Perchè se mi chiedono "Scusi, ma lei che ne pensa del Papa a La Sapienza?", oppure: "Ma lei cosa dice della mogliediMastella indagata e Mastella che si dimette perchè anche Cuffaro è stato preso e quindi insomma qui è un casino?"...
Io rispondo con un rutto.
Perchè sono già alla terza birra e quindi l'anidride carbonica fa il suo corso, perchè sono letteralmente stomacato da certi discorsi (link e link) e perchè, fondamentalmente, un rutto è tutto quello che posso pensare di una situazione del genere.
Niente di più. Una gassosa esperienza dell'ennesima cosa digerita a fatica.
E i casi son due...o mi munisco di un tir di Citrosodina, o cambio dieta...
Zono Drunken del Klan Drinkill. Oricinario tel Pikkho Mozzo zulla Katena delle Montaghne tell’Alba.
Il mio prezticiozo nome è ztato prima ti mio nonno, prima ankhora tel nonno ti mio nonno e prima aknhora tel nonno tel nonno ti mio nonno. Noi nani ziamo ekonomisti e kon un nome ci facciamo intere cenerazioni.
Fin ta kwando ero uno frucoletto zono ztato portato nelle miniere ti famiglia kon uno pikkhone in mano. Ho spakkato pietre tanto ta saperle rikhonoscere tall’otore e dal zapore.
Mi piaze il zapore ti pietra. Ya Ya.
Ho assacciato frizzanti graniti, marmi speziati, dolci basalti, solforose piriti…ma kwelle ke mi zono piaziute ti più zono ztate le pietre delle kave t’oro. Atoro l’oro. È tenero, pesante, duttile, malleabile, di colore giallo, lo zi trofa in pepite o disciolto nell’akwa e per ti più è uno metallo ti transizione! L’oro ha uno zapore fantaztico. Tutte mie papille guztatife fremono ti cioia kwando assaccio l’oro. Ya Ya.
Per l’oro zarei kapace di tutto. Ya Ya.
Nelle miniere ti caza mia ce n’è zempre ztato poko. Zono kwinti antato nel monto in zerka ti oro. E ho zkhoperto ke in molte monete c’è l’oro. E ho zkhoperto ankhe ke ad ammazzare cente in ciro zi kuatagnano molte monete. Ya Ya.
Zono tifentato avventuriero per kwezto. Nel mio antare ferzo zud, ke zulle mappe zta zempre a ziniztra in bazzo e tofe mi hanno tetto ke c’è un zacco t’oro, ho uccizo molti goblin, molti orchi, e kwalke elfo inzitiozo. Zempre zotto lauto kompenzo. Ya Ya.
Grazie ai zaporitizzimi zoldi cozì gwatagnati ho mighliorato il mio armamentario et la mia esperienza nell’arte tell’uccitere. Ya Ya.
Mi piaze menare le mani, ma non mi piaze far zoffrire i nemizi. Ankhe perkè i nemizi ke non muoiono zubito pozzono ankhora tifenderzi. E non zerfe a niente preparare imbozkate tanto komplikate. Bazta nazconterzi pene in un punto e azpettare ke la vittima zi faccia a portata ti ascia. A kwel punto il zioko è fatto. Ya Ya.
E non zo kome ho imparato ad otiare mio nemiko. Kwando foglio tifento una beztia. Zono cariko, zono forte, zono grozzo. E ammazzo il nemiko. Ya Ya.
Da kwando zono scezo talle montaghne per finire ficino al lako Tirulag non faccio altro ke zentire ke ferzo Mulsantir z’è kwalkuno ke zerka kwalkun altro per affenture. Ya Ya.
Zto antanto ti perzona a zincerarmene. Ya Ya.
Perchè tutte le volte che ti capita ti dici che vabbeh, tanto sei abituato, che tutto sommato non è un grandissimo problema finchè te lo fa per una notte e basta e che insomma, hai trent'anni ti potrai pure permettere di fare tardi una sera!
E invece ti frega costantemente, ti rosicchia i nervi, piano piano ti corrode lo stomaco e ti fa venire un'alito da stendere un drago, altera la percezione che hai di te.
Perchè ti fa credere che ce la puoi fare a farla in bianco, 'sta nottata passata a far nulla, rimbalzando tra un sito e l'altro, facendo finta di interessarti. Ti fai pure un paio di solitari perchè tanto sei sveglio e cerebralmente attivo, riesci anche a concentrarti.
