avevano ancora parti del corpo protette dalla sola cotta di maglia. Altro elemento importante era ovviamente la distanza: un arco lungo poteva colpire un bersaglio a 300 metri, ma l’energia della freccia si sarebbe facilmente dispersa (vedremo dopo quanto). Per questo motivo si utilizzavano frecce pesanti, che avevano una portata inferiore ma garantivano una migliore “conservazione dell’energia”. Al fine di investigare ulteriormente il rapporto tra l’arco lungo e l’armatura, sono stati fatti dei test con riproduzioni moderne prodotte da artigiani specialistici. Uno dei test più recenti e completi è mostrato nel video qui sotto: si tratta di test effettuati con l’aiuto, tra gli altri, del curatore della Wallace Collection di Londra. Lo stesso canale ha prodotto inoltre una vasta gamma di altri esperimenti legati all’arco lungo ancora in corso. Uno di questi test riguarda proprio l’energia delle frecce: un arco da 160 libbre è in grado di imprimere energie di circa 130 J alla freccia che però scendono facilmente sotto i 100J già a cento metri di distanza. Un altro test interessante, poi, è il confronto tra l’arco lungo e il suo avversario storico: la balestra. Un arco è in grado di tirare 6-7 frecce nel tempo in cui una balestra pesante viene ricaricata: dobbiamo comunque ricordare che, mentre per usare una balestra poteva bastare un addestramento di poche settimane, anche solo tendere un arco lungo da guerra richiedeva una vita di allenamento. 1 – L’arco è un’arma definitiva e potentissima Sebbene le trasposizioni cinematografiche degli elfi Tolkeniani ci abbiano insegnato come un solo uomo… cioè… un solo elfo possa abbattere decine e decine di nemici a breve distanza con un arco piuttosto corto, tutto questo poteva sembrare solo fantasia finché non cominciarono, alcuni anni fa, a girare i video di quest’uomo. Voglio chiarire subito: sono fortemente convinto che i video di Lars Andersen non siano artefatti e che egli sia indubbiamente un atleta e tiratore di notevole abilità, effettivamente capace di fare ciò che mostra, e che tale perizia merita un certo rispetto anche solo per il tempo necessario per ottenerla. Indubbiamente però non sappiamo quanto spesso riescano i suoi esercizi, visto che i suoi filmati vengono montati ad arte. Ma questo non ci preoccupa, perché lo scopo di Lars non è dimostrare che tali tecniche siano effettivamente riproducibili ogni volta e con una certa probabilità, come dovrebbero essere invece, ad esempio, le performance di un combattente (per quanto reputo che possa aver preso misure di sicurezza poco evidenti per alcuni tiri particolarmente pericolosi). Esso inoltre tira archi particolarmente deboli sia per importantissime questioni di sicurezza, sia per rendere possibili i suoi numeri. Il fatto è che Lars non è un combattente. E’ un giocoliere dell’arco. Il suo scopo è intrattenere, ed è una cosa assolutamente legittima che gli riesce da Dio. Sebbene la sua abilità sia indiscussa, essa non fa di Lars un buon arciere in battaglia esattamente come un lanciatore di coltelli non è necessariamente un buon combattente. Lars afferma di prendere spunto da alcune fonti storiche riferite al mondo orientale, come l’epica indiana Mahabharata o il testo Arab Archery. Alcune delle sue posizioni, come l’idea di tenere alcune frecce in mano anziché nella faretra per tirare più velocemente, sono sensate e hanno fondamento storico, ma osservando i suoi esercizi bisogna notare che la maggior parte di essi richiedono, come già detto, archi estremamente morbidi, che sarebbero di ben poco uso contro avversari corazzati, come abbiamo già visto. Certo, la tradizione orientale presenta popoli di straordinari arcieri a cavallo, come unni, tatari e mongoli: non bisogna però fare l’errore di associare al solo arco l’efficacia di questi uomini in battaglia. La vita da pastore e cacciatore nomade assicurava un allenamento continuo nell’uso del cavallo, più piccolo di quelli da guerra europei ed unicamente dipendente dalla quantità di erba a disposizione: le armate mongole, inoltre, erano accompagnate da truppe mercenarie e soggiogate con stili di combattimento molto diversi, e perfino tra i mongoli stessi una grande quantità di combattenti formava una cavalleria pesante, più corazzata degli arcieri e armata di lancia, per sfondare le linee nemiche. Infine, gli archi mongoli, per quanto compositi, di forme e produzione assai diverse dall’arco inglese, avevano le stesse limitazioni fisiche: archi molto duri avrebbero richiesto immani forze per essere tesi (e infatti pare esistano rarissimi casi di archi da 160 libbre, ma abbiamo poche fonti a riguardo), mentre archi più morbidi, capaci di scagliare frecce con maggiore