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  1. Dopo l'uscita della serie TV di The Witcher, dedicata a Geralt di Rivia, il noto Strigo cacciatore di mostri, grande utente di alchimia sulla quale abbiamo già fatto questo precedente articolo. Per l’occasione, abbiamo deciso di intervistare Jari Lanzoni, (qui il suo sito), schermidore e appassionato di fantasy nonché di… lotta ai mostri! Ciao Jari, dicci chi sei e quali sono le tue esperienze in ambito di scherma e fantasy Direi uno strano amalgama di tante cose: direi principalmente un padre e un marito, poi un lettore, uno scrittore e un appassionato di combattimento storico. Al momento lavoro nel settore del turismo dopo aver cambiato una dozzina di mansioni e posti di lavoro, dal becchino al grafico, una necessaria flessibilità assai tipica di questo periodo che però mi ha permesso di mettere da parte una serie di competenze trasversali. Mi sono interessato alla scherma storica una ventina di anni fa, entrando in contatto con alcuni gruppi e assistendo ad un paio di seminari; nel 2002 ho conosciuto il metodo della Sala d’Arme Achille Marozzo, caratterizzato da un approccio rigoroso alle fonti e una forte purezza nella ricerca delle nostre tradizioni Marziali. In particolare, la Sala d’Arme Achille Marozzo si è sempre distinta per la scelta di pubblicare i risultati dei propri studi e contribuire alla diffusione della Scherma Storica. Dopo un paio d’anni di corso sono passato da allievo ad Aiuto-Istruttore dei corsi basi seguendo poi tutte le fasi per diventare docente. Al di là della mia esperienza come Istruttore ho avuto modo di pubblicare due manuali inerenti la scherma storica: “La Lancia, La Spada, la Daga” dedicato alla scherma medievale e “Il Combattimento Storico da Strada” dove approfondisco le più strane situazioni avvenute in duello e in battaglia. Direi che la mia esperienza con il fantasy nasce sia dalla grandissima passione per la lettura che per i giochi di ruolo, commistionando le due cose per divertimento personale. Ho pubblicato alcuni romanzi, tra lo storico e il fantasy, nel mio ultimo lavoro “La Scherma del Cacciatore di Mostri” (quì il link) ho voluto immaginare il ritrovamento di un trattato di scherma rinascimentale, a lungo occultato, dedicato non al duello contro altri schermidori ma contro gli Innaturi, esseri scaturiti da favole e leggende. L’Autore doveva necessariamente essere allievo di un Trattatista che conoscevo bene per poterne ricalcare le tecniche di combattimento: ecco quindi il bolognese Johanni della Viverna, divenuto Maestro d’Arme sotto la guidae del celebre Giovanni Dalle Agocchie. Parliamo di mostri: ogni creatura richiede le sue armi e le sue tecniche. Facci degli esempi… Avendo indicato il rigore per le fonti storiche come un attributo qualitativo, credo sia lecito non inventare nulla ma, appunto, citare qualcuno più autorevole di me. Il primo esempio che mi viene in mente è tratto da “Guerrino detto il Meschino” un eroe popolare del Basso Medioevo, nato dalla penna di Andrea da Barberino nel 1473. Si tratta di un guerriero che si è fatto da sé, ignora di possedere nobili natali e ha deciso di farsi strada nella vita apprendendo l’arte della spada. Tra le innumerevoli avventure (di cui consiglio la lettura) si trova anche lui a dover affrontare un Innaturo. E’ descritto come un “gran verme” ma in seguito si apprende che doveva avere due o quattro zampe artigliate. Prossimo al combattimento, Guerrino fa qualcosa di assolutamente naturale per chi è ormai un veterano del combattimento: valuta una Strategia. Il pensiero di ogni Schermidore deve essere Fluido. Non carica con il cavallo e la lancia in resta, azione potente ma inutile contro un avversario estremamente rapido e dal corpo serpentino. Guai se schivasse la lancia e, in un batter d’occhio, fosse padrone dello scontro. Spada e scudo sono e restano i compagni ottimali per difendere e offendere con perizia, specie un essere di manifesta forza. Si tratta di una coppia d’arme che denota anche prudenza, Guerrino ancora non conosce appieno tutte le risorse del nemico. Di nuovo un cambio di strategia, necessario vista l’abilità del nemico. Al Guerrino è bastato pochissimo per valutare le capacità dell’Innaturo rispetto alla scelta delle armi. Lasciata spada e scudo rotella, armi troppo lente e facilmente afferrabili, afferra il pugnale che ogni cavaliere porta con sé (forse la celebre misericordiae) e, giunto a stretto contatto, colpisce dove le scaglie si sono allargate per il movimento del corpo, affondando l’arma corta in un punto vitale dell’avversario. …e se una normale lama non bastasse? Cosa propone il manuale di “magico”? Quando ho iniziato la stesura del manuale ho ripensato all’esperienza de “Il Combattimento Storico da Strada” e di tutte le strane soluzioni che propone (lanci di cappe, di sostanze, accecamenti, false cadute etc etc…), ho anche riflettuto sul fatto che uno schermidore non si sarebbe affidato solo alla lama. L’idea di inserire la magia però non mi convinceva, forse per la vecchia dicotomia Guerriero-Mago di Dungeons & Dragons che mi porto dietro da trent’anni esatti. Come sempre mi sono affidato alle fonti storiche, cercando qualsiasi soluzione Alchemica che però derivasse da un vero trattato storico e che un lettore curioso potesse consultare. Ecco quindi “Opera” di Alchimia di Giovanbattista Birelli, il “Magiae naturalis sive de miraculis rerum naturalium” di Giovanni Battista della Porta, ho attinto a piene mani dai “De’ capricci medicinali” di Leonardo fioravanti e altri testi ancora. Sarebbe stato più facile inventare di sana pianta una serie di soluzioni fantasiose, più spettacolaristiche e meno “rustiche”, ma credo sia anche affascinante “lavorare” imponendosi regole e “paletti” da non superare. Curiosamente, o forse no, è stata la Ricerca Storica che ha portato in evidenza il Fantastico e il Magico. Allo stesso modo, quasi tutti i mostri del libro provengono da testi storici o da trattati, primo fra tutti il “Compendio dell’arte essorcistica” di Girolamo Menghi. Questo assieme di risorse aumenta le abilità del Cacciatore di Mostri, li conferisce una serie di soluzioni per limitare le forze nemiche, ma anche per celare la propria identità e stordire eventuali testimoni al pari di un “Man in Black” rinascimentale. Occorre fare un esempio di come si applichino certe sostanze. Mi viene in mente il caso delle Streghe che presidiano pozzi o piccoli stagni. Si tratta dello spauracchio che le madri utilizzavano tempo fa per spaventare i bambini: se si fossero avvicinati troppo al pozzo il mostro li avrebbe presi e portati via. Uno stratagemma pedagogico rurale per chi deve lavorare duramente la terra tenendosi vicino i bambini, che di certo all’epoca non avevano un asilo o altre strutture in cui stare. La Marabecca siciliana, come la Jenny Dentiverdi inglese, la Bourda emiliano-romagnola o la Janara di Benevento, attende in prossimità di una cisterna. In questo caso il buon Johanni della Viverna avrebbe pronta una buona ronca dall’asta lunga, ottima per colpire a buona distanza, ma si sarebbe ben guardato da scendere nell’elemento di elezione dell’Innaturo. Ecco quindi una buona “mistura che arda sott’acqua” dal trattato di Alchimia Giovanni Battista della Porta, quando questa sorta di fuoco greco avrà incendiato parte dello specchio d’acqua la Strega dovrà salire in superficie per fuggire le fiamme, senza sapere che la via di scampo le è stata accuratamente preparata. A questo punto ci si affiderà all’abilità dello Schermidore con la ronca per ripulire la zona dal minaccioso Innaturo… Certo, tutto questo darsi da fare può attirare l’attenzione di testimoni, ma sempre il Birelli offre una soluzione con un composto “A far che le persone facilmente escano di sentimento, che paiano pazzi”, e così anche se raccontano ciò che hanno visto alla Loggia della Mercanzia, in Piazza Maggiore o agli uomini del Bargello nessuno gli crederà. La serie di The Witcher sta per uscire: dai filmati del gioco e le scene di combattimento della serie già uscite, cosa possiamo dire dello stile di combattimento dello Strigo, riferito agli stili storici e ai mostri che egli affronta? Devo premettere che di The Witcher io so pochissimo. Ricordo di aver installato il gioco, visto l’animazione iniziale con l’amico che me lo regalò e aver giocato tipo 5-10 minuti notando positivamente che permetteva di cambiare la guardia del personaggio. Di lì a poco nacque mia figlia e addio Strigi, Streghe e altro, dovevo gettarmi nella battaglia delle notti insonni, affrontare orde di rigurgiti e debellare pannolini. Non ho ancora letto i romanzi e quando me lo segnalarono dopo l’uscita del libro mi scoprii estremamente ignorante. Rispetto ai bellissimi filmati che ho visto online, lo stile scelto per Geralt di Rivia consiste in colpi ampi, grandi “caricamenti” con l’arma alzata fin sopra la testa e lame che proseguono il movimento fino a terra. Il corpo ruota completamente esponendo la schiena all’avversario, spesso vortica per eseguire una sequenza di colpi continui, in alcuni casi per aumentare la potenza d’impatto Geralt esegue attacchi dopo un balzo per aggiungere spinta e peso del colpo alla forza cinetica del taglio. Il tutto contro mostri grandi e grossi, e quindi bersagli ben definiti su cui sferrare Colpi Finiti, ossia a piena potenza e senza possibilità di cambiare il percorso dell’arma. Quando deve affrontare gli uomini non mancano calci, pugni e spallate per alternare le azioni della spada, oltre a del sano combattimento corpo a corpo e un buon utilizzo del pugnale con colpi di punta alla gola o sotto l’ascella, quindi in un punto non protetto. Tutto questo corrisponde alle necessità di spettacolarizzazione del prodotto ludico, in cui lo spettatore deve poter godere dell’intera dinamica dell’arma, essere copartecipe del movimento e della potenza dei colpi. Rispetto a queste logiche consiglio “the Game” di Baricco, che descrive in maniera perfetta il rapporto che si sviluppa tra lo strumento ludico e il corpo del giocatore. La Scherma Storica, ovviamente, è qualcosa di completamente diverso: non si espone mai la schiena all’avversario, non si tentano “scivolamenti” o spallate, niente pugni e calci perché occorre sempre gestire la distanza rispetto all’avversario. I colpi devono essere misurati: i caricamenti inutili sono da escludere, nel momento in cui si va a sollevare le braccia per aumentare la potenza d’impatto un avversario può colpire proprio gli arti, inoltre colpi troppo telefonati fanno esporre a contro-tecniche brevi e rapide, spesso proprio alla mano di chi sferra il taglio che di per sé ha il vantaggio della potenza ma lo svantaggio della lentezza. Ogni tanto Geralt ha infatti il buonsenso di infilare una punta rapida nella gola o nel petto degli avversari. C’è anche da dire che le finte, che richiedono falsi colpi e non Colpi Finiti, sono alla base della scherma e potrebbero non essere ben comprese dallo spettatore all’interno di un combattimento concitato In un vero combattimento si predilige l’economia di energie, i mezzi colpi, gli arretramenti e gli scarti laterali, le finte etc etc… non è così lineare come in The Witcher, in Berserk, nella serie Gundam Iron Blooded Orphans o nei vari film di Star Wars. E tuttavia lo stile di questo tipo di prodotti, così come è stato per l’ottima scherma rievocativa dei re-enactors, non è da disprezzare in quanto contribuisce fortemente alla narrazione, alla trasposizione dello spettatore all’interno della dinamica di combattimento. Si “racconta” del personaggio anche attraverso il suo corpo e il suo modo di combattere, se ne avverte la tensione, si accusano i colpi che subisce e si gode della raggiunta vittoria. Aggiungo un dettaglio, e forse una profezia. Sono certo che prima o poi salteranno fuori corsi di “Scherma Witcher” o “Scherma Strigoi” (o con altri nomi onde evitare problemi di copyright) come è accaduto per la Scherma Jedi che si sta affermando come disciplina in ogni parte del mondo. Premetto che un qualsiasi schermidore storico, con almeno un paio d’anni di esperienza di combattimento, non avrebbe problemi a vincere un confronto con questo tipo di appassionati, ma non è assolutamente questo il punto. Credo che qualsiasi Storia (perché è quella la leva fondamentale!) faccia uscire di casa un ragazzo o una ragazza, staccandolo da una console o dallo smartphone, in modo che stia con altri ragazzi, gli permetta di fare movimento fisico e intraprendere un percorso anche minimamente marziale, non possa che essere una cosa positiva. Fosse pure volteggiare in salto con la spada dello Strigo (ma perché la tiene sulla schiena?) o ruzzolare con una spada laser. E magari andarsi a bere una birra insieme dopo gli allenamenti! Chiaramente, un vero percorso di scherma storica sarebbe consigliabile, anche per suscitare maggior passione per lo studio, la storia e la cultura. Tuttavia non va assolutamente sottovalutato il valore umano e sociale che un qualsiasi corso di Scherma per Cacciatori di Mostri può avere. Sorge però un interrogativo: chi sarebbe il ”Maestro” di questi corsi? Chi diventerebbe il riferimento sportivo, ma anche morale, di questi ragazzi forse troppo manipolabili? Magari un furbetto che vuole fare del denaro, meglio se con la barba imbiancata, i modi dell’uomo vissuto e il carisma del mentore misterioso. Non ci sarebbe nulla di strano visto il proliferare di Maestri improvvisati e Guru della Scherma Storica di oltre vent’anni fa, quando questa disciplina e la rievocazione storica muovevano assieme i primi passi, con tutte le conseguenti e disastrose ricadute. E questo è forse l’unico elemento preoccupante dei futuri corsi da Strigo o AmmazzaDraghi. Per diventare Istruttori di scherma storica o moderna ci sono dei percorsi, è richiesto rigore, anche morale, la capacità di trasmettere correttezza e non furbizia, controllo e non violenza. L’attributo necessario, forse, andrebbe ricercato nell’ossatura di figure eroiche come Geralt. Se la Storia genera una disciplina, allora la direttiva morale del Personaggio può far comprendere il tipo di Maestro da cercare. Grazie ancora per l’intervista. Trovate qui il sito di Jari con le sue opere. E voi lettori, se vi è piaciuto l’articolo date un’occhiata anche a quelli qui sotto ❚ 5 falsi miti sulla spada medievale ❚ Affondo vs fendente – La fisica in 7 punti – Battle Science III ❚ 5 errori sulle armature in Dungeons & Dragons Articolo originale: http://www.profmarrelli.it/2019/12/18/jari-lanzoni-cacciatore-mostri-witcher/ Se questo articolo ti è piaciuto, segui il prof. Marrelli su facebook e su ludomedia.
  2. Il Prof. Marrelli intervista Jari Lanzoni, schermidore e appassionato di fantasy nonché di… lotta ai mostri! Dopo l'uscita della serie TV di The Witcher, dedicata a Geralt di Rivia, il noto Strigo cacciatore di mostri, grande utente di alchimia sulla quale abbiamo già fatto questo precedente articolo. Per l’occasione, abbiamo deciso di intervistare Jari Lanzoni, (qui il suo sito), schermidore e appassionato di fantasy nonché di… lotta ai mostri! Ciao Jari, dicci chi sei e quali sono le tue esperienze in ambito di scherma e fantasy Direi uno strano amalgama di tante cose: direi principalmente un padre e un marito, poi un lettore, uno scrittore e un appassionato di combattimento storico. Al momento lavoro nel settore del turismo dopo aver cambiato una dozzina di mansioni e posti di lavoro, dal becchino al grafico, una necessaria flessibilità assai tipica di questo periodo che però mi ha permesso di mettere da parte una serie di competenze trasversali. Mi sono interessato alla scherma storica una ventina di anni fa, entrando in contatto con alcuni gruppi e assistendo ad un paio di seminari; nel 2002 ho conosciuto il metodo della Sala d’Arme Achille Marozzo, caratterizzato da un approccio rigoroso alle fonti e una forte purezza nella ricerca delle nostre tradizioni Marziali. In particolare, la Sala d’Arme Achille Marozzo si è sempre distinta per la scelta di pubblicare i risultati dei propri studi e contribuire alla diffusione della Scherma Storica. Dopo un paio d’anni di corso sono passato da allievo ad Aiuto-Istruttore dei corsi basi seguendo poi tutte le fasi per diventare docente. Al di là della mia esperienza come Istruttore ho avuto modo di pubblicare due manuali inerenti la scherma storica: “La Lancia, La Spada, la Daga” dedicato alla scherma medievale e “Il Combattimento Storico da Strada” dove approfondisco le più strane situazioni avvenute in duello e in battaglia. Direi che la mia esperienza con il fantasy nasce sia dalla grandissima passione per la lettura che per i giochi di ruolo, commistionando le due cose per divertimento personale. Ho pubblicato alcuni romanzi, tra lo storico e il fantasy, nel mio ultimo lavoro “La Scherma del Cacciatore di Mostri” (quì il link) ho voluto immaginare il ritrovamento di un trattato di scherma rinascimentale, a lungo occultato, dedicato non al duello contro altri schermidori ma contro gli Innaturi, esseri scaturiti da favole e leggende. L’Autore doveva necessariamente essere allievo di un Trattatista che conoscevo bene per poterne ricalcare le tecniche di combattimento: ecco quindi il bolognese Johanni della Viverna, divenuto Maestro d’Arme sotto la guidae del celebre Giovanni Dalle Agocchie. Parliamo di mostri: ogni creatura richiede le sue armi e le sue tecniche. Facci degli esempi… Avendo indicato il rigore per le fonti storiche come un attributo qualitativo, credo sia lecito non inventare nulla ma, appunto, citare qualcuno più autorevole di me. Il primo esempio che mi viene in mente è tratto da “Guerrino detto il Meschino” un eroe popolare del Basso Medioevo, nato dalla penna di Andrea da Barberino nel 1473. Si tratta di un guerriero che si è fatto da sé, ignora di possedere nobili natali e ha deciso di farsi strada nella vita apprendendo l’arte della spada. Tra le innumerevoli avventure (di cui consiglio la lettura) si trova anche lui a dover affrontare un Innaturo. E’ descritto come un “gran verme” ma in seguito si apprende che doveva avere due o quattro zampe artigliate. Prossimo al combattimento, Guerrino fa qualcosa di assolutamente naturale per chi è ormai un veterano del combattimento: valuta una Strategia. Il pensiero di ogni Schermidore deve essere Fluido. Non carica con il cavallo e la lancia in resta, azione potente ma inutile contro un avversario estremamente rapido e dal corpo serpentino. Guai se schivasse la lancia e, in un batter d’occhio, fosse padrone dello scontro. Spada e scudo sono e restano i compagni ottimali per difendere e offendere con perizia, specie un essere di manifesta forza. Si tratta di una coppia d’arme che denota anche prudenza, Guerrino ancora non conosce appieno tutte le risorse del nemico. Di nuovo un cambio di strategia, necessario vista l’abilità del nemico. Al Guerrino è bastato pochissimo per valutare le capacità dell’Innaturo rispetto alla scelta delle armi. Lasciata spada e scudo rotella, armi troppo lente e facilmente afferrabili, afferra il pugnale che ogni cavaliere porta con sé (forse la celebre misericordiae) e, giunto a stretto contatto, colpisce dove le scaglie si sono allargate per il movimento del corpo, affondando l’arma corta in un punto vitale dell’avversario. …e se una normale lama non bastasse? Cosa propone il manuale di “magico”? Quando ho iniziato la stesura del manuale ho ripensato all’esperienza de “Il Combattimento Storico da Strada” e di tutte le strane soluzioni che propone (lanci di cappe, di sostanze, accecamenti, false cadute etc etc…), ho anche riflettuto sul fatto che uno schermidore non si sarebbe affidato solo alla lama. L’idea di inserire la magia però non mi convinceva, forse per la vecchia dicotomia Guerriero-Mago di Dungeons & Dragons che mi porto dietro da trent’anni esatti. Come sempre mi sono affidato alle fonti storiche, cercando qualsiasi soluzione Alchemica che però derivasse da un vero trattato storico e che un lettore curioso potesse consultare. Ecco quindi “Opera” di Alchimia di Giovanbattista Birelli, il “Magiae naturalis sive de miraculis rerum naturalium” di Giovanni Battista della Porta, ho attinto a piene mani dai “De’ capricci medicinali” di Leonardo fioravanti e altri testi ancora. Sarebbe stato più facile inventare di sana pianta una serie di soluzioni fantasiose, più spettacolaristiche e meno “rustiche”, ma credo sia anche affascinante “lavorare” imponendosi regole e “paletti” da non superare. Curiosamente, o forse no, è stata la Ricerca Storica che ha portato in evidenza il Fantastico e il Magico. Allo stesso modo, quasi tutti i mostri del libro provengono da testi storici o da trattati, primo fra tutti il “Compendio dell’arte essorcistica” di Girolamo Menghi. Questo assieme di risorse aumenta le abilità del Cacciatore di Mostri, li conferisce una serie di soluzioni per limitare le forze nemiche, ma anche per celare la propria identità e stordire eventuali testimoni al pari di un “Man in Black” rinascimentale. Occorre fare un esempio di come si applichino certe sostanze. Mi viene in mente il caso delle Streghe che presidiano pozzi o piccoli stagni. Si tratta dello spauracchio che le madri utilizzavano tempo fa per spaventare i bambini: se si fossero avvicinati troppo al pozzo il mostro li avrebbe presi e portati via. Uno stratagemma pedagogico rurale per chi deve lavorare duramente la terra tenendosi vicino i bambini, che di certo all’epoca non avevano un asilo o altre strutture in cui stare. La Marabecca siciliana, come la Jenny Dentiverdi inglese, la Bourda emiliano-romagnola o la Janara di Benevento, attende in prossimità di una cisterna. In questo caso il buon Johanni della Viverna avrebbe pronta una buona ronca dall’asta lunga, ottima per colpire a buona distanza, ma si sarebbe ben guardato da scendere nell’elemento di elezione dell’Innaturo. Ecco quindi una buona “mistura che arda sott’acqua” dal trattato di Alchimia Giovanni Battista della Porta, quando questa sorta di fuoco greco avrà incendiato parte dello specchio d’acqua la Strega dovrà salire in superficie per fuggire le fiamme, senza sapere che la via di scampo le è stata accuratamente preparata. A questo punto ci si affiderà all’abilità dello Schermidore con la ronca per ripulire la zona dal minaccioso Innaturo… Certo, tutto questo darsi da fare può attirare l’attenzione di testimoni, ma sempre il Birelli offre una soluzione con un composto “A far che le persone facilmente escano di sentimento, che paiano pazzi”, e così anche se raccontano ciò che hanno visto alla Loggia della Mercanzia, in Piazza Maggiore o agli uomini del Bargello nessuno gli crederà. La serie di The Witcher sta per uscire: dai filmati del gioco e le scene di combattimento della serie già uscite, cosa possiamo dire dello stile di combattimento dello Strigo, riferito agli stili storici e ai mostri che egli affronta? Devo premettere che di The Witcher io so pochissimo. Ricordo di aver installato il gioco, visto l’animazione iniziale con l’amico che me lo regalò e aver giocato tipo 5-10 minuti notando positivamente che permetteva di cambiare la guardia del personaggio. Di lì a poco nacque mia figlia e addio Strigi, Streghe e altro, dovevo gettarmi nella battaglia delle notti insonni, affrontare orde di rigurgiti e debellare pannolini. Non ho ancora letto