Sono andato lentamente e faticosamente avanti:
4.Incontri
Tutt’ad un tratto si svegliò in una stanza fortemente illuminata dal sole brillante, attraverso pesanti, ma rozzi tendaggi. A quanto pareva Vartenia non era tornata a svegliarla e così aveva dormito per tutta la notte. E con questa erano due le notti che mancava da casa: ci sarebbe mai potuta tornare? Ad un tratto si sentì stupida: fino a ieri avrebbe dato tutto per non dover stare in casa con sua madre ed ora, appena sveglia, già provava nostalgia per quello che aveva appena lasciato. Avrebbe dovuto essere felice per come il destino aveva accontentato i suoi desideri. Ma non lo era: in parte perchè si era ficcata in un mare di guai. E tutto per colpa sua! Ficcò la testa testardamente nel cuscino, tentando invano di non dare più retta alla propria coscienza, allo stesso tempo confusa e sconfitta. Per ogni minuto che passava così, le sembrava di essere lacerata dai propri pensieri, soprattutto da tutte quelle domande senza risposta. Ma alla fine si decise: appena fosse scesa dal letto avrebbe immediatamente cercato Vartenia. Capì di non poter aspettare così un solo momento di più. Rapidamente scostò le coperte e si alzò in piedi sul pavimento gelido. Guardandosi attorno si accorse che dopotutto il sole, per quanto brillante, non riusciva a far penetrare il proprio calore in quella stanza. Sembrava tutto così distante e tetro, adesso. I vestiti erano sempre accuratamente piegati su una sedia lì accanto. Ed una persona aspettava in silenzio, seduta in un angolo della stanza.
«Vartenia? Sei tu?» chiese, bloccandosi nel panico, pronta a scattare e fuggire.
«Sì sono io, non devi aver paura.» le rispose, alzandosi di scatto ed avanzando verso di lei sotto la luce, fuori dall’ombra. La lunga veste nera che indossava sembrava poter scivolare sul terreno senza toccarlo. Lara la osservò, ammirata.
«Stai bene? Hai dormito?»
«Sì grazie, ma...»
La donna le fece il segno di tacere: «Non adesso, mi spiace ma non c’è n’è proprio il tempo. Sbrigati, il kissal ci sta aspettando.».
In un batter d’occhio Vartenia scivolò fuori dalla stanza. Lara indossò velocemente i propri vestiti e la raggiunse nel corridoio. Si guardò attorno, quantomai sorpresa: non si sarebbe mai aspettata di trovarsi in uno spazio angusto, poco illuminato e scavato rozzamente nella pietra. Ma forse la notte era tutto diverso: ora non tutte le lampade nelle nicchie annerite dal fumo erano accese.
«Vieni con me.» le disse Vartenia.
E subito si inoltrarono in una ragnatela di corridoi egualmente poco illuminati e deserti. Vartenia sceglieva con assoluta sicurezza ad ogni bivio e se talvolta il corridoio era quello più largo, altre volte invece, dopo una stretta curva, si infilavano in sorte di budelli. Una volta sbucarono addirittura in una sorta di crocevia, passando accanto ad una processione di figure silenziose. Ma nessuno prestò loro la minima attenzione. Continuando a girare in quella specie di sotterraneo, Lara si rese conto di sfuggita di non essere passata di lì la notte prima. Ma forse era soltanto un’impressione. Nulla le era familiare.
Salirono alcune strette scale a chiocciola inoltrandosi in corridoi sempre più larghi e meglio illuminati; stavolta sembrava quasi di poter sentire il tepore del sole avvicinarsi. Finalmente arrivarono in una stanza, intiepidita dalla luce mattutina.
«Aspettami qui un attimo. Non muoverti per nessun motivo.» le disse subito, scomparendo velocemente attraverso un ampio portale in pietra alla loro sinistra
.
Adesso era di nuovo sola. Lara si guardò attorno incuriosita: se non poteva muoversi avrebbe però sempre potuto guardarsi attorno, si disse. In un primo momento non era riuscita a vedere bene nulla in quella nuova stanza. C’era troppa luce rispetto ai corridoi bui. Ma adesso distingueva nettamente gli ampi arazzi appesi alla parete di destra. I riflessi dorati della luce del sole squarciavano le ampie finestre illuminandoli in pieno. Lara si avvicinò, senza riflettere: distingueva a malapena le figure in colori vivaci. Potevano essere cavalli o bestie di forme inusitate. Non fece in tempo a rendersene conto.
