Innanzitutto mi scuso per il tono polemico del mio intervento: per una certa parte era generato da un giramento di pale IRL.
Nonostante vada riformulato, sono convinto del succo del mio discorso, ovvero che quanto l'autore della "recensione" (che chiamerei più "stroncatura", come dice l'OP, o meglio "invettiva") dice altro non sia che la ripetizione di luoghi comuni che si sentono ormai da anni provenire da parte degli oppositori del cosiddetto GdR tradizionale.
Al di là dell'argomento contingente dell'articolo -Sine Requie- il mio sbotto era generato soprattutto da quello generale, ovvero la polemica contro i giochi poco "innovativi e più conservatori".
In pratica metà della "recensione" è un rant non contro il ruolo del master in Sine Requie, ma contro quello del master in quanto figura, per come viene visto nei giochi tradizionali (termine che appare troppo spesso per essere casuale).
Cito:
Spoiler:
- sarà il master, di suo totale arbitrio
-approccio si rivelerà sin da subito rischioso per la stabilità sociale del gruppo, portando a scontenti interni e facendo diventare il master giudice totale e filtro dei gusti del tavolo. Si finisce per giocare per piacere al master, cercando di venire incontro ai suoi gusti e a ciò che lui considera “buon gioco”.
- Quando invece non ci sono tabelle tutto è in mano al master. tutto ricade sulle spalle del master che è giustificato ad inventarsi qualsiasi cosa gli salta per la testa. Questo non solo porterà a situazioni altamente idiote, stupide o irrealistiche, ma darà al master il potere assoluto su ogni risoluzione. Ogni decisione spetta a lui, che è anche l’unico a decidere quando fare un check e su quale abilità. Tra le altre cose, il master ha anche la facoltà di dare bonus e malus a seconda della situazione e dei suoi capricci. Se non vuole che tu riesca in un’azione ti darà molti malus, viceversa, molti bonus. È lui che decide come vanno le cose.
- D’altro canto, il ruolo del master in Sine Requie è proprio questo. Tutto è nelle sue mani e il divertimento al tavolo è sua responsabilità. Deve controllare che tutti giochino come si deve e deve spingere la storia secondo coordinate note solo a lui.
- Non dobbiamo nemmeno dimenticare che è lui, a suo totale arbitrio, a premiare i giocatori con punti esperienza in base alla loro interpretazione. Una tale meccanica può portare facilmente ad odi interni al gruppo e a situazioni altamente disfunzionali. Detto in parole semplici, se una cosa piace al master allora stai certo che te la caverai e avrai un personaggio con molti punti esperienza, e quindi molto potente. Se invece il master non trova il tuo modo di giocare passabile, nonostante possa piacere a tutti i restanti giocatori, ti punirà, in qualche modo. Tutto questo sostenuto dal manuale stesso. In effetti è detto chiaro e tondo che è il master il vero giudice dell’avventura. Egli può cambiare le regole a suo piacimento e può prendere qualsiasi decisione se è necessario ai fini della sua avventura.
- Tutto il sistema di regole scompare di fronte al master, vero motore di tutta l’esperienza e unico arbitro all’interno del gioco.
Per finire con il glorioso
Spoiler:
Nel 2007, data di uscita di Anno XIII, già esistevano giochi che hanno risolto il problema in maniera molto più elegante e funzionale, senza ricadere in un design tanto vecchio quanto pericoloso. [grassetto mio]
Dopo una simile colonna, di cui un buon terzo speso a lamentarsi della figura del master, una conclusione che associa design oldschool -inteso come design che includa la figura di un game master- a "pericoloso" sembra far comprendere che l'autore non apprezzi questo elemento, il che è tipico non tanto di chi gioca forgita, quanto di tutte quelle figure che, apprezzando tali giochi, si ammantano di un'aura di superiorità e infestano la Rete proclamando l'inferiorità di tutti i giochi che ancora facciano uso di una figura così obsoleta e dittatoriale.
Posso capire che piaccia di più un certo stile di gioco, ma non che si proceda a demolire sistematicamente un titolo solo in base al fatto che usi o meno un master.
E infatti il Maiorani porta altre argomentazioni, nei restanti due terzi dell'articolo: le due principali sono l'eccessiva preponderanza del fattore caso e la mancanza di direttive precise di gioco.
Sulla prima mi trova d'accordo, per quanto reputi che il caso non sia poi così tanto determinante, visto che viene mitigato dall'arbitrio del master (che per me è un punto a favore, ma questi sono gusti).
Riguardo alla seconda, l'autore si lamenta soprattutto del fatto che il gioco non "spinga verso un particolare tipo di fiction o narrazione". E su questo mi trovo in completo disaccordo.
Gli estratti principali a riguardo:
Spoiler:
- Quando si inizia a giocare non si ha la minima idea di cosa il gioco consideri un’avventura ideale.
- Il gioco rimane estremamente vago sul genere di storie o di gioco ideale, lasciando al gruppo l’onere di capirlo da sé o di decidere tra le varie opzioni, nessuna delle quali è sostenuta da regole adeguate.
- Non si sa cosa, della bella ambientazione, dovrà essere esplorato, né come dovrà essere fatto, né si capisce qual è lo scopo ricercato: vivere una storia come quelle inserite nei manuali? Portare a termine la missione e vincere contro il master? Esplorare una storia appassionante? Giocare un gruppo solido ed unito oppure personaggi isolati ognuno con la sua storia? Non è dato saperlo.
Ora, probabilmente è una mia opinione personale e mi sbaglio, ma non credo che un gioco che punta sull'interpretazione debba dire che cosa interpretare: il railroading è una piaga abbastanza diffusa a livello di singoli master, senza che ci si mettano direttamente i manuali a dirmi chi devo giocare.
Il fatto che il manuale non specifichi "giocate dei personaggi poco più che adolescenti, alle prese con un'invasione di zombi da cui dovrete fuggire" per me è un punto a favore, perché se vorrò giocare quanto detto potrò farlo, ma niente mi vieta -o anche solo sconsiglia- di giocare un inquisitore che caccia demoni: il manuale non mi dice che tipo di avventura o personaggio giocare perché lo scelgo io.
Se io e il mio gruppo vorremo "vivere una storia come quelle inserite nei manuali" potremo farlo, allo stesso modo in cui ci viene lasciata una scelta fra "giocare un gruppo solido ed unito oppure personaggi isolati ognuno con la sua storia".
tl;dr:
La recensione è costituita per un terzo come una lamentela sul ruolo del master*, per un altro terzo è un'invettiva contro il physical engine* e per il rimanente è un'analisi obiettiva dell'ambientazione e un'accusa al fatto che il manuale non ti dica chi giocare e in che tipo di avventura.
Di nuovo, mi scuso se il mio tono è risultato polemico, ma mi è sembrato adeguato a quello della recensione (e al periodo d'esami, da qualche parte mi devo pure sfogare).
*tipici elementi di cui si lamenta a spada tratta il forgita indignado della Rete, elemento ben diverso da chi gioca a giochi indie/new wave/forgiti, da cui si differenzia per il fatto che passi più tempo su internet a dare dei crumiri dei GM a chi gioca a giochi tradizionali, che a giocare.