i romanzi e quando me lo segnalarono dopo l’uscita del libro mi scoprii estremamente ignorante. Rispetto ai bellissimi filmati che ho visto online, lo stile scelto per Geralt di Rivia consiste in colpi ampi, grandi “caricamenti” con l’arma alzata fin sopra la testa e lame che proseguono il movimento fino a terra. Il corpo ruota completamente esponendo la schiena all’avversario, spesso vortica per eseguire una sequenza di colpi continui, in alcuni casi per aumentare la potenza d’impatto Geralt esegue attacchi dopo un balzo per aggiungere spinta e peso del colpo alla forza cinetica del taglio. Il tutto contro mostri grandi e grossi, e quindi bersagli ben definiti su cui sferrare Colpi Finiti, ossia a piena potenza e senza possibilità di cambiare il percorso dell’arma. Quando deve affrontare gli uomini non mancano calci, pugni e spallate per alternare le azioni della spada, oltre a del sano combattimento corpo a corpo e un buon utilizzo del pugnale con colpi di punta alla gola o sotto l’ascella, quindi in un punto non protetto. Tutto questo corrisponde alle necessità di spettacolarizzazione del prodotto ludico, in cui lo spettatore deve poter godere dell’intera dinamica dell’arma, essere copartecipe del movimento e della potenza dei colpi. Rispetto a queste logiche consiglio “the Game” di Baricco, che descrive in maniera perfetta il rapporto che si sviluppa tra lo strumento ludico e il corpo del giocatore. La Scherma Storica, ovviamente, è qualcosa di completamente diverso: non si espone mai la schiena all’avversario, non si tentano “scivolamenti” o spallate, niente pugni e calci perché occorre sempre gestire la distanza rispetto all’avversario. I colpi devono essere misurati: i caricamenti inutili sono da escludere, nel momento in cui si va a sollevare le braccia per aumentare la potenza d’impatto un avversario può colpire proprio gli arti, inoltre colpi troppo telefonati fanno esporre a contro-tecniche brevi e rapide, spesso proprio alla mano di chi sferra il taglio che di per sé ha il vantaggio della potenza ma lo svantaggio della lentezza. Ogni tanto Geralt ha infatti il buonsenso di infilare una punta rapida nella gola o nel petto degli avversari. C’è anche da dire che le finte, che richiedono falsi colpi e non Colpi Finiti, sono alla base della scherma e potrebbero non essere ben comprese dallo spettatore all’interno di un combattimento concitato In un vero combattimento si predilige l’economia di energie, i mezzi colpi, gli arretramenti e gli scarti laterali, le finte etc etc… non è così lineare come in The Witcher, in Berserk, nella serie Gundam Iron Blooded Orphans o nei vari film di Star Wars. E tuttavia lo stile di questo tipo di prodotti, così come è stato per l’ottima scherma rievocativa dei re-enactors, non è da disprezzare in quanto contribuisce fortemente alla narrazione, alla trasposizione dello spettatore all’interno della dinamica di combattimento. Si “racconta” del personaggio anche attraverso il suo corpo e il suo modo di combattere, se ne avverte la tensione, si accusano i colpi che subisce e si gode della raggiunta vittoria. Aggiungo un dettaglio, e forse una profezia. Sono certo che prima o poi salteranno fuori corsi di “Scherma Witcher” o “Scherma Strigoi” (o con altri nomi onde evitare problemi di copyright) come è accaduto per la Scherma Jedi che si sta affermando come disciplina in ogni parte del mondo. Premetto che un qualsiasi schermidore storico, con almeno un paio d’anni di esperienza di combattimento, non avrebbe problemi a vincere un confronto con questo tipo di appassionati, ma non è assolutamente questo il punto. Credo che qualsiasi Storia (perché è quella la leva fondamentale!) faccia uscire di casa un ragazzo o una ragazza, staccandolo da una console o dallo smartphone, in modo che stia con altri ragazzi, gli permetta di fare movimento fisico e intraprendere un percorso anche minimamente marziale, non possa che essere una cosa positiva. Fosse pure volteggiare in salto con la spada dello Strigo (ma perché la tiene sulla schiena?) o ruzzolare con una spada laser. E magari andarsi a bere una birra insieme dopo gli allenamenti! Chiaramente, un vero percorso di scherma storica sarebbe consigliabile, anche per suscitare maggior passione per lo studio, la storia e la cultura. Tuttavia non va assolutamente sottovalutato il valore umano e sociale che un qualsiasi corso di Scherma per Cacciatori di Mostri può avere. Sorge però un interrogativo: chi sarebbe il ”Maestro” di questi corsi? Chi diventerebbe il riferimento sportivo, ma anche morale, di questi ragazzi forse troppo manipolabili? Magari un furbetto che vuole fare del denaro, meglio se con la barba imbiancata, i modi dell’uomo vissuto e il carisma del mentore misterioso. Non ci sarebbe nulla di strano visto il proliferare di Maestri improvvisati e Guru della Scherma Storica di oltre vent’anni fa, quando questa disciplina e la rievocazione storica muovevano assieme i primi passi, con tutte le conseguenti e disastrose ricadute. E questo è forse l’unico elemento preoccupante dei futuri corsi da Strigo o AmmazzaDraghi. Per diventare Istruttori di scherma storica o moderna ci sono dei percorsi, è richiesto rigore, anche morale, la capacità di trasmettere correttezza e non furbizia, controllo e non violenza. L’attributo necessario, forse, andrebbe ricercato nell’ossatura di figure eroiche come Geralt. Se la Storia genera una disciplina, allora la direttiva morale del Personaggio può far comprendere il tipo di Maestro da cercare. Grazie ancora per l’intervista. Trovate qui il sito di Jari con le sue opere. E voi lettori, se vi è piaciuto l’articolo date un’occhiata anche a quelli qui sotto ❚ 5 falsi miti sulla spada medievale ❚ Affondo vs fendente – La fisica in 7 punti – Battle Science III ❚ 5 errori sulle armature in Dungeons & Dragons Articolo originale: http://www.profmarrelli.it/2019/12/18/jari-lanzoni-cacciatore-mostri-witcher/ Se questo articolo ti è piaciuto, segui il prof. Marrelli su facebook e su ludomedia. Visualizza articolo completo
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  3. ATTENZIONE: Questo articolo è la seconda parte del precedente sulle armi da fuoco: prima di proseguire la lettura, potete mettervi in pari cliccando qui! Abbiamo visto come le armi da fuoco siano apparse clamorosamente nei campi di battaglia dell’europa di metà ‘300 e nei secoli successivi si siano affermati anche nelle loro forme “manesche” (cioè utilizzabili da una persona sola, “a mano”, come un archibugio). Questo però non ha portato a un’immediata scomparsa delle armature, e anzi per secoli esse hanno continuato a prosperare fornendo spesso una protezione importante a chi le indossava, persino contro i temibili archibugi. Ma come hanno fatto? Andiamo a scoprirlo insieme! FERRO E ACCIAIO Ricostruzione di altoforno rinascimentale, Deutsches Museum (Foto CC0) L’acciaio è una sostanza metallica, una lega di Ferro e Carbonio. Per quanto la sua invenzione sia comunemente associata all’età moderna, in realtà nella lavorazione alla forgia del ferro, il carbonio presente nel carbone della forgia stessa va a legarsi con il ferro formando uno strato superficiale di lega ferro-carbonio. L’effetto di questa lega può essere di vario tipo, come andremo a vedere, in base alla percentuale di carbonio e ai metodi di raffreddamento di questo. Significa comunque che, in un certo qual modo, si hanno le prime armi e armature costituite parzialmente d’acciaio sin dall’età del ferro. Pensare inoltre che, nell’antichità, si usasse come materiale di partenza il ferro puro è un’imprecisione: la maggior parte del ferro, infatti, si otteneva dalla fusione dei minerali ferrosi attraverso una fornace, operazione che lasciava sempre delle inevitabili impurità nel metallo. Alle temperature della fornace, infatti, il ferro non si liquefà mai del tutto, ma viene in qualche modo a “colare” dalla pietra in una sostanza viscosa che si porta inevitabilmente dietro impurità della roccia d’origine. Le caratteristiche della fornace, oltre a determinare la qualità del metallo finale, limitano anche la quantità di materiale ottenibile in un singolo processo. Si tendeva, infatti, a partire da un’unica massa di metallo per costruire oggetti poiché saldare più pezzi metallici avrebbe portato a caratteristiche fisiche peggiori. Per ottenere singole masse di metallo maggiore, tuttavia, sono necessarie fornaci più grandi che richiedono a loro volta temperature maggiori non banali da raggiungere! Per amor di completezza, anche se non tratteremo qui l’argomento, sono state prodotte invece nel medioevo lame d’acciaio di altissima qualità ottenute battendo insieme lamine metalliche diverse in quello che è comunemente noto come “acciaio a pacchetto” o “acciaio di Damasco”. In “Ryse: Son of Rome” il protagonista indossa una tipica Lorica Segmentata. Nel mondo antico, l’impero romano aveva costruito delle fornaci più grandi e calde, necessarie per ottenere lamine abbastanza grandi da costituire le piastre della Lorica Segmentata: l’armatura a piastre più famosa del periodo pre-medievale e che tutti noi identifichiamo oggi come la classica protezione del legionario imperiale. Tuttavia la lenta fine dell’impero e l’abbandono di tali corazze in favore della più economica Lorica Hamata, a tutti gli effetti un cotta di maglia, portarono al disuso di tale tecnologia. La capacità di ottenere piastre di dimensioni considerevoli tornò in auge con l’invenzione, verso la metà del ‘300 (ma diffusasi successivamente), dell’altoforno, una fornace in grado di raggiungere dimensioni e temperature capaci di fondere completamente il ferro. Oltre a permettere di ottenere agglomerati metallici di dimensioni considerevoli e molto più poveri di impurità, l’altoforno produce una lega di ferro ad alto contenuto di carbonio, chiamata ghisa. A differenza del ferro, che deve essere battuto per essere lavorato, la ghisa, trovandosi allo stato liquido quando esce dall’altoforno, può essere versata in uno stampo per produrre lavorati per fusione, in modo simile al bronzo. BOOM! (Assassin’s Creed: Brotherhood) Tuttavia questo tipo di lega, pur essendo usata all’epoca per la creazione di cannoni e relativi proiettili, è inadatta alle altre armi e armature poiché troppo fragile (come vedremo dopo). Per ottenere invece un materiale lavorabile e adatto a tali armamenti, la ghisa veniva soggetta a un successivo trattamento di raffinazione, nella quale veniva nuovamente riscaldata in un ambiente ricco di ossigeno: in questa maniera, oltre a eliminare ulteriori scorie, parte del carbonio presente nel materiale si legava all’ossigeno formando anidride carbonica e abbandonando il metallo. Questo processo forniva come risultato una lega di ferro con percentuale di carbonio inferiore al 2%, cioè quello che noi chiamiamo Acciaio! PROPRIETA’ MECCANICHE Due sono le proprietà meccaniche dell’acciaio che ci interessano: la sua Durezza e Tenacità. La durezza è la resistenza, da parte del materiale, alle deformazioni: essa dipende sostanzialmente dal tipo di struttura che assumono gli atomi in toto all’interno del metallo. Abbiamo già parlato di materiali duri in questo articolo sulle proprietà fisiche di armi e armature La presenza di carbonio all’interno del ferro è in grado di raddoppiare la durezza rispetto al ferro ricco di scorie ottenuto mediante la fornace: per aumentare ulteriormente tale proprietà è necessario temprare il metallo, ovvero regolare come esso si raffredda dopo aver raggiunto una temperatura sufficiente a “riorganizzare” la struttura interna della lega. Nel medioevo era uso comune una tempra non rapidissima in grado di formare un acciaio duro 3-4 volte il ferro ottenuto dalla fornace: è possibile invece temprare rapidamente il metallo, formando un acciaio estremamente duro, fino al doppio del precedente. Tuttavia, questo tipo di tempra rischia di rendere l’acciaio fragile ed è dunque inadatto ai nostri scopi. Ma cos’è la fragilità? Perfino le armi più dure possono rompersi – Narsil, dalla trilogia del signore degli anelli Un materiale si dice fragile se è facile spezzarlo: l’esempio classico di materiale duro e fragile è il vetro, che è difficilissimo da deformare ma si rompe con facilità. La capacità di resistere alla rottura di un materiale è detta Tenacia ed è la caratteristica più importante per le armature: infatti la tenacia di un metallo definisce quanta energia è necessaria per perforarlo. Questa energia dipende dalla qualità del materiale: un acciaio con un contenuto di carbonio dello 0.85%, ad esempio, ha una tenacia fino a 3-4 volte maggiore rispetto a quella del ferro di bassa qualità. ENERGIE DI PENETRAZIONE Per calcolare l’energia necessaria per penetrare una piastra di un’armatura entrano in gioco i seguenti fattori: la forma dell’arma usata; lo spessore della corazza; la qualità del metallo; l’angolo con il quale il colpo incide sulla corazza. Partiamo dalla prima: come già detto nell’articolo sulle proprietà delle armi e armature (che trovate qui), la forma dell’arma, o meglio, della parte dell’arma che colpisce l’armatura definisce la pressione che essa è in grado di impartire: minore la superficie di contatto, maggiore è la pressione, minore è l’energia necessaria per perforare un materiale. Si capisce dunque subito che le frecce, pur avendo energie decisamente inferiori a disposizione, sono molto più efficienti dei proiettili, che all’epoca consistevano in delle semplici sfere metalliche (da cui “pallottola”), e anche le lame, per risultare efficaci contro le armature, devono essere il più piccole possibili. Mantenendo dunque il nostro studio unicamente sulle armi da fuoco, andiamo a vedere quanta energia serve a una pallottola per perforare una corazza. Una stima delle energie a disposizione per vari tipi di armi da fuoco è stata fatta nella prima parte dell’articolo che trovate qui Se partiamo ci riferiamo ancora una volta all’appendice di The Knight and the Blast fournace, partendo da una corazza spessa due millimetri di acciaio di buona qualità vediamo che servono poco più di 800 J affinché un’arma da fuoco perfori una simile corazza: immaginando di poter aggiungere 150 J extra per perforare ulteriori protezioni sottostanti (come imbottitura e cotta di maglia) vediamo che una tale armatura è ben lontana dal proteggere da un colpo di archibugio a distanza ravvicinata. Tuttavia, una simile armatura ha ampio spazio di manovra per quanto riguarda il suo spessore. L’energia necessaria per perforare un’armatura cresce come il suo spessore elevato alle 1.6: in pratica, raddoppiare lo spessore triplicherà (all’incirca) l’energia necessaria per perforare l’armatura. Vediamo dunque che la stessa armatura spessa 3 mm richiede quasi 1900 J per essere perforata e un esorbitante 3800 J se portata a 4 mm, ponendo quindi il cavaliere al sicuro anche dai colpi dei primi moschetti! Armatura da corazziere del ‘600, Morges military museum Queste spesse armature, tuttavia, risultavano estremamente pesanti e furono in uso principalmente dopo il ‘600: infatti, con l’avvento degli eserciti nazionali, i vari regnanti cominciarono a ricorrere ad armamenti di massa, producendo corazze più spesse ma di qualità inferiore, riducendo l’energia necessaria a perforarle a un 50-75% di quella di un buon acciaio: queste armature, più che assicurare una protezione totale contro i nemici, servivano a ridurre il rischio di morte di un proiettile sparato da lontano. L’estremo peso di queste protezioni portò a produrre armature complete solo per la cavalleria, andando a creare la figura del corazziere, cavaliere pesante con armi da fuoco, mentre la fanteria andò pian piano a ridurre l’armatura a pochi pezzi, principalmente il busto e l’elmo. Un’altra opzione era ovviamente puntare su acciai di qualità migliore: i più raffinati potevano aumentare di un ulteriore 50% l’energia necessaria alla penetrazione, rendendo ad esempio la precedente corazza a piastre da 2 mm impervia ai comuni archibugi. L’ultimo elemento da tenere in conto è l’angolo di incidenza tra il proiettile e la piastra: infatti, se il proiettile non raggiunge perpendicolarmente la corazza, esso tenderà a dissipare la sua energia e dunque l’energia necessaria alla perforazione verrà moltiplicata per un fattore pari all’inverso del coseno dell’angolo di incidenza. Ricordiamo che il coseno è una proprietà degli angoli ed è un fattore compreso (per angoli inferiori ai 90°) tra 0 e 1: famosi valori sono circa 0.8 per un angolo di 30°, circa 0.7 per uno di 45° e 0.5 per uno di 60°. Un proiettile che raggiunga una piastra con un angolo di trenta gradi richiederà il 25% circa di energia in più per perforarla: questo fenomeno non deve essere necessariamente causato dalla scarsa mira o fortuna del tiratore, infatti le armature venivano costruite con delle forme arrotondate o angolose proprio per far sì che i proiettili colpissero il bersaglio in maniera non perpendicolare. Ovviamente quelli che stiamo facendo sono ragionamenti di massima: in diversi momenti e zone dell’europa post-medievale abbiamo visto una grande varietà nella qualità, forma e fattura di armi e armature. Un problema annoso, ad esempio, era quello della disomogeneità degli acciai, ovvero l’impossibilità di costruire oggetti (come armature) in acciaio le cui proprietà fisiche fossero le stesse in tutti i punti: in questo modo era possibile che due colpi sostanzialmente identici, raggiungendo punti diversi dell’armatura, ottenessero risultati di penetrazione diametralmente opposti. Inoltre, con l’avanzare del tempo, anche le energie delle armi da fuoco sono andate via via ad aumentare: ad esempio un moschetto del 1600 poteva arrivare, con la giusta polvere da sparo, a imprimere quasi 4000 J di energia al proiettile. La presenza inoltre di miglioramenti bellici come la rigatura della canna, in grado di imprimere al proiettile un moto elicoidale che ne stabilizzasse la traiettoria, e le cartucce per rendere il caricamento più rapido resero indubbiamente le armi da fuoco sempre più letali. IN CONCLUSIONE… Le armature del rinascimento erano, in generale, in grado di proteggere chi le indossava dai proiettili delle armi da fuoco a patto che esse fossero relativamente leggere (pistole e in parte archibugi) e/o facessero fuoco da abbastanza lontano. Per quanto si tratti di condizioni apparentemente poco interessanti, ricordiamo comunque che in assenza di armatura un proiettile in tali condizioni sarebbe indubbiamente letale, se colpisse zone vitali! La protezione poteva essere ottenuta e migliorata andando ad agire sulla qualità dell’acciaio, sullo spessore della corazza e sulle sue forme: questi fattori portarono, da un lato, allo sviluppo di armature molto costose, in grado di proteggere i ricchi signori dai proiettili più comuni, dall’altro a una produzione massiva di corazze di bassa qualità molto pesanti, che proteggevano interamente solo i reparti di cavalleria mentre i fanti si limitavano ad indossarne alcune porzioni. L’azza: un letale mix di ascia, martello e lancia. Photo by Javy Camacho. Questo sviluppo dell’armatura ebbe effetto anche sulle armi da mischia: da una parte, infatti, nel ‘400 si ha il massimo splendore delle armi in asta, come le alabarde o le temutissime azze e martelli da guerra, in grado di minacciare i nemici più corazzati grazie a una letale combinazione di massa, leva e spunzoni o piccole lame d’ascia in grado di penetrare più facilmente l’armatura. Le picche, inoltre, diventeranno elemento fondamentale del campo di battaglia prima dell’invenzione della baionetta, in grado di minacciare sia la cavalleria, nello specifico tenendo a distanza i cavalli, sia la fanteria dall’armatura ridotta. Nella prima metà di questo periodo nascono nuove spade per affrontare nemici corazzati come lo stocco, che non è il rapier inglese come Dungeons & Dragons ci suggerisce ma l’estoc, una spada a lama triangolare da infilare nelle giunture delle armature nemiche, oppure come lo spadone (zweihander, montante ecc) di dimensioni ragguardevoli e di importanza strategica nella lotta alle formazioni di picchieri. La riduzione dell’armatura da fanteria, tuttavia, porterà successivamente all’invenzione di spade più sottili e agili come la striscia, che è il vero rapier di Dungeons & Dragons, un’arma eccezionale nei colpi di punta, o come la sciabola che rappresenterà il simbolo della cavalleria fino alla sua scomparsa nel ‘900. Insieme di armi rinascimentali, tra cui un peculiare stocco con guardia a testa di martello BONUS – Cosa giocare? Se la sfida tra armi da fuoco rinascimentali e armature vi appassiona e volete provare l’ebbrezza di metterle a confronto, se vi piacciono i giochi di ruolo (e se non vi piacciono è probabilmente perché non li avete provati), non posso che consigliarvi ampiamente Historia! Historia è un’ambientazione tutta italiana per Dungeons & Dragons (quinta edizione) che vi cala in un rinascimento popolato da… animali antropomorfi! Lungi dall’essere un mondo “carino”, Historia vi porrà in mezzo a intrighi, lotte politiche, battaglie campali, dilemmi etici, un mondo dove Alchimia, Magia e Religione si sfidano ogni giorno dove Spade, Armature e Pistole vivono fianco a fianco. VAI AL KICKSTARTER! Oltre a ciò, in ambito videoludico, abbiamo recentissimo Greedfall, ambientato in una versione fantasy dell’età delle esplorazioni, dove le armi da fuoco si incontrano ogni giorno con le corazze dell’acciaio migliore… con un pizzico di magia! Inoltre, ha decisamente fatto scuola Mount & Blade: With Fire and Sword, l’espansione standalone del mitico Warband, passata purtroppo in sordina, che ci pone nel complesso panorama dell’europa orientale di metà ‘600, durante la rivolta cosacca contro il commonwealth Polacco-Lituano (per inciso, è grazie a questo titolo che so dell’esistenza di suddetto commonwealth…). Come non citare poi la saga di Ezio di Assassin’s Creed, dove le armi da fuoco, appena accennate in Assassin’s Creed 2, si fanno sempre più presenti nei seguenti Brotherhood e Revelations, come a mostrare la lenta ma inesorabile diffusione di queste armi nel rinascimento. E già che citiamo Ezio, non possiamo non guardare le produzioni italiane: se vi piacciono i librogame e i giochi di ruolo non posso che consigliarvi la saga di Ultima Forsan, ambientata in un macabro rinascimento assediato dai non morti dove solo le nuove tecnologie del ‘500 potranno tenere i nostri eroi in salvo dagli abomini! Uno degli autori, Mauro Longo, famoso autore di librogame italiano nonché gestore del blog Caponata Meccanica e di una pagina su libri da tavolo per bambini (Bambini e Draghi), ha scritto numerosi libri game di Ultima Forsan e inoltre alcuni romanzi ambientati sempre in questo periodo come Guiscardi senza Gloria e il fabbricante di spettri. Se l’argomento vi è piaciuto, vi invito a leggere The Knight and the Blast Furnace di Alan Williams. Se invece cercaste una lettura (lievemente) più leggera, questo stesso argomento è stato affrontato e approfondito nel 2008 sul blog Baionette Librarie del mitico Duca, alias Marco Carra, con una serie di articoli sulle armi e gli acciai, più tecnici, che potete trovare qui. Articolo originale: http://www.profmarrelli.it/2019/10/01/armature-vs-armi-da-fuoco/ Se questo articolo ti è piaciuto, segui il prof. Marrelli su facebook e su ludomedia.