Vartenia la strattonò improvvisamente per un braccio, facendola sussultare: «Vieni con me, ragazzina. Adesso puoi entrare.».
Stavolta attraversarono insieme il portale: al di là di esso c’era un’ampia stanza, ancora più ricca e luminosa della precedente. La forma ovale accompagnava i cerchi concentrici di scuri seggi lignei, che contrastavano in mezzo con una piattaforma sopraelevata in pietra. Alla sommità di essa c'era un trono. E seduto su quella sorta di scranno ed avvolto in una lunga mantella grigia, c'era un vecchio che stava ascoltando con attenzione altre due persone. In un primo momento Lara non capì assolutamente cosa stessero dicendo; anzi, per un attimo la sfiorò il dubbio che non stessero parlando nella sua lingua. Ma poi una voce tra le altre si fece improvvisamente più chiara e precisa nella stanza, come scandita:
« ... Presto manderanno qualcuno per vedere cosa sia successo. Devo arrivare là prima che questo accada, devo avvertirli, anche se per questo dovessero considerarmi un traditore.»
Lara entrò completamente nella stanza, spinta da Vartenia e vide che chi stava parlando non era un uomo. Non proprio nel senso stretto del termine, almeno. Un uomo sicuramente non aveva i tratti del volto così affilati e le orecchie appuntite. Chiunque fosse sembrava estremamente dibattuto ed impaziente... accanto a lui quello che doveva essere un nano annuiva e commentava con degli strani borbottii. Quando l’altro si interruppe alla vista di Lara, anche il nano sollevò lo sguardo perplesso su di lei. Sovrappensiero sistemò l’ascia che portava ancora a tracolla e Lara non potè evitare di spalancare la bocca, sorpresa. Ma chi erano quelli?
Il vecchio, accortosi della sua presenza le sorrise benevolmente: «Benvenuta ragazza, avvicinati.»
Lara obbedì e cercando a stento di ignorare il nano che ora la stava fissando con aria di sfida, si avvicinò alla piattaforma.
«Spero tu abbia fatto buon viaggio.» le disse il vecchio, sorridendo.
Quasi per nulla confortata dalla presenza di Vartenia dietro di lei, Lara annuì terrorizzata e ricambiò forzatamente il sorriso. Aveva ancora voglia di scappare da lì, visto che fino a pochi giorni prima non sopportava la compagnia dei suoi simili. Ora però non sapeva se il suo fosse ancora odio o piuttosto un genuino terrore. Per il momento aveva semplicemente rinunciato a parlare per timore che gli altri non la capissero. Ma ora cosa doveva fare? Perché Vartenia l'aveva portata lì?
Il vecchio le sorrise nuovamente, da dietro quella barba incolore, riempiendo così il silenzio impacciato che era venuto a crearsi nella stanza. Anche il compagno del nano la fissava ora, incuriosito. Lara notò il suo sguardo e non potè fare a meno di rimanerne stupita: era giovane, forse quanto lei stessa ed indossava vestiti semplici; non portava armi, almeno non in vista.
All’improvviso, per rompere quel lungo istante di silenzio, Vartenia si fece avanti:
«Mio Signore, ho trovato questa ragazza non più tardi di due notti fa, nei boschi a nord del Tissen. Era stata attaccata da strane creature, ma quel che è peggio è stato che, ascoltando la sua storia, ho capito immediatamente che proviene dal mondo al di là del Passaggio.»
A questa affermazione tutti la guardarono con stupore ed orrore insieme. Il vecchio quasi si ritrasse sul suo scranno, spaventato:
«Ma non esiste nulla al di là del Passaggio. É soltanto una vecchia leggenda!» sbottò.
Vartenia aggiunse: «So che può sembrare impossibile. Era tanto, tantissimo tempo che nessuno attraversava il Passaggio. Eppure questa ragazza lo ha fatto; ti prego di ascoltare la sua storia.».
«Avvicinati.» borbottò il vecchio, ancora non del tutto convinto.
Vartenia la spinse decisamente verso la pedana stavolta, accanto al nano che ora la guardava con crescente sospetto. E Lara rimase in silenzio. Come poteva raccontare loro quello che le era successo, cosa aveva provato? Era successo tutto così rapidamente da non lasciarle neppure il tempo per rendersene conto, figuriamoci se avesse potuto descriverlo ...