È al quarto solitario perso di fila però che ti viene il dubbio che forse così fresco come credevi di essere non lo sei. E quando rileggi per la terza volta lo stesso rigo di un racconto che ti viene quasi lo scrupolo di dirti che vabbeh, magari ti butti nel letto un paio d'ore, recuperi e poi ti ripigli.
Ma lo sai che non funziona così. Sai che se ti metti adesso a letto prima di mezzogiorno non ne scendi, e butti una mattinata nel cesso. Il fatto che poi passi il pomeriggio senza stancarti non ti aiuta, tantè che la notte dopo sei punto e a capo.
E allora ti costringi a non andare a dormire nonostante il principio d'ulcera, nonostante ad ogni sbadiglio ci sia il rischio che ti cada il cranio staccato dalla mandibola, nonostante inizi a vederci doppio.
Perchè almeno nel cesso butti una giornata intera...e tiri pure l'acqua...ma magari poi, speri ti passi...
Pisenlov, mi chiamo così e pratico il Verbo dell’Amore Cosmico.
Sono cresciuto a Wiidstick, nella comunità degli elfi di Frik’ton circonfuso di Amore e di Pace.
Le amorevoli cure degli elfi hanno fatto si che io crescessi sano e robusto, grazie ad una dieta completamente priva dei vizi della carne e degli alcolici e a tanto esercizio fisico. Allenamenti tutti i giorni e pasti vegetariani. Un toccasana. Ovviamente anche l’esercizio spirituale non è mancato. Ho un compito da svolgere, io.
Devo redimere la figura di mio padre ed espiare il male che ha fatto. Perché lui è un barbaro e ammazza le persone. O meglio, era.
Per capire la mia storia devo raccontarvi quella di mio padre, perché sono strettamente legate tra loro.
Lui è un nano delle montagne rocciose di Vath Ehl Ap’ Pesk e fin da ragazzo fu instradato verso il Male e la Devastazione da quella gente malvagia e potatrice di morte che lo ha addestrato ad uccidere. Si facevano chiamare i Sinunmori Taccid’Ih ed erano conosciuti come la più feroce banda di mercenari del sud.
Per entrare nella banda si doveva superare un violento rituale di ammissione, portando al capo le teste di tre individui indicati da lui. A quel punto potevi essere ammesso nelle fila del gruppo. Una volta arruolato ti affiancavano ad un membro più alto in grado che ti avrebbe accompagnato per tutta la vita, dell’uno o dell’altro. In quella banda infatti si moriva abbastanza alla svelta. Ma non mio padre e Donvit, il suo compare. In poco tempo furono infatti l’unica coppia che riuscì a restare unita per più di sei mesi. Diventarono i preferiti del Capo che li elesse suoi Pich’Oth’, le guardie del corpo personali.
Tra mio padre e Donvit si creò quel legame di profonda amicizia che unisce due persone che se la sono vista brutta e che si sono salvati vicendevolmente la vita una quantità innumerevole di volte. Erano più che fratelli. Se non che, un giorno che mio padre si radeva le sopracciglia (come era uso della banda, per aumentare la loro espressione di cattiveria) e Donvit gli reggeva lo specchio, a mio padre scivolò di mano il rasoio che colpì in pieno collo il suo amico, uccidendolo tra atroci sofferenze in una lunga agonia da dissanguamento.
Mio padre ebbe una profonda crisi di coscienza nonostante i ripetuti tentativi di Jennahr Cor Leho’n, il capo, di convincerlo che si trattava solo di un errore.
Fuggì dalla banda e vagò senza meta per anni, finché non fu accolto nella comune che mi ha allevato. Venne curato dalle ferite che si era procurato nel suo vagabondare, nutrito e spiritualmente risollevato. Gli furono insegnate le giuste dottrine della Pace e dell’Amore e, soprattutto della seconda, si fece portatore.
Addirittura divenne un insegnante per le giovani reclute e il fatto che fosse un nano lo rendeva assai attraente agli occhi delle giovani elfe che frequentavano il suo corso.
Tra di esse c’era anche mia madre che fece proprie le parole di mio padre sull’Amore ed iniziò a professare la retta fede dell’Amore Libero proprio con lui. Dalla loro unione nacqui io.
Vissi allevato da mia madre e da tutti gli elfi della comunità come se fossi figlio di tutti. Ognuno di loro aveva per me le amorevoli cure di un genitore e i più anziani mi elargivano dolci consigli da nonni. Crescevo robusto, forte e nella piena Luce della Pace e dell’Amore.
Avevo sei anni quando mio padre mi raccontò la sua storia e all’epoca mi parve di notare in lui un barlume di nostalgia nei suoi occhi. Infatti mi instradò subito all’arte della guerra, per farmi capire cosa dovevo combattere, diceva lui.