  4. Dopo il primo articolo sull'arrivo delle armi da fuoco, il prof. Marrelli ci parla di come le armature si sono adattate e hanno continuato a proteggere chi le indossava da questo nuovo tipo di arma. ATTENZIONE: Questo articolo è la seconda parte del precedente sulle armi da fuoco: prima di proseguire la lettura, potete mettervi in pari cliccando qui! Abbiamo visto come le armi da fuoco siano apparse clamorosamente nei campi di battaglia dell’europa di metà ‘300 e nei secoli successivi si siano affermati anche nelle loro forme “manesche” (cioè utilizzabili da una persona sola, “a mano”, come un archibugio). Questo però non ha portato a un’immediata scomparsa delle armature, e anzi per secoli esse hanno continuato a prosperare fornendo spesso una protezione importante a chi le indossava, persino contro i temibili archibugi. Ma come hanno fatto? Andiamo a scoprirlo insieme! FERRO E ACCIAIO Ricostruzione di altoforno rinascimentale, Deutsches Museum (Foto CC0) L’acciaio è una sostanza metallica, una lega di Ferro e Carbonio. Per quanto la sua invenzione sia comunemente associata all’età moderna, in realtà nella lavorazione alla forgia del ferro, il carbonio presente nel carbone della forgia stessa va a legarsi con il ferro formando uno strato superficiale di lega ferro-carbonio. L’effetto di questa lega può essere di vario tipo, come andremo a vedere, in base alla percentuale di carbonio e ai metodi di raffreddamento di questo. Significa comunque che, in un certo qual modo, si hanno le prime armi e armature costituite parzialmente d’acciaio sin dall’età del ferro. Pensare inoltre che, nell’antichità, si usasse come materiale di partenza il ferro puro è un’imprecisione: la maggior parte del ferro, infatti, si otteneva dalla fusione dei minerali ferrosi attraverso una fornace, operazione che lasciava sempre delle inevitabili impurità nel metallo. Alle temperature della fornace, infatti, il ferro non si liquefà mai del tutto, ma viene in qualche modo a “colare” dalla pietra in una sostanza viscosa che si porta inevitabilmente dietro impurità della roccia d’origine. Le caratteristiche della fornace, oltre a determinare la qualità del metallo finale, limitano anche la quantità di materiale ottenibile in un singolo processo. Si tendeva, infatti, a partire da un’unica massa di metallo per costruire oggetti poiché saldare più pezzi metallici avrebbe portato a caratteristiche fisiche peggiori. Per ottenere singole masse di metallo maggiore, tuttavia, sono necessarie fornaci più grandi che richiedono a loro volta temperature maggiori non banali da raggiungere! Per amor di completezza, anche se non tratteremo qui l’argomento, sono state prodotte invece nel medioevo lame d’acciaio di altissima qualità ottenute battendo insieme lamine metalliche diverse in quello che è comunemente noto come “acciaio a pacchetto” o “acciaio di Damasco”. In “Ryse: Son of Rome” il protagonista indossa una tipica Lorica Segmentata. Nel mondo antico, l’impero romano aveva costruito delle fornaci più grandi e calde, necessarie per ottenere lamine abbastanza grandi da costituire le piastre della Lorica Segmentata: l’armatura a piastre più famosa del periodo pre-medievale e che tutti noi identifichiamo oggi come la classica protezione del legionario imperiale. Tuttavia la lenta fine dell’impero e l’abbandono di tali corazze in favore della più economica Lorica Hamata, a tutti gli effetti un cotta di maglia, portarono al disuso di tale tecnologia. La capacità di ottenere piastre di dimensioni considerevoli tornò in auge con l’invenzione, verso la metà del ‘300 (ma diffusasi successivamente), dell’altoforno, una fornace in grado di raggiungere dimensioni e temperature capaci di fondere completamente il ferro. Oltre a permettere di ottenere agglomerati metallici di dimensioni considerevoli e molto più poveri di impurità, l’altoforno produce una lega di ferro ad alto contenuto di carbonio, chiamata ghisa. A differenza del ferro, che deve essere battuto per essere lavorato, la ghisa, trovandosi allo stato liquido quando esce dall’altoforno, può essere versata in uno stampo per produrre lavorati per fusione, in modo simile al bronzo. BOOM! (Assassin’s Creed: Brotherhood) Tuttavia questo tipo di lega, pur essendo usata all’epoca per la creazione di cannoni e relativi proiettili, è inadatta alle altre armi e armature poiché troppo fragile (come vedremo dopo). Per ottenere invece un materiale lavorabile e adatto a tali armamenti, la ghisa veniva soggetta a un successivo trattamento di raffinazione, nella quale veniva nuovamente riscaldata in un ambiente ricco di ossigeno: in questa maniera, oltre a eliminare ulteriori scorie, parte del carbonio presente nel materiale si legava all’ossigeno formando anidride carbonica e abbandonando il metallo. Questo processo forniva come risultato una lega di ferro con percentuale di carbonio inferiore al 2%, cioè quello che noi chiamiamo Acciaio! PROPRIETA’ MECCANICHE Due sono le proprietà meccaniche dell’acciaio che ci interessano: la sua Durezza e Tenacità. La durezza è la resistenza, da parte del materiale, alle deformazioni: essa dipende sostanzialmente dal tipo di struttura che assumono gli atomi in toto all’interno del metallo. Abbiamo già parlato di materiali duri in questo articolo sulle proprietà fisiche di armi e armature La presenza di carbonio all’interno del ferro è in grado di raddoppiare la durezza rispetto al ferro ricco di scorie ottenuto mediante la fornace: per aumentare ulteriormente tale proprietà è necessario temprare il metallo, ovvero regolare come esso si raffredda dopo aver raggiunto una temperatura sufficiente a “riorganizzare” la struttura interna della lega. Nel medioevo era uso comune una tempra non rapidissima in grado di formare un acciaio duro 3-4 volte il ferro ottenuto dalla fornace: è possibile invece temprare rapidamente il metallo, formando un acciaio estremamente duro, fino al doppio del precedente. Tuttavia, questo tipo di tempra rischia di rendere l’acciaio fragile ed è dunque inadatto ai nostri scopi. Ma cos’è la fragilità? Perfino le armi più dure possono rompersi – Narsil, dalla trilogia del signore degli anelli Un materiale si dice fragile se è facile spezzarlo: l’esempio classico di materiale duro e fragile è il vetro, che è difficilissimo da deformare ma si rompe con facilità. La capacità di resistere alla rottura di un materiale è detta Tenacia ed è la caratteristica più importante per le armature: infatti la tenacia di un metallo definisce quanta energia è necessaria per perforarlo. Questa energia dipende dalla qualità del materiale: un acciaio con un contenuto di carbonio dello 0.85%, ad esempio, ha una tenacia fino a 3-4 volte maggiore rispetto a quella del ferro di bassa qualità. ENERGIE DI PENETRAZIONE Per calcolare l’energia necessaria per penetrare una piastra di un’armatura entrano in gioco i seguenti fattori: la forma dell’arma usata; lo spessore della corazza; la qualità del metallo; l’angolo con il quale il colpo incide sulla corazza. Partiamo dalla prima: come già detto nell’articolo sulle proprietà delle armi e armature (che trovate qui), la forma dell’arma, o meglio, della parte dell’arma che colpisce l’armatura definisce la pressione che essa è in grado di impartire: minore la superficie di contatto, maggiore è la pressione, minore è l’energia necessaria per perforare un materiale. Si capisce dunque subito che le frecce, pur avendo energie decisamente inferiori a disposizione, sono molto più efficienti dei proiettili, che all’epoca consistevano in delle semplici sfere metalliche (da cui “pallottola”), e anche le lame, per risultare efficaci contro le armature, devono essere il più piccole possibili. Mantenendo dunque il nostro studio unicamente sulle armi da fuoco, andiamo a vedere quanta energia serve a una pallottola per perforare una corazza. Una stima delle energie a disposizione per vari tipi di armi da fuoco è stata fatta nella prima parte dell’articolo che trovate qui Se partiamo ci riferiamo ancora una volta all’appendice di The Knight and the Blast fournace, partendo da una corazza spessa due millimetri di acciaio di buona qualità vediamo che servono poco più di 800 J affinché un’arma da fuoco perfori una simile corazza: immaginando di poter aggiungere 150 J extra per perforare ulteriori protezioni sottostanti (come imbottitura e cotta di maglia) vediamo che una tale armatura è ben lontana dal proteggere da un colpo di archibugio a distanza ravvicinata. Tuttavia, una simile armatura ha ampio spazio di manovra per quanto riguarda il suo spessore. L’energia necessaria per perforare un’armatura cresce come il suo spessore elevato alle 1.6: in pratica, raddoppiare lo spessore triplicherà (all’incirca) l’energia necessaria per perforare l’armatura. Vediamo dunque che la stessa armatura spessa 3 mm richiede quasi 1900 J per essere perforata e un esorbitante 3800 J se portata a 4 mm, ponendo quindi il cavaliere al sicuro anche dai colpi dei primi moschetti! Armatura da corazziere del ‘600, Morges military museum Queste spesse armature, tuttavia, risultavano estremamente pesanti e furono in uso principalmente dopo il ‘600: infatti, con l’avvento degli eserciti nazionali, i vari regnanti cominciarono a ricorrere ad armamenti di massa, producendo corazze più spesse ma di qualità inferiore, riducendo l’energia necessaria a perforarle a un 50-75% di quella di un buon acciaio: queste armature, più che assicurare una protezione totale contro i nemici, servivano a ridurre il rischio di morte di un proiettile sparato da lontano. L’estremo peso di queste protezioni portò a produrre armature complete solo per la cavalleria, andando a creare la figura del corazziere, cavaliere pesante con armi da fuoco, mentre la fanteria andò pian piano a ridurre l’armatura a pochi pezzi, principalmente il busto e l’elmo. Un’altra opzione era ovviamente puntare su acciai di qualità migliore: i più raffinati potevano aumentare di un ulteriore 50% l’energia necessaria alla penetrazione, rendendo ad esempio la precedente corazza a piastre da 2 mm impervia ai comuni archibugi. L’ultimo elemento da tenere in conto è l’angolo di incidenza tra il proiettile e la piastra: infatti, se il proiettile non raggiunge perpendicolarmente la corazza, esso tenderà a dissipare la sua energia e dunque l’energia necessaria alla perforazione verrà moltiplicata per un fattore pari all’inverso del coseno dell’angolo di incidenza. Ricordiamo che il coseno è una proprietà degli angoli ed è un fattore compreso (per angoli inferiori ai 90°) tra 0 e 1: famosi valori sono circa 0.8 per un angolo di 30°, circa 0.7 per uno di 45° e 0.5 per uno di 60°. Un proiettile che raggiunga una piastra con un angolo di trenta gradi richiederà il 25% circa di energia in più per perforarla: questo fenomeno non deve essere necessariamente causato dalla scarsa mira o fortuna del tiratore, infatti le armature venivano costruite con delle forme arrotondate o angolose proprio per far sì che i proiettili colpissero il bersaglio in maniera non perpendicolare. Ovviamente quelli che stiamo facendo sono ragionamenti di massima: in diversi momenti e zone dell’europa post-medievale abbiamo visto una grande varietà nella qualità, forma e fattura di armi e armature. Un problema annoso, ad esempio, era quello della disomogeneità degli acciai, ovvero l’impossibilità di costruire oggetti (come armature) in acciaio le cui proprietà fisiche fossero le stesse in tutti i punti: in questo modo era possibile che due colpi sostanzialmente identici, raggiungendo punti diversi dell’armatura, ottenessero risultati di penetrazione diametralmente opposti. Inoltre, con l’avanzare del tempo, anche le energie delle armi da fuoco sono andate via via ad aumentare: ad esempio un moschetto del 1600 poteva arrivare, con la giusta polvere da sparo, a imprimere quasi 4000 J di energia al proiettile. La presenza inoltre di miglioramenti bellici come la rigatura della canna, in grado di imprimere al proiettile un moto elicoidale che ne stabilizzasse la traiettoria, e le cartucce per rendere il caricamento più rapido resero indubbiamente le armi da fuoco sempre più letali. IN CONCLUSIONE… Le armature del rinascimento erano, in generale, in grado di proteggere chi le indossava dai proiettili delle armi da fuoco a patto che esse fossero relativamente leggere (pistole e in parte archibugi) e/o facessero fuoco da abbastanza lontano. Per quanto si tratti di condizioni apparentemente poco interessanti, ricordiamo comunque che in assenza di armatura un proiettile in tali condizioni sarebbe indubbiamente letale, se colpisse zone vitali! La protezione poteva essere ottenuta e migliorata andando ad agire sulla qualità dell’acciaio, sullo spessore della corazza e sulle sue forme: questi fattori portarono, da un lato, allo sviluppo di armature molto costose, in grado di proteggere i ricchi signori dai proiettili più comuni, dall’altro a una produzione massiva di corazze di bassa qualità molto pesanti, che proteggevano interamente solo i reparti di cavalleria mentre i fanti si limitavano ad indossarne alcune porzioni. L’azza: un letale mix di ascia, martello e lancia. Photo by Javy Camacho. Questo sviluppo dell’armatura ebbe effetto anche sulle armi da mischia: da una parte, infatti, nel ‘400 si ha il massimo splendore delle armi in asta, come le alabarde o le temutissime azze e martelli da guerra, in grado di minacciare i nemici più corazzati grazie a una letale combinazione di massa, leva e spunzoni o piccole lame d’ascia in grado di penetrare più facilmente l’armatura. Le picche, inoltre, diventeranno elemento fondamentale del campo di battaglia prima dell’invenzione della baionetta, in grado di minacciare sia la cavalleria, nello specifico tenendo a distanza i cavalli, sia la fanteria dall’armatura ridotta. Nella prima metà di questo periodo nascono nuove spade per affrontare nemici corazzati come lo stocco, che non è il rapier inglese come Dungeons & Dragons ci suggerisce ma l’estoc, una spada a lama triangolare da infilare nelle giunture delle armature nemiche, oppure come lo spadone (zweihander, montante ecc) di dimensioni ragguardevoli e di importanza strategica nella lotta alle formazioni di picchieri. La riduzione dell’armatura da fanteria, tuttavia, porterà successivamente all’invenzione di spade più sottili e agili come la striscia, che è il vero rapier di Dungeons & Dragons, un’arma eccezionale nei colpi di punta, o come la sciabola che rappresenterà il simbolo della cavalleria fino alla sua scomparsa nel ‘900. Insieme di armi rinascimentali, tra cui un peculiare stocco con guardia a testa di martello BONUS – Cosa giocare? Se la sfida tra armi da fuoco rinascimentali e armature vi appassiona e volete provare l’ebbrezza di metterle a confronto, se vi piacciono i giochi di ruolo (e se non vi piacciono è probabilmente perché non li avete provati), non posso che consigliarvi ampiamente Historia! Historia è un’ambientazione tutta italiana per Dungeons & Dragons (quinta edizione) che vi cala in un rinascimento popolato da… animali antropomorfi! Lungi dall’essere un mondo “carino”, Historia vi porrà in mezzo a intrighi, lotte politiche, battaglie campali, dilemmi etici, un mondo dove Alchimia, Magia e Religione si sfidano ogni giorno dove Spade, Armature e Pistole vivono fianco a fianco. VAI AL KICKSTARTER! Oltre a ciò, in ambito videoludico, abbiamo recentissimo Greedfall, ambientato in una versione fantasy dell’età delle esplorazioni, dove le armi da fuoco si incontrano ogni giorno con le corazze dell’acciaio migliore… con un pizzico di magia! Inoltre, ha decisamente fatto scuola Mount & Blade: With Fire and Sword, l’espansione standalone del mitico Warband, passata purtroppo in sordina, che ci pone nel complesso panorama dell’europa orientale di metà ‘600, durante la rivolta cosacca contro il commonwealth Polacco-Lituano (per inciso, è grazie a questo titolo che so dell’esistenza di suddetto commonwealth…). Come non citare poi la saga di Ezio di Assassin’s Creed, dove le armi da fuoco, appena accennate in Assassin’s Creed 2, si fanno sempre più presenti nei seguenti Brotherhood e Revelations, come a mostrare la lenta ma inesorabile diffusione di queste armi nel rinascimento. E già che citiamo Ezio, non possiamo non guardare le produzioni italiane: se vi piacciono i librogame e i giochi di ruolo non posso che consigliarvi la saga di Ultima Forsan, ambientata in un macabro rinascimento assediato dai non morti dove solo le nuove tecnologie del ‘500 potranno tenere i nostri eroi in salvo dagli abomini! Uno degli autori, Mauro Longo, famoso autore di librogame italiano nonché gestore del blog Caponata Meccanica e di una pagina su libri da tavolo per bambini (Bambini e Draghi), ha scritto numerosi libri game di Ultima Forsan e inoltre alcuni romanzi ambientati sempre in questo periodo come Guiscardi senza Gloria e il fabbricante di spettri. Se l’argomento vi è piaciuto, vi invito a leggere The Knight and the Blast Furnace di Alan Williams. Se invece cercaste una lettura (lievemente) più leggera, questo stesso argomento è stato affrontato e approfondito nel 2008 sul blog Baionette Librarie del mitico Duca, alias Marco Carra, con una serie di articoli sulle armi e gli acciai, più tecnici, che potete trovare qui. Articolo originale: http://www.profmarrelli.it/2019/10/01/armature-vs-armi-da-fuoco/ Se questo articolo ti è piaciuto, segui il prof. Marrelli su facebook e su ludomedia. Visualizza articolo completo
