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Beh, vecchio non è proprio il termine che userei. Se non sbaglio il Bestiary 6 è del 2017, un po' di anni dopo la quarta edizione. In terza (andando a braccio, chi se la ricorda) c'erano gli sciami (forse?) ma potrei sbagliare. Poi c'è chi ha skippato la quarta, skippato Pathfinder 2E e skippato D&D in generale, ma i minion da 1pf (adattati, modificati e reskinnati alla buona) erano una delle cose utili della quarta. Esattamente quello di rendere felici i giocatori con tanti incantesimi o poteri ad area dai pochi danni. Che senso ha mettere il tizio grosso che con due incantesimi diventa uno scoiattolino? Dare del gioco al mago tutto TS e resistenze. Che senso ha mettere un paio di nemici potenti ma fragili nelle retrovie? Dare al ladro un obiettivo e sentirsi forte. Tutto è fatto per un motivo e (nonostante la quarta, che aveva un impostazione a ruolo videogame, passatemi il termine) ogni incontro - per essere quantomeno divertente, pare - deve avere un po' di quelle dinamiche sasso-carta-forbice e valorizzare la ciccia che sta nel gruppo. Poi ovvio, se mi metti duecento minion contro un - chessò - chierico che fa 1 attacco poi sta lì a prendersi la golden shower allora c'è qualcosa che non va dal lato narratore. La meccanica in sé funziona nel risultato: abbattere tanti nemici in un turno con poteri multi-bersaglio diverte il giocatore.2 punti
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I gregari con 1 punto ferita sono forse stati l'intuizione più brillante della quarta edizione. Permettevano davvero di inserire orde di nemici senza doversi preoccupare di quanta salute avesse ciascuno, ne' di quanto danno riuscissero a fare in media i PG; ma solo dei vivi e dei caduti. Si sarebbe dovuta mantenere come caratteristica, sarebbe stata anche coerente con la semplicità di fondo della quinta edizione.2 punti
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CAPITOLO I - SULLA PORTA DI CASA Le storie sui wandak vi avevano preparato male all'accoglienza di Kel Boldar. Molti tra voi pensavano di essere invitati subito tra i propri parenti, di essere festeggiati come figli tornati da un lungo viaggio. Solo i più realisti tra voi sapevano che non poteva essere così semplice. I maukk-dor sono cauti, formali e pragmatici. Niente fanfare, niente banchetti in vostro onore. Quel che è peggio, niente Kel Boldar. Quest'anno è il 2488 secondo l'Endag (l'unico calendario degno di questo nome). Un'annata importante per Kel Boldar, che ha richiamato a sé molti esuli. Sono arrivati alla spicciolata, due o tre per volta, e sono stati radunati e alloggiati in alcune locande di superficie, poste ad almeno un giorno dalla Montagna. Chi è arrivato tra i primi ha avuto modo di vedere come vivono i thrag varaak al servizio di Kel Boldar. Molti sono contadini e si occupano delle grandi coltivazioni che sfamano i trog. Altri sono allevatori, o anche artigiani... ma si occupano solo dei lavori più umili e funzionali. Lavorano il debole legno per creare attrezzi agricoli, fabbricare carretti o mobili per le loro case. Questi nani vivono in abitazioni grandi e tristi, senza decorazioni, condividendole con molti dei propri simili. Tutto è ordinato e pulito, ma anche squallido. Ogni giorno passato qui amplifica il desiderio di entrare a Kel Boldar. Il paragone tra le due realtà è spietato e diversi dei wandak si trovano scossi da emozioni che non pensavano di provare. Nostalgia, invidia, odio. Anche coloro che sono giunti qui controvoglia ora si sentono spinti dal desiderio di entrare. Di far parte dei trog, della vera vita di un nano. Qui fuori non c'è nulla per cui valga davvero la pena vivere. I thrag varaak sono stati cortesi ed ospitali con tutti voi, ma anche piuttosto freddi. Sanno perché siete qui e probabilmente vi detestano per ciò che voi potete fare, e loro no. Immaginate che vivere all'ombra della Montagna senza potervi mai entrare sia una tortura davvero crudele. Il clima è fresco, la primavera è ancora ai suoi primi giorni. I nani di Kel Boldar hanno deciso di aspettare qualche giorno in più del previsto per vedere se ci sono eventuali ritardatari. Sono giunte voci di bufere nel nord che hanno interrotto le strade e costretto carovane umane a lunghe deviazioni. Poi un giorno, all'alba, dei soldati di Kel Boldar vi svegliano bruscamente e vi radunano. Camminate in silenzio per diverse ore, fino a raggiungere un complesso di edifici quasi ai piedi della Montagna. Per la prima volta vi trovate tutti assieme. I wandak del 2488 sono quasi una ventina. Diciotto, per la precisione. Sei donne e dodici uomini, delle età più disparate. Lì c'è una bambina, spaventata e con i lacrimoni agli occhi. Poco distante un nano così vecchio che deve poggiarsi al manico di un'ascia per restare in piedi. Il nervosismo è palpabile, bassi mormorii cominciano a levarsi tra di voi. I soldati di Kel Boldar vi tengono sott'occhio, quasi temessero un assalto. Alcuni vi guardano come se foste orchi travestiti da nani, tanto è il disgusto sui loro volti. Ma tutti tacciono, i soldati si mettono sull'attenti, quando un nano esce da uno degli edifici. Scortato da due attendenti il nano porta vesti semplici ma ha mani e barba ingioiellate. Gli occhi sono molto chiari e gli conferiscono uno sguardo acuto ma tutto sommato amichevole, accentuato da un sorriso che turba i folti baffi. Uno degli assistenti gli porge una pergamena tesa su una tavoletta di pietra, e lui la legge spostando lo sguardo tra tutti voi. Annuisce con un cenno della mano, un gesto che vi riporta alla memoria i nani più vecchi che avete conosciuto: è una cosa tutta di Kel Boldar, che i nani di Eos non fanno. Vi aspettavate un discorso, o qualcosa del genere. Invece il nano se ne va lasciando dietro di sé l'assistente più anziano. Poche sue parole e i soldati vi radunano e vi scortano verso uno degli edifici più spogli, privo di finestre e costruito in pietra grigia. Venite condotti in un largo stanzone con un piccolo buco sul soffitto, per far entrare un po' di luce e aria. Ci sono panche di pietra lungo tre delle quattro pareti, un buco nel pavimento sotto a quello nel soffitto e un catino di legno con dell'acqua. E basta. Venite chiusi all'interno, e aspettate. Il tempo comincia a passare, e il nervosismo comincia a crescere. Cosa succederà adesso? Qualcuno si siede sulle panche, ma sono scomode: un po' troppo alte per un nano, e troppo strette. Qualcuno prova a smuovere la porta, ma non si sposta di un millimetro. Siete in trappola? Siete sotto osservazione? NOTE1 punto
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Alcuni mie amici che gestiscono un negozio di giochi hanno creato questo contenuto dove commentano e presentano giochi da tavolo. https://www.twitch.tv/goldenstoreromatalenti Appuntamento di stasera con la 3° puntata di Into The Box, il programma sul mondo dei Giochi da Tavolo!!!" Ospite speciale Daniele Ursini, co-autore del gioco Ensemble! Seguiteci dalle 19:45 sul nostro canale twitch!1 punto
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Progetta Le Tue Avventure #1: Tutto é Storia Progetta Le Tue Avventure #2: I Primi Passi Progetta Le Tue Avventure #3: Ferrorie e Scatole di Sabbia Progetta Le Tue Avventure #4: Si Va in Campagna Progetta Le Tue Avventure #5: Tessitura di una Campagna - Teoria Progetta Le Tue Avventure #6: Tessitura di una Campagna - Pratica Progetta Le Tue Avventure #7: Va In Scena La Sfida Progetta Le Tue Avventure #8: Fallire Senza Morire Progetta Le Tue Avventure #9: Programmazione ad Incontri Progetta Le Tue Avventure #10: Un Esempio di Programmazione ad Incontri Quante volte avete sentito l’espressione “senza se e senza ma”? È tipica di chi, oggigiorno, nell’ambito di un conflitto di qualche tipo (morale, civile, politico…), vuole dire che c’è un Giusto e uno Sbagliato con una chiara linea di demarcazione, senza sfumature, senza grigi. Il che è anche condivisibile, in certi casi; meno in certi altri. Ma quando ci sediamo alla scrivania con indosso il sacro abito talare da Diemme abbiamo un compito: che è quello di permettere che avvenga un bel gioco con una bella storia. Per questo scopo le sfumature e i grigi sono una miniera d’oro, sono il santo Graal. In tutti i media narrativi (libri e film compresi). Ma soprattutto per un GdR. Questo articolo deve molto a un vecchio post di The Angry GM che a suo tempo mi ha colpito. Lo trovate qui, in lingua inglese (vedasi anche le letture consigliate per qualche nota riguardante l’autore). È sua l’idea centrale su come creare un eccellente conflitto. Di mio ci aggiungo qualche riflessione personale