Johann 'Knochen'
Knochen rimase sorpreso dal gesto quasi plaeteale del sacerdote, che riversò una quantità notevole di pezzi d'oro in conio imperiale sul tavolo. Johann rimase quasi incantato a guardare il volto di Sua Maestà Imperiale Karl Franz che occhieggiava innumerevoli volte dalle monete, chiedendosi, non meno degli altri, cosa potesse valere tanto denaro. Ma si tenne la domanda per sè. Non amava inimicarsi i sacerdoti, ma non solo per questioni meramente di sopravvivenza: Johann si era molte volte affidata alla sua personale religiosità nei momenti più bui e, pur sapendo che il clero ero permeato di corruzione come qualsiasi altro ambiente di potere, aveva anche trovati molti preti e pretesse degni di fiducia.
Attese il suo turno e poi giurò, siglando la parola data con un'anonima croce, a cui, immaginò, il sacerdote avrebbe poi affiancato il suo nome. Restò ancora in silenzio: il senso di disagio ed inadeguatezza non era ancora sparito, unendosi nel frattempo alla paura di dire qualcosa di sbagliato, di fuori luogo, che avrebbe potuto rivelare ai presenti la sua pochezza.
Johann ripensò a suo padre ed alla fatica che gli spaccava ogni giorno la schiena, per una misera fetta di quell'anticipo avanzato quasi con noncuranza dall'adepto di Verena: cosa avrebbe detto, quell'uomo tanto cupo e pessimista, in una situazione del genere? Forse gli avrebbe consigliato di prendere quei soldi e fuggire.
Ma Johann... Johann non l'avrebbe mai fatto. Aveva giurato. E sapeva bene che gli Dei punivano mortalmente gli spergiuri.
Ed inoltre... c'era una vocina nella sua testa che gli spiegava chiaramente quanto ciò sarebbe stato sbagliato. Aveva imparato a fidarsi di quella vocina.