Via via che crescevo iniziavo ad accorgermi però anche delle cose che stanno dietro il comune essere dei corpi terreni. Mia madre continuava la libera professione del suo Libero Amore, mio padre iniziava a mostrare quegli aspetti che successivamente mi dissero essere manifestazioni di Gelosia, insana abitudine di chi non conosce il Verbo. Ebbene, decisi che mai in vita mia sarei stato geloso perché quel sentimento malvagio costrinse mio padre ad un’azione ignobile. Uccise mia madre in uno scatto d’ira provocato dal suo professare il Libero Amore col vecchio druido a capo della comune.
Per questo abominio fu allontanato per sempre da quel luogo di Pace e Amore e, come supplizio aggiuntivo, mi impedirono di andare con lui, cosa che lui avrebbe voluto con tutte le sue forze.
Io crebbi con l’idea continua di dover rimediare agli errori di mio padre, così forgiai il mio fisico secondo i suoi insegnamenti per sopravvivere alle avversità del mondo esterno, studicchiai i rudimenti per professare il Verbo per il mondo e partii dalla comune con lo scopo preciso di portare Pace e Amore ovunque andassi e, ove possibile, rimediare agli errori che mio padre commise in gioventù.
Alcuni links a siti che frequento più o meno abitualmente e che potrebbero, forse, interessare anche a qualcun altro...
Il sito della Lega di Fantacalcio di piri. Di base non ve ne fregherà nulla (visto che siamo anche parecchio scurrili), ma tutti i lunedì piri fa le primepagine...
Anche se ultimamente in crisi un sito divertente, mologo dello statunitense filmwise. Un must per i cinefili...
Feroci, Puntigliosi, Corrispondenti, Vili, Illuminati, Vani, e Faccendieri...guazzabuglio di elette menti che parlano di tuttunpo' e con alcuni dei quali ho intrattenuto lunghi discorsi alcoolici...
Agenzia di ruoli interinali
Personaggi Precari - agenzia di lavoro interinale per personaggi sprovvisti di storia...
Eccolo qui. Neosocio, neoblogger, neo...
Ovverosia il piccolo melanoma cutaneo di DL, quello che per le primedonne è un vezzo, ma da tener sott'occhio perchè se s'incattivisce son quarzi...quello che se s'allarga troppo diventa fonte di imbarazzo e che certa gente nasconde...
Ad ogni modo, son qui, appena arrivato e subito un po' espanso.
Ho messo qualche riempitivo, giusto per cominciare...due soprammobili per riscaldare l'ambiente e un piccolo vasettino di fiori...e adesso mi piazzo a guardare la TV...il telecomando, ovviamente lo tengo io.
Girava una voce nello spazio: i rave sul buco dell'ozono erano i migliori. Orge intergalattiche di corpi ed entità aliene si fondevano in un unico immenso groviglio di tentacoli e antenne, di arti e pseudopodi, di gocce di sudore di Antharesiani che venendo a contatto col muco traspirato dai pori Batelgeuseiani davano luogo a reazioni chimiche che creavano nebulose luminescenti di notevole effetto artistico. Gli immensi Alphacentauri arrivavano sulle loro motonavi con le frangette di cuoio alle manopole e la birra sul fanale, dietro, incollate al sedile, stavano inguainate in minicompleti di pelle le Alphapuledre. I piccoli Kabooz (ammassi di pallottoline assomiglianti a grumi di polistirolo espanso) galleggiavano nei drink, già ubriachi fin dall'inizio della festa. Non era infrequente che uno di questi venisse ingurgitato assieme a cubetti di ghiaccio e noccioline da qualche incauto festaiolo. Il Kabooz ingerito allora si espandeva all'interno del malcapitato fino a farlo esplodere in lapilli che andavano a condire i drink altrui nel raggio di seicento metri.
Ad un tratto, quando il rave era all'apice, giungevano i Venusiani, già ciucchi duri dopo aver bevuto la grappa di more saturnie alla luce di Bellatrix. Parcheggiavano in doppia fila sulla luna e barcollanti raggiungevano il rave. Ivi iniziavano a spintonare creando risse in tutta la festa. Quindi, iniziavano a ballare.
Alieni d'ogni angolo dell'universo venivano a sballarsi sul buco dell'ozono. La festa andava avanti per giorni. La fine del party era sancita nel momento in cui il groviglio alieno multietnico si incastrava nel buco dell'ozono tappandolo.
