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Strikeiron

Circolo degli Antichi
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  1. Parliamoci chiaro, quella alla quale accenni te è una regola che mi ricordo anch'io. Però si dice IL climax, non la climax, poiché in italiano è un sostantivo maschile. Se non ci credi vai a controllare sul vocabolario. Al limite penso che alcuni dizionari indichino entrambi gli usi (sia come sostantivo maschile che femminile).
  2. Tutti però son capaci di leggere un manuale di scrittura e di esercitarsi negli esercizi che vengono proposti. Dagli esercizi e dall'osservazione di quello che scrivono gli altri di sicuro si impara sempre qualcosa. Non si tratta con un corso di scrittura di diventare degli scrittori provetti da romanzo, bensì di imparare qualcosa e di confrontarsi. E' il confrontarsi l'esercizio più utile per chi scrive. Se poi è la capacità di confrontarsi che manca quello è un altro paio di maniche.
  3. Sicuro, ma a questo punto mi occorrerebbe una grammatica italiana per andare a vedere l'utilizzo dei termini stranieri mutuati dall'italiano in altre lingue.
  4. Quando l'utilizzo sbagliato di un termine sovrasta l'intenzione di dire qualcosa di utile, insomma. Mea culpa, io climax l'ho sempre letto e sentito usare al maschile.
  5. L'essenziale sarebbe mettere un libro/corso di scrittura su scribd e successivamente con un documento fruibile a tutti fare una specie di corso.
  6. No è parecchio tempo che sto valutando un corso di scrittura nella sezione racconti. La dinamica di chi scrive è la seguente: postare un racconto. Nella maggior parte dei casi se non sono nemmeno passabili non vengono considerati, se sufficienti o appena sufficienti ricevono sperticate lodi. Ma non critiche che sono quelle che servono per migliorare. Presupposto che nessuno di noi è un critico letterario, l'unico modo per creare qualcosa di passabile e per imparare qualcosa sarebbe quello di proporre degli esercizi di scrittura. Un altro ostacolo è: che libro usare? Insomma la questione non è semplice.
  7. Progetto: facciamo un corso di scrittura. Gli errori sono evidenti e banali.
  8. Attento agli errori di grammatica e cura un po' meglio i climax etc... hai preso le "solite" idee del fantasy e le hai combinate seguendo gli stoilemi classici. Creare un personaggio che è a metà tra due razze, senza padre e ha pure una cicatrice! Non è Harry Potter d'accordo. Però se dai a un personaggio una caratteristica devi spiegare al tuo "pubblico" perché. Harry Potter pwer esempio ha una cicatrice perché è una lunga storia. Il tuo personaggio come si è procurato la sua cicatrice? Cosa induce gli altri a considerarlo inquietante? Potresti per esempio costruire il background su questo. Magari ha difeso il villaggio da una bestia feroce, pensando che gli altri lo accettassero e invece... Vedi, chi scrive essenzialmente deve essere una persona che stimola l'altrui curiosità, altrimenti leggere e scoprire sarebbero tempo perso.
  9. E io che pensavo di dileggiare vossignoria sabato prima del raduno! Ehehehe

