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Longino

Circolo degli Antichi
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  1. Lo so perfettamente, ma torno a ripeterti : una situazione è il prodotto di una contingenza, ergo la perdita della capitale non implica la caduta dell'impero, esattamente come gli imperi non cadono solo quando la capitale è perduta. Se non lo vuoi ammettere non ho molti problemi, ma a me sembra un discorso molto semplice, senza contare che ci sono un sacco di prove empiriche che mi danno ragione, basta pensare alla campagna napoleonica di russia anche se vuoi negare il fatto che nonostante Atene sia stata data alle fiamme i Persiani sono stati poi sconfitti in serie a Salamina, Platea e Micala subendo poi il ritorno offensivo greco e Ateniese in particolare...
  2. Io non dico che prendere una capitale non possa assolutamente segnare la fine di un impero, dico solo che la presa di una capitale non causa necessariamente la fine di un impero, e gli esempi a riguardo si sprecano! Tu mi citi la bitinia, io ti dico che Atene non è caduta quando i Persiani l'hanno presa nella seconda guerra persiana, che l'impero Persiano non è caduto alla perdita di Babilonia, che l'impero Seleucide non è caduto alla perdita di Antiochia, che l'impero Antigonide non è caduto alla perdita di Pella, che ne la repubblica romana ne l'impero sono caduti alla perdita di Roma, che i Longobardi non si sono arresi alla perdita di Pavia, che il ducato di Milano non è caduta alla perdita della città durante la prima lega comunale contro Federico I; senza contare le continue contese delle guerre d'italia dal 1494 al 1559, nella quale le entità politiche italiane non hanno smesso di esistere manus militari e sono rinate non appena gli imperiali si sono ritirati... e potrei continuare all'infinito. Lo stesso esempio che tu citi è prova di quanto dico : alla caduta di Costantinopoli sono stati create altre tre entità politiche, che sono causa di una contingenza e in quanto tali, cambiate le premesse, avrebbero potuto avere anche uno sviluppo unitario, senza contare che Costantinopoli era già caduta nel 1204, e l'impero Bizantino non ha smesso di esistere a causa di questo. L'idea che la perdita di una capitale causi automaticamente la perdita di una nazione è un idea contemporanea, nata solo a causa della Seconda Guerra Mondiale, ed è frutto della natura particolare della guerra contemporanea ( in senso storico).
  3. Non concordo affatto su questi punti, perdere la capitale non vuol dire nulla di più che perdere la capitale. Nella guerra Greco-Gotica Roma e Ravenna sono state prese e perse a più riprese, eppure la guerra è stata alla fine vinta dai Bizantini dopo 18 anni di guerra. Le guerre antiche non sono come le guerre moderne, non avevano una chiara linea di difesa, superata la quale non era più sensato continuare la lotta, i ritorni offensivi in una guerra "a basso tasso di mortalità" come quella antica sono sempre possibili, sopratutto quando si parla dei grandi imperi! Non si può trarre una conclusione sullo stato d'efficenza di un armata o sulla possibilità di continuare una politica "nazionale" ( anche se sarebbe meglio definirla una politica regia) solo per la perdita di una città, bisogna guardare al particolare!
  4. Beh è una forzatura se inserito in D&D, dove la morte di un PG è un evento estremamente raro. In un gioco "cattivo" come martelli da guerra, da cui la regola è stata presa, riesce a far durare i PG per più di due incontri... E comunque è anche carino doversi inventare la botta di **** assurda grazie alla quale i PG si salvano!
  5. Io penso che siano i giocatori ad aver sbagliato : non hanno riposato e hanno affrontanto una sfida alla loro portata, ma impreparati. Il master, non prevedendo la dabbenaggine ( scherzo, ovviamente) dei giocatori ha cercato di rimediare alla meno peggio. Il master però dovrebbe eliminare la pietà, altrimenti i suoi giocatori smetteranno di temerlo!
