Malinconia, Giulietta!
Nemmeno il coraggio di trascinare
i nostri incubi nella piazza!
Chi più di noi sapeva mendicare,
incurante del tempo rompere un boccale
sui banchi del mercato color suicidio?
E ti schiudevi come un'ostrica
- la mia metafora migliore! -,
come un’illusione alla luce, lo sentivo,
allo scoccare della mia abulia...
Non è da noi fiorire in eterno, Giulietta!
Ti ricontavo i capelli col tuo silenzio
che mi setacciava gli occhi alla vana ricerca
di un luccichio che meritasse il nome di rimpianto,
del più piccolo germoglio, di un qualsiasi soffrire;
poi storcevi la bocca, - bruciato- dicevi,
prima di piangere, tu, e diventare così brutta,
con quelle lacrime di fondotina
giù per le guance a scavarti amare.
E a nulla serviva violentarti di carezze: che sì,
bruciato lo ero stato e un po’ lo sono
- ma le tue mani con quello smalto osceno,
per quelle tue mani un giusto prezzo e niente più
la crepa tremante, il rimorso
del cielo fatto grembo alieno
Te lo ricordi il vento nei campi di soffioni, Giulietta?
Lo ripareresti ancora il mio cuore,
con le promesse e i chiodi?
E i vecchi meli sorretti dai sostegni,
rotti di nostalgia futura? - Lasciamo stare...
Era un maggio nevoso, e con voce incoerente
bestemmiavamo le stelle.