  10. Dedicata a tutti gli assiuoli che mi hanno aiutato a completarla: 1) Geri Halliwell - It's Raining Men 2) Spice Girls - Say You'll Be There 3) The Pussycat Dolls - Hush Hush; Hush Hush http://www.youtube.com/watch?v=Ky4AinSeiE8 4) Barbie Girl- Aqua (Music Video) http://www.youtube.com/watch?v=_dGcYH6Fwj8l 5) Heart - Barracuda (HQ) http://www.youtube.com/watch?v=4bt_-R5LInU&feature=related 6) Bananarama - Love In The First Degree 7) Britney Spears - Toxic http://www.youtube.com/watch?v=s9kVZ1Zperc 8) All Saints - Rock Steady (Music Video) 9) Christina Aguilera - Candyman http://www.youtube.com/watch?v=Nu-7rPdFjvI 10) 4 Non Blondes - What's Up http://www.youtube.com/watch?v=ZwCt0YQPn7g 11) Shania Twain - That Don't Impress Me Much 12) Celine Dion - River Deep, Mountain High http://www.youtube.com/watch?v=0uNg6LevQNI 13) Roxette - Real Sugar
  11. Forse conviene mettere solo i link sennò impalla il forum per caricare l'icona del video.... Grazie che mi hai detto, ho subito trovato un sostituito!
  12. Visto l'iniziale timidezza comincio io, così mi potrete allegramente ricoprire di guano: 1) Is It Cos I'm Cool Mousse T feat Emma Lanford 2) Loreena Mckennitt - All Souls Night http://www.youtube.com/watch?v=XtfqoWS3z90&feature=related 3) Lorella Cuccarini- La notte vola 4) Antonello Venditti- Notte prima degli esami http://www.youtube.com/watch?v=99XKY6uNrOU 5) Modena City Ramblers - I Cento Passi 6) Guns N' Roses - Paradise City 7) AC\DC - Shoot To Thrill http://www.youtube.com/watch?v=tdTy8OH-6c4 8) Zack' s song - School of rock 9) Oasis - Don't look back in anger 10) Queen - Save Me (Without piano and bass) http://www.youtube.com/watch?v=TD90Ijr-pIU&feature=related 11) Tina Turner - We Don't Need Another Hero 12) Phil Collins - You'll be in my heart 13) Michael Jackson - Smooth Criminal http://www.youtube.com/watch?v=c-WVpQ0ZG8Q
  13. Eilà quanto tempo. Se vedi qualcuno giocare a freesbe in piazza San Giacomo e vuoi unirti ai pazzi e scatenati giocatori sei sempre la benvenuta....

  14. Oggi avevo un bel po' di tempo per riposare e ho pensato a un'idea carina per conoscere nuovi autori musicali. Si tratta di creare una compilation con la massimo 13 brani, utilizzando i link delle canzoni che si trovano quasi tutte su youtube. Penso che questo sia un ottimo metodo per condividere musica sconosciuta o gusti musicali. Ognuno posta la sua compilation, mettendo il titolo del brano, l'autore e di seguito il link del video (non necessariamente il video ufficiale, ma anche un film o che altro) della canzone stessa, fino a comporre i tredici brani. A voi!
  15. Dal punto di vista formale non penso che Il Signore degli Anelli sia granché come opera letteraria, ho provato a leggerlo anche in inglese (e sono arrivato quasi alla fine delle Due Torri) e diciamo che nella versione originale è leggermente più opera letteraria di quanto non appaia nella versione tradotta in italiano. Con questo voglio semplicemente dire che la barbosità del libro dipende un po' dalla traduzione che ne è stata fatta nella nostra lingua. Di tutti i libri fantasy che io abbia letto ho sempre ritenuto il migliore di tutti e quasi vicino a un modo di fare poetica "La storia infinita", ritenuto ingiustamente un libro per bambini. In realtà è molto, moltissimo d'altro. Dietro l'apparente favoletta Ende nasconde sempre più messaggi insieme. Soprattutto "La storia infinita" è un manifesto, nel quale si dice con evidenza che i peggiori lati dell'uomo emergono soltanto quando questi smetta di usare la propria immaginazione. Un grande autore può veicolare un messaggio molto semplice, ma è come lo dice che lo rende veramente un grande: Più che un libro fantasy è un modo di fare filosofia sull'esistenza umana e scusate se è poco. Secondo punto. Dipende molto ovviamente da chi ci ha inseriti alla letteratura. Io non ho mai avuto bravi insegnanti di Italiano, ma bensì persone limitate e un po' "sdozze". Pertanto il mio approccio alla letteratura è stato da autodidatta. Ho letto di tutto di più e quindi anche parecchie schifezze. Posso dire che "Guerra e Pace" è uno dei peggiori libri che io abbia mai letto (e riletto purtroppo), mentre "Delitto e Castigo" di Dostojevski è una lettura che renderei obbligatoria nelle scuole. Ma de gustibus.... Genere letterario: ho molto amato il fantasy per la capacità di astrazione, ma devo ammettere che a ora mi sono un po' stufato. E' sempre quella, ovvero una minestra riscaldata, nella quale gli "atori" non sono sempre ben tratteggiati o approfonditi. Non basta una stria per fare un libro, ma serve anche uno scrittore che sappia far uscire i personaggi dalle pagine del libro. Questo purtroppo avviene molto raramente.
  16. Strikeiron