frequenza, avrebbero avuto una vita più dura contro le armature. Non è un caso che, apparentemente, gli arcieri mongoli sparassero a distanze relativamente corte: inoltre va notato che i mongoli invasero l’europa orientale, notoriamente meno abbiente, nella prima metà del 1200, periodo nel quale l’armatura a piastre doveva ancora svilupparsi, e dunque non dovettero affrontare quelle famose corazze che 100-150 anni dopo sfidarono gli archi lunghi nella guerra dei cento anni. Per le vostre partite di D&D 5e Se volete portare un po’ di riferimenti storici agli archi nelle vostre partite di D&D, potete provare a inserire questi due talenti per i vostri personaggi. Yeoman Requisito: Forza 13 o superiore Una volta per turno aggiungi 1d6 danni al totale di un attacco andato a segno con l’arco lungo. Tiro Rapido Requisito: Destrezza 13 o superiore Puoi effettuare come azione bonus un singolo attacco extra con un arco corto che tu stia impugnando. Articolo originale: 5 miti sull'arco medievale - Eduplay (profmarrelli.it) Se questo articolo ti è piaciuto, segui il prof. Marrelli su facebook e su ludomedia. Visualizza articolo completo
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  3. Io ho fatto un'avventura per il mio party in real ambientato in una versione "cupa" di un'ambientazione homebrew molto classica usata in precedenza dallo stesso gruppo. Praticamente ho fatto un salto di 200 anni nel futuro, dopo una guerra divina che ha visto tutti gli dei del bene morire per mano di quelli del male. Il mondo è quindi sprofondato nel caos ed è stato spartito tra le potenze malvagie: c'è un regno dei giganti, uno degli orchi militarizzati, uno dei draghi, uno dei demonologi, uno dei diabolisti... molto pastiche, molto stereotipato, ma è quello che interessava ai miei giocatori. Il focus dell'avventura che ho masterato (e che per ora è sospesa a metà mentre giochiamo ad altro) riguarda la presenza di un nuovo piccolo culto, quello di una dea "neonata", la dea della Speranza. Nata dopo la guerra divina, è molto debole e concede pochi poteri, ma sta lentamente prendendo piede tra la povera gente sfruttata: contadini, schiavi, soldati mandati al massacro dai loro signori della guerra, piccoli gruppi di resistenza... Ma la dea è fragile e potrebbe essere distrutta se venisse allo scoperto: il gruppo ha cominciato ad esplorare l'idea di aumentare il suo potere, in parte eliminando piccoli focolai di potere maligno (un re brigante, alcuni demoni di infimo potere, un vecchio nonmorto debole ma ancora pericoloso...) e in parte diffondendo il suo verbo e creando centri religiosi. Ad un certo punto prevedo divenga impossibile nascondere agli altri dei l'esistenza di Speranza, perciò ci saranno crociate diaboliche da sventare, assassini divini da evitare, guerre di maggior portata... In definitiva il grosso punto che devi decidere già ora è il seguente: l'ambientazione opprimente deve essere inalterabile (non c'è possibilità di cambiare le cose, nemmeno per pg di lv20), oppure vuoi inserire la possibilità di cambiarla in meglio, seppur lentamente e con difficoltà?
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  4. In effetti gli archi venivano usati soprattutto "in massa"; venivano lanciate "piogge" di frecce, nella speranza che una fortunata beccasse un punto scoperto. Oltre la like puoi dare anche un voto 5 stelle (a destra del titolo della discussione).
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  5. Turid Berg Lo scontro dura poco più di una manciata di secondi, il tempo necessario di beccarmi un'artigliata in pieno petto. Hey! impreco. Vorrei allontanarmi dalla mischia, e forse sarebbe pure l'opzione migliore, ma il mio sguardo tagliente continua a vedere punti vitali nel corpo dell'orso, come se ci fossero delle frecce con scritto "colpisci qui." Prima ancora che io possa affondare la lama ancora una volta nelle carni dell'animale, sono Nicole ed Achille a porre fine alla sua vita. Faccio un respiro, mi piego in avanti e poggio le mani sulle ginocchia. E' solo ora che il colpo comincia a bruciare. Uff. Ma perché non sono rimasta nel freddo delle mie terre? mi rialzo e Nicole viene subito a sincerarsi delle mie condizioni. Faccio roteare un braccio, poi allargo e stringo gli arti superiori. Fa male, ma per fortuna non è grave. Sì, grazie. le sorrido. Non è niente, spero solo non mi abbia rovinato le tett.e. sbuffo divertita. Achille...una rattoppata sarebbe gradita. ma NON allungare le mani! solo alla fine sento la domanda di Eri. Non sarebbe poi così sbagliata come cosa, considerando che Daichi può parlarci come se fosse un uomo. Avere un animale dalla nostra parte potrebbe essere...vantaggioso. Voi che dite?