sulle migliori soluzioni, e su… beh, su un certo tipo di cattivo conflitto. Conflitti chiusi Un conflitto chiuso è uno elementare, liscio, in cui ci sono solo la Parte Giusta e la Parte Sbagliata. Senza se e senza ma, appunto. Questo dal punto di vista di chi sta intorno al tavolo, giocatori e Diemme: è la loro prospettiva che conta, non importa cosa pensano i personaggi dentro il gioco. (Ricordiamo, comunque, che stiamo parlando di D&D, o meglio del mio D&D). Dal punto di vista delle scelte, dei princìpi, un conflitto di questo genere è già risolto: non ci interessa scoprire “chi ha ragione” perché lo sappiamo già, lo diamo per scontato. Ne Il Signore degli Anelli è chiaro che Sauron è il Cattivone ed è giusto opporsi a lui. Lo stesso vale per Voldemort della saga di Harry Potter, o per Thanos del ciclo cinematografico degli Avengers. Ne I predatori dell’Arca perduta (e in molte altre storie ambientate nella stessa epoca) questo ruolo lo hanno i nazisti, in Guerre Stellari l’Impero e il Lato Oscuro. Se vi associate alla recente corrente (vedi qui) che usa i GdR come terreno di rivendicazione sui diritti delle minoranze, magari darete quel ruolo agli oppressori bigotti, razzisti, omofobi o roba del genere. Ora, il fatto che un conflitto sia chiuso non vuol dire che non ci si possa basare una campagna: ho appena citato svariate opere di successo in cui ce n’è uno, prova evidente che funziona. Infatti può essere irrisolto sotto altri profili. Il caso più tipico è quello in cui il conflitto chiuso fornisce l’obiettivo finale alla storia: ci interessa scoprire se, e come, i protagonisti riusciranno a sconfiggere Sauron / Voldemort / Thanos / l’Impero / i nazisti / gli oppressori. Un caso alternativo è quello in cui il conflitto chiuso costituisce semplicemente lo sfondo della vicenda: non ci interessa in alcun modo agire su di esso, o rispetto ad esso, la storia riguarda altro. I protagonisti vivranno la propria storia (magari con un’evoluzione interiore, o con un obiettivo di altra natura) mentre il conflitto chiuso si sviluppa intorno a loro e indipendentemente da loro, come una cornice. In una storia lovecraftiana nessuno può sconfiggere Cthulhu: quello che ci interessa è scoprire se i personaggi riusciranno a sopravvivere all’orrore o usciranno di testa. In una storia realistica ambientata negli anni Trenta nessuno si aspetterà davvero di debellare il nazismo: quello che ci interessa è scoprire come i personaggi riusciranno a cavarsela con i loro scopi (quali che siano) mentre intorno imperversa questo male. Conflitti aperti Siete un po’ stufi dei conflitti chiusi? Volete aggiungere più “pepe” o più “impegno” tematico alla vostra campagna? Può essere il momento di sperimentare un conflitto aperto. Esso si basa su una domanda di principio di cui non si sa a priori la risposta. Non c’è, dal punto di vista di chi gioca, una Parte Giusta e una Parte Sbagliata in maniera netta e assoluta. Non si tratta di schierarsi in modo ovvio e poi lottare per la giusta soluzione, si tratta invece di trovare la soluzione, il che è molto più difficile e può produrre un role play molto più interessante. L’esempio principale che fa Angry nel suo articolo è sempre tratto da Il Signore degli Anelli. Non dovrebbe sorprendervi: può esserci più di un conflitto in una storia. Si tratta del conflitto tra il fato (la predestinazione, la Provvidenza) e il libero arbitrio (le azioni dei singoli e la loro facoltà di scelta). È una questione che il libro (e in parte il film) affrontano in modo bellissimo e poetico, eppure pochi se ne accorgono, convinti (erroneamente) che l’unico conflitto degno di nota sia quello dei Buoni contro i Cattivi. Altri esempi di Angry includono: natura/ambiente vs. tecnica/industrializzazione, e poi sicurezza vs. libertà individuale. Entrambi grandi classici, da cui si potrebbero trarre infinite storie. Si nota subito la loro caratteristica chiave: entrambi i fronti hanno i loro lati positivi, anzi, entrambi sono essenziali in una certa misura, non se ne può davvero fare a meno; eppure, entrambi i fronti se portati all’eccesso sono devastanti. Volete un esempio del tutto diverso, dal mondo delle favole? La cicala e la formica. Vale a dire: dilettevole vs. utile, arte vs. duro lavoro, espressione di sé vs. bisogni materiali. Ne verrebbe fuori una campagna niente male! Quasi quasi un giorno ci provo. Progettare un conflitto aperto In prima approssimazione, un conflitto aperto si può schematizzare come un duopolio (i due “fronti” contrapposti) in cui ognuno dei due poli ha pregi e difetti, lati positivi e lati negativi, per cui alla fine si ha un quadripolio. Polo A Polo B Pro (+) A+: lati / aspetti positivi del polo A B+: lati / aspetti positivi del polo B Contro (-) A-: lati / aspetti negativi del polo A B-: lati / aspetti negativi del polo B Badate: come sempre, dall’inizio dell’articolo, con “positivi” e “negativi” intendo positivi per chi gioca e negativi per chi gioca. Questo è molto importante. Se tutti al tavolo siete arciconvinti che gli aspetti positivi di un certo polo siano delle sciocchezze di poca importanza, o non siano davvero così positivi, potete fare tutte le tabelle che volete ma di fatto state giocando un conflitto chiuso: credete di starvi ponendo una domanda, ma sapete già dall’inizio la risposta. Stesso discorso per quelli negativi. Da Diemme, quindi, per progettare un buon conflitto aperto, scegliete due cose (idee, valori, concetti…) antitetiche o in conflitto tra loro ed elencate, per ciascuna, aspetti positivi e aspetti negativi. Importante: durante il gioco non dovrete mostrare ai giocatori le due cose, bensì gli aspetti elencati. A questo scopo può essere utile associare ciascun aspetto (positivo o negativo) a specifici PNG, specifici fatti o specifiche entità concrete del mondo di gioco, con cui i PG potranno interagire: questo vi permetterà di dare agli aspetti un senso di realtà e concretezza. Dopodiché, dovete solo lasciare che i giocatori interagiscano con il conflitto e scelgano, di volta in volta, da che parte stare. Un mio esempio Vi descriverò rapidamente un conflitto che avrei tanto voluto mettere in scena al mio tavolo. Ci avevo basato una campagna, ma putroppo essa è naufragata prima ancora di cominciare a scalfire la superficie. Un giorno forse ci riproverò. Riguardava la condivisione della conoscenza. Il polo A era l’idea per cui la conoscenza dovrebbe essere libera, diffusa, condivisa: se sai una cosa, dovresti dirla a tutti; tutti hanno il diritto di sapere la verità. I pregi di questa idea sono chiari: niente menzogne, coperture, tentativi di nascondere le cose; persone più informate e consapevoli. I suoi difetti sono meno intuitivi, ma in un mondo fantasy è facile farli emergere: ci sono cose che, se sapute, potrebbero portare al caos, all’isteria di massa; o conoscenze che, nelle mani sbagliate, possono fare gravissimi danni. Il polo B era l’idea per cui la conoscenza doveva essere protetta, custodita, tenuta al sicuro: solo chi è pronto a sapere dovrebbe sapere; ci sono cose che sarebbe meglio fossero dimenticate. I pregi di questa idea sono: sicurezza, tranquillità, guida illuminata da parte di pochi. I suoi difetti sono, ovviamente, l’elitarismo, il rischio di oscurantismo, l’uso della menzogna come copertura. Un monastero pieno di libri e di sacerdoti-studiosi, sempre in prima linea nell’erudizione del popolo e nella ricerca di nuovi, strani fenomeni per studiarli, incarnava A+. Mentre un eccentrico e potente mago solitario, assetato di nuove conoscenze e disposto a qualsiasi cosa pur di svelare certi arcani misteri, incarnava A-. La chiesa della dea del sole e della guarigione, che metteva al primo posto la salute e la protezione del popolo, e perciò aveva messo al sicuro certi pericolosi segreti affinché fossero dimenticati, incarnava B+. Infine, una potente squadra di inquisitori fanatici, devoti al dio della giustizia e votati a reprimere, anche con la forza, qualunque cosa sembrasse anche solo vagamente “strana” o minacciosa, incarnavano B-. Risoluzione del conflitto aperto Una cosa a cui Angry non dedica spazio, ma che a me preme molto, è questa: come si risolve un conflitto aperto? In teoria ha quattro possibili soluzioni. Vince A, o Vince B: le due soluzioni più ovvie; uno dei due poli del conflitto prevale sull’altro e si afferma. Questo si traduce nell’affermazione, più o meno completa e più o meno marcata, dei suoi aspetti positivi e dei suoi aspetti negativi, e nella negazione invece di quelli dell’altro polo. Pessimismo Cosmico: è quella preferita dall’autrice emergente Snee Dronningen (è bravissima – nonostante