    iPad

    La porta usb era il modo più semplice e diretto per collegare l'iPad con l'esterno. Non aver messo la porta usb vuol soltanto dire che hanno voluto limitare il dispositivo da loro creato, non che la porta usb sia qualcosa di desueto, anche perché le flash memory che hanno soppiantato gli inaffidabili floppy disk rimangono e rimarranno per un bel po' un ottimo compromesso per la portabilità di file su dispositivi di memoria. In qualunque modo la si veda isolare l'iPad dando solo la possibilità di adattatori, connessioni a dispositivi terzi o altro non è un vantaggio e non è una cosa superflua. E' una scelta precisa di mercato. Mettiamo che l'iPad rappresenti una rivoluzione nel mondo dellee pubblicazioni. Sicuramente pensano che gli eventuali libri e/o giornali dovranno essere scaricati da internet, visto che non sarebbe comodo trasferirli mediante le chiavi usb. Se questa non è una scelta commerciale cosa sarebbe? Per la stampante non penso che ci sia un problema. L'iPad sembra più un dispositivo di visualizzazione che un vero computer. Così come l'utilizzo dell'iPad come dispositivo per fare un documento .doc o .rtf. Vabbè si può collegare una tastiera esterna invece della virtuale (ho visto delle immagini in rete) ma poi ritorniamo lì... bisogna avere l'adattatore se si vogliono portare i documenti al di fuori dell'iPad e/o comunque spedirli via internet (a google docs sapevano già qualcosa?). Trovo tutta questa cosa estremamente limitativa e farraginosa, comunque all'interno di una precisa filosofia Apple, ovvero meno cose si possono fare minori saranno i problemi che si avranno con il dispositivo. E' un po' riduttivo per un dispositivo che viene pubblicizzato come rivoluzionario.
  17. Strikeiron

    iPad

    Non sto trollando, sto soltanto dimostrando che stai difendendo l'indifendibile. Non hanno messo una porta usb, punto. Non che la cosa a me cambi, assolutamente. Nel senso che non mi fa nè caldo nè freddo avere o meno un iPad. Soltanto volevo capire questa "venerazione" per un oggetto tecnologico. Ma dire, come fai tu, che questo sia "il futuro", beh sinceramente è un'assurdità bella e buona per quanto ne sappiamo oggi. Domani chissà. E se questo non è un rilievo tecnico, di che cosa si dovrebbe discutere? Del fatto che tecnicamente lo schermo poteva essere più luminoso o più brillante? Non mi sembrano elementi che aiutino a capire la rilevanza dell'oggetto. Un conto è essere critici verso un prodotto, un altro è volerlo difendere a tutti i costi, anche nelle caratteristiche negative, sfiorando l'assurdo di mettersi delle fette di salame sugli occhi. Concordo: abbiamo ampiamente superato il ridicolo, ma per l'assoluta mancanza di capacità critica. Accetto che uno mi dica "le politiche commerciali servono pure a qualcosa", ma non che uno si rifiuti di discuterne. Qua non mi risulta che nessuno sia pagato per pubblicizzare un oggetto, o no? Se così fosse la cosa lascerebbe molto amareggiati. E di cose sensate ne sono state dette e ridette. Se poi non vogliono essere colte come spunti di discussione non è un problema mio. Vuol semplicemente dire che ne saprò un po' meno dell'iPad, ma se è il futuro di sicuro me lo ritroverò tra i piedi nella vita.
  18. Strikeiron