  5. Per secoli armi da fuoco e armature convivono una accanto all’altra, senza mai completamente surclassarsi reciprocamente: ma come funzionano queste tecnologie? Quali segreti nascondono la polvere da sparo e l’acciaio? Andiamo a scoprirlo assieme! Anno 1326: in un periodo in cui la spada lunga è l’arma nobiliare d’eccellenza e la corazza a piastre deve ancora riuscire a ricoprire totalmente il cavaliere, si hanno le prime testimonianze di cannoni in occidente (in questo arrivato molto tardi rispetto all’oriente). Ci vorrà l’inizio del secolo successivo affinché si diffondano le primitive armi da fuoco portatili. In risposta a questa nuova minaccia, l’armatura si fa più resistente. Più spessa. Impenetrabile. Questa corsa alle armi (e alle armature!) prosegue per secoli: ancora nelle guerre napoleoniche i corazzieri indossano armature per proteggersi, ormai, principalmente dalle schegge, dai proiettili di striscio e di rimbalzo. Per secoli armi da fuoco e armature convivono una accanto all’altra, senza mai completamente surclassarsi reciprocamente: ma come funzionano queste tecnologie? Quali segreti nascondono la polvere da sparo e l’acciaio? Andiamo a scoprirlo assieme! POLVERE NERA In questo paragrafo si parla di combustioni. Per avere un’idea più chiara di come esse funzionino, prossimamente pubblicheremo un articolo a riguardo. La polvere da sparo è un composto di diverse sostanze polverizzate e mescolate assieme, nello specifico Carbone, Zolfo e Nitrato di Potassio (KNO3), più noto come Salnitro. Lo scopo dello Zolfo è quello di facilitare la reazione di combustione. Infatti, lo zolfo fonde a temperature relativamente basse (114°C) ed è, in questa forma, in grado di stimolare la reazione degli altri componenti della polvere tra loro. Il Salnitro è una sostanza con una grande quantità di ossigeno disponibile per reagire con gli altri componenti: questa sua capacità permette di rendere più rapida e vivace la combustione. Esso rappresenta oltre il 70% della massa della polvere nera. Infine il Carbone è la fonte del carbonio della reazione: la polvere da sparo, infatti, esplode combinando il carbonio all’interno del carbone con l’ossigeno nell’aria e nel Salnitro. Questa reazione ha come prodotto, oltre al calore, una grande quantità di anidride carbonica che, essendo un gas (tra l’altro a temperature elevate), si espande: è questa espansione gassosa che, se canalizzata nella canna di un’arma da fuoco, è in grado di spingere via il proiettile. METODI DI ACCENSIONE Questo tipo di reazione richiede un innesco: storicamente le armi da fuoco hanno sfruttato vari metodi per accendere la polvere da sparo. Il più antico è sicuramente la miccia, una corda che brucia più o meno lentamente fino a portare la fiamma a contatto con l’esplosivo. Ne abbiamo tutti in mente una vivida immagine per quanto riguarda l’uso nei cannoni, ma forse non tutti sanno che anche le prime armi da fuoco portatili utilizzavano questo metodo per accendere la polvere da sparo, seppur con qualche accorgimento. Nei primi archibugi, gli antenati dei nostri fucili, vi era un foro, detto focone, che permetteva la comunicazione tra il cuore della canna (la culatta) e una sezione esterna, detta scodellino, nella quale era posta ulteriore polvere da sparo. Questa polvere poteva essere accesa tramite una miccia a combustione lenta attaccata a un uncino mobile, chiamato serpentina. Quando l’archibugiere premeva il grilletto, la serpentina si muoveva portando la miccia a contatto con la polvere dello scodellino che a sua volta, attraverso il focone, accendeva la polvere in canna. Ovviamente questo metodo non era necessariamente tra i più comodi ed efficaci, e ben presto, durante il XVI secolo, nuovi metodi di accensione furono inventati: tra di essi i più famosi sono l’acciarino a ruota e quello a pietra e martellina. Nel primo (Wheellock), una ruota metallica caricata a molla veniva liberata dal grilletto, andando a strofinare una pietra di pirite che, emettendo scintille, accendeva la polvere nello scodellino. Si tratta di un meccanismo raffinato e delicato, attribuito secondo alcune tradizioni a Leonardo da Vinci, che però fu inevitabilmente sostituito dai successivi, più affidabili e resistenti. Nell’acciarino a pietra e martellina (in inglese Flintlock) o acciarino a focile, invece, un dispositivo metallico mobile detto martellina fungeva da copertura per lo scodellino: un altro pezzo metallico detto cane, caricato con una molla, terminava con una morsa nella quale era trattenuta saldamente una pietra focaia. Quando il grilletto veniva premuto, la molla scatta, il cane colpiva violentemente la martellina e, mentre la spostava scoprendo lo scodellino, l’urto della pietra focaia produceva scintille che andavano ad accendere la polvere. L’evoluzione nel tipo di acciarino, nel caricamento e l’introduzione delle cartucce (inizialmente contenitori di carta, da cui il nome, contenenti pallottola e polvere da sparo assieme) permise un netto miglioramento della cadenza di tiro da parte di queste armi nel corso dei secoli, ma inizialmente i primi archibugi e moschetti potevano sparare circa 40 colpi… all’ora! Questo perché il caricamento era lungo e complesso, richiedeva la pulizia della canna, la pressione del proiettile assieme alla polvere da sparo all’interno dell’arma, la preparazione del sistema di accensione e ovviamente il tempo necessario per impugnare l’arma, mirare e sparare. ENERGIE IMPONENTI Ma allora, con tale bassa frequenza di fuoco, come mai queste armi riuscirono a dominare i campi di battaglia? La risposta si cela nelle enormi energie con le quali i proiettili potevano essere scagliati. Per comprendere meglio come funziona l’energia, vi invito a leggere questo articolo sui vari tipi di colpi delle armi bianche e su un modo per stimarne l’energia. L’appendice del meraviglioso The Knight and the Blast Furnace di Alan Williams, che vi consiglio vivamente, fa uno studio approfondito delle energie approssimative a disposizione di varie armi (calcolate al momento del lancio del proiettile, e che dunque si riducono con la distanza del bersaglio). Un archibugio del XVI secolo imprime su un proiettile circa 1300 Joule (J) di energia, mentre una pistola dello stesso periodo può svilupparne oltre 900. Ricordiamo che il Joule è l’unità di misura dell’Energia nel sistema internazionale: per fare un paragone, un Joule è pari all’energia necessaria per sollevare da terra di 10 cm un oggetto di 1kg di peso. In confronto, l’energia di una freccia scagliata da un arco lungo ammonta a circa 150 J: da questo esempio, vediamo che tali energie sono molto elevate. Tali quantitativi di energia saranno ulteriormente ampliati da due grosse migliorie. In primo luogo, la scoperta della polvere da sparo granulare: si tratta di una polvere preparata con gli stessi ingredienti, ma mescolati in ambiente umido e poi ridotti a un mezzo granulare omogeneo prima dell’uso. Questa polvere permette un’efficienza molto maggiore, portando le energie disponibili a oltre 1700 J. Ma le migliori armature in circolazione del 1500, secondo i resoconto storici, erano ancora in grado di rispondere a queste fenomenali energie, soprattutto sulle lunghe distanze: per questo si cominciarono a costruire armi da fuoco di dimensioni maggiori, che richiedevano una forcella d’appoggio al terreno per essere correttamente utilizzate: nacque dunque il Moschetto (termine che andrà poi a indicare semplicemente l’antesignano del fucile moderno), in grado di imprimere fino a 3000 J di Energia ai proiettili. Si tratta comunque di energie calcolate “a bruciapelo”: un colpo poteva perdere anche metà della sua energia cinetica nei primi 100 metri di percorso. Ma queste energie sono “tante” o sono “poche” rispetto a quelle necessarie per perforare un’armatura dello stesso periodo? State pronti, lo scopriremo la prossima settimana… BONUS – Cosa giocare? Se la sfida tra armi da fuoco rinascimentali e armature vi appassiona e volete provare l’ebbrezza di metterle a confronto, se vi piacciono i giochi di ruolo (e se non vi piacciono è probabilmente perché non li avete provati), non posso che consigliarvi ampiamente Historia! Historia è un’ambientazione tutta italiana per Dungeons & Dragons (quinta edizione) che vi cala in un rinascimento popolato da… animali antropomorfi! Lungi dall’essere un mondo “carino”, Historia vi porrà in mezzo a intrighi, lotte politiche, battaglie campali, dilemmi etici, un mondo dove Alchimia, Magia e Religione si sfidano ogni giorno dove Spade, Armature e Pistole vivono fianco a fianco. VAI AL KICKSTARTER! Oltre a ciò, in ambito videoludico, abbiamo recentissimo Greedfall, ambientato in una versione fantasy dell’età delle esplorazioni, dove le armi da fuoco si incontrano ogni giorno con le corazze dell’acciaio migliore… con un pizzico di magia! Inoltre, ha decisamente fatto scuola Mount & Blade: With Fire and Sword, l’espansione standalone del mitico Warband, passata purtroppo in sordina, che ci pone nel complesso panorama dell’europa orientale di metà ‘600, durante la rivolta cosacca contro il commonwealth Polacco-Lituano (per inciso, è grazie a questo titolo che so dell’esistenza di suddetto commonwealth…). Come non citare poi la saga di Ezio di Assassin’s Creed, dove le armi da fuoco, appena accennate in Assassin’s Creed 2, si fanno sempre più presenti nei seguenti Brotherhood e Revelations, come a mostrare la lenta ma inesorabile diffusione di queste armi nel rinascimento. E già che citiamo Ezio, non possiamo non guardare le produzioni italiane: se vi piacciono i librogame e i giochi di ruolo non posso che consigliarvi la saga di Ultima Forsan, ambientata in un macabro rinascimento assediato dai non morti dove solo le nuove tecnologie del ‘500 potranno tenere i nostri eroi in salvo dagli abomini! Uno degli autori, Mauro Longo, famoso autore di librogame italiano nonché gestore del blog Caponata Meccanica e di una pagina su libri da tavolo per bambini (Bambini e Draghi), ha scritto numerosi libri game di Ultima Forsan e inoltre alcuni romanzi ambientati sempre in questo periodo come Guiscardi senza Gloria e il fabbricante di spettri. Se l’argomento vi è piaciuto, vi invito a leggere The Knight and the Blast Furnace di Alan Williams. Se invece cercaste una lettura (lievemente) più leggera, questo stesso argomento è stato affrontato e approfondito nel 2008 sul blog Baionette Librarie del mitico Duca, alias Marco Carra, con una serie di articoli sulle armi e gli acciai, più tecnici, che potete trovare quì. Articolo originale: http://www.profmarrelli.it/2019/09/25/armi-da-fuoco-rinascimento-1/ Se questo articolo ti è piaciuto, segui il prof. Marrelli su facebook e su ludomedia. Visualizza articolo completo
  6. Anno 1326: in un periodo in cui la spada lunga è l’arma nobiliare d’eccellenza e la corazza a piastre deve ancora riuscire a ricoprire totalmente il cavaliere, si hanno le prime testimonianze di cannoni in occidente (in questo arrivato molto tardi rispetto all’oriente). Ci vorrà l’inizio del secolo successivo affinché si diffondano le primitive armi da fuoco portatili. In risposta a questa nuova minaccia, l’armatura si fa più resistente. Più spessa. Impenetrabile. Questa corsa alle armi (e alle armature!) prosegue per secoli: ancora nelle guerre napoleoniche i corazzieri indossano armature per proteggersi, ormai, principalmente dalle schegge, dai proiettili di striscio e di rimbalzo. Per secoli armi da fuoco e armature convivono una accanto all’altra, senza mai completamente surclassarsi reciprocamente: ma come funzionano queste tecnologie? Quali segreti nascondono la polvere da sparo e l’acciaio? Andiamo a scoprirlo assieme! POLVERE NERA In questo paragrafo si parla di combustioni. Per avere un’idea più chiara di come esse funzionino, prossimamente pubblicheremo un articolo a riguardo. La polvere da sparo è un composto di diverse sostanze polverizzate e mescolate assieme, nello specifico Carbone, Zolfo e Nitrato di Potassio (KNO3), più noto come Salnitro. Lo scopo dello Zolfo è quello di facilitare la reazione di combustione. Infatti, lo zolfo fonde a temperature relativamente basse (114°C) ed è, in questa forma, in grado di stimolare la reazione degli altri componenti della polvere tra loro. Il Salnitro è una sostanza con una grande quantità di ossigeno disponibile per reagire con gli altri componenti: questa sua capacità permette di rendere più rapida e vivace la combustione. Esso rappresenta oltre il 70% della massa della polvere nera. Infine il Carbone è la fonte del carbonio della reazione: la polvere da sparo, infatti, esplode combinando il carbonio all’interno del carbone con l’ossigeno nell’aria e nel Salnitro. Questa reazione ha come prodotto, oltre al calore, una grande quantità di anidride carbonica che, essendo un gas (tra l’altro a temperature elevate), si espande: è questa espansione gassosa che, se canalizzata nella canna di un’arma da fuoco, è in grado di spingere via il proiettile. METODI DI ACCENSIONE Questo tipo di reazione richiede un innesco: storicamente le armi da fuoco hanno sfruttato vari metodi per accendere la polvere da sparo. Il più antico è sicuramente la miccia, una corda che brucia più o meno lentamente fino a portare la fiamma a contatto con l’esplosivo. Ne abbiamo tutti in mente una vivida immagine per quanto riguarda l’uso nei cannoni, ma forse non tutti sanno che anche le prime armi da fuoco portatili utilizzavano questo metodo per accendere la polvere da sparo, seppur con qualche accorgimento. Nei primi archibugi, gli antenati dei nostri fucili, vi era un foro, detto focone, che permetteva la comunicazione tra il cuore della canna (la culatta) e una sezione esterna, detta scodellino, nella quale era posta ulteriore polvere da sparo. Questa polvere poteva essere accesa tramite una miccia a combustione lenta attaccata a un uncino mobile, chiamato serpentina. Quando l’archibugiere premeva il grilletto, la serpentina si muoveva portando la miccia a contatto con la polvere dello scodellino che a sua volta, attraverso il focone, accendeva la polvere in canna. Ovviamente questo metodo non era necessariamente tra i più comodi ed efficaci, e ben presto, durante il XVI secolo, nuovi metodi di accensione furono inventati: tra di essi i più famosi sono l’acciarino a ruota e quello a pietra e martellina. Nel primo (Wheellock), una ruota metallica caricata a molla veniva liberata dal grilletto, andando a strofinare una pietra di pirite che, emettendo scintille, accendeva la polvere nello scodellino. Si tratta di un meccanismo raffinato e delicato, attribuito secondo alcune tradizioni a Leonardo da Vinci, che però fu inevitabilmente sostituito dai successivi, più affidabili e resistenti. Nell’acciarino a pietra e martellina (in inglese Flintlock) o acciarino a focile, invece, un dispositivo metallico mobile detto martellina fungeva da copertura per lo scodellino: un altro pezzo metallico detto cane, caricato con una molla, terminava con una morsa nella quale era trattenuta saldamente una pietra focaia. Quando il grilletto veniva premuto, la molla scatta, il cane colpiva violentemente la martellina e, mentre la spostava scoprendo lo scodellino, l’urto della pietra focaia produceva scintille che andavano ad accendere la polvere. L’evoluzione nel tipo di acciarino, nel caricamento e l’introduzione delle cartucce (inizialmente contenitori di carta, da cui il nome, contenenti pallottola e polvere da sparo assieme) permise un netto miglioramento della cadenza di tiro da parte di queste armi nel corso dei secoli, ma inizialmente i primi archibugi e moschetti potevano sparare circa 40 colpi… all’ora! Questo perché il caricamento era lungo e complesso, richiedeva la pulizia della canna, la pressione del proiettile assieme alla polvere da sparo all’interno dell’arma, la preparazione del sistema di accensione e ovviamente il tempo necessario per impugnare l’arma, mirare e sparare. ENERGIE IMPONENTI Ma allora, con tale bassa frequenza di fuoco, come mai queste armi riuscirono a dominare i campi di battaglia? La risposta si cela nelle enormi energie con le quali i proiettili potevano essere scagliati. Per comprendere meglio come funziona l’energia, vi invito a leggere questo articolo sui vari tipi di colpi delle armi bianche e su un modo per stimarne l’energia. L’appendice del meraviglioso The Knight and the Blast Furnace di Alan Williams, che vi consiglio vivamente, fa uno studio approfondito delle energie approssimative a disposizione di varie armi (calcolate al momento del lancio del proiettile, e che dunque si riducono con la distanza del bersaglio). Un archibugio del XVI secolo imprime su un proiettile circa 1300 Joule (J) di energia, mentre una pistola dello stesso periodo può svilupparne oltre 900. Ricordiamo che il Joule è l’unità di misura dell’Energia nel sistema internazionale: per fare un paragone, un Joule è pari all’energia necessaria per sollevare da terra di 10 cm un oggetto di 1kg di peso. In confronto, l’energia di una freccia scagliata da un arco lungo ammonta a circa 150 J: da questo esempio, vediamo che tali energie sono molto elevate. Tali quantitativi di energia saranno ulteriormente ampliati da due grosse migliorie. In primo luogo, la scoperta della polvere da sparo granulare: si tratta di una polvere preparata con gli stessi ingredienti, ma mescolati in ambiente umido e poi ridotti a un mezzo granulare omogeneo prima dell’uso. Questa polvere permette un’efficienza molto maggiore, portando le energie disponibili a oltre 1700 J. Ma le migliori armature in circolazione del 1500, secondo i resoconto storici, erano ancora in grado di rispondere a queste fenomenali energie, soprattutto sulle lunghe distanze: per questo si cominciarono a costruire armi da fuoco di dimensioni maggiori, che richiedevano una forcella d’appoggio al terreno per essere correttamente utilizzate: nacque dunque il Moschetto (termine che andrà poi a indicare semplicemente l’antesignano del fucile moderno), in grado di imprimere fino a 3000 J di Energia ai proiettili. Si tratta comunque di energie calcolate “a bruciapelo”: un colpo poteva perdere anche metà della sua energia cinetica nei primi 100 metri di percorso. Ma queste energie sono “tante” o sono “poche” rispetto a quelle necessarie per perforare un’armatura dello stesso periodo? State pronti, lo scopriremo la prossima settimana… BONUS – Cosa giocare? Se la sfida tra armi da fuoco rinascimentali e armature vi appassiona e volete provare l’ebbrezza di metterle a confronto, se vi piacciono i giochi di ruolo (e se non vi piacciono è probabilmente perché non li avete provati), non posso che consigliarvi ampiamente Historia! Historia è un’ambientazione tutta italiana per Dungeons & Dragons (quinta edizione) che vi cala in un rinascimento popolato da… animali antropomorfi! Lungi dall’essere un mondo “carino”, Historia vi porrà in mezzo a intrighi, lotte politiche, battaglie campali, dilemmi etici, un mondo dove Alchimia, Magia e Religione si sfidano ogni giorno dove Spade, Armature e Pistole vivono fianco a fianco. VAI AL KICKSTARTER! Oltre a ciò, in ambito videoludico, abbiamo recentissimo Greedfall, ambientato in una versione fantasy dell’età delle esplorazioni, dove le armi da fuoco si incontrano ogni giorno con le corazze dell’acciaio migliore… con un pizzico di magia! Inoltre, ha decisamente fatto scuola Mount & Blade: With Fire and Sword, l’espansione standalone del mitico Warband, passata purtroppo in sordina, che ci pone nel complesso panorama dell’europa orientale di metà ‘600, durante la rivolta cosacca contro il commonwealth Polacco-Lituano (per inciso, è grazie a questo titolo che so dell’esistenza di suddetto commonwealth…). Come non citare poi la saga di Ezio di Assassin’s Creed, dove le armi da fuoco, appena accennate in Assassin’s Creed 2, si fanno sempre più presenti nei seguenti Brotherhood e Revelations, come a mostrare la lenta ma inesorabile diffusione di queste armi nel rinascimento. E già che citiamo Ezio, non possiamo non guardare le produzioni italiane: se vi piacciono i librogame e i giochi di ruolo non posso che consigliarvi la saga di Ultima Forsan, ambientata in un macabro rinascimento assediato dai non morti dove solo le nuove tecnologie del ‘500 potranno tenere i nostri eroi in salvo dagli abomini! Uno degli autori, Mauro Longo, famoso autore di librogame italiano nonché gestore del blog Caponata Meccanica e di una pagina su libri da tavolo per bambini (Bambini e Draghi), ha scritto numerosi libri game di Ultima Forsan e inoltre alcuni romanzi ambientati sempre in questo periodo come Guiscardi senza Gloria e il fabbricante di spettri. Se l’argomento vi è piaciuto, vi invito a leggere The Knight and the Blast Furnace di Alan Williams. Se invece cercaste una lettura (lievemente) più leggera, questo stesso argomento è stato affrontato e approfondito nel 2008 sul blog Baionette Librarie del mitico Duca, alias Marco Carra, con una serie di articoli sulle armi e gli acciai, più tecnici, che potete trovare quì. Articolo originale: http://www.profmarrelli.it/2019/09/25/armi-da-fuoco-rinascimento-1/ Se questo articolo ti è piaciuto, segui il prof. Marrelli su facebook e su ludomedia.
