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Obiettivi di MadLuke
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La riunione indetta per fare il punto non portò a niente. Ravaldino era pressoché inespugnabile. Era il suo pregio, era stata costruita con quell’obiettivo. L’abietto Zoccheo poteva restarci asserragliato a oltranza e da lì fare l’arrogante grazie al suo folto gruppo di villani ben prezzolati. Avrebbe potuto resistere a lungo, aveva soldi in abbondanza e scorte di acqua e cibo fino all’inverno. E, più a lungo avesse resistito, più considerazione avrebbe ottenuto da parte di eventuali opportunisti, primi tra tutti gli Ordelaffi, magari affiancati dai Colonna e da chissà chi altri. Più fosse andato avanti, più avrebbe reso plateale la debolezza dei Riario in quel frangente. Verso la metà di agosto giunse una notizia che parve incredibile. Innocenzo Codronchi, che un tempo era stato compagno di ventura dello Zoccheo, si era presentato sotto le mura di Ravaldino con vino e dadi e aveva chiesto di entrare per passare la festa di San Lorenzo giocando d’azzardo col suo vecchio compare. Memore delle loro lunghe serate nelle bettole, l’usurpatore della rocca lo aveva fatto entrare. Avevano fatto una scommessa: chi avesse perso avrebbe offerto il desinare del giorno dopo. Per il resto si erano ubriacati ricordando le loro avventurose scorribande. Era stato il Codronchi a perdere. Aveva comprato quaglie e pernici e il giorno dopo aveva incaricato un suo uomo di fiducia, Moscardino da San Martino, di portarli alla Rocca di Ravaldino col massimo riserbo e di agire in un certo modo preciso. Durante il lauto pranzo, all’improvviso, seguendo un cenno del Codronchi, i servi, che avevano accettato un’offerta irrinunciabile da parte del Moscardino, si erano avventati su un Melchiorre Zoccheo abbondantemente stordito dal vino. Lo avevano colpito alla testa e soffocato con un tovagliolo. Secondo la leggenda che nacque da quell’episodio, era stato poi lo stesso Codronchi ad appendere il corpo dell’uomo a una delle torri, e a minacciare con la spada insanguinata chi fosse rimasto dalla parte del defunto brigante.
Sforza, Francesca Riario. Io, Caterina