    iPad

    Se non altro ho appena dimostrato che il lettore mp3 fatto dalla Apple non è capace di "dialogare" direttamente con l'iPad. Che bello il gusto del paradosso: se li metti uno davanti all'altro si vedono, ma non si possono parlare. Dai su Dusdan questa è indifendibile!
  19. Strikeiron

    iPad

  20. Strikeiron

    iPad

  21. Strikeiron

    Addio Claudio

    Me ne sono accorto perché ho visto nuovi post altrui. Poi sono andato a vedere la data e ho capito. Due anni. Mi sembra passata una vita ed ammetto che tante volte ho pensato, anche recentemente: "Se questo l'avesse saputo Claudio chissà cosa avrebbe detto.". Evito di telefonare a Pharn stasera per sentire come stia. A volte è meglio lasciare ognuno a riflettere nel suo silenzio. Sono sicuro che a lui, più che a me, sovvengono i ricordi. Strano come siano bastati solo due anni per rendere tutto così distante, ma è una distanza che si misura soprattutto dalle persone che eravamo e che non torneremo mai più a essere. E ci sono momenti e luoghi dove sembra più possibile che i pensieri arrivino a colui al quale sono dedicati. Nella mia pochezza: ciao Claudio.
  22. E questa è la conclusione. Se siete riusciti a arrivare fino in fondo e vi sovvengono particolari pecche mi piacerebbe sapere cosa c'è che non va. La trama. Lo stile. La grammatica. rano anni che non scrivevo e penso di non aver mai scritto un racconto così lungo, pertanto devo aver seminato molte ingenuità qui e là nel percorso. Ogni avventura alla fine ha un prezzo. Il coniglio che non accettava il proprio nome l'aveva infine trovato, tra le pieghe della sua avventura. Rimase immobile per lungo, lunghissimo tempo, mentre le parole della Tartaruga gli rimbombavano nella testa. Aspettò l'alba e quando il sole ebbe finalmente deciso di arrivare nella nuova giornata era ancora lì fermo a pensare. Per tutto quel tempo aveva vissuto in un gigantesco rompicapo a incastro, senza mai riuscire a vederne i singoli pezzi. Ma ora era diverso. Eccome se era diverso. Incredibile come ogni piccolo particolare andasse al suo posto in un modo così semplice e naturale. Gerolamo aveva pian piano cominciato a ricordare tutto, dalla maledetta sera in cui aveva salutato la Strega per tornarsene nella Città, approfittando della notte. Solo che la Strega gli aveva offerto un ultimo bicchiere di latte, prima che lui se ne andasse. E lui si era fidato, aveva bevuto alcuni piccoli sorsi. Come aveva fatto con il piccolo bambino aveva trasformato anche lui in un coniglio; solo non subito. I piccoli sorsi avevano fatto effetto lentamente e qualcosa in quella notte era andato terribilmente storto. La Volpe gli aveva dato la caccia per mangiarselo e lui, nascondendosi, era finito in mezzo a un enorme, lussureggiante pasto di carote. E aveva dimenticato tutto e tutti: il proprio nome, il proprio passato, la propria identità. All'inizio perfino il fatto che fosse capace di parlare. Ciò nonostante la Strega l'aveva preso con sé, forse per il senso di colpa. Eppure, durante tutto il tempo nel quale le era stato accanto la Strega aveva continuato a chiamarlo Gerolamo. Lui aveva odiato quel nome per anni o forse chissà solo per mesi. Non immaginava neppure di essere stato sempre così vicino alla verità. Alla fine grazie alla Tartaruga e al suo nome era ritornato a galla e aveva recuperato la memoria. Ora capiva per quale motivo la Strega non avesse più voluto vederlo, dopo averlo abbandonato con il bambino. Lei sapeva che Gerolamo alla lunga avrebbe scoperto la verità e per questo l'aveva lasciato da solo. Ma che colpa poteva avere di questo il bambino? Se Gerolamo avesse saputo prima cosa c'era dietro