  7. @Aranar Probabilmente quei due sono gli unici retrocloni di AD&D 2e. Ti segnalo comunque che il PDF di entrambi è gratuito: https://www.drivethrurpg.com/product/156530/For-Gold--Glory https://www.drivethrurpg.com/product/100492/Myth--Magic-Players-Starter-Guide
  8. Oggi il prof. Marrelli, nella sua rubrica, ci parla di quale scienza si nasconde tra i misteriosi alambicchi di Kaer Morhen? Andiamo a scoprirlo assieme! Tra le armi formidabili di uno Strigo vi è, senza alcun dubbio, l’Alchimia. Il suo stesso corpo, tramite la prova delle erbe, viene mutato irreversibilmente per farne un perfetto uccisore di mostri. Tuttavia, un Witcher continua per il resto della sua vita a preparare e usare pozioni per potenziare ulteriormente questi tratti: di volta in volta, differenti intrugli alchemici gli forniscono quel vantaggio in più del quale ha bisogno, sfruttando basi alcooliche assieme a ingredienti ottenuti dalle piante e da pezzi di mostro. Ma quanto sono realistiche queste pozioni? Grazie a quali fenomeni potrebbero funzionare? Quale scienza si nasconde tra i misteriosi alambicchi di Kaer Morhen? Andiamo a scoprirlo assieme! 7 – Pozione di Sangue Nero Questa pozione fa sì che il sangue del Witcher diventi dannoso per i mostri che ne vengono a contatto. Nel primo capitolo della saga, il suo ingrediente principale è il Vetriolo, uno degli elementi alchemici con i quali vengono prodotte le pozioni nella saga. Vetriolo viene dal latino Vitriol, sigla che significa Visita Interiora Terrae, Rectificando Invenies Occultum Lapidem, in italiano Visita l’interno della terra, operando con rettitudine troverai la pietra nascosta. Al fine di scavare l’interno della terra, il Vetriolo doveva essere una sostanza molto acida: per questo tale termine viene storicamente usato, nell’ambito alchemico, per indicare composti dello Zolfo, in particolare acido solforico o solfuri metallici (i sali ottenuti dall’acido solforico assieme ai metalli). Tuttavia, inserire acido solforico nel sangue risulterebbe letale probabilmente anche per un Witcher: la consistenza bluastra del Vetriolo della saga può, invece, farci pensare ad altre sostanze come il Solfato di Zinco. Si tratta di un composto cristallino con svariati usi medici, un rinforzante del sistema immunitario che, se la vecchia dicotomia vita/non-morte fosse valida, potrebbe danneggiare i non-morti esattamente come aiuta i viventi. Inoltre, è presente nelle ossa e potrebbe giustificare la possibilità di ricavarne, nel primo capitolo della saga videoludica, dalle zanne di animali. 6 – Pozione Bufera di Neve Il nome inglese di questa pozione, “Blizzard”, ricorda a tutti la celebre casa produttrice di videogiochi, sebbene anch’essa prenda in prestito questo nome dal gelido vento del nord. In questo caso, però, la pozione ha poco a che fare con il freddo: infatti, permette di rallentare il tempo percepito dal personaggio, fornendogli un vantaggio in battaglia in termini di riflessi e tempi di reazione. Oltre al già citato Vetriolo, questa pozione contiene un quantitativo altrettanto importante di Rebis, un termine alchemico utilizzato per indicare l’unione di due elementi opposti. Essendo una definizione estremamente vaga, è difficile trovare un suo equivalente chimico: basandoci allora sui suoi effetti, potrebbe trattarsi di una sostanza psicotropa in grado di provocare tachipsichia, un fenomeno di alterazione della percezione temporale proprio, in alcune persone, del momento di allerta del quale parleremo in un articolo su Cyberpunk 2077. 5 – Pozione del Gatto Questa pozione migliora ulteriormente le capacità del Witcher di vedere al buio. Il suo elemento principale è il Quebrith, nome con il quale Paracelso, famoso alchimista tedesco del rinascimento, si riferiva allo Zolfo, elemento presente in alcune sostanze della retina. Sappiamo che i witcher possono vedere già bene al buio grazie ai loro occhi da gatto: ma come fa un gatto a vedere al buio? La retina ha due tipi di recettori: i Coni, che rappresentano circa il 20% dei recettori nell’occhio umano, permettono il riconoscimento del colori e sono più lenti a reagire ai cambiamenti di luce, mentre i Bastoncelli, che reagiscono alla luminosità, sono più rapidi e costituiscono il restante 80% dei recettori. Tuttavia, nei gatti, i bastoncelli sono il 96% concedendo una visione più rapida ed efficace anche in situazioni di scarsa illuminazione. Non solo, i felini (come altri mammiferi) hanno anche una membrana riflettente dietro la retina chiamata Tapetum Lucidum che permette alla luce di rimbalzare ulteriormente sui bastoncelli, amplificando il segnale: pare che anche i Witcher abbiano questa mutazione, visto come brillano i loro occhi! 4 – Pozione di rigogolo dorato Questa pozione fornisce a Geralt immunità dai veleni e neutralizza quelli già in circolo. Si tratta di una proprietà indubbiamente fantasiosa, visto che esistono innumerevoli veleni, ciascuno dei quali col proprio antidoto (se esiste!): tuttavia possiamo immaginare che le mutazioni del witcher possano in qualche modo vanificare in parte i veleni, così come le malattie. Una tecnica comunemente usata per combattere i veleni ingeriti è l’assunzione di carboni attivi, ottenuti trattando la torba con alcuni tipi di acidi. Questo metodo consiste nel far assorbire il veleno da parte dei carboni attivi e poi attendere che essi vengano… rilasciati! Dalla descrizione della pozione scopriamo che uno dei suoi ingredienti principali è l’etere: ma cos’è l’etere? Si tratta di una parola che si riferisce a due categorie molto diverse. L’Etere Dietilico è una sostanza chimica, composto di carbonio, idrogeno e ossigeno, storicamente utilizzata per le anestesie e tutt’ora come solvente. Tuttavia, l’etere è anche una sostanza immaginaria che si credeva permeasse l’universo: originariamente teorizzata dai filosofi greci come costituente base del mondo oltre la luna, per secoli si è pensato, in ambito fisico, che fosse il mezzo attraverso il quale si propaga la luce (per questo chiamato anche etere luminifero). Fu solo nel 1887 che l’esperimento di Michaelson e Morley dimostrò l’inesistenza di questo elemento, ponendo le basi per quella che sarebbe stata la teoria della relatività. Ma questa è un’altra storia… 3 – Pozioni curative e rinvigorenti Le pozioni che hanno effetti curativi o rigenerativi su salute e resistenza fisica sono molteplici: Decotto di Raffard il Bianco, Gufo Fulvo, Luna Piena, Rondine… Tutte queste pozioni potrebbero avere sostanzialmente due effetti: migliorare le capacità fisiche e ridurre il dolore. Nel primo caso abbiamo sostanze dopanti: si tratta di sostanze capaci di migliorare le performance atletiche, soprattutto riducendo il senso di fatica, largamente vietate nelle competizioni sportive. Un esempio noto sono le anfetamine, in grado di migliorare anche la concentrazione del soggetto, oppure le foglie di coca. Come ne parleremo in un articolo su cyberpunk, vi assicuro che non ne avete bisogno. Nel secondo caso abbiamo analgesisi e antidolorifici: si tratta di sostanze in grado di ridurre il dolore e in parte la fatica, anch’esse ampiamente bandite dalle gare sportive, come il metadone. A queste sostanze si potrebbe poi aggiungere i coagulanti e antiemorragici che aiutano la cicatrizzazione delle ferite, come ad esempio la vitamina K. 2 – Il Miele Bianco Tutte queste pozioni, in The Witcher, sono sostanzialmente tossiche: se bevute da una persona normale, possono essere fatali, e anche un witcher che abusi di esse avrà effetti nefasti, evidenti nella faccia di Geralt. Per questo i cacciatori di mostri hanno inventato una sostanza in grado di purificare il corpo dalle tossine: il Miele Bianco è preparato con alcuni dei componenti precedenti ed è in grado di azzerare tanto gli effetti delle pozioni ingerite quanto la loro tossicità sul corpo e l’effetto dell’alcool alla base delle pozioni. Per quanto riguarda lo smaltimento della sbornia i farmaci da banco più comuni contengono dosaggi di caffeina e acido acetilsalecilico, principio attivo dell’Aspirina e originariamente ottenuto dalla bollitura del salice. Le sostanza psicotrope citate prima richiedono invece richiedono, spesso, l’uso di antagonisti. Alcune delle sostanze che hanno effetto sull’organismo, infatti, vanno a interagire con il corpo umano legandosi a specifiche proteine dette recettori, che poi attivano l’effetto sul corpo. I recettori possono interagire con più sostanze diverse. Un antagonista è una molecola che può occupare lo stesso recettore di una sostanza psicotropa senta attivarlo. Un esempio pratico è il Naloxone, un farmaco antagonista di oppiacei come eroina e morfina usato, ad esempio, per bloccare le crisi respiratorie proprie dell’overdose da tali sostanze. 1 – Spada d’argento La Spada d’argento è l’arma più classica dei Witcher: la tradizione vuole che essi viaggino con due spade, una di acciaio per gli uomini e una d’argento per i mostri. Ovviamente, la spada d’argento non è fatta d’argento, o almeno non interamente. Secondo la tradizione, infatti, è composta di ferro meteorico: si tratta del metallo ottenibile da alcuni meteoriti ferrosi caduti sulla terra. Storicamente, questi meteoriti sono stati ampiamente usati dalle popolazioni locali (e per questo sono ormai rarissimi) a causa della eccellente qualità del metallo di cui erano composti, spesso una lega di ferro e nickel. L’efficacia della spada contro i mostri, tuttavia, non è dovuta a tale incredibile materiale, bensì al rivestimento di argento assieme alla presenza di rune magiche. Ma come mai l’argento è comunemente riconosciuto, nel mondo antico, come un potente alleato contro creature e incantesimi malvagi? Si da il caso che l’argento abbia delle lievi ma non per questo trascurabili proprietà antibatteriche e veniva usato nell’antichità come strumento, ad esempio, per la purificazione dell’acqua. BONUS: Nella vostra campagna di Dungeons & Dragons 5e Dopo aver creato e condiviso delle regole per le pozioni di The Witcher con il web, ho scoperto la community locale di D&D 5e Homebrew Italia creata da Simone, che ringrazio per il supporto e che, casualmente, stava già lavorando a una versione ben più approfondita dell’intera classe dello Strigo per D&D quinta edizione. Ho così deciso di condividere con voi la sua versione, che potete trovare quì. Scarica “Lo Strigo” per D&D quinta edizione Articolo originale: http://www.profmarrelli.it/2019/09/11/witcher/ Se questo articolo ti è piaciuto, segui il prof. Marrelli su facebook e su ludomedia. Visualizza articolo completo
  9. Tra le armi formidabili di uno Strigo vi è, senza alcun dubbio, l’Alchimia. Il suo stesso corpo, tramite la prova delle erbe, viene mutato irreversibilmente per farne un perfetto uccisore di mostri. Tuttavia, un Witcher continua per il resto della sua vita a preparare e usare pozioni per potenziare ulteriormente questi tratti: di volta in volta, differenti intrugli alchemici gli forniscono quel vantaggio in più del quale ha bisogno, sfruttando basi alcooliche assieme a ingredienti ottenuti dalle piante e da pezzi di mostro. Ma quanto sono realistiche queste pozioni? Grazie a quali fenomeni potrebbero funzionare? Quale scienza si nasconde tra i misteriosi alambicchi di Kaer Morhen? Andiamo a scoprirlo assieme! 7 – Pozione di Sangue Nero Questa pozione fa sì che il sangue del Witcher diventi dannoso per i mostri che ne vengono a contatto. Nel primo capitolo della saga, il suo ingrediente principale è il Vetriolo, uno degli elementi alchemici con i quali vengono prodotte le pozioni nella saga. Vetriolo viene dal latino Vitriol, sigla che significa Visita Interiora Terrae, Rectificando Invenies Occultum Lapidem, in italiano Visita l’interno della terra, operando con rettitudine troverai la pietra nascosta. Al fine di scavare l’interno della terra, il Vetriolo doveva essere una sostanza molto acida: per questo tale termine viene storicamente usato, nell’ambito alchemico, per indicare composti dello Zolfo, in particolare acido solforico o solfuri metallici (i sali ottenuti dall’acido solforico assieme ai metalli). Tuttavia, inserire acido solforico nel sangue risulterebbe letale probabilmente anche per un Witcher: la consistenza bluastra del Vetriolo della saga può, invece, farci pensare ad altre sostanze come il Solfato di Zinco. Si tratta di un composto cristallino con svariati usi medici, un rinforzante del sistema immunitario che, se la vecchia dicotomia vita/non-morte fosse valida, potrebbe danneggiare i non-morti esattamente come aiuta i viventi. Inoltre, è presente nelle ossa e potrebbe giustificare la possibilità di ricavarne, nel primo capitolo della saga videoludica, dalle zanne di animali. 6 – Pozione Bufera di Neve Il nome inglese di questa pozione, “Blizzard”, ricorda a tutti la celebre casa produttrice di videogiochi, sebbene anch’essa prenda in prestito questo nome dal gelido vento del nord. In questo caso, però, la pozione ha poco a che fare con il freddo: infatti, permette di rallentare il tempo percepito dal personaggio, fornendogli un vantaggio in battaglia in termini di riflessi e tempi di reazione. Oltre al già citato Vetriolo, questa pozione contiene un quantitativo altrettanto importante di Rebis, un termine alchemico utilizzato per indicare l’unione di due elementi opposti. Essendo una definizione estremamente vaga, è difficile trovare un suo equivalente chimico: basandoci allora sui suoi effetti, potrebbe trattarsi di una sostanza psicotropa in grado di provocare tachipsichia, un fenomeno di alterazione della percezione temporale proprio, in alcune persone, del momento di allerta del quale parleremo in un articolo su Cyberpunk 2077. 5 – Pozione del Gatto Questa pozione migliora ulteriormente le capacità del Witcher di vedere al buio. Il suo elemento principale è il Quebrith, nome con il quale Paracelso, famoso alchimista tedesco del rinascimento, si riferiva allo Zolfo, elemento presente in alcune sostanze della retina. Sappiamo che i witcher possono vedere già bene al buio grazie ai loro occhi da gatto: ma come fa un gatto a vedere al buio? La retina ha due tipi di recettori: i Coni, che rappresentano circa il 20% dei recettori nell’occhio umano, permettono il riconoscimento del colori e sono più lenti a reagire ai cambiamenti di luce, mentre i Bastoncelli, che reagiscono alla luminosità, sono più rapidi e costituiscono il restante 80% dei recettori. Tuttavia, nei gatti, i bastoncelli sono il 96% concedendo una visione più rapida ed efficace anche in situazioni di scarsa illuminazione. Non solo, i felini (come altri mammiferi) hanno anche una membrana riflettente dietro la retina chiamata Tapetum Lucidum che permette alla luce di rimbalzare ulteriormente sui bastoncelli, amplificando il segnale: pare che anche i Witcher abbiano questa mutazione, visto come brillano i loro occhi! 4 – Pozione di rigogolo dorato Questa pozione fornisce a Geralt immunità dai veleni e neutralizza quelli già in circolo. Si tratta di una proprietà indubbiamente fantasiosa, visto che esistono innumerevoli veleni, ciascuno dei quali col proprio antidoto (se esiste!): tuttavia possiamo immaginare che le mutazioni del witcher possano in qualche modo vanificare in parte i veleni, così come le malattie. Una tecnica comunemente usata per combattere i veleni ingeriti è l’assunzione di carboni attivi, ottenuti trattando la torba con alcuni tipi di acidi. Questo metodo consiste nel far assorbire il veleno da parte dei carboni attivi e poi attendere che essi vengano… rilasciati! Dalla descrizione della pozione scopriamo che uno dei suoi ingredienti principali è l’etere: ma cos’è l’etere? Si tratta di una parola che si riferisce a due categorie molto diverse. L’Etere Dietilico è una sostanza chimica, composto di carbonio, idrogeno e ossigeno, storicamente utilizzata per le anestesie e tutt’ora come solvente. Tuttavia, l’etere è anche una sostanza immaginaria che si credeva permeasse l’universo: originariamente teorizzata dai filosofi greci come costituente base del mondo oltre la luna, per secoli si è pensato, in ambito fisico, che fosse il mezzo attraverso il quale si propaga la luce (per questo chiamato anche etere luminifero). Fu solo nel 1887 che l’esperimento di Michaelson e Morley dimostrò l’inesistenza di questo elemento, ponendo le basi per quella che sarebbe stata la teoria della relatività. Ma questa è un’altra storia… 3 – Pozioni curative e rinvigorenti Le pozioni che hanno effetti curativi o rigenerativi su salute e resistenza fisica sono molteplici: Decotto di Raffard il Bianco, Gufo Fulvo, Luna Piena, Rondine… Tutte queste pozioni potrebbero avere sostanzialmente due effetti: migliorare le capacità fisiche e ridurre il dolore. Nel primo caso abbiamo sostanze dopanti: si tratta di sostanze capaci di migliorare le performance atletiche, soprattutto riducendo il senso di fatica, largamente vietate nelle competizioni sportive. Un esempio noto sono le anfetamine, in grado di migliorare anche la concentrazione del soggetto, oppure le foglie di coca. Come ne parleremo in un articolo su cyberpunk, vi assicuro che non ne avete bisogno. Nel secondo caso abbiamo analgesisi e antidolorifici: si tratta di sostanze in grado di ridurre il dolore e in parte la fatica, anch’esse ampiamente bandite dalle gare sportive, come il metadone. A queste sostanze si potrebbe poi aggiungere i coagulanti e antiemorragici che aiutano la cicatrizzazione delle ferite, come ad esempio la vitamina K. 2 – Il Miele Bianco Tutte queste pozioni, in The Witcher, sono sostanzialmente tossiche: se bevute da una persona normale, possono essere fatali, e anche un witcher che abusi di esse avrà effetti nefasti, evidenti nella faccia di Geralt. Per questo i cacciatori di mostri hanno inventato una sostanza in grado di purificare il corpo dalle tossine: il Miele Bianco è preparato con alcuni dei componenti precedenti ed è in grado di azzerare tanto gli effetti delle pozioni ingerite quanto la loro tossicità sul corpo e l’effetto dell’alcool alla base delle pozioni. Per quanto riguarda lo smaltimento della sbornia i farmaci da banco più comuni contengono dosaggi di caffeina e acido acetilsalecilico, principio attivo dell’Aspirina e originariamente ottenuto dalla bollitura del salice. Le sostanza psicotrope citate prima richiedono invece richiedono, spesso, l’uso di antagonisti. Alcune delle sostanze che hanno effetto sull’organismo, infatti, vanno a interagire con il corpo umano legandosi a specifiche proteine dette recettori, che poi attivano l’effetto sul corpo. I recettori possono interagire con più sostanze diverse. Un antagonista è una molecola che può occupare lo stesso recettore di una sostanza psicotropa senta attivarlo. Un esempio pratico è il Naloxone, un farmaco antagonista di oppiacei come eroina e morfina usato, ad esempio, per bloccare le crisi respiratorie proprie dell’overdose da tali sostanze. 1 – Spada d’argento La Spada d’argento è l’arma più classica dei Witcher: la tradizione vuole che essi viaggino con due spade, una di acciaio per gli uomini e una d’argento per i mostri. Ovviamente, la spada d’argento non è fatta d’argento, o almeno non interamente. Secondo la tradizione, infatti, è composta di ferro meteorico: si tratta del metallo ottenibile da alcuni meteoriti ferrosi caduti sulla terra. Storicamente, questi meteoriti sono stati ampiamente usati dalle popolazioni locali (e per questo sono ormai rarissimi) a causa della eccellente qualità del metallo di cui erano composti, spesso una lega di ferro e nickel. L’efficacia della spada contro i mostri, tuttavia, non è dovuta a tale incredibile materiale, bensì al rivestimento di argento assieme alla presenza di rune magiche. Ma come mai l’argento è comunemente riconosciuto, nel mondo antico, come un potente alleato contro creature e incantesimi malvagi? Si da il caso che l’argento abbia delle lievi ma non per questo trascurabili proprietà antibatteriche e veniva usato nell’antichità come strumento, ad esempio, per la purificazione dell’acqua. BONUS: Nella vostra campagna di Dungeons & Dragons 5e Dopo aver creato e condiviso delle regole per le pozioni di The Witcher con il web, ho scoperto la community locale di D&D 5e Homebrew Italia creata da Simone, che ringrazio per il supporto e che, casualmente, stava già lavorando a una versione ben più approfondita dell’intera classe dello Strigo per D&D quinta edizione. Ho così deciso di condividere con voi la sua versione, che potete trovare quì. Scarica “Lo Strigo” per D&D quinta edizione Articolo originale: http://www.profmarrelli.it/2019/09/11/witcher/ Se questo articolo ti è piaciuto, segui il prof. Marrelli su facebook e su ludomedia.
  10. SI. Va detto che il sig. Ray Winninger è il capo del team (Executive Producer), ma il posto di Mearls come Lead Designer è di Jeremy Crawford. Quest'ulitimo e Mearls hanno lavorato fianco a fianco dalla 4a edizione (2007 per l'esattezza). Quello che sta emergendo quindi è lo stile di Jeremy... vedremo in futuro come evolveranno le cose.
  11. Dai ragazzi, siamo un po' intellettualmente onesti. Non venite a dirmi che i vostri giocatori non usano il famiglio come "cosa". Certo può essere che qualcuno lo accudisce, ci parla e lo coccola anche, ma quella è un'eccezione. Quando non serve lo spedisco nella sua sfera poké e li rimane finché non mi serve di nuovo. E' evidente che l'incantesimo "spinge" a usarlo in un certo modo. E' la versione nemmeno tanto ridotta di Occhio Arcano.
  12. @Drimos si ok, ma tra muore il famiglio e lo richiamo dopo 30 secondi e muore il famiglio e muoio anche io, penso ci siano delle scale intermedie. Da come è scritto l'incantesimo torna sempre quello.
  13. Questa è un'asserzione che vale per ogni cosa non tiene conto delle meccaniche. Le meccaniche indirizzano un certo tipo di gioco. Il giocatore sa benissimo che non c'è motivo per non usare il famiglio in ogni situazione e pertanto lo usa sempre.
  14. Il mio titolo per l'articolo era "Il pokemon come famiglio", perchè di quello si tratta. Con una piccola differenza: da quello che io so, non sono un esperto, i pokemon possono morire! Ovviamente nel 2008 venne massacrato come tutta la 4a edizione, ma oggi siamo in periodo di revisione storica. Non entro nel merito delle meccaniche, tranne per una certa: il famiglio è IMMORTALE. Perché questo concetto di famiglio non piace nemmeno a me? Perchè, uno degli scopi principali del famiglio, è quello di scout. Ovviamente, questo comporta un certo "rischio" per il famiglio. Ne consegue, che il padrone li usa con parsimonia. In 4e, e in 5e, questo non accade. DM: "Sei sicuro di mandare il famiglio a vedere? E' pericoloso" Giocatore: "Si, tanto se lo uccidono, lo richiamo di nuovo" Adesso non tiratemi fuori narrazione, interpretazione o cose simili. Quello è ciò che fanno col famiglio il 90% dei giocatori. Quell'idea di famiglio va contro ogni tipo di letteratura fantasy!