sia mia sorella – leggetela!) e da molti altri autori contemporanei dei vari media; in pratica, il conflitto finisce per logorare e dilaniare tutti gli schieramenti. Alla fine si affermano, in modo più o meno completo e marcato, gli aspetti negativi di entrambi i poli, mentre i positivi, schiacciati, finiscono per soccombere. Sintesi Costruttiva: è quella che vorremmo tutti, o almeno tutti noi ingenui positivisti trekker che ancora ci ostiniamo a sperare che le cose possano migliorare; in pratica, consiste nel combinare i poli in un compromesso, o a volte in un qualcosa di completamente nuovo, che risolva il conflitto in maniera non distruttiva. Di conseguenza si affermano, in modo più o meno marcato, gli aspetti positivi di entrambi i poli (o, almeno, un ragionevole compromesso tra essi), mentre i negativi vengono molto attenuati o neutralizzati. Naturalmente, nel gioco di ruolo dovrebbero essere i giocatori a portare il conflitto verso uno di questi esiti, a seconda di quello che vorranno fare e riusciranno a fare. Ma conoscere a livello teorico le possibili soluzioni può aiutare noi Diemme a capire dove si potrebbe andare a parare. Questo è importante soprattutto perché a volte facciamo l’errore di mettere troppi ostacoli preventivi contro una delle possibili modalità di soluzione (generalmente, contro l’ultima dell’elenco). In certi casi lo facciamo senza volerlo… ma diciamocelo: a volte siamo così innamorati del nostro bel conflitto aperto che ce la mettiamo proprio tutta per impedire che si possa arrivare a una sintesi; ci sembra troppo facile, troppo comodo. Beh, in generale questo atteggiamento non è carino, lasciatemelo dire: i giocatori si meritano di avere tutte le possibilità; poi magari falliranno, ma è un altro discorso. Aperti ma chiusi: propaganda C’è un aspetto che Angry accenna appena nel suo articolo, ma che io voglio espandere un po’. Abbiamo visto i conflitti chiusi, dove si assume che tutti diano per scontato qual è la Parte Giusta e chi sono i Cattivoni. Sono comuni e non c’è niente di male: producono buone storie da millenni. Poi abbiamo visto quelli aperti, con tanti “se” e tanti “ma” che servono a mettere in discussione, in dubbio una questione. Sono caratteristici delle storie eccellenti, a cui danno una marcia in più. C’è un terzo tipo di conflitto nella fiction: quello in cui non si assume che chi guarda / legge sappia qual è la Parte Giusta, ma glielo si vuole insegnare. In pratica, per l’autore dell’opera il conflitto è chiuso, ma anziché presentarlo come tale lo presenta come se fosse aperto, e finge di metterlo in discussione mentre in realtà ogni scena serve a dar ragione sempre alla stessa parte e a puntare sempre verso la stessa conclusione. Questo si chiama propaganda, ed è una cosa che vi sconsiglio caldamente di fare nel vostro gioco. La propaganda tende a produrre pessime storie: in effetti, tra i tre tipi di conflitto, è quello che generalmente produce di gran lunga le storie peggiori. Ma in un GdR è ancora peggio: è la morte del gioco, perché ne fa un uso strumentale. Questo a prescindere da cosa si vuole propagandare. Una caratteristica essenziale che deve avere un’attività per essere gioco è il fatto di essere fine a se stessa: se non lo è più, diventa altro. Pensate a chi usa il role play per fini terapeutici o didattici: si fa da decenni, a volte con ottimi risultati. Non metto in dubbio la validità di questi usi, sono cose bellissime, ma (per me) non sono più giocare; tant’è vero che sconsiglio fermamente di praticarle senza uno specialista (psicoterapeuta per il role play terapeutico, insegnante per quello didattico). Se c’è un tema più o meno impegnato che vi sta a cuore e su cui siete nettamente schierati, secondo me avete, come Diemme, tre opzioni. Escludere quel tema dal gioco: metterlo da parte, parlare d’altro. Va benissimo: non siete tenuti a combattere in prima linea per ogni ora di ogni giornata. A quel punto, tra l’altro, potete giocare anche con chi la pensa in modo diverso da voi (ma anche no, eh: non siete obbligati). Giocare solo con chi la pensa come voi in materia, e mettere in scena il tema come un conflitto chiuso: da una parte (dalla “vostra” parte) ci sono i protagonisti, le brave persone, le cose buone e giuste, dalla parte opposta i Cattivoni. È lecito, e può essere catartico. Per inciso, è quello che farei io se volessi trattare il tema della schiavitù, dell’omotransfobia o del genocidio (qualche volta l’ho fatto). Giocare anche con chi non la pensa come voi, e mettere in scena il tema come conflitto aperto. È un’arte difficile, perché dovete dare spazio anche agli aspetti negativi della “vostra parte” e a quelli positivi della parte opposta (se non riuscite a vederne non potete farlo); ci vuole molta empatia e immedesimazione. Ma soprattutto è una mossa rischiosa, perché comunque la pensiate dovete, dovete, accettare il rischio che i giocatori portino la storia da un’altra parte, verso una conclusione diversa. Dovete lasciarli liberi. Quello che (per l’amor di Pelor!) vi scongiuro di evitare è architettare una giocata strutturata per dimostrare a chi non la pensa come voi quanto ha torto, e farlo sentire un escremento se non cambia idea. Quando un gioco funziona così non è più un gioco. Nessuno si diverte a sentirsi un escremento. Appendici Ma Allora Gli Allineamenti? Come ho ripetuto tante volte gli allineamenti sono una cosa opzionale, che nelle edizioni più recenti (D&D 5e) si può eliminare in modo indolore. Detto questo io li trovo molto utili e li uso sempre, come ho illustrato in una serie apposita di articoli. Il discorso che ho fatto in favore dei conflitti aperti non la contraddice: indica semplicemente che il contrasto Bene vs. Male (o, in misura minore, Legge vs. Caos) non è il miglior conflitto centrale per una campagna “impegnata” perché generalmente non è aperto. Non significa che Bene, Male, Legge e Caos non possano esistere: nelle mie campagne esistono, con le loro belle definizioni. In effetti mi aiutano a rendere le cose più complesse, perché non è affatto detto che personaggi con lo stesso allineamento abbiano la stessa posizione rispetto al conflitto centrale. E trovarsi avversari, rispetto a quel conflitto, di qualcuno con cui però si condivide una serie di altri valori vincolanti (quelli del Bene o della Legge) porta a chiedersi quanto quel conflitto conta davvero per noi, e a pensare a dei modi per convincere l’altro anziché limitarsi a sconfiggerlo. Naturalmente esistono anche le campagne basate, ad esempio, sulla classica lotta tra il Bene e il Male: in tal caso siamo di fronte a un conflitto chiuso, come ho spiegato sopra. Non è sbagliato: io le adoro. Volendo, in quelle stesse campagne può esserci (in effetti, raccomando che ci sia) anche un altro conflitto, aperto, per renderle più animate e coinvolgenti. Proprio come ne Il Signore degli Anelli. Due ultime, "malefiche" note Il fatto che un conflitto sia chiuso non significa che il Cattivone non possa essere delineato in modo complesso, carismatico e non superficiale. Per Sauron e Voldemort questo non avviene, ma per Thanos sì. Il Cattivone può “avere le sue ragioni” ed essere sfaccettato e credibile, ma se nessuno (autore o spettatore, giocatore o Diemme) dubita del fatto che sia il Cattivone, che sia dalla Parte Sbagliata, il conflitto è comunque chiuso. Cosa che, come ho detto, può andare benissimo. Similmente, il fatto che un antagonista (Cattivone di un conflitto chiuso, o polo di un conflitto aperto: non importa) sia complesso, sfaccettato e in sfumature di grigio (vere o presunte) non garantisce una bella storia, né l’antagonista più bidimensionale e meno sfumato del mondo ne garantisce una brutta. Prendete Malefica, quella vera: è chiaramente un Cattivone, bidimensionale (in pratica è cattiva perché sì), eppure è uno dei villain più affascinanti del mondo Disney, in un film che forse non è il top (specie per i nostri tempi) ma si difende egregiamente. Prendete la sua brutta copia live action: si intuisce che vorrebbe essere un personaggio complesso e profondo, con sentimenti e motivazioni credibili, eppure ne viene fuori una storia orrenda. Ok, il fatto che tutti gli altri personaggi del suo film siano piattissimi non aiuta. Ma il problema è soprattutto che il conflitto tra il mondo magico e quello degli uomini, che avrebbe tutto il potenziale per essere un bel conflitto aperto, viene gestito coi piedi, riducendolo a questioni personali tra gli individui, e non viene mai messo davvero in discussione. (Naturalmente c’è chi apprezza quel film; ed è curioso vedere che in tal caso, in genere, lo interpreta come un manifesto, che non lascia dubbi, che ha anzi precisamente lo scopo di dimostrare come le ragioni stiano da una sola parte. Sapete come si chiama questo, vero? Bravi: propaganda. Legittima, ma… non fatelo a casa! Non nel vostro gioco di D&D.) Link all'articolo originale: https://dietroschermo.wordpress.com/2021/07/12/tanti-se-e-tanti-ma-progetta-le-tue-avventure-episodio-11/1 punto