tutta quella storia forse avrebbero potuto salvare il bambino. Per la Strega il timore che lui scoprisse il suo passato e il suo futuro era stato più importante di qualsiasi altra cosa? Lui, nonostante le carote, aveva avuto sempre un nome addosso al quale aggrapparsi come un'ancora di salvezza, ma per il bambino era diverso. Da quando era arrivato lì, fin dal primo istante non aveva ricordato mai più il proprio nome. Però forse non era stato tutto inutile. Probabilmente c'era ancora una speranza, per quanto folle, di salvarlo. Se Gerolamo era riuscito a recuperare la propria memoria doveva esserci un modo anche per il piccolo coniglio. La carota non era una condanna senza appello nella quale aveva sempre creduto fino a quel momento; esisteva un modo per tornare indietro. Il piccolo dormiva ancora beatamente al riparo del solito cespuglio. Gerolamo lo svegliò e lo prese con sé dirigendosi con decisione verso l'imboccatura della Tana. Se la Tartaruga aveva ragione là dentro non c'era più alcun pericolo. E così difatti era. Attraversarono il lungo salone senza che vi fosse rimasta traccia alcuna della Volpe. Sparito il mucchio di carote nel quale si erano nascosti per sfuggirle, sparite le sue impronte e il suo odore, sparita la paura del suo iniquo regno come un sogno che fosse evaporato. Non fu difficile per Gerolamo avviarsi verso le gallerie che portavano dall'altra parte: sulla collina. Nella casa della Strega c'era ancora il lettuccio del bambino e chissà, magari quello poteva essere un punto di partenza per fargli recuperare la memoria. Questo sperava Gerolamo, quando avviandosi sempre più con decisione verso l'uscita del tunnel sentì un odore strano e inusuale: odor di fumo e fuliggine, odore di terra e erba bruciate. E quando uscì all'aria aperta, dall'altra parte dei rovi, con il piccolo coniglio appena dietro, capì da dove provenisse quell'odore. La casa della Strega non esisteva più. Era stata data alle fiamme e il legno secco e vecchio era stato facilmente preda del fuoco. Da lì si era propagato sull'erba e aveva fatto scempio di qualsiasi cosa avesse incontrato. Doveva essere passato un po' di tempo perché la fuliggine si era già depositata tutt'attorno. Pareva fosse rimasta una sola cosa: una chiazza enorme e annerita di terra bruciata sulla sommità della collina, come un buco nero che inghiottisse lo sguardo. Gerolamo perse ogni speranza: tutto, tutto quanto era andato perduto. La Strega aveva deliberatamente bruciato ogni cosa dietro di sé, prima di andarsene. Evidentemente non voleva mai più vivere in quella casa, né voleva che lui, Gerolamo, potesse tornarvi. Il messaggio era chiaro. Ma anche il lettino era andato bruciato e con quello l'ultima speranza che aveva portato Gerolamo fin lì. Del primitivo splendore di quella collina nulla era rimasto. Gerolamo si trattenne dal versare delle lacrime. Prima di tutto perché era ancora un coniglio e non sapeva che effetto potesse avere il pianto su di lui. In secondo luogo perché le lacrime, seppur liberatorie non avrebbero risolto nulla. E infine il piccolo coniglio non avrebbe capito. Lo guardava ora, con un punto interrogativo stampato sul musetto. Che ci facevano lì dopotutto in quel luogo ormai triste e devastato? Gerolamo giurò dentro di sé che non lo avrebbe mai abbandonato, anche se giurare qualcosa sulla sua inettitudine, in quel momento e in quel luogo, gli sembrava una cosa così ridicola. Poi notò che proprio in cima alla collina, tra poche assi di legno anneriti della Casa della Strega, qualcosa si era salvato. Si avvicinò pian piano per vedere meglio, temendo di essersi ingannato. E invece no. Era la panchina, malferma