  15. aza

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  16. Questo terzo articolo della rubrica Battle Science del prof. Marrelli, ci parla di fendenti e affondi e di quale risulti essere il migliore. Giochi, film, spettacoli teatrali e serie televisive ci mostrano spesso eroi e cattivi scambiarsi fendenti di spada, per poi magari dare il colpo di grazia con un preciso affondo! Quali grandezze fisiche si nascondono dietro a questi due stili di attacco? E qual è il migliore? Questo articolo è parte di una serie di articoli sulla scienza e il combattimento nel medioevo che vi consiglio di leggere prima 5 Falsi miti sulla spada medievale Forza vs Velocità in 7 punti 5 errori sulle armature di Dungeons & Dragons 5 proprietà fisiche delle armi Prima di inoltrarci nella fisica, facciamo una premessa storica: il fendente è comunemente inteso, nell’ambito schermistico, come un particolare tipo di colpo (solitamente dall’alto al basso). In questo articolo useremo un’accezione comune più ampia e lo intenderemo come un colpo di taglio. Allo stesso modo, l’affondo è in realtà un movimento del corpo che porta in avanti lo schermidore e non un colpo, ma anche in questo caso useremo comunque tale termine improprio per il tipo di colpo associato ad esso nell’immaginario collettivo, cioè un colpo di punta. Nel precedente articolo abbiamo parlato di quantità di moto (Qdm) di un colpo, ma non abbia definito come calcolarla. Prima ancora invece abbiamo parlato di velocità e forza fisica: in che modo queste due grandezze sono correlate? Per rispondere a questa domanda passeremo da un concetto fisico molto importante, quello di Energia. 7 – Energia Si tratta di una definizione molto astratta, per cui proviamo a elencare alcune energie che conosciamo: L’energia Cinetica è l’energia che ha un corpo a causa della sua velocità; L’energia Potenziale è invece l’energia di un corpo a causa dell’altezza; L’energia Termica è quella che ha un corpo a causa della sua temperatura; L’energia Chimica è quella legata alle sue proprietà chimiche… e così via. Queste energie possono trasformarsi l’una nell’altra: ad esempio un oggetto che cade trasforma energia potenziale in cinetica, una pila genera energia elettrica da quella chimica, una macchina a vapore trasforma quella termica in cinetica e così via. 6 – Lavoro di una Forza Anche le Forze possono essere usate per generare energia. Lavoro = Forza x Spazio Questa formula indica come, ad esempio, dando una spinta “più lunga” a un oggetto gli si imprima una maggiore energia. Si tratta di una forma semplificata, adatta a spostamenti lineari e forze costanti: inoltre, vale solo la parte di spostamento del corpo parallela alla forza: sollevare una valigetta richiederà il lavoro di una forza opposta alla forza di gravità ma, una volta sollevata, il moto orizzontale non richiederà ulteriori energie se non quelle per camminare. Vediamo che il Lavoro può generare molti tipi di energia: sollevando una cassa si trasforma quel lavoro in energia potenziale, ruotando le pale eoliche si ottiene energia elettrica dalla forza del vento e spingendo un oggetto gli si imprime velocità, ovvero si ottiene energia cinetica. È proprio quest’ultimo l’esempio di nostro interesse. 5 – L’Affondo Immaginiamo adesso di effettuare un affondo con una spada, una lancia o più semplicemente con un corto bastone: in un caso ideale (cosa che non avverrà mai nel mondo reale), tutto il lavoro compiuto dalla Forza nello sferrare un colpo viene convertito nell’energia cinetica di quel colpo. L’energia cinetica ha un’espressione matematica non proprio immediata (metà della massa, per la velocità al quadrato) che andremo a equiparare con quella del lavoro della forza Lavoro della Forza = Energia Cinetica Come il 99% delle formule anche questa si può usare al contrario. Sapendo dunque gli altri dati è possibile ricavare la velocità mediante il seguente esercizio di masochismo: Come ci aspettavamo, tre grandezze hanno effetto sulla velocità: accrescendo la forza, la velocità aumenta: questo significa, come abbiamo detto nel primo articolo, che guerrieri più forti sferrano colpi più veloci, soprattutto se il colpo è portato correttamente sfruttando le varie leve del proprio corpo. Attenzione però, a causa della radice quadrata per raddoppiare la velocità, la forza deve quadruplicare! accrescendo lo spazio di accelerazione del colpo, la velocità aumenta: un colpo caricato e portato tramite torsione del bacino, delle spalle e del braccio sarà più forte e avrà avuto più tempo per essere accelerato. Inoltre questo risponde alla domanda che ci eravamo posti nel primo articolo: a parità di forza, è meglio un combattente più grande o piccolo? Evidentemente un guerriero più alto avrà gli arti più lunghi e, a parità di forza, sarà in grado di sviluppare un maggiore lavoro della forza, dunque più energia e più velocità. Anche in questo caso per raddoppiare la velocità, lo spazio di accelerazione deve quadruplicare. aumentando la massa, la velocità si riduce: per quanto questo fatto sia molto intuitivo, apre a un dubbio insidioso, ovvero che, sotto sotto, un’arma più leggera, e dunque più veloce, sia migliore. Quando un uomo con il cannone incontra a Waterloo un uomo con la corazza, l’uomo con la corazza è un uomo morto 4 – Quantità di moto Per sfatare questo dubbio dobbiamo lanciarsi in un altro, breve momento di autolesionismo matematico. Andremo infatti, partendo dalla formula precedente, a calcolare una grandezza fisica introdotta nel precedente articolo. Si tratta della Quantità di moto (Qdm) che, come già analizzato, è legata alle forze impulsive: la quantità di moto si calcola moltiplicando la velocità e la massa. Qdm = Massa x Velocità Andiamo a introdurre la formula precedentemente ottenuta della velocità in quest’ultima equazione: Ora, se usiamo una delle proprietà delle radici quadrate e semplifichiamo le masse otteniamo la seguente formula: E come per magia, la massa non ci è più avversa come sembrava, anzi al suo crescere la quantità di moto aumenta. Dunque, riassumendo… Più forza significa più velocità Un colpo maggiormente caricato risulta più veloce all’impatto Una massa maggiore riduce la velocità, tuttavia… Aumentando forza, spazio di caricamento e/o massa aumenta la quantità di moto, che è la grandezza fisica che definisce la violenza di un colpo. A causa della radice quadrata, si può raddoppiare la quantità di moto raddoppiando due delle grandezze al suo interno, o quadruplicandone una. 3 – Fendenti Cosa cambia se il colpo, invece che tramite un affondo, viene portato circolarmente, attraverso un fendente? Per capire questa nuova dinamica, dobbiamo considerare che in fisica, accanto a equazioni che descrivono moti rettilinei, ci sono le equivalenti equazioni per i moti circolari. Immaginiamo un’arma molto semplice, come un’ascia da taglialegna: la rotazione avviene sempre attorno a un fulcro che, in base alla perizia del boscaiolo, verrà dipenderà dal moto del busto, delle spalle, dei gomiti e dei polsi. La rotazione è provocata da una Forza, la cui Distanza dal Fulcro, come vedremo, è fondamentale: in questo caso, se l’arma è impugnata a una mano, la forza verrà impressa in quel punto, mentre con due mani sarà possibile regolare meglio la posizione della forza rispetto al fulcro. Immaginando di ruotare l’arma di un certo angolo (e supponendo anche, per semplicità, che la forza sia costante e le distanze tra fulcro, forza e testa dell’ascia non varino), possiamo riscrivere la relazione tra lavoro ed energia cinetica, usando stavolta i moti rotatori: Al posto di si usa invece In questa formula, per Distanza intendiamo la distanza tra il Fulcro e il punto nel quale viene impressa la forza di rotazione (ovvero la posizione della/e mano/i) per differenziarla con altre Distanza che vedremo oltre. Come vediamo, le due formule si somigliano molto: se prima si hanno movimenti e velocità lineari, qui si parla di Velocità angolare, ovvero quanto un oggetto ruota velocemente. L’unica quantità veramente nuova è il MI, ovvero il Momento di Inerzia: si tratta di una grandezza che può essere anche molto complessa (come accade, ad esempio, nelle spade) e che va a comportarsi in maniera affine alla massa nel caso di moti rotatori. Per un’arma semplice come un’ascia però, immaginando che il peso del manico possa essere trascurato (assunzione audace che accetteremo per amore di semplicità), il momento di inerzia è tuttavia immediato da esprimere ed è pari alla massa della testa per il quadrato della distanza tra testa e fulcro. 2 – Posizione delle mani La distanza tra la testa dell’arma e il fulcro della rotazione può variare la dinamica dell’oggetto: se la testa dell’ascia si avvicina al fulcro, ad esempio impugnandola con una mano al centro del manico invece che dal fondo, l’arma sarà più agile ma colpirà con meno forza. Se invece allontaniamo la cima dell’ascia, otteniamo un’arma meno agile ma una maggiore velocità di impatto. Adesso è possibile fare un po’ di conti tramite un’altra formula, che ci dice che la velocità lineare della testa dell’ascia si può calcolare moltiplicando la sua distanza dal fulcro per la velocità angolare. Sostituendo questo conto nell’equazione del momento di inerzia dell’ascia è possibile riscrivere la formula dei fendenti trovando un’espressione dell’energia cinetica equivalente a quella dell’affondo. diventa Le equazioni degli affondi e dei fendenti sono dunque quasi identiche, con la differenza che nei colpi circolari aumentare la distanza tra forza e fulcro accresce la velocità, così come aumentare l’angolo compiuto dall’arma. Il moto di fendente è particolarmente vantaggioso per il caricamento del colpo in quando la mano, facendo un moto circolare, compie un tragitto più lungo imprimendo la forza per uno spazio maggiore. Inoltre non dobbiamo dimenticarci che il moto rotatorio è sempre parzialmente accompagnato da uno spostamento in avanti del lottatore, in grado di imprimere ulteriore energia al colpo, e che i muscoli delle braccia sono tendenzialmente più forti quando effettuano questo tipo di movimento rispetto all’affondo. Un’ascia di dimensioni fantasiose 1 – Colpi dall’alto Cosa succede invece se un colpo viene portato in maniera circolare, ma partendo in alto da fermo? All’energia del colpo viene sommato un contributo di energia potenziale, dovuta al suo peso e all’altezza maggiore. Immaginando l’ascia dell’esempio precedente, supponendo che la testa dell’ascia si trovi a una certa altezza rispetto al bersaglio (data approssimativamente dalla lunghezza del manico e da quella delle braccia dell’utente), l’Energia Cinetica finale sarà la somma dell’Energia Potenziale e del Lavoro della Forza La formula per l’energia potenziale è: Energia potenziale = Massa x Altezza x Accelerazione di Gravità Quest’ultima è l’accelerazione subita da tutti i corpi in maniera identica e non dipende dunque dal guerriero né dal suo equipaggiamento: abbiamo già parlato di accelerazioni nel primo articolo di questa serie. Sulla terra, l’accelerazione di gravità vale poco meno di 10 metri al secondo quadro. questo significa che, ogni secondo, la velocità di un corpo in caduta libera aumenta di circa 10 metri al secondo. La formula ci comunica che un’arma che, partendo da ferma, cali dall’alto sul nemico avrà un incremento importante alla velocità finale che aumenterà sia con la massa che con la lunghezza dell’arma e delle braccia dell’utente: in quest’ottica è vantaggioso tenere invece l’arma dal fondo. Attenzione però, per fare questo calcolo abbiamo un po’ barato. Infatti, non abbiamo considerato che per portare l’arma in quella posizione è necessario un precedente consumo di energia ottenuta dalla forza dell’utente: qualcuno deve pur fornirla quell’energia potenziale! Dunque, in generale, aver usato quell’energia per sollevare un corpo e poi farlo cadere è equivalente ad aver usato una traiettoria circolare orizzontale: l’energia cinetica finale del colpo risulterà la stessa. Tuttavia è necessario considerare che un colpo richieda un certo tempo per essere portato: sollevare una pesante ascia a due mani sarà più lento e faticoso che per un pugnale, ma l’energia potenziale accumulabile in un oggetto lungo e pesante risulterà superiore e potrà essere sprigionata rapidamente quando il nemico è a portata. Sollevare un colpo per poi calarlo sull’avversario è quindi un modo per accumulare energia e sprigionarla rapidamente in un secondo momento: avendo il tempo di preparare il colpo, questo è tanto più conveniente, rispetto a un normale fendente orizzontale, tanto più l’arma è lunga e pesante. Conclusioni e analisi storica Dai precedenti punti risulta evidente che un fendente tenda a trasportare più energia di un affondo. Ma questo implica che i fendenti siano automaticamente migliori degli affondi? Partiamo dall’arma utilizzata: ci sono evidentemente armi più adatte agli affondi, come le lance; altre più adatte ai fendenti, come le mazze; altre infine, come la classica spada lunga, sono più versatili. Spesso armi diverse hanno diverse superfici di impatto in base a come vengono utilizzate: ad esempio, una spada lunga avrà l’impatto di una lama nei fendenti, ma di una punta negli affondi. Come abbiamo visto nell’articolo precedente, questi due tipi di attacco possono avere effetti differenti in base anche alle protezioni a disposizione dell’avversario. Storicamente, quello che si evince dalle fonti è che le spade venissero usate sia di taglio che di fendente con risultati leggermente differenti: pare infatti che i colpi di punta potessero risultare molto o poco letali in base al punto colpito, mentre i fendenti avessero un’efficacia più mediata, capaci piuttosto nel mettere fuori combattimento l’avversario mediante piccole mutilazioni, danni ai tendini e copiosi sanguinamenti. Un fendente potrebbe essere più facile da parare, ma porterà con sé più energia, mentre un affondo avrà il vantaggio di penetrare più facilmente in profondità e minacciare gli organi vitali. Articolo originale: http://www.profmarrelli.it/2019/09/09/affondo-vs-fendente/ Se questo articolo ti è piaciuto, segui il prof. Marrelli su facebook e su ludomedia. Visualizza articolo completo
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  17. Giochi, film, spettacoli teatrali e serie televisive ci mostrano spesso eroi e cattivi scambiarsi fendenti di spada, per poi magari dare il colpo di grazia con un preciso affondo! Quali grandezze fisiche si nascondono dietro a questi due stili di attacco? E qual è il migliore? Questo articolo è parte di una serie di articoli sulla scienza e il combattimento nel medioevo che vi consiglio di leggere prima 5 Falsi miti sulla spada medievale Forza vs Velocità in 7 punti 5 errori sulle armature di Dungeons & Dragons 5 proprietà fisiche delle armi Prima di inoltrarci nella fisica, facciamo una premessa storica: il fendente è comunemente inteso, nell’ambito schermistico, come un particolare tipo di colpo (solitamente dall’alto al basso). In questo articolo useremo un’accezione comune più ampia e lo intenderemo come un colpo di taglio. Allo stesso modo, l’affondo è in realtà un movimento del corpo che porta in avanti lo schermidore e non un colpo, ma anche in questo caso useremo comunque tale termine improprio per il tipo di colpo associato ad esso nell’immaginario collettivo, cioè un colpo di punta. Nel precedente articolo abbiamo parlato di quantità di moto (Qdm) di un colpo, ma non abbia definito come calcolarla. Prima ancora invece abbiamo parlato di velocità e forza fisica: in che modo queste due grandezze sono correlate? Per rispondere a questa domanda passeremo da un concetto fisico molto importante, quello di Energia. 7 – Energia Si tratta di una definizione molto astratta, per cui proviamo a elencare alcune energie che conosciamo: L’energia Cinetica è l’energia che ha un corpo a causa della sua velocità; L’energia Potenziale è invece l’energia di un corpo a causa dell’altezza; L’energia Termica è quella che ha un corpo a causa della sua temperatura; L’energia Chimica è quella legata alle sue proprietà chimiche… e così via. Queste energie possono trasformarsi l’una nell’altra: ad esempio un oggetto che cade trasforma energia potenziale in cinetica, una pila genera energia elettrica da quella chimica, una macchina a vapore trasforma quella termica in cinetica e così via. 6 – Lavoro di una Forza Anche le Forze possono essere usate per generare energia. Lavoro = Forza x Spazio Questa formula indica come, ad esempio, dando una spinta “più lunga” a un oggetto gli si imprima una maggiore energia. Si tratta di una forma semplificata, adatta a spostamenti lineari e forze costanti: inoltre, vale solo la parte di spostamento del corpo parallela alla forza: sollevare una valigetta richiederà il lavoro di una forza opposta alla forza di gravità ma, una volta sollevata, il moto orizzontale non richiederà ulteriori energie se non quelle per camminare. Vediamo che il Lavoro può generare molti tipi di energia: sollevando una cassa si trasforma quel lavoro in energia potenziale, ruotando le pale eoliche si ottiene energia elettrica dalla forza del vento e spingendo un oggetto gli si imprime velocità, ovvero si ottiene energia cinetica. È proprio quest’ultimo l’esempio di nostro interesse. 5 – L’Affondo Immaginiamo adesso di effettuare un affondo con una spada, una lancia o più semplicemente con un corto bastone: in un caso ideale (cosa che non avverrà mai nel mondo reale), tutto il lavoro compiuto dalla Forza nello sferrare un colpo viene convertito nell’energia cinetica di quel colpo. L’energia cinetica ha un’espressione matematica non proprio immediata (metà della massa, per la velocità al quadrato) che andremo a equiparare con quella del lavoro della forza Lavoro della Forza = Energia Cinetica Come il 99% delle formule anche questa si può usare al contrario. Sapendo dunque gli altri dati è possibile ricavare la velocità mediante il seguente esercizio di masochismo: Come ci aspettavamo, tre grandezze hanno effetto sulla velocità: accrescendo la forza, la velocità aumenta: questo significa, come abbiamo detto nel primo articolo, che guerrieri più forti sferrano colpi più veloci, soprattutto se il colpo è portato correttamente sfruttando le varie leve del proprio corpo. Attenzione però, a causa della radice quadrata per raddoppiare la velocità, la forza deve quadruplicare! accrescendo lo spazio di accelerazione del colpo, la velocità aumenta: un colpo caricato e portato tramite torsione del bacino, delle spalle e del braccio sarà più forte e avrà avuto più tempo per essere accelerato. Inoltre questo risponde alla domanda che ci eravamo posti nel primo articolo: a parità di forza, è meglio un combattente più grande o piccolo? Evidentemente un guerriero più alto avrà gli arti più lunghi e, a parità di forza, sarà in grado di sviluppare un maggiore lavoro della forza, dunque più energia e più velocità. Anche in questo caso per raddoppiare la velocità, lo spazio di accelerazione deve quadruplicare. aumentando la massa, la velocità si riduce: per quanto questo fatto sia molto intuitivo, apre a un dubbio insidioso, ovvero che, sotto sotto, un’arma più leggera, e dunque più veloce, sia migliore. Quando un uomo con il cannone incontra a Waterloo un uomo con la corazza, l’uomo con la corazza è un uomo morto 4 – Quantità di moto Per sfatare questo dubbio dobbiamo lanciarsi in un altro, breve momento di autolesionismo matematico. Andremo infatti, partendo dalla formula precedente, a calcolare una grandezza fisica introdotta nel precedente articolo. Si tratta della Quantità di moto (Qdm) che, come già analizzato, è legata alle forze impulsive: la quantità di moto si calcola moltiplicando la velocità e la massa. Qdm = Massa x Velocità Andiamo a introdurre la formula precedentemente ottenuta della velocità in quest’ultima equazione: Ora, se usiamo una delle proprietà delle radici quadrate e semplifichiamo le masse otteniamo la seguente formula: E come per magia, la massa non ci è più avversa come sembrava, anzi al suo crescere la quantità di moto aumenta. Dunque, riassumendo… Più forza significa più velocità Un colpo maggiormente caricato risulta più veloce all’impatto Una massa maggiore riduce la velocità, tuttavia… Aumentando forza, spazio di caricamento e/o massa aumenta la quantità di moto, che è la grandezza fisica che definisce la violenza di un colpo. A causa della radice quadrata, si può raddoppiare la quantità di moto raddoppiando due delle grandezze al suo interno, o quadruplicandone una. 3 – Fendenti Cosa cambia se il colpo, invece che tramite un affondo, viene portato circolarmente, attraverso un fendente? Per capire questa nuova dinamica, dobbiamo considerare che in fisica, accanto a equazioni che descrivono moti rettilinei, ci sono le equivalenti equazioni per i moti circolari. Immaginiamo un’arma molto semplice, come un’ascia da taglialegna: la rotazione avviene sempre attorno a un fulcro che, in base alla perizia del boscaiolo, verrà dipenderà dal moto del busto, delle spalle, dei gomiti e dei polsi. La rotazione è provocata da una Forza, la cui Distanza dal Fulcro, come vedremo, è fondamentale: in questo caso, se l’arma è impugnata a una mano, la forza verrà impressa in quel punto, mentre con due mani sarà possibile regolare meglio la posizione della forza rispetto al fulcro. Immaginando di ruotare l’arma di un certo angolo (e supponendo anche, per semplicità, che la forza sia costante e le distanze tra fulcro, forza e testa dell’ascia non varino), possiamo riscrivere la relazione tra lavoro ed energia cinetica, usando stavolta i moti rotatori: Al posto di si usa invece In questa formula, per Distanza intendiamo la distanza tra il Fulcro e il punto nel quale viene impressa la forza di rotazione (ovvero la posizione della/e mano/i) per differenziarla con altre Distanza che vedremo oltre. Come vediamo, le due formule si somigliano molto: se prima si hanno movimenti e velocità lineari, qui si parla di Velocità angolare, ovvero quanto un oggetto ruota velocemente. L’unica quantità veramente nuova è il MI, ovvero il Momento di Inerzia: si tratta di una grandezza che può essere anche molto complessa (come accade, ad esempio, nelle spade) e che va a comportarsi in maniera affine alla massa nel caso di moti rotatori. Per un’arma semplice come un’ascia però, immaginando che il peso del manico possa essere trascurato (assunzione audace che accetteremo per amore di semplicità), il momento di inerzia è tuttavia immediato da esprimere ed è pari alla massa della testa per il quadrato della distanza tra testa e fulcro. 2 – Posizione delle mani La distanza tra la testa dell’arma e il fulcro della rotazione può variare la dinamica dell’oggetto: se la testa dell’ascia si avvicina al fulcro, ad esempio impugnandola con una mano al centro del manico invece che dal fondo, l’arma sarà più agile ma colpirà con meno forza. Se invece allontaniamo la cima dell’ascia, otteniamo un’arma meno agile ma una maggiore velocità di impatto. Adesso è possibile fare un po’ di conti tramite un’altra formula, che ci dice che la velocità lineare della testa dell’ascia si può calcolare moltiplicando la sua distanza dal fulcro per la velocità angolare. Sostituendo questo conto nell’equazione del momento di inerzia dell’ascia è possibile riscrivere la formula dei fendenti trovando un’espressione dell’energia cinetica equivalente a quella dell’affondo. diventa Le equazioni degli affondi e dei fendenti sono dunque quasi identiche, con la differenza che nei colpi circolari aumentare la distanza tra forza e fulcro accresce la velocità, così come aumentare l’angolo compiuto dall’arma. Il moto di fendente è particolarmente vantaggioso per il caricamento del colpo in quando la mano, facendo un moto circolare, compie un tragitto più lungo imprimendo la forza per uno spazio maggiore. Inoltre non dobbiamo dimenticarci che il moto rotatorio è sempre parzialmente accompagnato da uno spostamento in avanti del lottatore, in grado di imprimere ulteriore energia al colpo, e che i muscoli delle braccia sono tendenzialmente più forti quando effettuano questo tipo di movimento rispetto all’affondo. Un’ascia di dimensioni fantasiose 1 – Colpi dall’alto Cosa succede invece se un colpo viene portato in maniera circolare, ma partendo in alto da fermo? All’energia del colpo viene sommato un contributo di energia potenziale, dovuta al suo peso e all’altezza maggiore. Immaginando l’ascia dell’esempio precedente, supponendo che la testa dell’ascia si trovi a una certa altezza rispetto al bersaglio (data approssimativamente dalla lunghezza del manico e da quella delle braccia dell’utente), l’Energia Cinetica finale sarà la somma dell’Energia Potenziale e del Lavoro della Forza La formula per l’energia potenziale è: Energia potenziale = Massa x Altezza x Accelerazione di Gravità Quest’ultima è l’accelerazione subita da tutti i corpi in maniera identica e non dipende dunque dal guerriero né dal suo equipaggiamento: abbiamo già parlato di accelerazioni nel primo articolo di questa serie. Sulla terra, l’accelerazione di gravità vale poco meno di 10 metri al secondo quadro. questo significa che, ogni secondo, la velocità di un corpo in caduta libera aumenta di circa 10 metri al secondo. La formula ci comunica che un’arma che, partendo da ferma, cali dall’alto sul nemico avrà un incremento importante alla velocità finale che aumenterà sia con la massa che con la lunghezza dell’arma e delle braccia dell’utente: in quest’ottica è vantaggioso tenere invece l’arma dal fondo. Attenzione però, per fare questo calcolo abbiamo un po’ barato. Infatti, non abbiamo considerato che per portare l’arma in quella posizione è necessario un precedente consumo di energia ottenuta dalla forza dell’utente: qualcuno deve pur fornirla quell’energia potenziale! Dunque, in generale, aver usato quell’energia per sollevare un corpo e poi farlo cadere è equivalente ad aver usato una traiettoria circolare orizzontale: l’energia cinetica finale del colpo risulterà la stessa. Tuttavia è necessario considerare che un colpo richieda un certo tempo per essere portato: sollevare una pesante ascia a due mani sarà più lento e faticoso che per un pugnale, ma l’energia potenziale accumulabile in un oggetto lungo e pesante risulterà superiore e potrà essere sprigionata rapidamente quando il nemico è a portata. Sollevare un colpo per poi calarlo sull’avversario è quindi un modo per accumulare energia e sprigionarla rapidamente in un secondo momento: avendo il tempo di preparare il colpo, questo è tanto più conveniente, rispetto a un normale fendente orizzontale, tanto più l’arma è lunga e pesante. Conclusioni e analisi storica Dai precedenti punti risulta evidente che un fendente tenda a trasportare più energia di un affondo. Ma questo implica che i fendenti siano automaticamente migliori degli affondi? Partiamo dall’arma utilizzata: ci sono evidentemente armi più adatte agli affondi, come le lance; altre più adatte ai fendenti, come le mazze; altre infine, come la classica spada lunga, sono più versatili. Spesso armi diverse hanno diverse superfici di impatto in base a come vengono utilizzate: ad esempio, una spada lunga avrà l’impatto di una lama nei fendenti, ma di una punta negli affondi. Come abbiamo visto nell’articolo precedente, questi due tipi di attacco possono avere effetti differenti in base anche alle protezioni a disposizione dell’avversario. Storicamente, quello che si evince dalle fonti è che le spade venissero usate sia di taglio che di fendente con risultati leggermente differenti: pare infatti che i colpi di punta potessero risultare molto o poco letali in base al punto colpito, mentre i fendenti avessero un’efficacia più mediata, capaci piuttosto nel mettere fuori combattimento l’avversario mediante piccole mutilazioni, danni ai tendini e copiosi sanguinamenti. Un fendente potrebbe essere più facile da parare, ma porterà con sé più energia, mentre un affondo avrà il vantaggio di penetrare più facilmente in profondità e minacciare gli organi vitali. Articolo originale: http://www.profmarrelli.it/2019/09/09/affondo-vs-fendente/ Se questo articolo ti è piaciuto, segui il prof. Marrelli su facebook e su ludomedia.