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  6. Viaggio nella DMS Guild I: Il Mausoleo nel Bosco Viaggio nella DMs Guild II: Il Forte dell'Alba Grigia Viaggio nella DM's Guild III: I 100 Incipit Viaggio nella DM's Guild IV: La Città dei Morti Viaggio nella DM's Guild V: Vault of Magic Viaggio nella DM's Guild VI: L'Isola della Tregua Informazioni Titolo La Congrega Autore Andrea Varni Tipologia Avventura Lingua Italiano Sistema D&D 5e Prezzo Pay What you Want Anno 2020 Pagine 38 Ink Friendly No Print on Demand No Disclaimer: con la seguente "Recensione" punto solo a esprimere un mio punto di vista personalissimo. Non sono un giornalista professionista, ma solo un Giocatore di Ruolo con alcuni anni di esperienza alle spalle, per questo motivo non verrà espresso un voto o assegnato un valore numerico sulla qualità del prodotto analizzato e, per quanto possibile, verranno specificate le motivazioni che mi hanno portato ad esprimere un certo parere. Sono assolutamente aperto al dialogo e al dibattito, anzi vi invito a farmi sapere qual è il vostro punto di vista! Aggiungo, inoltre, che nell'analizzare il materiale mi potrei spesso trovare a dare piccoli Spoiler sul loro contenuto, quindi invito a prestare attenzione se non volete rovinarvi la sorpresa di un'avventura che potreste affrontare da giocatori. Contenuto L'autore è Andrea Varni (45 anni, Genova); non sa neanche lui da quando ha cominciato a scrivere avventure, tuttavia ciò che è certo è che ha iniziato a fare il Dungeon Master con la fantomatica Scatola Rossa, per poi preparare quest e avventure anche su vari Shard di Neverwinter Nights 2 (server di mondi permanenti). Il motivo per il quale Andrea ha cominciato a pubblicare avventure sulla DMs Guild è uno solo: approcciandosi a quel sito si è reso conto non solo della carenza di materiale in Italiano, ma ha anche notato una maggior propensione degli autori verso le one-shot. Questa è stata la spinta che lo ha portato a pubblicare qualcosa di suo puntando più sulla corposità! Nel tempo libero cura anche un Blog (Racconti del Gatto Lercio), in cui trasforma le Avventure in Racconti - fra cui anche "La Congrega" - che lui stesso gioca con uno dei suoi gruppi (leggere tali racconti può essere d'aiuto per capire ciò che contiene il materiale che pubblica!) Questa è la sua prima vera avventura non semplicemente annotata su appunti e fogli sparsi, bensì scritta e pensata appositamente per la pubblicazione. Al momento ha già pubblicato altre due avventure sulla DMs Guild - che probabilmente verranno analizzate in futuro in questa rubrica - e, ci ha assicurato l'autore, sono in cantiere altri progetti! Seppur nella prima parte del documento vi sia chiaramente scritto che non è stata testata con un gruppo prima della pubblicazione, questa cosa è stata risolta subito: Andrea l'ha sottoposta all'attenta analisi di ben due gruppi differenti, che a suo dire - e le diverse recensioni positive sotto la Gilda ne sono la prova - hanno apprezzato! L'arco temporale necessario per concluderla, tenendo presente che questo dato è molto influenzato all'approccio di DM e Giocatori, varia dalle 25 alle 30 ore. "La Congrega" è una Campagna che mixa fasi di Esplorazione, Dungeon Crawling, Investigazione e soprattutto Scelte Morali, pensata per un gruppo di personaggi che vanno dal 4° al 6° Livello, ma facilmente adattabile anche per altri livelli. Gli eventi avranno luogo a Leiranil, una piccola cittadina dei Forgotten Realms vicino a Neverwinter, ma soprattutto prossima a Phandalin - il luogo attorno a cui ruotano gli eventi narrati ne "La Miniera Perduta di Phandelver", l'avventura dello Starter Set! I personaggi saranno chiamati a... Non è presente un indice ad inizio documento, comunque l'avventura si sviluppa in Sei Capitoli totali, alcuni più corposi di altri, preceduti da una sezione dedicata al Background degli eventi e seguiti da un'Appendice finale a chiudere il documento. Quest'ultima contiene tutte le informazioni utili per il master - compresa la canzone che un particolare PNG intonerà in uno specifico momento dell'avventura - oltre a mostri e png. Gli avventurieri passeranno da Capitoli molto interpretativi, in cui avranno a che fare con PNG ben caratterizzati, ad altri più incentrati sull'avventura e sul