«Su racconta, non aver paura.» la apostrofò gentilmente il vecchio, notando il panico sul suo viso.
Doveva farlo.
Lara cominciò, suo malgrado, a raccontare. All’inizio le fu molto difficile trovare le parole giuste per esprimersi, quasi che un groppo in gola le impedisse di parlare. Ma poi pian piano fu come se le fosse più facile parlare: le ultime barriere dentro di lei cedettero alle emozioni. Alla fine provò la netta e terribile impressione di non parlare neppure di lei stessa, ma semplicemente di un’estranea. Sembrava tutto così lontano, seppure fosse passato solo un giorno. Quando ebbe finito il suo racconto il vecchio continuò a fissarla preoccupato.
«Questa storia non ha nè capo nè coda! Il Passaggio è stato chiuso nei Tempi antichi e questa ragazza non avrebbe potuto sopravvivere ai confini che lo proteggono. Sempre che tutto quello che ci ha raccontato sia vero! – sbottò il nano e concluse:- Secondo me. non ci dice affatto la verità!».
Lara lo guardò impaurita, già pronta a scappare via da lì nella vergogna. Come potevano credere a quello che aveva detto se lei per prima stentava a crederci?
«Ricordati che le leggende possono sempre tornare a far parte della realtà.» lo redarguì Vartenia.
«Ma sono solo favole! Fiabe di tempi andati e sepolti. Che prove abbiamo per crederci? Nessuna!»
«Il mio popolo, il popolo degli elfi del nord ci crede.».
Tutti si girarono sorpresi. L’elfo, ovvero quello che per Lara era un uomo dalle orecchie appuntite, scosse la testa annuendo, come rassegnato: «Sì, noi ci crediamo. Le nostre leggende ci hanno sempre avvertito che questo avrebbe potuto accadere. Il Passaggio può essere riaperto. Sempre che si abbiano poteri sufficienti a farlo.»
«Ciarlatanate. Non fate altro che ingannarci tutti» soggiunse il nano, sprezzante.
Vartenia lo ignorò per il momento.
«Io non vengo a presentarvi delle prove, ma dei fatti. Appartiene al kissal la responsabilità di decidere. Io mi rimetto al suo giudizio ed alla sua prudenza.»
Il vecchio si alzò in piedi di scatto, innervosito. Sul suo viso passavano nubi scure, mentre contemplava possibilità che solo ora arrivava pienamente a comprendere. Infine si decise a parlare:
«Non parlare in maniera così avventata amico mio, forse le leggende sono ritornate veramente in questo mondo o forse no. Non possiamo comunque ignorare la possibilità che ciò sia avvenuto e neppure illuderci che non vi saranno delle conseguenze da affrontare.»
Il nano si agitò, irrequieto: «Ma...!»
«Niente ma,- lo interruppe subito il kissal- Per ora ho bisogno di calma per riflettere. Prego ciascuno di voi di ritirarsi per breve tempo nelle proprie stanze. Vi farò richiamare quando avrò preso la mia decisione. Fino ad allora rimarrete com'è ovvio miei graditi ospiti.».
Con delicatezza Vartenia prese Lara sottobraccio e la ricondusse nella sala degli arazzi. Mentre usciva, Lara vide con la coda dell'occhio il nano e l'elfo che si allontanavano dalla parte opposta del salone.
«Ti ricordi la strada dalla quale siamo venute prima?» le chiese Vartenia.
Lara rimase in silenzio, cercando di recuperare il ricordo del labirinto che avevano percorso poco prima. Ma subito si rese conto di non essere assolutamente capace di tornare indietro. Fece di no con la testa.
«Aspettami qui dentro allora, non tarderò.» la rassicurò Vartenia e quindi scomparve.
Lara sospirò rumorosamente e rimase sola nel centro della stanza ad aspettare. Poi quando la curiosità divenne troppo grande si avvicinò a quegli strani arazzi: non aveva notato prima che le figure sembravano muoversi.
Seduto sul suo scranno il vecchio passava nervosamente le dita sugli intagli, riflettendo tristemente su quanto stava succedendo. Non era più quello di una volta: ogni giorno cercava un rinnovato vigore per combattere, ma di volta in volta si sentiva sempre più vecchio e soprattutto sempre più debole. Oramai era stanco di lottare e sarebbe arrivata una mattina nella quale, svegliandosi, avrebbe saputo di aver perso completamente la voglia di combattere; temeva anzi che quel giorno potesse essere molto vicino.