Rimossi i corpi dei festanti iniziava il lavoro del Sor Gino, Spazzino spaziale. Il suo compito era quello di ripulire il luogo della festa.
Lavorava alacremente e con una velocità notevole acquisita con l'esperienza. Appena finito riscuoteva e si recava immediatamente su Plutone, al Black Hole, il nait più rinomato del sistema solare, per vedere lo show di Lady Marbella. Aveva conosciuto quel nait ai tempi in cui ancora faceva il lavavetri per i satelliti che si fermavano agli incroci con le comete che, si sa, hanno diritto di precedenza da qualsiasi parte arrivino. Già dalla prima volta aveva notato Lady Marbella ed era rimasto subito affascinato dai suoi quindici splendidi occhi azzurri. Da quel giorno appena poteva andava al Black Hole a vederla e spendeva la quasi totalità dei suoi risparmi in immensi mazzi di fiori.
Oramai era conosciuto all'interno del locale ed era riuscito a guadagnarsi l'accesso al backstage, da dove si raggiungevano i camerini. Ogni volta, dopo lo show di Lady Marbella, andava a piantonarne il camerino, sperando finalmente di poterla conoscere di persona. Ma non era così facile. Il vecchio Brugus, impresario di Lady Marbella, la teneva praticamente segregata in quel camerino.
Effettivamente nessuno aveva mai visto entrare Lady Marbella prima dello spettacolo e uscirne dopo. C'era chi diceva che Brugus aveva fatto costruire un passaggio segreto che collegava il camerino con la camera d'albergo di Lady Marbella e che quindi lui, entrato nel camerino, aprisse il passaggio, la facesse arrivare in tutta segretezza e la preparasse personalmente allo spettacolo. Tuttavia al povero Sor Gino non era mai capitato di vedere Lady Marbella ad una distanza inferiore a quella del palco. Tutti i suoi regali venivano accettati, le lettere d'amore che scriveva sulla carta intinta di profumo erano state tutte recapitate, ma non aveva mai ricevuto risposta. Ed era per questo che continuava a sperare. La ritrosia di Lady Marbella nei suoi confronti lo faceva eccitare ancora di più perché dal palco gli aveva fatto capire che i doni erano stati graditi.
Dopo l'ennesimo rave il Sor Gino tornò a casa per darsi l'ultima rinfrescata prima di partire per Plutone, ma trovò una sorpresa. Sdraiati sul vialetto di casa trovò due Venusiani ancora in preda ai postumi della sbronza. La pacatezza e la tranquillità usuali del Sor Gino svanirono di un colpo e, nonostante fosse alto solo un terzo dei due Venusiani e avesse la metà della forza, riuscì a cacciarli di casa a pedate. Quindi, sempre in preda alla foga, senza nemmeno darsi la rinfrescata che avrebbe voluto (e di cui avrebbe senza dubbio avuto bisogno), andò al Black Hole. Tutti erano al loro posto, e Lady Marbella sul palco. Senza riflettere troppo (non si fermò neanche a salutare il barista) salì diretto sul palco, prese Lady Marbella sotto il braccio, la coprì col proprio pastrano, e scappò. Da quel giorno Lady Marbella non si trova più. Anche il suo perfido impresario Brugus è sparito la stessa notte e non se ne è saputo più niente. Voci dicono che Brugus, avendo assistito da dietro al palco a tutta la scena, abbia avuto un colpo e si sia disintegrato come tutti quelli del suo pianeta quando hanno un infarto, altri, i più maligni, dicono che in realtà Lady Marbella era una delle trasformazioni meglio riuscite dall'impresario Brugus che poteva trasformarsi come tutti quelli del suo pianeta quando hanno bisogno di arrotondare il salario. Tuttavia i rave del buco dell'ozono sono sempre i migliori, adesso pare che ci siano due nuovi digeis molto bravi che lavorano sempre in coppia e si alternano ai piatti e sul cubo. Qualcuno fra i più mondani festaioli ha notato una certa somiglianza fra uno di questi digeis e la scomparsa Lady Marbella, ma non ci fa caso. Gli Alphacentauri continuano a scarrozzare le Alphapuledre. I Kabooz continuano ad ubriacarsi. Betelgeuseiani e Antharesiani hanno messo su un'impresa di effetti speciali per party. Al Black Hole adesso si esibisce Paloma, un transex di Giove che riscuote molto successo, anche se la clientela adesso è un po' più di nicchia. I due venusiani, stupiti dalla reazione del Sor Gino, rifletterono sulle loro azioni e si pentirono, diventando testimoni di Geova.