Dungeon Crawling! Pochi sono i dettagli che vengono lasciati al caso (forse ogni tanto troppi): sono presenti suggerimenti per le parti di viaggio che il gruppo intraprenderà per spostarsi da una location all'altra, con tabelle di incontri casuali su cui tirare. Gli incontri con le Megere, su cui di fatto ruota la parte "action" dell'avventura, sono affrontati in maniera sempre diversa e mai banale, fornendo strade opzionali anche molto interessanti in cui i personaggi hanno modo di crescere! Se ad una prima lettura l'avventura mi aveva dato l'impressione di essere molto "rail road", mi sono subito ricreduto: gli eventi possono essere affrontati in molti modi e questa è una cosa che apprezzo tantissimo. Da quanto detto fino ad ora una cosa è chiara: i finali possono essere molteplici e dipendono tutti dalle scelte che i giocatori decideranno di prendere! Il destino del figlio del mercante sarà in bilico fra la vita e la morte e solo i personaggi avranno la possibilità di salvarlo. Materiale Aggiuntivo Mappe: per ogni Dungeon proposto o luogo di interesse è stata realizzata una Mappa. Di queste sono disponibili anche le versioni Print Friendly, in bianco e nero, per la gioia delle nostre stampanti! Come verrà accennato di seguito non sono certamente le più belle che ho visto fino ad oggi, ma sono assolutamente originali e realizzate specificatamente per quest'avventura, con tanto sudore da parte dell'autore! Mostri: sono state riportate le statistiche dei mostri e dei png principali, tuttavia Megere e Segugio Infernale sono ripresi dal Manuale dei Mostri senza alcuna modifica sostanziale. Per aggiungere un pizzico di pepe l'autore ha pensato, però, di applicar loro giusto un paio di modifiche, dotandole di equipaggiamenti particolari! Per giocare l'avventura è comunque fondamentale avere a disposizione il manuale specifico. Oggetti: non ci sono aggiunte homebrew su questo fronte, se non un paio di ninnoli in possesso dell'ultima Megera. C'è poco da dire in realtà, in quanto si collegano a doppio nodo alla trama dell'avventura, non fornendo ai personaggi vantaggi in gioco, ma risultando fondamentali per ottenere il "finale buono" dell'avventura! Grafica Il layout e l'impaginazione sono stati realizzati con The Homebrewery...e potevano sicuramente essere fatti meglio - anche dal punto di vista delle immagini - ma tutto sommato non sono male considerando che ogni cosa è uscita dalla mente e dalle mani di una singola persona e che il prezzo a cui viene offerto tutto questo sul portale è potenzialmente gratis! Come già accennato in qualche riga precedente, le mappe di gioco sono state fatte tutte dall'autore, utilizzando RPG Map Editor 2: la qualità del prodotto finito non è proprio da definirsi professionale, ma questo programma ha molti vantaggi (veloce e facile nell'uso), primo fra tutti l'essere gratuito! La mappa di Leilon, invece, è stata realizzata con un generatore casuale di città presente su Watabou, anch'esso assolutamente gratis, ma che produce qualcosa di veramente gradevole alla vista. Conclusioni Qua e là ho trovato alcuni errori di battitura e frasi che potevano essere scritte meglio. Ho avuto l'impressione che lo stile di scrittura scelto sia molto confidenziale, come se l'autore stesse parlando a suoi compagni di gioco e questo non mi dispiace affatto. Come specificato nel capitolo "Grafica", questo supplemento non può essere oggettivamente paragonato ad altri lavori, ma l'esperienza da giocatore di Andrea, il suo autore, è tanta e si sente tutta! Il fatto che gli eventi abbiano luogo in prossimità di Phandalin, rende "La Congrega" molto adatta per essere proposta al proprio gruppo come il naturale continuo delle "La Miniera Perduta di Phandelver" (e, per inciso, è molto probabilmente quello che farò io!). Quella di Andrea Varni è un'avventura che terrà impegnati voi e il vostro party per molte sessioni e ore di gioco. Il fatto che possa essere acquistata a "zero soldi" ne fa semplicemente un "must have", senza sé e senza ma! Link DMs Guild all'Avventura: https://www.dmsguild.com/product/297648/La-Congrega
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  7. Non riesco a postare nemmeno stasera. Seguo gli altri. Una cosa che non so se è implicita: torno dai pipistrelli per raccogliere la torcia.