  6. Mai! In questo modo commetteresti un torto nei confronti degli altri giocatori che hanno obbedito alle tue disposizioni, aprendo nel frattempo il campo alle eccezione che, si sa, tendono ad infinito. Senza mezzi termini il tuo giocatore è stato prepotente : ti ha presentato il fatto compiuto proprio nella speranza che tu chiudessi un occhio, e questo è inacettabile. In questo momento ho sfiducia nell'umanità quindi arriverei anche a punirlo, ma si tratta di me! Molto meglio! Io proverei a proporgli l'aasmimar, in fin dei conti se voleva interpretare un celestiale non farà storie, altrimenti è solo una questione di PP. Comunque dev'essere lui a decidersi una regione di partenza, ergo che sia lui a fare il lavoro. Ha sbagliato? Cavoli suoi! Ne paga le conseguenze! Che pessima domenica che è cominciata
  7. Hai ragione, riformulo : Ammettere solo l'interpretazione rigida e "massimalista" del paladino è errato perchè in questo modo nessun paladino sarebbe in grado di inserirsi nella società che vuole cambiare.
  8. Quello che intendeva dire, IMHO, è che un interpretazione troppo rigida ed esclusivista del paladino è errata perchè in questo modo il paladino non avrebbe alcuna possibilità d'essere inserito nella società, diventando egli stesso in qualche modo un deviante, secondo il senso comune, ergo tutto l'opposto di ciò che dovrebbe essere!
  9. Io direi che mentire è un azione non-legale in senso stretto più che caotica. Il paladino non può mentire, ma non è detto che un qualsiasi legale buono non possa farlo.
  10. Precisamente! E sia la Gray Guard che i "normali" Paladini hanno perfetta coscienza di questo! Ma se non e entra a far parte e, anzi, decide di scontrarcisi, di farci guerra, allora va da se che il Paladino sta violando le leggi della comunità malvagia! E questo gli farebbe perdere lo status? No! Perchè lui sta lavorando per il sovvertimento di un ordine ingiusto e l'instaurarsi di un ordine giusto!
  11. Concordo in toto con questa parte del tuo messaggio, ma devo dire trovo un po' semplicistco pensare a questa classe come ad un paladino "libero dal proprio codice". Non ho letto la classe, ma io me l'immagino come un paladino "normale", che vive normalmente la tragedia dei propri dubbi ed anzi, la vive ancora in modo maggiore perchè si rende perfettamente conto dei propri limiti... e che gradualmente verrà portato a superarne alcuni per poter servire un bene superiore. E' un PG che arriva a sacrificare tutto ciò che lo identifica, il proprio codice d'onore, per un concetto astratto! Questo non è e non deve essere un processo facile, altrimenti viene meno tutto il fascino dell'interpretazione di questa classe. Insomma questo tipo di paladino è il tipo che ha perfetta concezione di trovarsi di fronte ad un baratro, e che ha la fatalistica consapevolezza di dovercisi lanciare dentro per permettere ad un bene superiore di continuare ad essere! Io lo vedo così, e trovo che abbia delle potenzialità interpretative enormi! ( anche perchè una volta tanto mi piacerebbe interpretare un PG che alla fine fallisce nel suo proposito!) PS : Legale non vuol dire rispettare le leggi! Legale vuol dire attenersi completamente ad un codice di condotta, e la guardia grigia HA un codice di condotta da rispettare!
  12. Piccolo appunto : come può un gioco limitare lo spazio dato all'interpretazione? Sei tu, come giocatore, che determini lo spazio che dai alle tue giocate. Se queste sono limitate, allora estendile! Ma a giudicare dalla crociata che si sta facendo contro questa CdP il problema è proprio questo! Vedete le regole come un limite invalicabile e immutabile a cui bisogna adeguarsi, ma non è così! Le regole di un gioco di ruolo sono solo un mezzo per interpretare, non il fine ultimo dell'interpretazione!