  18. Si la cosa è vera. Ma la tua affermazione vale per ogni singolo argomento discusso in questo sito. È vero che l'articolo pone l'attenzione ad un problema minore. Tuttavia se io compro un'ambientazione gradirei un minimo di coerenza e credibilità. Ricordo i fiumi di parole scritti quando uscì Eberron. Il suo continente principale Khorvaire è un continente VUOTO. La densità è ridicola per sostenere le nazioni che lo compongono. È un problema? Ovviamente no. Basta ignorare popolazione e densità. Ma di nuovo, questo non esime me ed altri dal criticare la cosa. È un lavoro, non regalato, fatto da "professionisti". Magari un minimo d'attenzione a queste cose la si potrebbe avere.
  19. La rubrica del prof. Marrelli su scienza e Giochi di Ruolo oggi ci parla delle proprietà fisiche delle armi. Quali sono i vantaggi nell’usare un’arma e su quali principi fisici più o meno evidenti si basano. La natura ci ha creato più deboli, più spogli e gracili di molti altri animali. Non ci ha dato pelli spesse, zanne, artigli, corna e forze devastanti. Ma ci ha dato il cervello. E noi, con il cervello, abbiamo creato quello che ci serviva per sopperire alle nostre carenze fisiche. Con il cervello abbiamo creato le armi. Ma perché un’arma funziona? Quali sono i vantaggi nell’usare un’arma e su quali principi fisici più o meno evidenti si basano? Bentornati a questo secondo articolo della rubrica BattleScience, oggi andremo a scoprire 5 vantaggi delle armi analizzati dal punto di vista della fisica. 5 – La portata Il primo evidente motivo per usare un’arma è che è possibile attaccare più lontano: la lancia, che si può usare per tenere i predatori alla larga e scagliare contro le prede, è stato un passo fondamentale per l’egemonia della nostra specie. La portata è la distanza alla quale è possibile colpire il bersaglio: per le armi a distanza viene chiamata comunemente gittata e, nella maggior parte dei casi, dipende sostanzialmente dal funzionamento dell’arma e dai materiali di cui è composta. Per le armi da lancio, invece, essa deriva principalmente dalla forza e dalla tecnica del combattente. Al fine di capire come ottenere la gittata massima di un’arma è importante l’angolo con il quale il proiettile viene scagliato: si tratta di un classico problema di fisica delle superiori. Un angolo troppo vicino all’orizzonte non fornirà abbastanza tempo di volo al proiettile, mentre un tiro eccessivamente diretto verso l’alto non darà abbastanza spinta orizzontale. Senza entrare nei conti, è possibile ricavare che, ignorando l’attrito dell’aria, l’angolo migliore è proprio quello a metà tra un lancio orizzontale e uno verticale, cioè 45 gradi; introdurre l’attrito dell’aria avvantaggia invece lanci più vicini all’orizzonte, con l’angolo preciso che dipende dalla forma del proiettile. Per quanto riguarda invece le armi da mischia, è evidente che la portata dipenda dalla forma e dimensione dell’arma e dalla lunghezza degli arti del combattente, dando ulteriori vantaggi a combattenti di dimensioni maggiori come sottolineato già nel precedente articolo. 4 – Massa extra: la Quantità di Moto In che modo la massa extra di un’arma “fa più male”? Per capire questo concetto, introduciamo la Quantità di Moto (da ora Qdm) Chi ha letto il precedente articolo (altrimenti recuperabile qui) si ricorderà come l’efficacia di un colpo dipenda dalla massa e dalla velocità. Una delle grandezze fisiche che si ricava da questi due dati è proprio la quantità di moto: essa aumenta al crescere della massa e/o della velocità, diminuisce al loro ridursi. La quantità di moto, come vedremo, è una grandezza molto importante per quanto riguarda gli impatti tra due oggetti. Durante un urto tra due corpi si sviluppano, per tempi estremamente brevi, delle forze molto intense dette Forze Impulsive che, come andremo a vedere, dipendono anche dai materiali. Queste forze, in pochi attimi, possono variare molto, alternando istanti di intensità molto differenti ed è per questo che andremo a considerare i loro effetti medi (o Forza Impulsiva Media) Le forze impulsive possono variare anche molto in poco tempo Quando un corpo si abbatte su un altro fino ad arrestarsi, come accade per un colpo o un proiettile, è possibile mettere in relazione tramite una formula: la Qdm iniziale del corpo prima dell’urto; la Forza impulsiva media sviluppata nell’urto. la Durata dell’urto, cioè per quanto tempo il corpo subisce tale FIM; La relazione che lega queste tre grandezze è: Forza impulsiva media = Qdm / Durata Sapendo dunque la quantità di moto di un corpo, per esempio quella legata a un attacco, e la durata dell’urto è possibile avere una stima delle Forze in gioco. È importante comprendere che la durata dell’urto non è il tempo necessario per portare l’attacco: è invece il tempo necessario per fermare il colpo a partire dall’inizio del contatto o, se vogliamo, il tempo necessario per assorbire la potenza del colpo. A questo punto è facile notare come la Forza impulsiva legata a un colpo aumenti con la massa e la velocità del colpo e diminuisca se il tempo per fermare il colpo aumenta: per avere colpi più devastanti, dunque, abbiamo bisogno di tempi di frenata inferiori. 3 – Materiali Abbiamo visto che per aumentare le forze impulsive bisogna ridurre i tempi di frenata e per ridurre le forze impulsive bisogna aumentare questi tempi. Il secondo caso è evidente se pensiamo agli air bag o ai materassi contro le cadute: in quel caso, il soggetto ha a disposizione più tempo per frenare, quindi viene fermato più dolcemente e riduce i danni subiti. Ma in che modo un materiale più duro funziona al contrario? Per comprenderlo, dobbiamo andare ad analizzare la struttura molecolare dei materiali. Un materiale è formato da tante molecole o atomi uniti, negli oggetti solidi, da stretti legami tra loro. L’effetto complessivo è simile a quello di una molla: se soggetto alla compressione, man mano che un legame si accorcia, diventa sempre più difficile comprimerlo ulteriormente. I materiali duri funzionano come delle molle molto robuste, che sviluppano resistenze particolarmente intense anche con poca compressione. Ecco così spiegato come mai un materiale duro ha delle forze impulsive molto grandi: i legami del materiale, soggetti alla compressione del colpo, riescono in poco tempo a sviluppare una reazione tale da fermare il colpo. In questo modo la reazione è brevissima e la Forza impulsiva diventa quindi molto intensa. Martello e incudine possono produrre forze estremamente intense, essendo entrambi molto duri Anche se avremo modo di parlarne in seguito, è evidente come armature diverse sfruttino queste proprietà in maniera diversa: un’armatura imbottita tenderà a ridurre le forze impulsive, rendendola efficace contro urti intensi, mentre un’armatura più dura come quella a piastre sarà meno efficace nel ridurre gli impatti. Allora come mai le armature di metallo sono universalmente riconosciute come migliori? 2 – Pressione Facciamo il classico esempio dei chiodi. Se premete con tutta la vostra forza con un dito sulla punta di un chiodo vi fate male. Eppure, i fachiri sono famosi per stendersi su letti di chiodi senza uccidersi: come fanno? Nessuna magia in corso: nel caso del fachiro, la sua forza peso è suddivisa su un’area più ampia, ovvero la somma di tutte le punte dei chiodi, e in questo caso non è sufficiente per la penetrazione della punta all’interno della carne. Sì, perché è la pressione a determinare se un oggetto penetra o meno all’interno di una superficie. La Pressione aumenta se la Forza cresce, mentre si riduce se la superficie si ingrandisce: se fate più forza sul vostro martello, riuscirete a piantare meglio il chiodo… ma pensate ora di piantare a forza un birillo. Molto più arduo! È però evidente che cercare di piantare lo stesso chiodo su un muro di cemento o di acciaio sia cosa molto differente: il secondo infatti, essendo un materiale più duro, risponde alle forze esterne con delle reazioni che, come abbiamo visto, sono molto più intense ed è dunque necessaria una forza maggiore per penetrarlo. In conclusione la difficoltà di penetrazione di un materiale dipende sia dalla forza con cui si agisce, sia dalla superficie interessate, sia dalle proprietà del materiale. 1 – Punte e lame Alla luce di questo dato, è evidente l’utilità delle armi appuntite: una punta concentra la forza di un colpo in un solo punto, rendendo più facile penetrare carni e armature. Ma cosa possiamo dire invece sulle lame? Le armi munite di lama sono in grado di esercitare pressioni inferiori a quelle di una punta, ma sufficienti per tagliare la carne e, se ben affilate, vestiti o armature molto leggere. Chiaramente migliore è il filo, più stretta e precisa è la lama, maggiore è la pressione. Le armi da taglio tuttavia sono in grado di effettuare gravi danni ai tessuti biologici non tanto per la loro capacità di penetrazione, ma perché durante un taglio si generano degli attriti tra la lama e il bersaglio in grado di danneggiare i tessuti. Questo rende le armi da taglio perfette contro nemici privi di armatura o comunque poco protetti, come abbiamo già detto nell’articolo sulle spade. Le armi da taglio riescono meglio nel loro compito se aumentano il tempo in cui tagliano le carni nemiche e la forma che più si adatta a questa necessità è quella arcuata: inoltre questa forma riduce la porzione di lama a contatto con il bersaglio, aumentando la pressione. È per questo motivo che molte delle migliori armi da taglio come sciabole e katane hanno la lama curva. È chiaro d’altra parte come le lance e, entro un certo limite, gli affondi delle spade siano uno strumento ideale contro le armature, per quanto le corazze più dure siano spesso in grado di resistere a tali penetrazioni. Le protezioni più leggere potrebbero perfino essere tagliate da un fendente di spada o un colpo di ascia. Le mazze hanno più punte di quello che si possa pensare Infine armi note per essere contundenti, come mazze e martelli, oltre che avere masse importanti e dunque grandi quantità di moto concentrano in realtà la loro forza su superfici relativamente piccole come la testa del martello o le punte le flange di una mazza: questo le rende quindi ottime contro le armature. Se tuttavia le forze impulsive sono più intense contro superfici più dure, non pensiamo comunque che le armature metalliche siano del tutto inutili contro le armi da impatto: il metallo infatti, subendo il colpo, può ovviamente piegarsi o ammaccarsi. Nel farlo dissipa una parte dell’energia del colpo riducendo di fatto la quantità di moto subita dal malcapitato. Ma come calcolare queste quantità di moto, a partire dalle forze? Lo scopriremo nel prossimo articolo che parlerà di affondi, fendenti ed energie ad essi legate. Se ti è piaciuto questo articolo, dai un’occhiata al precedente della rubrica BattleScience: Articolo originale: http://www.profmarrelli.it/2019/06/24/5-proprieta-armi-secondo-la-scienza-battle-science-ii/ Se questo articolo ti è piaciuto, segui il prof. Marrelli su facebook e su ludomedia. Visualizza articolo completo
  20. La natura ci ha creato più deboli, più spogli e gracili di molti altri animali. Non ci ha dato pelli spesse, zanne, artigli, corna e forze devastanti. Ma ci ha dato il cervello. E noi, con il cervello, abbiamo creato quello che ci serviva per sopperire alle nostre carenze fisiche. Con il cervello abbiamo creato le armi. Ma perché un’arma funziona? Quali sono i vantaggi nell’usare un’arma e su quali principi fisici più o meno evidenti si basano? Bentornati a questo secondo articolo della rubrica BattleScience, oggi andremo a scoprire 5 vantaggi delle armi analizzati dal punto di vista della fisica. 5 – La portata Il primo evidente motivo per usare un’arma è che è possibile attaccare più lontano: la lancia, che si può usare per tenere i predatori alla larga e scagliare contro le prede, è stato un passo fondamentale per l’egemonia della nostra specie. La portata è la distanza alla quale è possibile colpire il bersaglio: per le armi a distanza viene chiamata comunemente gittata e, nella maggior parte dei casi, dipende sostanzialmente dal funzionamento dell’arma e dai materiali di cui è composta. Per le armi da lancio, invece, essa deriva principalmente dalla forza e dalla tecnica del combattente. Al fine di capire come ottenere la gittata massima di un’arma è importante l’angolo con il quale il proiettile viene scagliato: si tratta di un classico problema di fisica delle superiori. Un angolo troppo vicino all’orizzonte non fornirà abbastanza tempo di volo al proiettile, mentre un tiro eccessivamente diretto verso l’alto non darà abbastanza spinta orizzontale. Senza entrare nei conti, è possibile ricavare che, ignorando l’attrito dell’aria, l’angolo migliore è proprio quello a metà tra un lancio orizzontale e uno verticale, cioè 45 gradi; introdurre l’attrito dell’aria avvantaggia invece lanci più vicini all’orizzonte, con l’angolo preciso che dipende dalla forma del proiettile. Per quanto riguarda invece le armi da mischia, è evidente che la portata dipenda dalla forma e dimensione dell’arma e dalla lunghezza degli arti del combattente, dando ulteriori vantaggi a combattenti di dimensioni maggiori come sottolineato già nel precedente articolo. 4 – Massa extra: la Quantità di Moto In che modo la massa extra di un’arma “fa più male”? Per capire questo concetto, introduciamo la Quantità di Moto (da ora Qdm) Chi ha letto il precedente articolo (altrimenti recuperabile qui) si ricorderà come l’efficacia di un colpo dipenda dalla massa e dalla velocità. Una delle grandezze fisiche che si ricava da questi due dati è proprio la quantità di moto: essa aumenta al crescere della massa e/o della velocità, diminuisce al loro ridursi. La quantità di moto, come vedremo, è una grandezza molto importante per quanto riguarda gli impatti tra due oggetti. Durante un urto tra due corpi si sviluppano, per tempi estremamente brevi, delle forze molto intense dette Forze Impulsive che, come andremo a vedere, dipendono anche dai materiali. Queste forze, in pochi attimi, possono variare molto, alternando istanti di intensità molto differenti ed è per questo che andremo a considerare i loro effetti medi (o Forza Impulsiva Media) Le forze impulsive possono variare anche molto in poco tempo Quando un corpo si abbatte su un altro fino ad arrestarsi, come accade per un colpo o un proiettile, è possibile mettere in relazione tramite una formula: la Qdm iniziale del corpo prima dell’urto; la Forza impulsiva media sviluppata nell’urto. la Durata dell’urto, cioè per quanto tempo il corpo subisce tale FIM; La relazione che lega queste tre grandezze è: Forza impulsiva media = Qdm / Durata Sapendo dunque la quantità di moto di un corpo, per esempio quella legata a un attacco, e la durata dell’urto è possibile avere una stima delle Forze in gioco. È importante comprendere che la durata dell’urto non è il tempo necessario per portare l’attacco: è invece il tempo necessario per fermare il colpo a partire dall’inizio del contatto o, se vogliamo, il tempo necessario per assorbire la potenza del colpo. A questo punto è facile notare come la Forza impulsiva legata a un colpo aumenti con la massa e la velocità del colpo e diminuisca se il tempo per fermare il colpo aumenta: per avere colpi più devastanti, dunque, abbiamo bisogno di tempi di frenata inferiori. 3 – Materiali Abbiamo visto che per aumentare le forze impulsive bisogna ridurre i tempi di frenata e per ridurre le forze impulsive bisogna aumentare questi tempi. Il secondo caso è evidente se pensiamo agli air bag o ai materassi contro le cadute: in quel caso, il soggetto ha a disposizione più tempo per frenare, quindi viene fermato più dolcemente e riduce i danni subiti. Ma in che modo un materiale più duro funziona al contrario? Per comprenderlo, dobbiamo andare ad analizzare la struttura molecolare dei materiali. Un materiale è formato da tante molecole o atomi uniti, negli oggetti solidi, da stretti legami tra loro. L’effetto complessivo è simile a quello di una molla: se soggetto alla compressione, man mano che un legame si accorcia, diventa sempre più difficile comprimerlo ulteriormente. I materiali duri funzionano come delle molle molto robuste, che sviluppano resistenze particolarmente intense anche con poca compressione. Ecco così spiegato come mai un materiale duro ha delle forze impulsive molto grandi: i legami del materiale, soggetti alla compressione del colpo, riescono in poco tempo a sviluppare una reazione tale da fermare il colpo. In questo modo la reazione è brevissima e la Forza impulsiva diventa quindi molto intensa. Martello e incudine possono produrre forze estremamente intense, essendo entrambi molto duri Anche se avremo modo di parlarne in seguito, è evidente come armature diverse sfruttino queste proprietà in maniera diversa: un’armatura imbottita tenderà a ridurre le forze impulsive, rendendola efficace contro urti intensi, mentre un’armatura più dura come quella a piastre sarà meno efficace nel ridurre gli impatti. Allora come mai le armature di metallo sono universalmente riconosciute come migliori? 2 – Pressione Facciamo il classico esempio dei chiodi. Se premete con tutta la vostra forza con un dito sulla punta di un chiodo vi fate male. Eppure, i fachiri sono famosi per stendersi su letti di chiodi senza uccidersi: come fanno? Nessuna magia in corso: nel caso del fachiro, la sua forza peso è suddivisa su un’area più ampia, ovvero la somma di tutte le punte dei chiodi, e in questo caso non è sufficiente per la penetrazione della punta all’interno della carne. Sì, perché è la pressione a determinare se un oggetto penetra o meno all’interno di una superficie. La Pressione aumenta se la Forza cresce, mentre si riduce se la superficie si ingrandisce: se fate più forza sul vostro martello, riuscirete a piantare meglio il chiodo… ma pensate ora di piantare a forza un birillo. Molto più arduo! È però evidente che cercare di piantare lo stesso chiodo su un muro di cemento o di acciaio sia cosa molto differente: il secondo infatti, essendo un materiale più duro, risponde alle forze esterne con delle reazioni che, come abbiamo visto, sono molto più intense ed è dunque necessaria una forza maggiore per penetrarlo. In conclusione la difficoltà di penetrazione di un materiale dipende sia dalla forza con cui si agisce, sia dalla superficie interessate, sia dalle proprietà del materiale. 1 – Punte e lame Alla luce di questo dato, è evidente l’utilità delle armi appuntite: una punta concentra la forza di un colpo in un solo punto, rendendo più facile penetrare carni e armature. Ma cosa possiamo dire invece sulle lame? Le armi munite di lama sono in grado di esercitare pressioni inferiori a quelle di una punta, ma sufficienti per tagliare la carne e, se ben affilate, vestiti o armature molto leggere. Chiaramente migliore è il filo, più stretta e precisa è la lama, maggiore è la pressione. Le armi da taglio tuttavia sono in grado di effettuare gravi danni ai tessuti biologici non tanto per la loro capacità di penetrazione, ma perché durante un taglio si generano degli attriti tra la lama e il bersaglio in grado di danneggiare i tessuti. Questo rende le armi da taglio perfette contro nemici privi di armatura o comunque poco protetti, come abbiamo già detto nell’articolo sulle spade. Le armi da taglio riescono meglio nel loro compito se aumentano il tempo in cui tagliano le carni nemiche e la forma che più si adatta a questa necessità è quella arcuata: inoltre questa forma riduce la porzione di lama a contatto con il bersaglio, aumentando la pressione. È per questo motivo che molte delle migliori armi da taglio come sciabole e katane hanno la lama curva. È chiaro d’altra parte come le lance e, entro un certo limite, gli affondi delle spade siano uno strumento ideale contro le armature, per quanto le corazze più dure siano spesso in grado di resistere a tali penetrazioni. Le protezioni più leggere potrebbero perfino essere tagliate da un fendente di spada o un colpo di ascia. Le mazze hanno più punte di quello che si possa pensare Infine armi note per essere contundenti, come mazze e martelli, oltre che avere masse importanti e dunque grandi quantità di moto concentrano in realtà la loro forza su superfici relativamente piccole come la testa del martello o le punte le flange di una mazza: questo le rende quindi ottime contro le armature. Se tuttavia le forze impulsive sono più intense contro superfici più dure, non pensiamo comunque che le armature metalliche siano del tutto inutili contro le armi da impatto: il metallo infatti, subendo il colpo, può ovviamente piegarsi o ammaccarsi. Nel farlo dissipa una parte dell’energia del colpo riducendo di fatto la quantità di moto subita dal malcapitato. Ma come calcolare queste quantità di moto, a partire dalle forze? Lo scopriremo nel prossimo articolo che parlerà di affondi, fendenti ed energie ad essi legate. Se ti è piaciuto questo articolo, dai un’occhiata al precedente della rubrica BattleScience: Articolo originale: http://www.profmarrelli.it/2019/06/24/5-proprieta-armi-secondo-la-scienza-battle-science-ii/ Se questo articolo ti è piaciuto, segui il prof. Marrelli su facebook e su ludomedia.
  21. @Brillacciaio la mia era una precisazione sulla piega presa dal topic a riguardo il "buildare" in AD&D. Come detto, è vero che si poteva fare, ma il sistema non lo prevedeva fin dalla sua nascita come è avvenuto con la 3e. Dopo di che, questo topic parla di opzioni di gioco, multiclasse, build "sgavate", generazione di caratteristiche e vecchie edizioni. Non saprei bene da che parte iniziare. Se devo tornare al post iniziale, ben vengano strumenti che permettano la personalizzazione del personaggio come i talenti. Sono invece contrario all'utilizzo indiscriminato del multiclasse. Come gusto personale, se un sistema di gioco utilizza le classi, io preferisco che le classi sano "rigide". Classi estremamente duttili, dove chiunque può fare qualsiasi cosa, per me non hanno senso; snaturano il sistema a classi. Tanto vale a quel punto abbandonare le classi e passare ad altri sistemi. E di sistemi senza classi ne esistono a decine... Personalmente, il sistema multiclasse della 3e non mi è mai piaciuto, esattamente per quel motivo. Per citare Gary Gygax ha "imbastardito il sistema delle classi" a tal punto che non c'era alcun motivo per giocare una classe singola fino alla fine. Si, ma come dici tu nel tuo paragrafo precedente, questa cosa non c'entra nulla con l'edizione del gioco. Ho avuto il piacere di giocare una delle più belle avventure scritte per D&D (BECMI) L'Oscuro Terrore della Notte dove probabilmente abbiamo combattuto in media una volta ogni 2-3 sessioni. Così come conosco gruppi di edizioni più recenti che a sei mesi dall'uscita avevano affrontato tutti i mostri dalla A di Aboleth alla Z di Zobie.