e abbrustolita, ma miracolosamente sfuggita all'incendio. Gerolamo salì sulla sommità della collina e da lì sulla panchina, da dove si guardò intorno. Da lì quel piccolo mondo grigio e circondato da una siepe sembrava meno soffocante e tetro, eppure era così distante da quello che era stato. Quella era la realtà. Gerolamo vi passò delle ore lassù, continuando a pensare, cercando di capire quale dovesse essere la sua prossima mossa. Il piccolo lo raggiunse e si mise a annusare l'erba tinta di fuliggine ai piedi della panchina. Lentamente la luce scemò e i due conigli si addormentarono nel buio: uno sulla panchina e l'altro sotto di essa. Uno era il sonno inquieto di un uomo nel corpo di un coniglio che non sapeva più dove dirigere il proprio destino, l'altro era il sonno innocente di una creatura che era stata condannata all'oblio di un'altra vita. Nessuno venne a disturbarli quella notte. Soltanto Gerolamo si svegliò di soprassalto nel bel mezzo del buio e si trovò coperto da una strana cosa. A dire il vero non era nemmeno completamente coperto, ma soltanto mezzo scoperto da una sorta di trapunta di un colore squillante. La riconobbe subito. Ora aveva orribilmente freddo. Era un freddo che strisciava su di lui e gli si avvolgeva attorno, facendolo rabbrividire. Ma aveva freddo perché era completamente nudo; muovendosi la panchina oscillò pericolosamente sotto il suo peso, incredibilmente aumentato. La pelle era liscia e priva di pelo, indifesa contro la brina della notte e le zampe erano diventate gambe e braccia. Gerolamo sorrise. Nel buio seppe di essere diventato nuovamente umano. Era ancora l'Arcimago, anche se era sicuro di non possedere più i suoi poteri. Quando un uomo diventa coniglio e ritorna a essere uomo c'è sempre un prezzo da pagare, gli venne da pensare. E' naturale che sia così. Eppure in mezzo a quel nulla di fuliggine e cenere era comparsa la piccola trapuntina del lettino del bambino. Come si era salvata dal fuoco e come era arrivata fin lì? Nessuno l'avrebbe mai saputo spiegare. Gerolamo tese le orecchie per sentire anche il più piccolo rumore. La Strega era forse tornata indietro? Silenzio. Solo ai suoi piedi il lieve respiro del piccolo coniglio che dormiva beatamente. Con calma lo carezzò sulla testa e capì di essersi affezionato a lui. In qualche modo avrebbe trovato la maniera di riportarlo indietro, di ridargli la sua vita un giorno, anche se questo avesse voluto dire dargli ogni volta un nome diverso. Però prima avrebbe dovuto ricominciare a procedere passo passo lungo il proprio sentiero: doveva tornare nella Città che aveva abbandonato. Doveva convincere coloro che si sentivano traditi a tornare indietro e avere nuovamente fiducia in lui. Poteva farlo chiudendo le porte agli invasori. Ma sarebbe stato anche quello un errore. Il più grande. Le porte della Città andavano aperte, le miserie e il vuoto che possedevano andavano mostrate ai suoi assalitori e allora questi ultimi avrebbero perso il gusto della conquista. Sempre che non l'avessero già espugnata. Quello che era fatto era fatto. Il suo destino poteva essere quello di alzare muri più alti o di abbatterli. Ancora non sapeva quale fosse la soluzione migliore e forse non l'avrebbe mai saputo, se non tentando. E la Strega? Gerolamo non seppe cosa pensare di lei. Avrebbe potuto odiarla per quello che gli aveva fatto. Ma l'odio sarebbe stato ingiusto e stupido: lo è sempre. Immaginò che in quel momento Lei stesse cercando un'altra collina, un'altra dimora con la Volpe sempre alle calcagna. Dovunque andasse avrebbe trasformato qualcuno in coniglio per poi fare terra bruciata e ricominciare tutto da capo? Forse sì e