Dove avrebbe trovato allora un buon successore? Pensò a tutte le persone che quotidianamente gli si affollavano intorno: bastava una sola mano per contare quelli veramente fidati. Ed allora? Aveva sempre saputo che coloro che lo circondavano volevano in realtà solo potere e prestigio,magari anche ricchezze e gloria. Quanti gli si affollavano attorno per dargli veramente un aiuto? Poveri stolti: coltivavano sogni che la sua morte avrebbe velocemente dissipato. Eppure doveva trovare un successore, doveva pensare già ora a cosa sarebbe successo dopo. A chi avrebbe preso il potere tra le proprie mani per proseguire il lavoro che andava fatto. Ma chiunque fosse tale persona non aveva ancora un volto: se non avesse scelto, alla sua morte gli sarebbe semplicemente succeduto il figlio. Ma il sangue del suo sangue non era adatto per assumersi una simile responsabilità, era fidato, questo sì; ma non avrebbe mai imparato la saggezza e la prudenza necessarie per assumere il potere nelle proprie mani. Suo figlio era impulsivo, incosciente, per nulla diplomatico e per giunta immaturo. L’unico problema era che non era ancora pronto e forse dopotutto non lo sarebbe mai stato. Amava la guerra invece di saper cercare la pace, spendeva il denaro per sé stesso piuttosto che per gli altri, inseguiva l'effimero… non sarebbe mai stato un buon kissal. Ma chi altri poteva succedergli? Chiunque altro avesse designato al posto del proprio figlio non avrebbe avuto il diritto del sangue. Erano tempi oscuri questi e senza il diritto del sangue nessuno sarebbe resistito a lungo al suo posto. Se non altro suo figlio non si sarebbe piegato facilmente ai voleri dell'alta nobiltà: l'orgoglio era il suo miglio pregio, ma anche il suo peggior difetto… Sospirò su quei pensieri ancora una volta e volse lo sguardo attorno alla stanza vuota.
Od almeno così credeva che fosse.
Il debole fruscio di una veste lo raggiunse dall'ombra e già prima di alzare gli occhi seppe che si trattava di Vartenia. Quella donna una volta gli faceva paura: ora non più.
«Donna, sei venuta qui ancora come un corvo del malaugurio. Non ti avevo detto di ritirarti nelle tue stanze?» le chiese con sarcasmo. La conosceva ormai, da tanto, troppo tempo. E sapeva che qualunque cosa le fosse stata detta quella donna avrebbe comunque fatto di testa propria.
Vartenia si fermò davanti a lui e quindi si inchinò lentamente a terra:
«Sai bene che non è per mio volere che porto tali messaggi. Pure qualcuno deve portarli.»
«Già, avevo perso l'abitudine alle tue frasi sibilline. Tu aggiungi altre amarezze a quelle che già coltivo io stesso nella mia vecchiaia.» le disse, con amarezza.
Vartenia si rialzò lentamente da terra e tacque.
Il vecchio kissal prese coraggio e continuò: «Come puoi chiedere a me di assumere simili responsabilità? Non solo sono vecchio, ormai, ma anche terribilmente stanco. Non voglio più sentir parlare di catastrofi, di guerre e delle tue magie! Le mie preoccupazioni sono altre.. e ben più importanti»
«E le conosco bene anch'io, mio signore,- lo interruppe Vartenia- ma ciò nonostante devi conoscere quali terribili pericoli ti troverai ad affrontare. Qui non sono in gioco soltanto le nostre due vite, ma è minacciata l'esistenza di qualsiasi essere vivente su Solnem. Un'enorme pericolo ci minaccia, tutti quanti, se sta avvenendo quello che temo. Puoi forse prenderti la responsabilità di ignorare cose molto più grandi di te? Puoi mettere in gioco vite che non ti appartengono?»
«Io so soltanto che come al solito non dici mai completamente quello che sai ed io non posso neppure essere sicuro di non essere manovrato per i tuoi scopi. Chi è veramente quella ragazzina? E cosa vuoi da me e da lei? Cosa c'entra con tutti noi?» sbottò incollerito.
Vartenia fece per rispondere ma il vecchio kissal non la lasciò rispondere, tale era la sua ira:
«Porti qui una ragazzina che secondo le leggende dovrebbe venire da un altro mondo e vuoi che sia io a decidere del suo destino. Sai cosa ti rispondo? Che non voglio saperne più nulla di questa storia!»
