Posto un mio racconto. L’ho scritto l’anno scorso in un momento di follia. È un racconto un po’ strano ma lascio a voi il giudizio aggiungere altro.
La sua prigione è una struttura conica di pietra lucida che affoga le figure della notte. Mi avvicino lenta, seguendo il ritmo delle ombre. Le mie mani avide sfiorano la superficie fredda. Un brivido. Trovo una fessura, piccola abbastanza da permettermi di osservarlo.
L’hanno sorpreso nel giardino delle rose, il giardino di mia madre. Nessuno era mai riuscito a violare quel luogo. Dalla morte della strega dei sogni, ne era stato proibito l’accesso agli estranei. Solo il Signore di Hay, aveva continuato ad ammirare gli sfavillanti colori di quel luogo, caro a Ilyan.
Cerco con lo sguardo la sagoma della guardia. Stringe la lancia, il capo è leggermente piegato in avanti. Confido che continui a dormire. Come riuscire a giustificare la mia curiosità? Torno a voltarmi verso la fessura increspando le labbra in un sorriso maligno. È piccola ma adeguata a soddisfare il mio primo desiderio: vederlo. Le mie dita si posano accanto al buco, delineandole i contorni. Le mie labbra sfiorano la pietra, un bacio freddo. I miei occhi riescono a penetrare il suo mondo. Eccolo, condivido ora il suo spazio. È nudo, seduto in terra. Lo immagino aggirarsi tra gli alberi secolari, osservare incuriosito le fate dei sogni. I suoi muscoli sembravano scolpiti dalla luce della luna che illuminava una parte del suo corpo filtrando dalle griglie della torre. Immobile come una statua percepiva la mia presenza. Entrando nel giardino di Ilyan aveva lanciato una sfida.
“Perché l’hai fatto?” la mia voce rompe il suo silenzio. Le sue labbra, in attesa di una risposta, sottili, segnate da una piccola cicatrice. La statua solleva lo sguardo verso di me. I suoi occhi grigi sembrano indagarmi. Mi avvicino a lui, il mio mantello nero si posa sulla sua liscia pelle. È perfetto. Non riesco a smettere di guardarlo, lo desidero.
La statua muove le mani verso di me, lentamente. Seguo i suoi movimenti mentre la polvere di marmo si sbriciola, scivolando sui nostri corpi per poi sparire sul pavimento. Le sue mani si avvicinano al mio corpo, afferrandolo saldamente. È caldo. Le mie dita diventano artigli che lacerano la sua pelle perfetta. La carne squarciata si colora di rosso. Il piacere si impadronisce di me, accompagnato dal suo atroce lamento che riempie il nostro amplesso.
Non sento più nulla, solo il suo lamento che accompagna il mio desiderio. Il mio esile corpo troneggia sul suo, mi muovo piano su di lui. I movimenti del mio corpo seguono il suo respiro… Lenti… Soffocati… Poi il buio improvviso avvolge i nostri corpi.
Sento un guanto metallico posarsi sulla mia spalla. Non riesco a respirare, pensieri folli annebbiano la mia mente. “Sangue… Devo pulirmi!” penso cercando di nascondere le mani dietro la schiena, come fanno i bimbi colti in fragrante con le mani nel dolce caldo. Sfodero uno sorriso imbarazzato verso la guardia. Mentre con lo sguardo cerco il mio abito. Rosso. Il sangue cola sull’erba ma il vecchio soldato non ha notato nulla. Cosa succede? Sto sognando?
“Spettacolo interessante, Lady?” la sua voce melliflua mi irrita più del suo guanto ancora appoggiato su di me.
“Come si chiama?”
La guardia alza le spalle. “Non ha più importanza, i cadaveri sono tutti uguali” sento il freddo metallo spostarsi sulla mia pelle, scivolando vicino alla scollatura. Stacco i miei occhi dai suoi, posandoli sulla sua armatura. Provo il desiderio di colpirlo ma in questo modo, lo sappiamo entrambi, mi caccerei in guai peggiori. L’ultima volta, il mio patrigno è stato chiaro: “Al prossimo guaio, finirai ad aiutare la cuoca!”
Faccio un passo indietro, appoggiandomi alla parete della prigione. Lui non si distacca. Non vede il sangue che ricopre la veste di seta? Cupida, osservo il suo corpo. Passabile. “Devi portarmi dal prigioniero, lurido verme” penso avvicinandomi a lui. Le mie labbra si posano sulla pelle del suo volto, vicino al lobo. Infastidite dalla sua corta barba, si muovono rapidamente sussurrando parole che farebbero impallidire la mia balia e che ottengono lo scopo previsto. L’uomo, protetto dalla pesante armatura, mi guarda perfido poi si muove lentamente, accompagnandomi alla porta. “Solo pochi minuti, Lady” sussurra aprendo la gabbia.
Entro nel suo spazio, ancora bianco.
I suoi occhi grigi si posano su di me. Mi aspetta.
“Perché l’hai fatto?” chiedo avvicinandomi. Non ha paura. Non mi teme. Non risponde con le parole. Il suo sguardo mi turba. La luce della luna ora illumina la mia lama. Gelida, mi avvicino per concludere il mio secondo desiderio. Proverò lo stesso piacere?