forse no. Gerolamo ebbe il forte presentimento che la Strega avrebbe evitato accuratamente la Città. Anche su questo la Tartaruga probabilmente non aveva detto tutto quello che ci sarebbe stato da dire: non sono solo la pazienza e il tempo a curare ogni ferita, ma anche il destino vuole la sua parte, come in ogni cosa. Però che ci sia dato in sorte di essere Uomini, Streghe o conigli, non importa se scegliamo di andare avanti o camminare indietro lungo la nostra strada, contano molto di più le impronte che abbiamo lasciato durante il nostro percorso. Solo la Volpe, nel bene o nel male, non ne lascia mai, ma aspetta sempre di seguire quelle altrui. E' per questo che scappare da lei a rotta di collo non serve mai a nulla. Lei ci troverà sempre, a ogni fine e a ogni inizio. E fino a quando, con il passare delle stagioni, non arriverà la prossima pioggia, noi rimarremo le impronte che abbiamo lasciato, pensò Gerolamo. Con le mani fredde colui che era stato un Arcimago sollevò da terra il piccolo coniglio e lo mise con cautela accanto a sé, sotto la trapunta, cercando di scaldarsi un po' senza svegliarlo. Il batuffolo continuò a dormire profondamente. L'indomani sarebbe stata una giornata pesante per entrambi. Ma questa è un'altra storia.
  23. Saggezza da tartarughe Il ritorno fu lento e penoso: il piccolo coniglio era ormai costantemente stanco e affamato e Gerolamo non aveva cuore di farlo patire oltre. Però le soste erano via via più frequenti e prolungate e l'espressione vacua sul musetto era diventata avida e affamata. In realtà Gerolamo non sapeva che pesci pigliare: aveva paura infatti che una dieta basata su nuove carote avrebbe potuto rovinare una situazione già irreparabile. Ciò nonostante l'erba medica da sola non poteva essere sufficiente a sostenere il loro passo in quella lunga, instancabile marcia. Procedevano penosamente avanti ormai, ripercorrendo i propri passi di nuovo a ritroso. Brucando qua e là quando potevano. Diretti nuovamente alla collina. Gerolamo era poco meno che disperato a dire il vero. Sapeva infatti che arrivati al di fuori della collina dove dimorava la Strega non avrebbero più potuto rientrarvi, a meno di non passare nella Tana della Volpe. Ma questo significava esporre il piccolo al predatore, o ancora peggio alle carote. Altre strade per passare però non ce n'erano. Tutto era andato nel peggiore dei modi: l'Arcimago era scomparso, il bambino si era perso e la Strega li aveva abbandonati. Era inoltre assai improbabile che potessero incontrarla lungo il tragitto; Gerolamo ci aveva riflettuto un attimo, ma il pensiero acuiva la sua solitudine e la sua disperazione in quella brutta avventura, nonché l'impressione che nulla che potesse fare potesse mai in alcun modo invertire la sorte malevola nella quale era incappato, senza volerlo. Eppure stava tornando, contro ogni logica e contro ogni prudenza. Aveva vissuto per anni su quella collina, ne serbava il ricordo e l'odore come di un luogo felice e tranquillo. Forse avrebbe potuto far finta, una volta ritornato, che non fosse accaduto nulla. Che non fosse colpa sua se il piccolo coniglio aveva smarrito completamente il ricordo di essere stato, fino a non molto tempo prima, un piccolo bambino. Evidentemente Gerolamo si stava aggrappando all'illusione che dopo tutto quel tragitto e quelle disavventure, la collina fosse l'unico luogo al mondo dove potesse rifugiarsi. Non certo la Città presa d'assedio, o i campi deserti e le strade che li attraversavano, non le gallerie e la Tana dove la Volpe aspettava malefica e frustrata. In un certo senso stava agendo senza ragionare, come preso da una strano bisogno di rifiutare