Vartenia trattenne a stento la propria rabbia: «Ai miei occhi sembri soltanto un vecchio egoista che non è più capace di guardare al di là del proprio naso.». Pronunciò le parole a voce alta e con un tono gelido, come se dovesse farle sentire ad un grande auditorio. Ma erano soli nella stanza.
«Fuori di qui! Come osi offendermi?» Il vecchio kissal si alzò in piedi dal proprio scranno, puntandole contro un dito. Ma Vartenia non si mosse di un millimetro. Non sembrava più una persona indifesa ora e chiunque si sarebbe spaventato davanti ad una simile trasformazione, ma non Vartenia.
«Mi ricordo ancora quando salisti su quel seggio. Allora eri più saggio e prudente. Allora capivi quando la tua gente aveva bisogno di te e mettevi davanti a te la speranza. Come hai potuto farti togliere le tue certezze? Come hai fatto a smarrire la tua strada?»
Il kissal sembrò vacillare davanti a queste parole e davanti allo sguardo accusatore di Vartenia. Lentamente si risedette sul proprio seggio, lo sguardo perso in strani pensieri: «Non ho perso nulla, donna. È ancora tutto dentro di me, ma non sempre la saggezza consiste nel prepararsi alla guerra. Talvolta bisogna tenersi stretti a quel poco che si ha. La speranza che mi hai appena ricordato forse è svanita, ma non per questo voglio infliggere nuove sofferenze al mio popolo.» aggiunse a bassa voce.
«Non sono io a volerti manovrare, ma gli eventi. Se tutto questo sta succedendo, non puoi incolpare nessuno. Ho visto i segni da tempo ed ora che la ragazza è giunta fin qui ti consiglio di non ignorare quello che deve essere fatto. Almeno questo ti chiedo: non aspettare che la rovina bussi alle porte della tua città soltanto perché intendi ignorare ciò che accade al di fuori di queste mura che ci proteggono.»
Si affrontarono ancora per un attimo, fissandosi negli occhi. Il vecchio voleva capire se quella donna gli avesse detto la verità, nonostante sapesse già dentro di sé da tempo che non gli avrebbe mai mentito su una simile cosa. Lo sentiva. Eppure non riusciva ancora ad accettare che delle profezie così oscure si potessero avverare: avrebbe potuto scoppiare una guerra, questo sì. Ma l'arrivo di una sconosciuta, di una semplice ragazzina, non poteva coincidere con l'inizio di uno sterminio. Non poteva costituire una simile minaccia. Eppure gli elfi…. gli venne da pensare.
Fissava ancora quegli occhi davanti a sé, senza trovarvi alcuna traccia di menzogna. Quella donna era convinta di ciò che diceva. Il vecchio rabbrividì quasi e distolse lo sguardo; ormai in lui l'ira era completamente svanita, sostituita dalla rassegnazione.
«Cosa mi chiedi di fare?» le chiese.
Vartenia sospirò: «Quella ragazza viene realmente da un altro mondo, ma per farlo ha utilizzato una magia molto, molto potente…una magia paragonabile a quella del gioiello. Anzi potrei dire che è come se l'avesse usata.»
«Il gioiello? Cosa c'entra con tutto questo?» le chiese, incredulo, con il fiato mozzato.
Vartenia rimase un istante in silenzio, valutando tra sé quello che stava per dire: «Quella ragazza porta con sé una parte, come un frammento del gioiello. Ogni volta che mi avvicino a lei ne percepisco il potere.. ma è come se non fosse completo.»
«Incredibile, ma questo significa…»
«Che chiunque sia a conoscenza di questo piccolo segreto farà di tutto per avere da lei il suo pezzo di gioiello. Se è riuscita a raggiungerla nell'altro mondo non si fermerà neppure in questo.» concluse per lui Vartenia.
Il vecchio rimase in silenzio a riflettere: «Ed io cosa dovrei fare a questo punto?»
«Mandare la ragazza a cercare ciò che resta del gioiello.»
«Ma come è possibile? Fino ad ora si credeva che fosse stato perso o distrutto!»
«Ma così non è stato, -gli rispose pazientemente- per questo quella ragazzina potrebbe essere l'unica persona su Solnem a poterlo recuperare. Inoltre sono convinta che una volta trovato il gioiello potrebbe portarlo sul suo mondo una volta per tutte. E là non avrebbe più alcun potere.»