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Eccovi l'undicesimo ed ultimo articolo della mia serie di consigli per progettare le avventure. Progetta Le Tue Avventure #1: Tutto é Storia Progetta Le Tue Avventure #2: I Primi Passi Progetta Le Tue Avventure #3: Ferrorie e Scatole di Sabbia Progetta Le Tue Avventure #4: Si Va in Campagna Progetta Le Tue Avventure #5: Tessitura di una Campagna - Teoria Progetta Le Tue Avventure #6: Tessitura di una Campagna - Pratica Progetta Le Tue Avventure #7: Va In Scena La Sfida Progetta Le Tue Avventure #8: Fallire Senza Morire Progetta Le Tue Avventure #9: Programmazione ad Incontri Progetta Le Tue Avventure #10: Un Esempio di Programmazione ad Incontri Quante volte avete sentito l’espressione “senza se e senza ma”? È tipica di chi, oggigiorno, nell’ambito di un conflitto di qualche tipo (morale, civile, politico…), vuole dire che c’è un Giusto e uno Sbagliato con una chiara linea di demarcazione, senza sfumature, senza grigi. Il che è anche condivisibile, in certi casi; meno in certi altri. Ma quando ci sediamo alla scrivania con indosso il sacro abito talare da Diemme abbiamo un compito: che è quello di permettere che avvenga un bel gioco con una bella storia. Per questo scopo le sfumature e i grigi sono una miniera d’oro, sono il santo Graal. In tutti i media narrativi (libri e film compresi). Ma soprattutto per un GdR. Questo articolo deve molto a un vecchio post di The Angry GM che a suo tempo mi ha colpito. Lo trovate qui, in lingua inglese (vedasi anche le letture consigliate per qualche nota riguardante l’autore). È sua l’idea centrale su come creare un eccellente conflitto. Di mio ci aggiungo qualche riflessione personale sulle migliori soluzioni, e su… beh, su un certo tipo di cattivo conflitto. Conflitti chiusi Un conflitto chiuso è uno elementare, liscio, in cui ci sono solo la Parte Giusta e la Parte Sbagliata. Senza se e senza ma, appunto. Questo dal punto di vista di chi sta intorno al tavolo, giocatori e Diemme: è la loro prospettiva che conta, non importa cosa pensano i personaggi dentro il gioco. (Ricordiamo, comunque, che stiamo parlando di D&D, o meglio del mio D&D). Dal punto di vista delle scelte, dei princìpi, un conflitto di questo genere è già risolto: non ci interessa scoprire “chi ha ragione” perché lo sappiamo già, lo diamo per scontato. Ne Il Signore degli Anelli è chiaro che Sauron è il Cattivone ed è giusto opporsi a lui. Lo stesso vale per Voldemort della saga di Harry Potter, o per Thanos del ciclo cinematografico degli Avengers. Ne I predatori dell’Arca perduta (e in molte altre storie ambientate nella stessa epoca) questo ruolo lo hanno i nazisti, in Guerre Stellari l’Impero e il Lato Oscuro. Se vi associate alla recente corrente (vedi qui) che usa i GdR come terreno di rivendicazione sui diritti delle minoranze, magari darete quel ruolo agli oppressori bigotti, razzisti, omofobi o roba del genere. Ora, il fatto che un conflitto sia chiuso non vuol dire che non ci si possa basare una campagna: ho appena citato svariate opere di successo in cui ce n’è uno, prova evidente che funziona. Infatti può essere irrisolto sotto altri profili. Il caso più tipico è quello in cui il conflitto chiuso fornisce l’obiettivo finale alla storia: ci interessa scoprire se, e come, i protagonisti riusciranno a sconfiggere Sauron / Voldemort / Thanos / l’Impero / i nazisti / gli oppressori. Un caso alternativo è quello in cui il conflitto chiuso costituisce semplicemente lo sfondo della vicenda: non ci interessa in alcun modo agire su di esso, o rispetto ad esso, la storia riguarda altro. I protagonisti vivranno la propria storia (magari con un’evoluzione interiore, o con un obiettivo di altra natura) mentre il conflitto chiuso si sviluppa intorno a loro e indipendentemente da loro, come una cornice. In una storia lovecraftiana nessuno può sconfiggere Cthulhu: quello che ci interessa è scoprire se i personaggi riusciranno a sopravvivere all’orrore o usciranno di testa. In una storia realistica ambientata negli anni Trenta nessuno si aspetterà davvero di debellare il nazismo: quello che ci interessa è scoprire come i personaggi riusciranno a cavarsela con i loro scopi (quali che siano) mentre intorno imperversa questo male. Conflitti aperti Siete un po’ stufi dei conflitti chiusi? Volete aggiungere più “pepe” o più “impegno” tematico alla vostra campagna? Può essere il momento di sperimentare un conflitto aperto. Esso si basa su una domanda di principio di cui non si sa a priori la risposta. Non c’è, dal punto di vista di chi gioca, una Parte Giusta e una Parte Sbagliata in maniera netta e assoluta. Non si tratta di schierarsi in modo ovvio e poi lottare per la giusta soluzione, si tratta invece di trovare la soluzione, il che è molto più difficile e può produrre un role play molto più interessante. L’esempio principale che fa Angry nel suo articolo è sempre tratto da Il Signore degli Anelli. Non dovrebbe sorprendervi: può esserci più di un conflitto in una storia. Si tratta del conflitto tra il fato (la predestinazione, la Provvidenza) e il libero arbitrio (le azioni dei singoli e la loro facoltà di scelta). È una questione che il libro (e in parte il film) affrontano in modo bellissimo e poetico, eppure pochi se ne accorgono, convinti (erroneamente) che l’unico conflitto degno di nota sia quello dei Buoni contro i Cattivi. Altri esempi di Angry includono: natura/ambiente vs. tecnica/industrializzazione, e poi sicurezza vs. libertà individuale. Entrambi grandi classici, da cui si potrebbero trarre infinite storie. Si nota subito la loro caratteristica chiave: entrambi i fronti hanno i loro lati positivi, anzi, entrambi sono essenziali in una certa misura, non se ne può davvero fare a meno; eppure, entrambi i fronti se portati all’eccesso sono devastanti. Volete un esempio del tutto diverso, dal mondo delle favole? La cicala e la formica. Vale a dire: dilettevole vs. utile, arte vs. duro lavoro, espressione di sé vs. bisogni materiali. Ne verrebbe fuori una campagna niente male! Quasi quasi un giorno ci provo. Progettare un conflitto aperto In prima approssimazione, un conflitto aperto si può schematizzare come un duopolio (i due “fronti” contrapposti) in cui ognuno dei due poli ha pregi e difetti, lati positivi e lati negativi, per cui alla fine si ha un quadripolio. Polo A Polo B Pro (+) A+: lati / aspetti positivi del polo A B+: lati / aspetti positivi del polo B Contro (-) A-: lati / aspetti negativi del polo A B-: lati / aspetti negativi del polo B Badate: come sempre, dall’inizio dell’articolo, con “positivi” e “negativi” intendo positivi per chi gioca e negativi per chi gioca. Questo è molto importante. Se tutti al tavolo siete arciconvinti che gli aspetti positivi di un certo polo siano delle sciocchezze di poca importanza, o non siano davvero così positivi, potete fare tutte le tabelle che volete ma di fatto state giocando un conflitto chiuso: credete di starvi ponendo una domanda, ma sapete già dall’inizio la risposta. Stesso discorso per quelli negativi. Da Diemme, quindi, per progettare un buon conflitto aperto, scegliete due cose (idee, valori, concetti…) antitetiche o in conflitto tra loro ed elencate, per ciascuna, aspetti positivi e aspetti negativi. Importante: durante il gioco non dovrete mostrare ai giocatori le due cose, bensì gli aspetti elencati. A questo scopo può essere utile associare ciascun aspetto (positivo o negativo) a specifici PNG, specifici fatti o specifiche entità concrete del mondo di gioco, con cui i PG potranno interagire: questo vi permetterà di dare agli aspetti un senso di realtà e concretezza. Dopodiché, dovete solo lasciare che i giocatori interagiscano con il conflitto e scelgano, di volta in volta, da che parte stare. Un mio esempio Vi descriverò rapidamente un conflitto che avrei tanto voluto mettere in scena al mio tavolo. Ci avevo basato una campagna, ma putroppo essa è naufragata prima ancora di cominciare a scalfire la superficie. Un giorno forse ci riproverò. Riguardava la condivisione della conoscenza. Il polo A era l’idea per cui la conoscenza dovrebbe essere libera, diffusa, condivisa: se sai una cosa, dovresti dirla a tutti; tutti hanno il diritto di sapere la verità. I pregi di