  22. Mi permetto un attimo di intervenire su un paio di punti. Una cosa è un’edizione che deraglia dopo 6 anni di pubblicazioni e un'altra cosa è un’edizione che deraglia da subito. AD&D 2a edizione aveva ben poco spazio per, come dite voi, “buildare”. I limiti alle classi, il muticlasse severo, i kit iniziali, non permettevano di costruire personaggi fuori da ogni scala di potere. Ovvio, dopo 6 anni, con 15 Complete Handbook e 3 Players Option alle spalle, bhe forse l’edizione può anche deragliare. Contrariamente, la 3a Edizione è stata costruita appositamente per permettere quel tipo di approccio. Ah non lo dico io, ma lo ha detto tale Monte Cook (il lead designer della 3e) in un famoso articolo dal titolo “Ivory Tower Game Design”. Dato che la WotC lo ha eliminato lo trovate qui: https://4thmaster.wordpress.com/2014/06/26/ivory-tower-game-design/
  23. Benvenuti in questo primo articolo della rubrica Battle Science. In questa nuova rubrica, andremo ad analizzare la scienza, in particolare la fisica, che si nasconde dietro al combattimento, specialmente gli scontro corpo a corpo del periodo medievale o dei racconti e giochi, anche fantasy, ad esso ispirati. Affronteremo piano piano la fisica che si nasconde dietro le battaglie, le armi e le armature, cominciando da una domanda che attanaglia da sempre i fan di ogni storia a tema “duelli”. Meglio Forte o Veloce? Abbiamo tutti in mente la seguente, classica scena: una enorme montagna di muscoli affronta un avversario mingherlino ma agilissimo. Raramente l’autore, a questo punto, decide di far finire la battaglia con un pesantissimo colpo che manda a terra il combattente agile, anche perché, tra i due, è più probabile che il secondo sia il protagonista: è la rappresentazione per eccellenza della ribellione, del debole contro il forte, Davide contro Golia. Ma cosa ci dice la scienza? Chi vince? E’ meglio Forte o Veloce? 7 – Cos’è la Forza? Se lasciamo andare un oggetto dalla cima di una scogliera, questo comincia a cadere sempre più velocemente verso il suolo: questo perché il corpo sta subendo una forza, dovuta alla gravità, nota come forza peso alla quale corrisponde l’accelerazione gravitazionale. Una persona più forte è in grado di fornire una maggiore spinta alle cose (o, come vedremo, anche al proprio corpo), ad esempio sollevando oggetti più pesanti ai quali corrispondono Forze Peso superiori. 6 – Cos’è la Massa? Due corpi possono avere la stessa massa anche se molto diversi: un kg di ferro occuperà molto meno spazio di un kg di paglia, ma saranno perfettamente in equilibrio sui piatti di una bilancia adeguata. La Massa è diversa dal peso in quanto quest’ultimo dipende dal contesto in cui si trova l’oggetto mentre la massa non varia (se non consideriamo la relatività di Einstein). L’esempio più famoso è il peso di un astronauta sulla luna: se vi pesaste sulla sua superficie non sareste improvvisamente dimagriti, alla faccia di tutti i dietologi, ma semplicemente soggetti a una differente accelerazione di gravità. Un astronauta sulla terra o sulla luna: stessa massa (Mass), diverso peso (Weight) 5 –Cos’è l’accelerazione? Supponiamo di avere due automobili, una delle quali è un’auto sportiva in grado di raggiungere da ferma i 100km/h in pochi secondi. L’altra invece è una vecchia macchina scassata che richiede diverso tempo per raggiungere la stessa velocità Una volta arrivate entrambe a 100km/h, le due macchine avranno la stessa velocità, ma la macchina sportiva avrà impiegato molto meno tempo per raggiungerla e avrà dunque subito un’accelerazione maggiore. Arrivano entrambe a 100km/h. In tempi molto diversi. Con esperienze ESTREMAMENTE diverse. Ora, lo so cosa state pensando. Pensate che sia colpa del governo, delle banche, delle multinazionali. Vi sbagliate, è colpa sua! La prossima volta che fate un conto, ricordate che lo sguardo severo di Sir Isaac Newton veglia su di voi. Eh già, è colpa di Isaac Newton se ora mi tocca scrivervi una formula! Forza = massa x accelerazione Questa formulina facile facile è ottenuta tramite la seconda legge della Dinamica del suddetto Sir. Newton. Come vi accorgerete nel corso della nostra avventura, la maggior parte delle formule fisiche possono essere scritte in varie maniere in base a quali dati conosciamo e quali dobbiamo trovare. Questa, ad esempio ci è in realtà più utile scritta in quest’altra forma: Accelerazione = Forza / Massa Da questa formula possiamo vedere che: A parità di massa, una Forza superiore fornisce un’accelerazione maggiore. Se Mike Tyson ti da una spinta, vieni lanciato molto più lontano che se te la dà mia nonna. A parità di Forza, oggetti con massa inferiore subiranno un’accelerazione superiore. Se cercate di sollevare un pesante bilanciere o un bicchiere d’acqua, farete molto prima col bicchiere. 4 – Velocità o Accelerazione? Supponiamo che le due macchine dell’esempio precedente abbiano la stessa massa e che, una volta raggiunta per entrambe la velocità di 100km/h, vi colpiscano in pieno. Si possono notare due cose fondamentali: Siete morti All’impatto, il fatto che la macchina abbia raggiunto la propria velocità in più o meno tempo è ininfluente sul vostro stato di morte. Il fatto che siate stati colpiti proprio da una macchina e proprio a 100km/h è importante per determinare la vostra fine: infatti se foste stati colpiti da un granello di polvere a 100km/h sareste probabilmente vivi, e alla stessa maniera se aveste toccato una macchina a 0.05km/h sareste stati dolcemente spostati. Dunque, all’atto pratico, due cose assieme rendono letale l’impatto con un corpo: la sua massa e la sua velocità. BBBBOOOOM. Tranquilli, è parte di uno spettacolo e nessuno si fa male davvero. Tranne le macchine. 3 – Torniamo al duello… Partiamo dal combattente agile: se avesse una massa inferiore, richiederebbe una forza inferiore per essere spinto. Tuttavia va detto che per sprigionare forza serve massa muscolare: il combattente agile ha tutto l’interesse nell’essere forte, in quanto non deve solo essere veloce, ma deve poter variare rapidamente direzione. Variare la velocità, come abbiamo visto, richiede un’accelerazione e l’accelerazione deriva dalla forza. Essere agile in combattimento, dunque, non richiede solo grosse velocità ma anche grosse accelerazioni. Inoltre, un combattente meno forte avrà grossi problemi a parare i colpi nemici e, sebbene possa sempre tentare di evitarli, è decisamente più complesso. Il combattente più grosso probabilmente avrà una massa maggiore: infatti i muscoli pesano più del grasso. Potremmo erroneamente pensare che i colpi del combattente leggero, dovendo muovere meno massa, siano più veloci e quindi più letali: tuttavia abbiamo visto che la massa di un colpo è importante e inoltre i muscoli spingono masse maggiori della loro, quindi sono convenienti nonostante l’aumento di peso. D’altra parte un combattente muscoloso avrà i suoi vantaggi, ma uno troppo muscoloso non sarà in grado neanche di compiere alcuni movimenti: c’è molta differenza tra il fisico di un rugbista, forte ma al contempo capace di movimenti rapidi, e quello di un bodybuilder estremo. Orco contro Elfo: la quintessenza dello scontro tra forte e agile Entrambi i combattenti hanno bisogno di forza: un combattente forte, sprigionando accelerazioni maggiori, fornirà velocità ai suoi colpi in meno tempo e questo significa che, in media, potrà attaccare più rapidamente. D’altra parte, un colpo ben caricato avrà più tempo a disposizione per accelerare, e sarà dunque, a parità di forza, più veloce all’impatto. Tra l’altro, non è proprio corretto dire che l’impatto dipenda solo dalla massa e dalla velocità: se questo è vero, infatti, per un proiettile, in uno scontro corpo a corpo la forza del colpo da parte dell’attaccante viene impressa anche durante l’impatto fornendo una certa marcia in più a un lottatore forte. In tutto ciò però non abbiamo detto quale massa stiamo considerando: ogni buon marzialista sa infatti che un colpo non viene portato solo con il braccio, bensì è la spinta di tutto il corpo, gambe, bacino, torace, spalla e braccio che imprime forza all’attacco. Ancor più che le caratteristiche fisiche stesse, è la tecnica sviluppata e la capacità di usufruire delle leve del proprio corpo che determina l’efficacia di un colpo. Inoltre, non stiamo mettendo in gioco i riflessi e la capacità di reagire dei due combattenti, oltre a quello che è lo specifico allenamento al combattimento che sviluppa nel guerriero una capacità di leggere le azioni dell’avversario e reagire di conseguenza, la conoscenza propria dei tempi di attacco e difesa e delle distanze ottimali da tenere. 2 – Ma dunque chi vince? Partiamo dal presupposto che i due esempi mostrano stereotipi distanti dal tipico combattente. Un guerriero che si allena a combattere avrà una forma fisica muscolosa e atletica allo stesso tempo, focalizzandosi sia sulla rapidità, fondamentale per combattere, che sulla forza necessaria per lottare efficacemente. Leonida. Ti raggiunge a piedi la macchina senza freno a mano. E poi la ferma. Se prendessimo un omone grasso contro una ragazzina agile, vedremmo che corpi pesanti e poco muscolosi sono indubbiamente svantaggiati, in quanto sprigionano poca forza in relazione alla propria massa. Ma attenzione, anche i corpi con una muscolatura eccessiva, cresciuta in modo non armonico, possono essere meno performanti del previsto: non è detto che un bodybuilder sia un combattente eccellente. D’altro lato, corpi leggeri che si muovono rapidamente hanno una forza più che sufficiente per risultare agili, ma poca massa per portare colpi efficaci contro bersagli più grandi. C’è da dire, in tutto questo, che non stiamo considerando armi e armature nello scontro che possono variare completamente le sorti del duello. Come vedremo nei prossimi articoli un combattente mingherlino con una spada è molto più pericoloso di uno grosso ma lento, tuttavia questo vantaggio può essere facilmente ridotto dall’armatura dell’avversario. 1 – Una questione di taglia Se prendiamo due combattenti di taglia differente, uno più alto e pesante dell’altro, con un allenamento simile, in modo da ricevere la stessa accelerazione dalla propria forza, vediamo che quello più grande è avvantaggiato: infatti, se ha massa maggiore ma riceve la stessa accelerazione, avrà una forza maggiore, i suoi colpi saranno più rapidi o quanto meno più pesanti da parare. Inoltre, un combattente più grande ha in generale delle leve più estese che danno vantaggio nella lotta e delle braccia più lunghe che gli permettono di attaccare avversari più distanti e dunque tenere a bada il nemico più piccolo. Puoi essere piccolo e atletico. Se incontri uno grande e atletico, sei fregato. Immaginiamoci dunque un’ultima situazione: se i due combattenti precedenti avessero la stessa forza. In questo caso, il più grande avrebbe più massa ma il più piccolo sprigionerebbe più accelerazione. Chi porterebbe colpi più letali? Per rispondere a questa domanda dobbiamo aspettare i prossimi articoli nei quali parleremo impatti, materiali, affondi, fendenti e delle grandezze fisiche ad essi legate. Articolo originale: http://www.profmarrelli.it/2019/06/18/forza-vs-velocita-in-7-punti-battle-science/ Se questo articolo ti è piaciuto, segui il prof. Marrelli su facebook e su ludomedia.
  24. Il prof. Marrelli inizia una nuova rubrica su scienza e Giochi di Ruolo. Benvenuti in questo primo articolo della rubrica Battle Science. In questa nuova rubrica, andremo ad analizzare la scienza, in particolare la fisica, che si nasconde dietro al combattimento, specialmente gli scontro corpo a corpo del periodo medievale o dei racconti e giochi, anche fantasy, ad esso ispirati. Affronteremo piano piano la fisica che si nasconde dietro le battaglie, le armi e le armature, cominciando da una domanda che attanaglia da sempre i fan di ogni storia a tema “duelli”. Meglio Forte o Veloce? Abbiamo tutti in mente la seguente, classica scena: una enorme montagna di muscoli affronta un avversario mingherlino ma agilissimo. Raramente l’autore, a questo punto, decide di far finire la battaglia con un pesantissimo colpo che manda a terra il combattente agile, anche perché, tra i due, è più probabile che il secondo sia il protagonista: è la rappresentazione per eccellenza della ribellione, del debole contro il forte, Davide contro Golia. Ma cosa ci dice la scienza? Chi vince? E’ meglio Forte o Veloce? 7 – Cos’è la Forza? Se lasciamo andare un oggetto dalla cima di una scogliera, questo comincia a cadere sempre più velocemente verso il suolo: questo perché il corpo sta subendo una forza, dovuta alla gravità, nota come forza peso alla quale corrisponde l’accelerazione gravitazionale. Una persona più forte è in grado di fornire una maggiore spinta alle cose (o, come vedremo, anche al proprio corpo), ad esempio sollevando oggetti più pesanti ai quali corrispondono Forze Peso superiori. 6 – Cos’è la Massa? Due corpi possono avere la stessa massa anche se molto diversi: un kg di ferro occuperà molto meno spazio di un kg di paglia, ma saranno perfettamente in equilibrio sui piatti di una bilancia adeguata. La Massa è diversa dal peso in quanto quest’ultimo dipende dal contesto in cui si trova l’oggetto mentre la massa non varia (se non consideriamo la relatività di Einstein). L’esempio più famoso è il peso di un astronauta sulla luna: se vi pesaste sulla sua superficie non sareste improvvisamente dimagriti, alla faccia di tutti i dietologi, ma semplicemente soggetti a una differente accelerazione di gravità. Un astronauta sulla terra o sulla luna: stessa massa (Mass), diverso peso (Weight) 5 –Cos’è l’accelerazione? Supponiamo di avere due automobili, una delle quali è un’auto sportiva in grado di raggiungere da ferma i 100km/h in pochi secondi. L’altra invece è una vecchia macchina scassata che richiede diverso tempo per raggiungere la stessa velocità Una volta arrivate entrambe a 100km/h, le due macchine avranno la stessa velocità, ma la macchina sportiva avrà impiegato molto meno tempo per raggiungerla e avrà dunque subito un’accelerazione maggiore. Arrivano entrambe a 100km/h. In tempi molto diversi. Con esperienze ESTREMAMENTE diverse. Ora, lo so cosa state pensando. Pensate che sia colpa del governo, delle banche, delle multinazionali. Vi sbagliate, è colpa sua! La prossima volta che fate un conto, ricordate che lo sguardo severo di Sir Isaac Newton veglia su di voi. Eh già, è colpa di Isaac Newton se ora mi tocca scrivervi una formula! Forza = massa x accelerazione Questa formulina facile facile è ottenuta tramite la seconda legge della Dinamica del suddetto Sir. Newton. Come vi accorgerete nel corso della nostra avventura, la maggior parte delle formule fisiche possono essere scritte in varie maniere in base a quali dati conosciamo e quali dobbiamo trovare. Questa, ad esempio ci è in realtà più utile scritta in quest’altra forma: Accelerazione = Forza / Massa Da questa formula possiamo vedere che: A parità di massa, una Forza superiore fornisce un’accelerazione maggiore. Se Mike Tyson ti da una spinta, vieni lanciato molto più lontano che se te la dà mia nonna. A parità di Forza, oggetti con massa inferiore subiranno un’accelerazione superiore. Se cercate di sollevare un pesante bilanciere o un bicchiere d’acqua, farete molto prima col bicchiere. 4 – Velocità o Accelerazione? Supponiamo che le due macchine dell’esempio precedente abbiano la stessa massa e che, una volta raggiunta per entrambe la velocità di 100km/h, vi colpiscano in pieno. Si possono notare due cose fondamentali: Siete morti All’impatto, il fatto che la macchina abbia raggiunto la propria velocità in più o meno tempo è ininfluente sul vostro stato di morte. Il fatto che siate stati colpiti proprio da una macchina e proprio a 100km/h è importante per determinare la vostra fine: infatti se foste stati colpiti da un granello di polvere a 100km/h sareste probabilmente vivi, e alla stessa maniera se aveste toccato una macchina a 0.05km/h sareste stati dolcemente spostati. Dunque, all’atto pratico, due cose assieme rendono letale l’impatto con un corpo: la sua massa e la sua velocità. BBBBOOOOM. Tranquilli, è parte di uno spettacolo e nessuno si fa male davvero. Tranne le macchine. 3 – Torniamo al duello… Partiamo dal combattente agile: se avesse una massa inferiore, richiederebbe una forza inferiore per essere spinto. Tuttavia va detto che per sprigionare forza serve massa muscolare: il combattente agile ha tutto l’interesse nell’essere forte, in quanto non deve solo essere veloce, ma deve poter variare rapidamente direzione. Variare la velocità, come abbiamo visto, richiede un’accelerazione e l’accelerazione deriva dalla forza. Essere agile in combattimento, dunque, non richiede solo grosse velocità ma anche grosse accelerazioni. Inoltre, un combattente meno forte avrà grossi problemi a parare i colpi nemici e, sebbene possa sempre tentare di evitarli, è decisamente più complesso. Il combattente più grosso probabilmente avrà una massa maggiore: infatti i muscoli pesano più del grasso. Potremmo erroneamente pensare che i colpi del combattente leggero, dovendo muovere meno massa, siano più veloci e quindi più letali: tuttavia abbiamo visto che la massa di un colpo è importante e inoltre i muscoli spingono masse maggiori della loro, quindi sono convenienti nonostante l’aumento di peso. D’altra parte un combattente muscoloso avrà i suoi vantaggi, ma uno troppo muscoloso non sarà in grado neanche di compiere alcuni movimenti: c’è molta differenza tra il fisico di un rugbista, forte ma al contempo capace di movimenti rapidi, e quello di un bodybuilder estremo. Orco contro Elfo: la quintessenza dello scontro tra forte e agile Entrambi i combattenti hanno bisogno di forza: un combattente forte, sprigionando accelerazioni maggiori, fornirà velocità ai suoi colpi in meno tempo e questo significa che, in media, potrà attaccare più rapidamente. D’altra parte, un colpo ben caricato avrà più tempo a disposizione per accelerare, e sarà dunque, a parità di forza, più veloce all’impatto. Tra l’altro, non è proprio corretto dire che l’impatto dipenda solo dalla massa e dalla velocità: se questo è vero, infatti, per un proiettile, in uno scontro corpo a corpo la forza del colpo da parte dell’attaccante viene impressa anche durante l’impatto fornendo una certa marcia in più a un lottatore forte. In tutto ciò però non abbiamo detto quale massa stiamo considerando: ogni buon marzialista sa infatti che un colpo non viene portato solo con il braccio, bensì è la spinta di tutto il corpo, gambe, bacino, torace, spalla e braccio che imprime forza all’attacco. Ancor più che le caratteristiche fisiche stesse, è la tecnica sviluppata e la capacità di usufruire delle leve del proprio corpo che determina l’efficacia di un colpo. Inoltre, non stiamo mettendo in gioco i riflessi e la capacità di reagire dei due combattenti, oltre a quello che è lo specifico allenamento al combattimento che sviluppa nel guerriero una capacità di leggere le azioni dell’avversario e reagire di conseguenza, la conoscenza propria dei tempi di attacco e difesa e delle distanze ottimali da tenere. 2 – Ma dunque chi vince? Partiamo dal presupposto che i due esempi mostrano stereotipi distanti dal tipico combattente. Un guerriero che si allena a combattere avrà una forma fisica muscolosa e atletica allo stesso tempo, focalizzandosi sia sulla rapidità, fondamentale per combattere, che sulla forza necessaria per lottare efficacemente. Leonida. Ti raggiunge a piedi la macchina senza freno a mano. E poi la ferma. Se prendessimo un omone grasso contro una ragazzina agile, vedremmo che corpi pesanti e poco muscolosi sono indubbiamente svantaggiati, in quanto sprigionano poca forza in relazione alla propria massa. Ma attenzione, anche i corpi con una muscolatura eccessiva, cresciuta in modo non armonico, possono essere meno performanti del previsto: non è detto che un bodybuilder sia un combattente eccellente. D’altro lato, corpi leggeri che si muovono rapidamente hanno una forza più che sufficiente per risultare agili, ma poca massa per portare colpi efficaci contro bersagli più grandi. C’è da dire, in tutto questo, che non stiamo considerando armi e armature nello scontro che possono variare completamente le sorti del duello. Come vedremo nei prossimi articoli un combattente mingherlino con una spada è molto più pericoloso di uno grosso ma lento, tuttavia questo vantaggio può essere facilmente ridotto dall’armatura dell’avversario. 1 – Una questione di taglia Se prendiamo due combattenti di taglia differente, uno più alto e pesante dell’altro, con un allenamento simile, in modo da ricevere la stessa accelerazione dalla propria forza, vediamo che quello più grande è avvantaggiato: infatti, se ha massa maggiore ma riceve la stessa accelerazione, avrà una forza maggiore, i suoi colpi saranno più rapidi o quanto meno più pesanti da parare. Inoltre, un combattente più grande ha in generale delle leve più estese che danno vantaggio nella lotta e delle braccia più lunghe che gli permettono di attaccare avversari più distanti e dunque tenere a bada il nemico più piccolo. Puoi essere piccolo e atletico. Se incontri uno grande e atletico, sei fregato. Immaginiamoci dunque un’ultima situazione: se i due combattenti precedenti avessero la stessa forza. In questo caso, il più grande avrebbe più massa ma il più piccolo sprigionerebbe più accelerazione. Chi porterebbe colpi più letali? Per rispondere a questa domanda dobbiamo aspettare i prossimi articoli nei quali parleremo impatti, materiali, affondi, fendenti e delle grandezze fisiche ad essi legate. Articolo originale: http://www.profmarrelli.it/2019/06/18/forza-vs-velocita-in-7-punti-battle-science/ Se questo articolo ti è piaciuto, segui il prof. Marrelli su facebook e su ludomedia. Visualizza articolo completo
  25. L'idea di usare le sottoclassi come psionici fa molto AD&D prima edizione, come dice il buon Jeremy. In quell'edizione chiunque poteva avere la possibilità di sviluppare tali poteri mentali, ma... Se un guerriero psionico si confronta con un ladro psionico che fanno? Usano i soliti sistemi? Spade, archi, pugnali, pugni, ecc. Nelle vecchie edizioni gli psionici si confrontavano tra di loro con attacchi e difese psioniche. Il sistema di combattimento tra coloro che avevano poteri psionici era una cosa molto particolare e peculiare di quel mondo. Qui pare, nel nome forse della semplicità, si stata completamente eliminata. Qui più che psionici vedo sottoclassi di guerriero, ladro e stregone, con qualche potere con una nuova meccanica.
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