«Dunque l'unico modo per fermare tutto questo è soltanto riportare quella ragazza nel suo mondo.» disse il kissal. «Ma come intendi farlo? Intendi dirle tutto?» chiese.
Vartenia annui: aveva mentito, ma il vecchio kissal non poteva saperlo. La ragazza non poteva e non doveva conoscere tutta la verità. Nessuno doveva farlo, neppure il kissal. Però…
«C'è un'altra cosa. Il massacro degli elfi non è stato casuale.-aggiunse Vartenia- Chiunque l'abbia realizzato segue un piano preciso ed intende portarlo a termine qui: ad Olnemain. Ti suggerisco di far partire la ragazza subito. Deve andare via da qui. E qualcuno dovrà accompagnarla…»
«Chi?»
«Non abbiamo molto tempo: io pensavo al nano e a quell'elfo: Tallein. Loro non avrebbero problemi ad accompagnare la ragazza. Io stessa la seguirei, ma non posso…»
«Tu mi chiedi troppo, donna! Non posso coinvolgere dei perfetti estranei! Per di più sarebbe meglio affidare quella ragazza ad una scorta armata....».
«Niente di più sbagliato,- disse Vartenia e continuò:- affidarla ad una scorta armata sarebbe come rendere più facile il compito a chi la cerca. Ha bisogno di viaggiare leggera e soprattutto di passare inosservata. Oltretutto non abbiamo molto tempo per organizzare la sua partenza. Chiunque la cerchi potrebbe avere i suoi emissari già qui dentro, in città. Per questo dobbiamo essere molto rapidi.»
Il kissal cominciò a riflettere: che quella piccola ragazzina potesse avere a propria disposizione una parte del potere del gioiello era a dir poco incredibile. Ma se fosse stato vero chiunque la stesse inseguendo era senz'altro disposto a tutto pur di stanarla. Il vecchio conosceva le leggende sul gioiello e rabbrividì al pensiero che solo un decimo di quella storia potesse essere vero. Se Vartenia aveva ragione in quella storia c'era in ballo ben più di quanto potesse osare immaginare. All'improvviso gli balenò alla mente una terribile possibilità:
«Quegli elfi massacrati sulle montagne, non mi dirai che hanno qualcosa a che fare con questa storia!» esclamò.
Vartenia non gli rispose direttamente: «Chiunque sia ad inseguire la ragazza non ha intenzione di fermarsi davanti a nulla. Potrebbe voler scatenare una guerra solo per confonderci o per qualcosa di peggio. Anche se ancora non so quali saranno le sue prossime mosse.».
Anche stavolta aveva mentito, ma proseguì, era necessario farlo: «Anche per questo il giovane elfo va allontanato da qui. È l'unico superstite e non verrebbe mai creduto. Finchè rimane in questa città corre il rischio di venire eliminato.».
Il kissal annuì, convinto. La rabbia era sbollita e così anche la rassegnazione. Ora vedeva chiaramente cosa fare: «D'accordo allora.- disse- Manderò con la ragazza quel nano e il giovane elfo. Ma dove potranno cercare quello che rimane del gioiello se è andato distrutto? Dopotutto la ragazza ne possiede nulla di più che un frammento, a tuo dire!»
Vartenia sorrise amaramente anche stavolta: «Forse le cose non stanno come sembrano. Prima che gli eventi precipitino c'è forse ancora una via sulla quale indirizzare quella ragazza, ma…»
«Cosa ancora?» chiese il kissal, esausto.
«Il nano e Tallein non bastano per accompagnarla. Le serve anche quello zigar, quello che tenete nelle prigioni.» rispose Vartenia.
«Ma sei impazzita? Non puoi pretendere una cosa del genere!» il kissal era sbalordito. Non poteva credere che quella donna arrivasse a chiedergli una cosa simile.
«È la nostra ultima possibilità.» confermò Vartenia, senza battere ciglio.
«Ma è una pazzia! Ti rendi conto che è un rischio troppo grande? E poi quel nano non accetterebbe mai!»
«Delle due l'una: o dovremo convincerlo noi, oppure dovrà convincersi da solo.» concluse Vartenia freddamente e fatto un rapido inchino, si girò ed uscì dalla stanza.
Se erano arrivati a quel punto allora non avevano altra alternativa possibile. Non più.