questa idea sono chiari: niente menzogne, coperture, tentativi di nascondere le cose; persone più informate e consapevoli. I suoi difetti sono meno intuitivi, ma in un mondo fantasy è facile farli emergere: ci sono cose che, se sapute, potrebbero portare al caos, all’isteria di massa; o conoscenze che, nelle mani sbagliate, possono fare gravissimi danni. Il polo B era l’idea per cui la conoscenza doveva essere protetta, custodita, tenuta al sicuro: solo chi è pronto a sapere dovrebbe sapere; ci sono cose che sarebbe meglio fossero dimenticate. I pregi di questa idea sono: sicurezza, tranquillità, guida illuminata da parte di pochi. I suoi difetti sono, ovviamente, l’elitarismo, il rischio di oscurantismo, l’uso della menzogna come copertura. Un monastero pieno di libri e di sacerdoti-studiosi, sempre in prima linea nell’erudizione del popolo e nella ricerca di nuovi, strani fenomeni per studiarli, incarnava A+. Mentre un eccentrico e potente mago solitario, assetato di nuove conoscenze e disposto a qualsiasi cosa pur di svelare certi arcani misteri, incarnava A-. La chiesa della dea del sole e della guarigione, che metteva al primo posto la salute e la protezione del popolo, e perciò aveva messo al sicuro certi pericolosi segreti affinché fossero dimenticati, incarnava B+. Infine, una potente squadra di inquisitori fanatici, devoti al dio della giustizia e votati a reprimere, anche con la forza, qualunque cosa sembrasse anche solo vagamente “strana” o minacciosa, incarnavano B-. Risoluzione del conflitto aperto Una cosa a cui Angry non dedica spazio, ma che a me preme molto, è questa: come si risolve un conflitto aperto? In teoria ha quattro possibili soluzioni. Vince A, o Vince B: le due soluzioni più ovvie; uno dei due poli del conflitto prevale sull’altro e si afferma. Questo si traduce nell’affermazione, più o meno completa e più o meno marcata, dei suoi aspetti positivi e dei suoi aspetti negativi, e nella negazione invece di quelli dell’altro polo. Pessimismo Cosmico: è quella preferita dall’autrice emergente Snee Dronningen (è bravissima – nonostante sia mia sorella – leggetela!) e da molti altri autori contemporanei dei vari media; in pratica, il conflitto finisce per logorare e dilaniare tutti gli schieramenti. Alla fine si affermano, in modo più o meno completo e marcato, gli aspetti negativi di entrambi i poli, mentre i positivi, schiacciati, finiscono per soccombere. Sintesi Costruttiva: è quella che vorremmo tutti, o almeno tutti noi ingenui positivisti trekker che ancora ci ostiniamo a sperare che le cose possano migliorare; in pratica, consiste nel combinare i poli in un compromesso, o a volte in un qualcosa di completamente nuovo, che risolva il conflitto in maniera non distruttiva. Di conseguenza si affermano, in modo più o meno marcato, gli aspetti positivi di entrambi i poli (o, almeno, un ragionevole compromesso tra essi), mentre i negativi vengono molto attenuati o neutralizzati. Naturalmente, nel gioco di ruolo dovrebbero essere i giocatori a portare il conflitto verso uno di questi esiti, a seconda di quello che vorranno fare e riusciranno a fare. Ma conoscere a livello teorico le possibili soluzioni può aiutare noi Diemme a capire dove si potrebbe andare a parare. Questo è importante soprattutto perché a volte facciamo l’errore di mettere troppi ostacoli preventivi contro una delle possibili modalità di soluzione (generalmente, contro l’ultima dell’elenco). In certi casi lo facciamo senza volerlo… ma diciamocelo: a volte siamo così innamorati del nostro bel conflitto aperto che ce la mettiamo proprio tutta per impedire che si possa arrivare a una sintesi; ci sembra troppo facile, troppo comodo. Beh, in generale questo atteggiamento non è carino, lasciatemelo dire: i giocatori si meritano di avere tutte le possibilità; poi magari falliranno, ma è un altro discorso. Aperti ma chiusi: propaganda C’è un aspetto che Angry accenna appena nel suo articolo, ma che io voglio espandere un po’. Abbiamo visto i conflitti chiusi, dove si assume che tutti diano per scontato qual è la Parte Giusta e chi sono i Cattivoni. Sono comuni e non c’è niente di male: producono buone storie da millenni. Poi abbiamo visto quelli aperti, con tanti “se” e tanti “ma” che servono a mettere in discussione, in dubbio una questione. Sono caratteristici delle storie eccellenti, a cui danno una marcia in più. C’è un terzo tipo di conflitto nella fiction: quello in cui non si assume che chi guarda / legge sappia qual è la Parte Giusta, ma glielo si vuole insegnare. In pratica, per l’autore dell’opera il conflitto è chiuso, ma anziché presentarlo come tale lo presenta come se fosse aperto, e finge di metterlo in discussione mentre in realtà ogni scena serve a dar ragione sempre alla stessa parte e a puntare sempre verso la stessa conclusione. Questo si chiama propaganda, ed è una cosa che vi sconsiglio caldamente di fare nel vostro gioco. La propaganda tende a produrre pessime storie: in effetti, tra i tre tipi di conflitto, è quello che generalmente produce di gran lunga le storie peggiori. Ma in un GdR è ancora peggio: è la morte del gioco, perché ne fa un uso strumentale. Questo a prescindere da cosa si vuole propagandare. Una caratteristica essenziale che deve avere un’attività per essere gioco è il fatto di essere fine a se stessa: se non lo è più, diventa altro. Pensate a chi usa il role play per fini terapeutici o didattici: si fa da decenni, a volte con ottimi risultati. Non metto in dubbio la validità di questi usi, sono cose bellissime, ma (per me) non sono più giocare; tant’è vero che sconsiglio fermamente di praticarle senza uno specialista (psicoterapeuta per il role play terapeutico, insegnante per quello didattico). Se c’è un tema più o meno impegnato che vi sta a cuore e su cui siete nettamente schierati, secondo me avete, come Diemme, tre opzioni. Escludere quel tema dal gioco: metterlo da parte, parlare d’altro. Va benissimo: non siete tenuti a combattere in prima linea per ogni ora di ogni giornata. A quel punto, tra l’altro, potete giocare anche con chi la pensa in modo diverso da voi (ma anche no, eh: non siete obbligati). Giocare solo con chi la pensa come voi in materia, e mettere in scena il tema come un conflitto chiuso: da una parte (dalla “vostra” parte) ci sono i protagonisti, le brave persone, le cose buone e giuste, dalla parte opposta i Cattivoni. È lecito, e può essere catartico. Per inciso, è quello che farei io se volessi trattare il tema della schiavitù, dell’omotransfobia o del genocidio (qualche volta l’ho fatto). Giocare anche con chi non la pensa come voi, e mettere in scena il tema come conflitto aperto. È un’arte difficile, perché dovete dare spazio anche agli aspetti negativi della “vostra parte” e a quelli positivi della parte opposta (se non riuscite a vederne non potete farlo); ci vuole molta empatia e immedesimazione. Ma soprattutto è una mossa rischiosa, perché comunque la pensiate dovete, dovete, accettare il rischio che i giocatori portino la storia da un’altra parte, verso una conclusione diversa. Dovete lasciarli liberi. Quello che (per l’amor di Pelor!) vi scongiuro di evitare è architettare una giocata strutturata per dimostrare a chi non la pensa come voi quanto ha torto, e farlo sentire un escremento se non cambia idea. Quando un gioco funziona così non è più un gioco. Nessuno si diverte a sentirsi un escremento. Appendici Ma Allora Gli Allineamenti? Come ho ripetuto tante volte gli allineamenti sono una cosa opzionale, che nelle edizioni più recenti (D&D 5e) si può eliminare in modo indolore. Detto questo io li trovo molto utili e li uso sempre, come ho illustrato in una serie apposita di articoli. Il discorso che ho fatto in favore dei conflitti aperti non la contraddice: indica semplicemente che il contrasto Bene vs. Male (o, in misura minore, Legge vs. Caos) non è il miglior conflitto centrale per una campagna “impegnata” perché generalmente non è aperto. Non significa che Bene, Male, Legge e Caos non possano esistere: nelle mie campagne esistono, con le loro belle definizioni. In effetti mi aiutano a rendere le cose più complesse, perché non è affatto detto che personaggi con lo stesso allineamento abbiano la stessa posizione rispetto al conflitto centrale. E trovarsi avversari, rispetto a quel conflitto, di qualcuno con cui però si condivide una serie di altri valori vincolanti (quelli del Bene o della Legge) porta a chiedersi quanto quel conflitto conta davvero per noi, e a pensare a dei modi per convincere l’altro anziché limitarsi a sconfiggerlo. Naturalmente esistono anche le campagne basate, ad esempio, sulla classica