Mi inchino a te Arcanista, avrei voluto darti altra rep ma non posso
Propongo questo (che non ho mai realmente giocato).
Non mi risulta molto facile sedermi qui e parlarvi di me, ma sfortunatamente è il mio turno e quindi immagino di doverci provare almeno. Il mio nome è Maximilian Wiery [si pronuncia “uaery”], nacqui nelle Badlands, un’immensa distesa di spoglie colline. Il mio villaggio Lasthope, si trovava al confine tra queste terre ed un’oscura foresta che gareggiava con le Badlands per grandezza. La prima era abitata da un infinito numero di rettili ed animali a sangue freddo uno più pericoloso dell’altro, mentre La Tela, la foresta, era abitata da ogni sorta di creatura mostruosa.
Come avrete immaginato non era una vita facile, nessuno poteva abbandonare la sicurezza delle mura, cacciatori esclusi . . . e anche quelli molte volte non tornavano.
Mio padre si chiamava Lucas Wiery, sinceramente non so come abbia fatto uno con quel nome a finire a Lasthope . . . ma lasciamo perdere, era un cacciatore anche lui. Quando non era fuori a caccia si chiudeva nel suo laboratorio, era uno dei fabbricanti di balestre del villaggio, e con l’aria che girava lì c’era sempre bisogno di nuove balestre; crescendo lo aiutavo nel lavoro . . . lui fabbrica le balestre ed io i quadrelli.
Il giorno in cui mio padre non tornò da una battuta di caccia presi la mia decisione, aspettai la notte e poi raccolte le mie cose insieme ad una delle balestre fabbricate da mio padre approfittai dell’oscurità per superare le mura ed allontanarmi dal villaggio.
Ero stanco di aspettare la creatura che prima o poi sarebbe arrivata per porre fine alla mia vita, quello non era vivere, era sopravvivere . . . avevo sedici anni.
Non potevo addentrarmi nelle Badlands, sarei morto di sete in due giorni! perciò optai per la Tela, decisione che non presi a cuor leggero. Di giorno cercavo di avanzare quanto più possibile mentre la notte mi arrampicavo su un albero; non so quanti giorni passai in quella foresta, so solo che ne persi il conto, ma ricordo benissimo gli istanti in cui ero costretto a rifugiarmi in qualche cespuglio per nascondermi alla vista di qualche predatore.
Pensavo di avercela fatta, di aver raggiunto la fine di quell’incubo, quando fui assalito da un’enorme creatura alta 5 piedi, sembrava un grosso felino i cui due canini sporgevano dalle fauci e raggiungevano la lunghezza di una spada corta. Non me ne accorsi fin quanto non mi stritolò il braccio con le fauci e cominciò a strattonarlo; sentii un dolore indescrivibile mentre sentivo i tendini strapparsi e le ossa frantumarsi sotto la furia di quella morsa, con un ultimo barlume di coscienza riuscii a mettere la mia balestra tra me e la cosa ed a sparargli un dardo in un occhio.
La creatura morì sul colpo, ma si portò il mio braccio destro con se.
Non mi ricordo cosa successe dopo, so solo che mi svegliai in un letto troppo piccolo per me; scoprii che quella era la casa di una famiglia di gnomi . . . il padre Lorn Lusq mi disse che dormivo da una settimana e che prima un elfo dalla pelle verdastra mi aveva lasciato sulla sua soglia senza proferire parola. Mi aveva accudito insieme alla moglie Miira e al figlio Fen. Lorn era un inventore, e proprio in quel periodo stava lavorando ad un nuovo progetto, mi chiese se volevo sottopormi ad un esperimento grazie al quale avrei potuto riottenere il braccio destro.
Mi drogarono per non farmi sentire il dolore e quando rinvenni sentii una strana sensazione al braccio destro, mi stupii quando ne sentii la presenza . . . aprii gli occhi e lo guardai; non era di pelle, carne ed ossa ma bensì di metallo, era formato da varie piastre di metallo che scorrevano tra di loro ed attorno a delle sfere posizionate nelle articolazioni.
Rimasi un anno con loro, durante il quale mi abituai al nuovo braccio . . . quando li lasciai Lorn mi fece un regalo, durante il tempo che avevo passato con loro lui aveva lavorato ad un prototipo, una micidiale balestra capace di scagliare due dardi contemporaneamente.
Durante il mio vagabondare ho avuto molto impieghi: sono stato un cacciatore, la guardia del corpo di un lord di una piccola contea, per un paio di anni sono stato all’interno di una piccola compagnia di mercenari ed infine ho cominciato a fare il cacciatore di taglie.
Ho riportato indietro più criminali di quanti ne ricordi . . . fin quando nel mio viaggiare ho trovato il piccolo insediamento di Gertanis, lì conobbi Elise, una bellissima ragazza di cui mi innamorai.
Aveva i capelli rossi che portava legati in una lunga treccia, aveva un viso molto dolce costellato di lentiggini, con due occhi verdi acqua-marina; le sue forme e le sue curve poi erano perfette. Dopo averle fatto la corte per un lungo periodo riuscii a ottenere la sua mano e il borgomastro di Gertanis ufficializzò la nostra unione.
In quel periodo avevo acciuffato alcuni dei più pericolosi criminali della zona, che mi avevano fruttato una bella cifra; cifra che spesi per aprire una locanda, decisi di chiamarla La dama rossa, nonostante le “finte” proteste di Elise, che nonostante non volesse ammetterlo ne era estasiata.
Passai circa un anno a gestire la locanda insieme a mia moglie, ma non sono mai stato un tipo sedentario, sentivo il mio spirito fremere ai racconti dei viaggiatori che passavano alla locanda. Perciò imbracciai la balestra e ripresi “le vesti” di cacciatore di taglie, nonostante tutto non mettevo mai tra me e Elise più di una settimana di cammino; anche se era Elise che mi aveva spinto a ricominciare, aveva capito che non ero fatto per quella vita. Quando capitava facevo anche qualche lavoretto per Jorel, il borgomastro di Gertanis, con cui avevo stretto una profonda amicizia, ogni tanto mi invitava nel suo studio per bere qualcosa insieme e per sfogarsi raccontandomi le carognate che la moglie gli combinava.
Fu Elise a raccontarmi del labirinto e della sua storia, ed ora che il momento è giunto sento di dover partecipare anche io a questa folle caccia al tesoro.