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  8. Helgi l'Araldo Per un po' lascio che siano gli altri a parlare. Da un lato non ho molte idee su come approcciarci alla missione e dall'altro un po' ho paura di dire fesserie..specie di fronte a Verain e i suoi due compagni. Poi però, dopo che sento Meredith proporre la via "sindaco" proseguo ad alta voce un discorso iniziato nel silenzio della mia testa ..o anche in taverna dico quasi tra me e me continuando a testa bassa a giocherellare con un bastoncino. In fondo molta gente passa dal bancone delle osterie e magari qualcosa salta fuori! Annuncio alzando lo sguardo sugli altri. Lascio poi cadere il bacchetto e mi limito ad osservare il falò e ad ascoltare. --- - Con Thyren -
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  9. Si, ma le mie opzioni comprendono anche molto non detto, tipo due prigionieri da interrogare e dei riposi da effettuare. Lily ha sempre la stessa visione di un mondo meno caotico e frettoloso!! Inoltre, prendere alla sprovvista, da freschi, i cacciatori che rientrano sfiniti....non sembra poi una così pessima idea. Infine, Lily non ha gli stessi forti interessi degli altri nel perseguire una eventuale missione suicida!!! Chiaramente, la possibilità di Nicodemo di usare allarme cambia le prospettive, ma io me la gioco come se non avessi accesso alla sua scheda o non potessi chiedere al player 😆
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  10. Wit Proprio mentre stavo adocchiando qualche ottimo pesce lesso da imbonire e alleggerire ecco che ci viene indicato di andare ad un tavolo in cui siede qualcuno che mi sembra scaltro e, sicuramente, sobrio. Staccarmi dalla combriccola non è un buon piano quindi mi tocca fare buon viso a cattivo gioco. Mi avvicino e mi ritrovo una ragazza, per giunta pure carina il che, solitamente, è SEMPRE sentore di guai in arrivo. Trattengo un sospiro svogliato e, con grazia e cortesia, mi presento. Buona sera bella signorina, il mio nome è Wit. È veramente un piacere conoscerla (Sì, certo, come no. So che sei fonte di guai...) e sedersi al suo tavolo (Mannaggia quei due ubriachi erano perfetti!) . Eh sì, non siamo di queste parti... Lei? Dico cercando di deviare qualsiasi cosa su di me.
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  11. V = sono orchi veterani, più forti e resistenti degli orchi normali oltre che più abili nel combat O = orchi normali, che sono comunque superiori all'umano normale G = goblin cavalcaworg (quindi con Worg annesso)
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  12. Flint "Come immaginavo, ci troviamo nella camera dove i cerusici preparavano le salme per l ultimo viaggio, " prendo poi la pergamena che mi porge Milo sorridendo compiaciuto alla sua domanda "Ma certo mio buon amico, a chiunque fosse appartenuto in passato, non penso dispiaccia che un bell oggetto come quello continui a servire allo scopo per cui e' stato ideato. Grazie per aver chiesto e per il rispetto che dimostri per questo luogo, ti fa molto onore" - narratore
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  13. Milo Guardando attentamente tra i barattoli sugli scaffali e tra le molte cianfrusaglie e i rifiuti trovo un piccolo tesoro, un coltello a serramanico che potrebbe facilmente sostituire quello che mi è stato rovinato dalla gelatina strisciante e un tubo di metallo con all'interno una pergamena. Bene bene, questo può essermi utile per dopo, ma meglio chiedere agli altri se è un problema prenderlo... "guarda guarda, sono il primo a trovare un piccolo tesoro" dico agli altri "Flint ti dispiace se prendo questo coltello? il mio è diventato quasi inutilizzabile, e poi ho trovato qualcosa che potrebbe interessare te o Klin, io non riesco a leggerla" Porgo a Flint la pergamena scritta con inchiostro blu.