lotta tra il Bene e il Male: in tal caso siamo di fronte a un conflitto chiuso, come ho spiegato sopra. Non è sbagliato: io le adoro. Volendo, in quelle stesse campagne può esserci (in effetti, raccomando che ci sia) anche un altro conflitto, aperto, per renderle più animate e coinvolgenti. Proprio come ne Il Signore degli Anelli. Due ultime, "malefiche" note Il fatto che un conflitto sia chiuso non significa che il Cattivone non possa essere delineato in modo complesso, carismatico e non superficiale. Per Sauron e Voldemort questo non avviene, ma per Thanos sì. Il Cattivone può “avere le sue ragioni” ed essere sfaccettato e credibile, ma se nessuno (autore o spettatore, giocatore o Diemme) dubita del fatto che sia il Cattivone, che sia dalla Parte Sbagliata, il conflitto è comunque chiuso. Cosa che, come ho detto, può andare benissimo. Similmente, il fatto che un antagonista (Cattivone di un conflitto chiuso, o polo di un conflitto aperto: non importa) sia complesso, sfaccettato e in sfumature di grigio (vere o presunte) non garantisce una bella storia, né l’antagonista più bidimensionale e meno sfumato del mondo ne garantisce una brutta. Prendete Malefica, quella vera: è chiaramente un Cattivone, bidimensionale (in pratica è cattiva perché sì), eppure è uno dei villain più affascinanti del mondo Disney, in un film che forse non è il top (specie per i nostri tempi) ma si difende egregiamente. Prendete la sua brutta copia live action: si intuisce che vorrebbe essere un personaggio complesso e profondo, con sentimenti e motivazioni credibili, eppure ne viene fuori una storia orrenda. Ok, il fatto che tutti gli altri personaggi del suo film siano piattissimi non aiuta. Ma il problema è soprattutto che il conflitto tra il mondo magico e quello degli uomini, che avrebbe tutto il potenziale per essere un bel conflitto aperto, viene gestito coi piedi, riducendolo a questioni personali tra gli individui, e non viene mai messo davvero in discussione. (Naturalmente c’è chi apprezza quel film; ed è curioso vedere che in tal caso, in genere, lo interpreta come un manifesto, che non lascia dubbi, che ha anzi precisamente lo scopo di dimostrare come le ragioni stiano da una sola parte. Sapete come si chiama questo, vero? Bravi: propaganda. Legittima, ma… non fatelo a casa! Non nel vostro gioco di D&D.) Link all'articolo originale: https://dietroschermo.wordpress.com/2021/07/12/tanti-se-e-tanti-ma-progetta-le-tue-avventure-episodio-11/ Visualizza articolo completo1 punto
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Tass yuppi! trillo' felice Tasslehoff lasciandosi scivolare giù dal mucchio. Quel drago in picchiata avrebbe potuto farlo cadere dalla cima del mucchio; meglio spostarsi in un posto più comodo per poterlo osservare.1 punto
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@brunno @Albedo Ricchezza standard, un tratto di campagna, per le caratteristiche Brunno: 9 11 12 12 14 15 Albedo: 9 10 12 13 15 15 Per qualsiasi domanda di ambientazione e lore della campagna sparate pure1 punto
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Suvvia, non sappiamo realmente quale sarà il cambiamento , ricordo inoltre che i coniugi hickmann (dopo aver fatto "pace" legale con il "malvagio mago della costa" E-Wotc) hanno espressamente dichiarato di star lavorando ad una nuova ambientazione molto interessante mi aspetto anche questo. In ogni caso non possiamo giudicare fino a quando non potremo visionare il materiale non trovate ?1 punto
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@Zellos se non l'hai visto vi siete riuniti e aspetto te a postare.1 punto
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Articolo assolutamente condivisibile, e che tratta un punto molto importante. Aggiungo due commenti molto marginali. Qui farei una distinzione tra giocatori e personaggi, specie in gruppi di giocatori abbastanza esperti da distinguere le due cose. È possibile giocare con giocatori atei una campagna basata sul conflitto se sia giusto bruciare gli eretici sul rogo come conflitto aperto, a patto che alcuni personaggi siano profondamente religiosi. Questo non vuol dire che non aiuti se il conflitto è vissuto anche dai giocatori, ma come nelle gare di dibattito a volte è divertente interpretare l'avvocato di posizioni non proprie. In realtà trovo che il conflitto legge vs caos è il conflitto aperto più comune in D&D, e spesso l'unico conflitto aperto previsto. Il fine giustifica i mezzi, tipicamente tra un ladro CB e un paladino LB, è uno dei tropi di conflitto aperto più comuni e meno noiosi di D&D. Bene/male invece è proprio senza speranza di essere salvato come conflitto interessante 🙂1 punto
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Moggo Din Il mondo è un posto duro. Che sia in superficie o in profondità nella montagna, cambia poco. Ho trascorso i miei giorni mescolandomi agli altri come fossi uno di loro, riparandomi dalla frescura primaverile con la pelle di lupo che porto sulle spalle a mò di coperta, un trofeo che ho ottenuto venendo qui. Ne vado meno fiero di quanto sembri, ma mi sono affezionato all'odore di cane bagnato che emana da quando ha piovuto, giorni fa. Mi fermo spesso ad osservare la montagna. La sua forma irregolare, i crinali misteriosi e vuoti, l'ombra immensa eppure così familiare. L'ignoto cela risposte alle domande di tutti, forse anche alle mie. Poi guardo questi nani della polvere: non ho mai visto così tanti miei simili tutti in una volta. Li osservo cauto, e accetto il loro disprezzo anche se per le cause sbagliate. Immagino che sia vero, molti qua fuori si spaccano la schiena come dei dannati per una speranza flebile e vana, mentre a noialtri - assassini, vagabondi, nullatenenti - viene data una possibilità dal nulla. Il mondo non è solo duro, è anche ingiusto. Ora queste pareti grigie non sono così diverse da casa mia. Più pulite e ordinate, magari. Lo squallore è qualcosa che accompagna le vite di tutti gli abitanti dei villaggi poveri e sperduti. Guardo gli altri mentre mi siedo a terra, con la testa schiacciata verso il muro, il collo leggermente piegato. Aspettiamo. Schiaccio una mosca incastrata tra i nodi della barba grezza e la pesto sotto gli stivali logori e pieni di fango. Se anch'io percepisco il mio olezzo, significa che deve aver raggiunto livelli non indifferenti. Cerco di coprirlo espirando un po' di fumo dalla pipa che comprai al mercato qualche luna fa; il fumo prende corpo in un uccellaccio rapace che fa qualche giro sopra la mia testa e poi scompare icarico verso il buco nel soffitto.1 punto
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DM "Almeno fino a Fiskrbak però torno con voi! Non voglio rimanere qui a Gundbarg!" Bern si guarda intorno, temendo di aver parlato troppo ad alta voce, diventa rosso e abbassa la testa, imbarazzato "...Ehm...senza offesa." @L_Oscuro Tutti1 punto
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Il fatto è che non avete nessuno che fa control o che casta puro se non lo fa l'altro bardo quindi per questo sarebbe stato opportuno capire come volevi giocarlo. In ogni caso: Bardo 3 Paladino 4. Mezzelfo. Il mezzelfo ti da il bonus a CAR e due +1 da mettere a FOR e COS. l'obiettivo è avere for e car almeno 16, des e cos almeno 14. Alternativamente fai l'umano variante per il talento. Il bardo lo fai collegio delle spade, stile dueling, arma e scudo. Hai la possibilità di usare il dado da ispirazione bardica per fare diverse cose. Metti expertise su atletica. Il paladino lo fai glory, stile difesa. In tal modo hai due stili, CA elevata (14+des (2) + 2 +1). Prendi il talento shield master e te la giochi sbattendo la gente per terra. Se vuoi fare una specie di oplita usi la lancia e ci prendi sentinella e polearm master. A quel punto sei pieno di cose da fare con la bonus action, ma non ti mancherà mai la scelta (attacco da polearm master, attacco con scudo per sbilanciare, ispirazione bardica, punizione ispirata). Per i livelli successivi puoi scegliere. Prosegui da paladino fino al 9 per il secondo attacco le auree e velocità. A quel punto poi ti conviene prendere il 4 da bardo per l'ASI (in mezzo a quei 9) e proseguire pally. Alternativamente te la puoi giocare rimanendo pally 4 e andando avanti da bardo per il secondo attacco e i milioni di slot da usare per spell e punire. Certo un livello da hexblade se vuoi fare l'OP ci sta sopratutto per scudo, in tal caso fai il mezzelfo e prendi elven accuracy su carisma per rollare tre dadi in caso di vantaggio. Certo poi avrai davvero troppa roba da fare con l'azione bonus. Spero di essere stato utile.1 punto