  13. Secondo me date troppo peso a quelle due paroline che stanno nell'allineamento!
  14. Ecco a te il paradosso del paladino : Un paladino vive in un paese in cui è vietato aiutare i mendicanti che muoiono di fame. Un giorno, uscendo dalla torre d'avorio in cui vive, il paladino si imbatte in un mendicante che rischia di morire, gli basta un tozzo di pane per tornare in forze e non lasciarci per sempre. Il paladino, ricordando che la Legge è tutto, non gli da il tozzo di pane, e il mendicante muore. Tornato alla sua torre d'avorio, ed iniziata la preghiera, il paladino si rende conto che la sua divinità l'ha abbandonato : non ha fatto il bene. Un paladino vive in un paese in cui è vietato aiutare i mendicanti che muoiono di fame. Un giorno, uscendo dalla torre d'avorio in cui vive, il paladino si imbatte in un mendicante che rischia di morire, gli basta un tozzo di pane per tornare in forze e non lasciarci per sempre. Il paladino, ricordando che il Bene è tutto, gli da il tozzo di pane, e il mendicante sopravvive. Tornato alla sua torre d'avorio, ed iniziata la preghiera, il paladino si rende conto che la sua divinità l'ha abbandonato : non ha rispettato la legge. Tutto questo è molto bello, finchè non ci si ricorda che in D&D il Bene è assoluto, la legge no. Ergo, il paladino dovrebbe scegliere il bene di fronte al rispetto della propria etica. La propria etica è un limite, il non fare il bene per qualche scrupolo è un atto sbagliato in quanto si sacrifica un'obiettivo assoluto ad uno relativo.
  15. Non concordo riguardo la legalità. Ripeto, in D&D il Bene è un concetto assoluto, la legalità è un concetto relativo. Legale significa solo che il paladino ( o il generico PG) tende a rimanere fedele al proprio codice etico, senza eccepire. Ma, al contrario del Bene ( che è definito anche grazie al Male, altro valore assoluto di D&D), la legalità, essendo legata ad un etica, muta al mutare della stessa, dato che da nessuna parte in D&D è fornita una definizione di etica. D'altra parte anche la descrizione dell'allineamento Legale Buono ( oltre al fatto che, non a caso, è riassunto nella parola Crociato) è sufficente a confermare quanto dico. Legalità non significa combattere con onore il proprio nemico, significa combattere il proprio nemico ad ogni costo ed al di la di ogni possibile vantaggio. Questo ha poco a che vedere con l'onore ( altro concetto relativo).
  16. Ma che io ricordi il codice di condotta dei paladini, in termini di regole, prevede solo l'impossibilità di mentire e di non usare veleni. Il resto è interpretabile, e su quest'interpretazione gioca questa classe. Se voi pensate al paladino come al fusto alto biondo senza macchia e senza paura, allora siete troppo legati allo stereotipo del paladino... ma lo stereotipo raramente corrisponde alla realtà. ( senza contare che un PG del genere è, imho, estremamente scontato e noioso)
  17. Beh, evidentemente abbiamo concezioni diverse del paladinato. Credo che se rispondessi l'unico risultato sarebbe lo scatenarsi di una lotta ai mulini a vento ( da ambo le parti, sia chiaro che non parlo solo di voi!). Solo un appunto : passi Orlando, che è il paladino, ma El Cid non lo si può proprio far passare! El Cid ha più volte fatto guerra al proprio Re, alleandosi per altro pure con i Mussulmani ( ovvero, per il contesto dell'opera, il nemico per antonomasia)... in questo senso lui si che avrebbe perso lo status! Cmq, solo come appunto regolistico, che io ricordi il paladino ha come unico limite esplicito nel suo codice di condotta l'obbligo di non mentire, il resto è perfettamente "aggirabile".
  18. E su questo non ci piove, Morwen. Ma allontanarsi dal Paladinato "classico" non significa decadere! Anzi!
  19. Dal lato Legale? Come si può decadere dal lato Legale? La legge non è una verità assoluta in D&D! L'unico modo che ha un paladino di decadere dal lato Legale è quello di non seguire la propria scelta etica, ma se la propria scelta etica è quella della guardia grigia, allora non potrà decadere seguendone il codice di condotta. Questa secondo me non è affatto una cosa scontata. Una delle maggiori difficoltà di giocare un paladino, sia per i giocatori che per il master, è quello di definire il codice etico del proprio PG... infatti molti si attengono allo stereotipo perchè è più semplice. Nell'ottica dello stereotipo questa classe non è adatta al paladino, ma non in ottica assoluta!