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  14. Ah 10 cm sono troppi. Ci metterei una vita. Inoltre chissà che sistema di difesa c'è. La mia proposta è: Cerchiamo di romprere la rete, quantomen odi poter mettere i piedi al suolo e di avere il circuito aperto. Poi provare a intagliare in pezzo di legno per farlo entrare. Poi tentare con i numeri che abbiamo visto. Prima il totale. Poi a tentoni (da 1 a 5..?)
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  15. Ivan Petrov Con la Lady Con Snargle
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  16. Io stavo aspettando un pochino per dare tempo anche agli altri di intervenire ma se volete posto, Nicodemo ha sempre una opinione 😂
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  17. Si si, va benone ci mancherebbe, era solo per chiarire cosa avevo in mente.
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  18. Il malus è che in ogni caso hai un livello in meno rispetto a prima (con relativa perdita di pf, BAB, TS, capacità ecc...), oltre al rischio di trovarsi con una razza svantaggiata. Per esempio se il barbaro viene reincarnato in un coboldo non sarà contento del -4 alla For.
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  19. @PietroD metti caso il mio mp s'è perso nella selva di notifiche la risposta per la questione Brank, arceria e boss era questa 😄 @Landar p.s
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  20. Concordo @SamPey. Io non concederei affatto le ali, se non vestigiali, quindi non utilizzabili. Stesso dicasi per la coda. Le razze sono fatte per avere un determinato bilanciamento, e andarle a modificare implica una variazione dello stesso. Inoltre volare è una delle capacità più impattanti in quanto concede una manovrabilità enorme e anche la possibilità di non essere colpito. Non a caso lo stregone draconiano l'acquista al 14. Chi la prende prima invece lo fa spendendo risorse quali un talento ad esempio. Insomma per me sarebbe un No Maria.
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  21. Balrog Sollevo un sopracciglio al battibecco fra i miei nuovi compagni, poi mi avvicino a Braknack E' sempre stata così? Domando
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  22. Cormyr, Accampamento notturno Verain sembra accogliere di buon grado la risposta di Thyren. Ne sono certa anche io. Avete già idea di come avete intenzione di muovervi all'inizio? Finché potrò farlo posso provare a darvi qualche consiglio. @SamPey
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  23. Shen Yun-Chow Davanti ad un cadavere, ogni forma di riflessione si spegne. Chino la testa in segno di rispetto e rimango in silenzio: non ho molta dimestichezza con simili situazioni. In realtà, ho poca dimestichezza con quasi qualsiasi aspetto della vita civile e sociale. "Vado ad aiutare la signorina Rommo: se avete bisogno di me per spostare il corpo, venitemi pure a chiamare". Non c'è altro da dire. Torno nella zona comune e controllo come sta la donna, che probabilmente necessita di riposarsi. O di parlare con qualcuno. O di stare semplicemente in compagnia. O di niente di tutto ciò. Chissà.
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  24. Ragazzi se posso permettermi un consiglio, in un interrogatorio di logica si cercano di estrapolare informazioni dalle persone coinvolte, queste hanno obiettivi e desideri, dunque mi sembra più che logico che se non gli offrite nulla in cambio saranno restii a parlare. Detto questo la tortura la ritengo "la mossa più stupida" in quanto generalmente i criminali sono abituati a trattamenti del genere (ovviamente dipende dal PNG/PG). A mio parere trovate una "merce di scambio" e giungerete alla conclusione più utile.
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  25. Radagast il Verde "il tuo stupido moralismo ti porterà alla fine che tutti voi stupidi meritate" scimmiottò il Druido "Ma vatte a 'mmazzà!!! Tu e il tuo stupido cambiamento!!!!!! Stupido! Stupido tu! Stupida lei! Stupidi loro! Stupido il tuo cambiamento!!!" Poi vide la donna dare il via alle danze. "Ecco adesso andrai a vedere il tuo cambiamento...dalla parte delle radici!! Huan... è tutto tuo!!" Il grosso cane ed il Druido caricarono il ragazzo.
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  26. Allora facciamo che chi vuole postare posti poi io collego le due scene e andiamo avanti ☺️
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  27. Scusami, mi sono dimenticato. Si chiama carillon della buonanotte. Una volta al giorno, quando viene suonato, in un raggio di 6 metri chi ne sente la musica deve superare un ts su carisma CD 13 o essere soggetto al l'incantesimo Calmare emozioni.
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  28. Nope, solo 5. Una volta cadute a terra sarebbe stato impossibile raccoglierle tutte senza farsi beccare.
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