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Non mi è chiaro quale sia il divertimento nel uccidere un mostro che è li per morire. Non devi essere bravo e non devi fare nulla che non sia spendere uno slot di incantesimo. È praticamente un'azione sprecata con risultato ovvio. Non c'è TS, non c'è danno dimezzato che incide sulla buona riuscita della strategia. Funziona e basta. In ogni caso è interessante il fatto che ragioniamo su due impostazioni opposte. Tu meccanica io di ambientazione. Se gli orchi hanno una società tribale in cui vige la legge del più forte, che senso ha che esistono N orchi che al primo buffetto muoiono? Come hanno fatto a fare strada e a sopravvivere nella loro società finché non sono arrivati i personaggi? Con che faccia vanno in guerra sapendo che creperanno di sicuro? Un conto è l'orco con 8 hp che muore uguale con una fireball, ma a livelli bassi è una minaccia, e che poi cresce di potere e dadi vita, un conto è un orco che ha 1 hp sempre. Non ha senso dal punto di vista di logica dell'ambientazione. Quando creo un gruppo di avversari oltretutto non penso a chi li può counterare, ma a che siano una sfida per il gruppo e che siano coerente con quello che l'ambientazione presuppone. I due nemici potenti ma fragili dietro non stanno li per essere shottati dal ladro ma per fornire supporto ai melee del gruppo e infastidire il party. Poi sarà il gruppo a decidere come affrontarli, non io. Lo stesso metro che uso per decidere le situazioni non in combattimento. Il DM non dovrebbe creare gli scontri ma le situazioni. Che possono finire in scontro o meno e nel primo caso che possono prendere qualsiasi direzione. Se non si creano situazioni se le cose non vanno come il DM ha pensato questo rischia di essere spaesato o che il party muoia. E anche creare scontri ritagliati sul gruppo non ha molto senso. I pg devono poter trovare il modo di superare anche scontri non perfettamente calibrati su di loro in positivo e in negativo.1 punto
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Al crocevia Il petto di Zwer si gonfia di orgoglio ai vostri ringraziamenti ed è chiaro che vi ha aspettati perché ci tiene ad essere parte di qualcosa di interessante come sembra essere diventata la vostra missione. Quando esprimete l'idea di recarvi a Phandalin non perde un attimo di tempo a darvi i dettagli che chiedete. "Phandalin e la barba spelacchiata di mio padre distano un giorno e mezzo da noi con il tempo buono." guarda il cielo e la luce della luna che filtra a malapena tra una spessa coltre di nubi scure "Due giorni, se siamo sfortunati e viene a piovere. Grazie a voi non dovremmo avere altre noie lungo la pista, a meno che non ci siano altri diavoli di briganti nascosti più avanti." Vi osserva mangiare lo stufato tutto soddisfatto e quando si sofferma sulla figura macilenta di Sir Sildar fa una specie di sobbalzo teatrale. "Sire, sono lieto che ve la siate cavata, ma avete l'aspetto di uno che si è fatto masticare da un ogre!" Sir Sildar inghiotte un grosso pezzo di pane intriso di stufato fumante e prende la parola con il solito tono grave, in risposta alle parole di Flint e ignorando il commento di Zwer. "Temo che a Phandalin non troverete l'aiuto che sperate, Signor Flint. Il paese è in mano a un Borgomastro tra i più incapaci che la Costa della Spada abbia prodotto. Se le voci raccolte dal mio Ordine sono vere, il gruppo di malviventi che il vostro collega Milo descriveva con tanto di particolari tiene in pugno gli abitanti del borgo. Pare che nell'ultimo anno la situazione sia peggiorata, con questi Marchi Rossi che si sono fatti più spavaldi e spregiudicati. L'Alleanza dei Lord aveva mandato un mio collega e caro amico a cercare di mettere le cose a posto, ma dopo un paio di rapporti poco rassicuranti, abbiamo smesso di ricevere sue notizie." fa una pausa per bere un sorso di birra e lanciare un'occhiata di rimprovero a Milo, come se lo ritenesse responsabile della sorte toccata al suo collega "Il vero motivo della mia presenza qui è legato al destino del mio collega e del paese di Phandalin. I Lord mi hanno scelto per prendere in mano le redini del posto, scoprire che fine ha fatto il mio collega e possibilmente mettere la parola fine alle attività malavitose dei Marchi Rossi. Appoggio quindi la vostra idea di recarsi a Phandalin, e vi attende una ricompensa qualora mi scortaste laggiù, ma non aspettatevi di trovare aiuto. Sarà piuttosto la brava gente del posto ad avere bisogno del vostro aiuto, e temo che io stesso potrei averne bisogno." Tutti1 punto
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Mìa "Credo proprio che le voci intendessero Ludwig", spiegò Mìa. "Calmati, Jacob, sei teso più di una pelle di tamburo estaliano!".1 punto
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Se Sabine non ottiene ispirazione per la pensata, le passo l'ispirazione di Wellby, se @SamPey è d'accordo1 punto
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Alkidámas Destinati a portare un peso più grande... Sto per fare una battuta sul peso più grande, che porto nella sacca scrotale, ma sbuffo e aspetto di vedere la reazione della ragazza prima di intervenire: forse è meglio evitare ulteriori battute sugli Dei. Non vivo più tra i ladri dei quartieri bassi, o nelle discussioni filosofiche dell'Accademia.1 punto
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Idea nata dal fatto che ho recentemente riletto sia "Toriko" che "Hunter X Hunter"; in entrambi i manga il mondo normale (la cui mappa -e quindi, probabilmente, anche l'estensione- è simile a quella della Terra) è circondato da una serie di territori abitati da creature molto più potenti e pericolose. Stavo pensando quindi ad un mondo fatto ad "anelli concentrici": il centro è un mondo (o anche solo un continente, o una parte di esso, se non si vuoel esagerare) abitato da creature normali e poco pericolose; più ci si allontana dal centro, più cresce la stranezza e la pericolosità (il "Grado di Sfida", per dirlo alla D&D) dai mostri. I pg, ovviamente, vengono dal centro. Il sistema si ispira un pò all'approccio di creazione del mondo che parte dal piccolo e va allargandosi (prima il villaggio dove abitano i pg, poi le terre circostanti, poi il continente, e infine il mondo).1 punto
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Hexcrawl: Parte 1 Hexcrawl: Parte 2 - Viaggi nelle Terre Selvagge Hexcrawl: Parte 3 - Orientarsi nelle Terre Selvagge Hexcrawl: Parte 4 - Tabelle degli Incontri Hexcrawl: Parte 5 - Riconoscere le Distanze Hexcrawl : Parte 6 - Lista della Veglia Hexcrawl : Parte 7 - Scheda del DM Hexcrawl : Parte 8 - Esempio di Legenda per gli Esagoni Nota del Traduttore: le regole contenute in questo articolo sono pensate per essere usate con il regolamento di Dungeons & Dragons 3.5 e, volendo, anche con quello di Pathfinder 1E. Un aggiornamento con le regole adattate a D&D 5E è di prossima pubblicazione in italiano. Articolo di Justin Alexander del 25 Luglio 2012 L'organizzazione del materiale di campagna è per me sempre un argomento interessante e non credo si parli abbastanza dei metodi pratici che si usano nella realtà. (Al contrario della roba teorica e idealizzata che di solito si trova nei libri di consigli per i DM.) Anche se imparo costantemente nuovi trucchi e tecniche, ho anche scoperto che nessuna campagna utilizza gli stessi metodi di documentazione: anche scenari simili spesso hanno caratteristiche uniche che beneficiano di un approccio diverso. Nel caso del mio Hexcrawl ambientato in Tracia, conservo quattro "documenti": 1) La Mappa degli Esagoni È grande 16 esagoni per 16 esagoni, per un totale di 256 esagoni. (Se dovessi farla di nuovo, sceglierei una mappa 10 x 10 o 12 x 12: ottenere 256 voci uniche sulla legenda mi è costato un sacco di lavoro. Ma ero legato ad alcune problematiche peculiari determinate dalla campagna pre-hexcrawl, le quali mi hanno costretto a realizzare una mappa più grande). 2) Il Faldone Contiene la legenda della campagna. Include 2 pagine di informazioni di base (civiltà attuali, fazioni del caos ed epoche storiche), 8 pagine di tabelle di incontri casuali (una per ciascuna delle sei diverse regioni sulla mappa) e una legenda degli esagoni di 100 pagine. 3) La Cartella Ogni documento in questa cartella descrive un singolo luogo. Si tratta di luoghi con legende che occupano più di una singola pagina e/o qualsiasi luogo che richieda un aggiornamento di stato (perché i PG l'hanno visitato e ne hanno cambiato lo status quo). 