  20. Perchè non è una classe da paladini? Per come la vedo io può benissimo convivere con il codice di condotta di un paladino! Tra parentesi : anche se fosse una classe per paladini decaduti cosa cambierebbe?
  21. Rispondo in ordine assolutamente sparso. Io non vi chiedo di condividere l'etica del mio messaggio, quanto di riconoscere che la suddetta etica è di per se coerente con se stessa e quindi accettabile. Se voi lo fareste vi rendereste conto che questa CdP è perfettamente sensata, molto profonda e tutt'altro che da eradicare. In secondo luogo, non capisco cosa ci sia di male a voler "fare batman" : è un personaggio dotato di una profondità e di un conflitto interiore tutt'altro che scontato, e solo perchè esce dal "canone" voi vorreste non permetterlo? Qui non stiamo discutendo di un capidoglio incarnato santo che fa 256 danni da schianto, qui stiamo parlando di gioco di ruolo. Il gioco di ruolo, al contrario del PP, va incoraggiato, non infossato in canoni e preconcetti. Se la filosofia di vita di un mio PG è coerente, per quanto lontana dalla mia filosofia di vita reale, allora ben venga! Che la giochi! Che ci si diverta!
  22. Mi permetto di dissentire, però devo fare qualche premessa. D&D ha un grosso pregio/difetto : Bene e Male sono verità assolute. Ne consegue che una persona totalmente dedicata al Bene, essendo questo un termine assoluto e non sindacabile, può tranquillamente superare i limiti dettati dall'etica comune, non assoluta, per perseguire questo bene. Detta in soldoni : in D&D il fine giustifica i mezzi, per il semplice fatto che il fine è un obiettivo assoluto. Se una particolare etica mi impedisce di punire i malvagi, io come paladino sono tenuto a superare quell'etica, ad ignorarla, a distruggerla, a cambiarla... o così, o sottometterei il Bene a quelle che sono le mie egoistiche preferenze morali. Da qui il passo è breve. Se distruggere il Male è di per se un atto che rafforza il Bene, allora ogni azione che io compio allo scopo è Buona... anche se faccio del male ma lo faccio per un bene superiore, allora sto agendo nel bene. Si può discordare con questo particolare pensiero, ma a livello logico è inattaccabile. E da interpretare sarebbe una figata : come ha detto qualcuno, andrebbe interpretato come un personaggio in conflitto, in evoluzione, in cambiamento... che si sobbarca un peso non indifferente... distruggere ogni certezza etica per un bene assoluto quanto astratto: il Bene.
  23. Beh, che dire? Questo è il thread più lungo che io abbia mai creato su questo forum : grazie a tutti, amici come nemici! Se qualche anima pia potesse porre la domanda al Gran Capo di D&D, nei termini in cui l'ho posta io all'inizio, magari vedremo la questione bellamente risolta da una FAQ apposita!
  24. Grazie Godric! Il mio però vuol'essere un discorso generale, atto a dimostrare che non è detto che il paladino debba essere la quintessenza dell'eroe americano, ma che può anche essere una figura molto più complessa. Il fatto che ci sia scritto Legale ( ma rispetto a quale legge?) e Buono ( ma rispetto a quale bene?) imho non preclude affatto l'agire del paladino! PS : Stavo pensando che quanto ho scritto potrebbe riassumere molto bene i dogmi di una divinità "legale buona" di Faerun ( in effetti non si discostano di molto dai dogmi di Tyr), che il mio futuro paladino sia avviato verso un fulgido percorso verso l'assunzione della Divina Potestà?
  25. Distruggere in male, in ogni sua forma, è di per se un azione volta al Bene. Ti dirò di più, è la massima delle azioni buone, perchè ignora tutti i limiti posti dalla tirannia degli uomini malvagi contro l'ira dei giusti. Il processo altro non è che un rito atto a rendere accettabile l'azione in se, ma non ha alcun valore, si limita a veicolarlo; ne consegue che il paladino non è tenuto a processare nessuno : lui è giudice, lui è giuria, lui è boia. L'unico metro con il quale misurare il mondo è la propria etica, tutto il resto è falsità. Accettare il compromesso veicolato dalle leggi ingiuste significa rinunciare alla propria lotta per il Bene, significa fallire.
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