4) La Scheda sull'Andamento della Campagna Questo documento viene aggiornato e ristampato per ogni sessione. Serve a mantenere la campagna in movimento. Al momento, la scheda sull'andamento della campagna Hexcrawl in Tracia include: un elenco di eventi in corso a Caerdheim e Maernath (le due città che fungono da base per i PG) un elenco di complessi di dungeon vuoti (a cui faccio riferimento quando effettuo un tiro una volta per sessione per vedere se sono di nuovo abitati) una tabella delle dicerie attuali dettagli sulle varie attività commerciali gestite dai PG la tabella principale di fedeltà/morale per i gregari dei PG Di questi documenti, il più difficile da preparare è, ovviamente, la legenda degli hexcrawl (insieme alla cartella dei luoghi dettagliati). Ho passato due settimane di duro lavoro a sfornare tutti quei luoghi. Ma il lato positivo del preparare tutto in anticipo è che, una volta finito, una campagna hexcrawl basata sull'esplorazione delle terre selvagge diventa incredibilmente leggera da preparare: per ogni sessione non spendo più di 10-15 minuti di preparazione perché in realtà tutto ciò che devo fare è scrivere delle note per mantenere aggiornata la mia documentazione con quello che è successo durante l'ultima sessione. Progettare dallo Status Quo Il mio metodo generale di preparazione, in particolare per un hexcrawl, è di creare tutto in uno stato di "status quo" finché i PG non lo toccano. Una volta che i PG iniziano a toccare le cose, ovviamente, le increspature nell'acqua possono iniziare a diffondersi molto velocemente e molto lontano. Tuttavia, in assenza di un'interazione continua con i PG, le cose nel mondo della campagna generalmente torneranno a uno status quo. (È qualcosa di cui ho discusso anche in Don't Prep Plots: Prepping Scenario Timelines). Questo metodo dello status quo in genere funziona solo se si dispone di robuste strutture predefinite per fornire agganci di scenario. Nel caso dell'hexcrawl è qualcosa che, ovviamente, posseggo: sia le tabelle delle dicerie sia la struttura stessa dell'hexcrawl guideranno i PG verso gli scenari. Il vantaggio del metodo dello status quo è che riduce al minimo la quantità di lavoro che dovete fare come GM. (Stare dietro a 256 esagoni e tenerli sempre attivi richiederebbe una mole di lavoro assurda). Inoltre riduce al minimo la quantità di lavoro di preparazione sprecato. (Se generate costantemente eventi in background di cui i PG non sono a conoscenza e con cui non interagiscono, è tutto lavoro sprecato). È importante capire, tuttavia, che "status quo" non significa "noioso". Inoltre, non significa che non stia letteralmente accadendo nulla in un determinato luogo. Ad esempio, lo status quo per un campo di schiavisti goblin non è "i goblin se ne stanno in panciolle". Lo status quo è che c'è un flusso costante di schiavi che passano attraverso il campo e vengono venduti. Link all'articolo originale: https://thealexandrian.net/wordpress/17395/roleplaying-games/hexcrawl-part-9-four-documents-of-the-hexcrawl1 punto
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Risposto, però imo c'è qualche problema di fondo in come sono poste le domande. Ad esempio, nell'ultima si assume che il motivo per cui sia stata insoddisfacente fosse per qualche "demerito" del DM..Magari invece era un problema di gruppo Idem sulla penultima, per essere soddisfacente non basta il master più bravo del mondo imo, se il resto dei giocatori "rema contro" Il tutto per dire che, stringendo stringendo, la skill in assoluto che reputo più importante e fondamentale per un qualsiasi giocatore (e in maniera ancora maggiore nel master) è quella di "saper gestire il gruppo", saper dialogare con le persone, allineare le aspettative del tavolo su cosa si andrà a giocare, e intervenire out of game qualora per qualche motivo inizino a non essere più allineate; intervenire come mediatori nel caso di problematiche out of game tra giocatori etc etc Tutto questo è fondamentale. Se manca, devi sperare di aver culo e che i giocatori sopperiscano, altrimenti per me personalmente sarà un'esperienza disastrosa quasi sempre1 punto
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Posto che Tasha non ha rovinato il gioco e anzi gli ha dato versatilità di cui si sentiva la mancanza, e anche applicarla è stato utile poichè ha permesso comunque di giocare classi con razze altrimenti non utilizzate, la definizione delle “razze” rimane centrale in un fantasy, indipendentemente da come le si voglia chiamare. quindi stabilire che i nani sono robusti e gli elfi agili è importante per definire cosa si stia giocando, ma questo non incide sul singolo, in particolare sui PG, che quindi può spostare il bonus razziale dove ritiene più opportuno. Quindi il nano medio avrà 12 a for e 12 a cos, mentre il PG nano potrà avere +2 des e int. è questo che lo porterá a fare il ladro non viceversa. detto ciò, è importante che i nani rimangano tali quindi spero che nella 5.5 le razze siano definite per le loro capacità, e non dai bonus, che saranno semplicemente assegnati +2 a una caratteristica e +1 a una seconda. Quello che inciderà saranno le specificitá della razza, dal bonus a percezione, alla fortuna, allo stabilire se si sta salendo o scendendo, alla capacitá di lanciare trucchetti. questo perché le razze nel fantasy sono importanti e devono essere chiaramente definite. Altrimenti si gioca una sola razza, l’umano, più o meno alto e con diverse capacità, e non è davvero questo il fantasy che mi piace. circa la questione cosa è nano, come giá detto da altri nell’immaginario il nano è chiaramente definito, anche se alcuni punti possono variare. Poi possono esserci diversità determinate da storie o accadimenti ma quelli rappresentano minoranze (avariel, elfi marini…), la maggioranza dei nani risponde a un archetipo. Lo stesso vale anche per le altre razze e per i mostri, come ad esempio i vampiri che hanno leggende diverse che gli attribuiscono poteri diversi, ma si mantengono su uno schema fisso che ha come punto centrale la vulnerabilitá al fuoco. Infatti i vampiri di twilight non sono vampiri.1 punto
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Nani del Mare: un clan nanico che ha perso da tempo la propria dimora tra le montagne e, esule, ha dovuto adattarsi a una nuova vita per mare a cercar fortuna. Con il passare dei secoli i membri del clan hanno smesso di portare con sè pesanti armature e armi a due mani, privilegiando uno stile di combattimento agile e leggero. I Forgiarune del clan hanno sapientemente adattato la loro rozza magia in modo da poter controllare i fenomeni atmosferici...per fare ciò sono entrati in contatto con il Grande Vortice, che ha in qualche modo reso affine questo clan alla magia elementale. Sono i nani classici? NO. Sono ancora nani? SI. Con il nuovo approccio modulare le regole razziali di dnd favoriscono idee del genere. Puoi mettere bonus a Destrezza, Costituzione, Intelligenza ecc...perchè sono tutte motivabili e puoi cambiare le competenze (al posto dei martelli i tridenti, al posto delle armature pesanti lingue extra o oggetti da pescatore e marinaio). Nani Arboricoli di Aletuse: un clan nanico la cui fortezza è stata, nel corso delle ere geologiche, portate verso la superficie, fino a sbucare nella giungla sovrastante e fondersi con essa. Per amore della loro casa i nani di Aletuse si sono adattati invece che migrare via. Con il tempo hanno dovuto fare a meno delle vie sotterranee e connettere i vari livelli della fortezza tramite ponti di corda e liane saldamente intrecciate. Molti sono diventati druidi per poter parlare con gli alberi e convincerli a fondersi con i loro edifici. Sono i nani classici? NO. Sono ancora nani? SI. Con il nuovo approccio modulare le regole razziali di dnd favoriscono idee del genere. Puoi mettere bonus a Destrezza, Costituzione, Intelligenza ecc...perchè sono tutte motivabili e puoi cambiare le competenze (al posto dei martelli gli archi, al posto delle armature pesanti regole più simili a quelle degli elfi silvani, perchè alla fine l'ambiente dove vivono è sempre la foresta. Magari silvano come linguaggio extra). A questo mi riferisco quando dico che non è corretto fossilizzarsi sugli archetipi come se fossero l'unico aspetto reale e sensato di qualcosa di mitologico. Vai a vedere in altre culture, meno documentate e tramandate, e i nani saranno qualcosa di totalmente diverso dall'archetipo tolkeniano. Ma sono nani perchè la narrazione collettiva (o la narrazione al tavolo) identifica come nani quel popolo. Attualmente dnd, non so se casualmente o meno, sta favorendo tale creatività con le nuove regole razziali, che sono un valore aggiunto al tavolo da gioco.1 punto
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