tutto quanto in blocco, di scaricarsi dalla responsabilità di quel bambino perduto che fin dall'inizio, pur preoccupandosene, non aveva voluto. Anche sulla strada del ritorno non trovarono anima viva, finché non giunsero in vista degli spessi rovi micidiali tanto familiari. Al di là la collina e la sua pace, con l'erba verde e fresca di tranquillità. Gerolamo fece fermare il piccolo di coniglio nel solito posto riparato e cominciò a riflettere. Era il medesimo luogo dove alcuni giorni prima avrebbero dovuto trovarsi con la Strega, ma ancora di Lei non vi era traccia: né impronta di piede, né fili d'erba spezzati a testimoniarne il fresco passaggio. Sembravano passati anni da quando lo aveva spedito all'avventura. Là in fondo vi era l'imbocco della galleria che passava dritta nella Tana della Volpe, ma Gerolamo non voleva passarci. Non perché ne avesse paura. Non gli pareva il caso. E così al tramonto il piccolo coniglio si addormentò, mentre ancora Gerolamo semplicemente aspettava, soppesando nella propria piccola testolina le svariate possibilità che avrebbero potuto farlo tornare indietro, perché al di là di quei rovi c'era l'unico posto in cui si fosse mai sentito a casa. Scese la notte e Gerolamo si avventurò nella radura per far quattro salti sotto le stelle, sperando che la calma e il silenzio lo aiutassero a pensare meglio e a fargli trovare la soluzione che andava così intensamente cercando. L'erba era umida di rugiada sotto le zampe, ma al contempo era soffice come una carezza. Gerolamo ci prese quasi gusto e saltellò a lungo, dimenticando che era notte e che la Volpe era nella sua tana a poca distanza da lì. Per questo la sagoma che si mosse lentamente nel buio lo fece sobbalzare all'improvviso e poco ci mancò che non morisse lì per la paura, sentendosi un perfetto stupido. Si immobilizzò nel buio, le orecchie che tremavano e la sagoma scura, notatolo, si girò verso di lui e gli si avvicinò con lenta e inesorabile lentezza. Dal buio passò in un minimo di luce della luna e delle stelle e allora Gerolamo tirò un fiato di sollievo a vedere che non si trattava della Volpe: era molto più piccola e rugosa, lenta e impettita nei passi malfermi. La Tartaruga lo raggiunse e sorrise: "Ciao compagno. Che ci fai qui a quest'ora tutto solo?" lo apostrofò con voce un po' roca. Gerolamo non seppe che risponderle. "Non aver paura- proseguì la Tartaruga, camminandogli attorno- Non ti voglio mica mangiare. E' che non trovo spesso compagnia e avevo proprio voglia di fare quattro chiacchiere." Gerolamo si rese conto che sarebbe stato inutilmente villano a non risponderle. Conosceva le tartarughe per sentito dire: erano esseri ombrosi e timidi, un po' testardi, ma mai inutilmente offensivi. La loro indimenticabile lentezza ne faceva delle pensatrici per natura. Solo che gli sembrava strano trovarla lì e che gli rivolgesse la parola in piena notte. "Stavo facendo un giro." le rispose, a bassa voce. "Amico mio, non serve che parli piano. Non c'è pericolo qui." La Tartaruga ammiccò con uno dei suoi strani occhi bulbosi. Gerolamo non riteneva che la Tartaruga considerasse la Volpe come un pericolo. Dopotutto, sapeva che poteva ritirarsi nella sua corazza e attendere tempi migliori in caso di pericolo, ma per un coniglio sfortunatamente non sarebbe mai stato così. "Ehmm, amica mia, non vorrei contraddirti ma qui vicino c'è una Volpe. Forse per te non costituisce una minaccia, ma per me è un pericolo mortale." le disse, con il tono più educato possibile. "Hai ragione. Però non puoi sapere, come so io, che la Volpe non si trova più nella sua Tana. Se ne è andata la notte scorsa di soppiatto, credendo che io non la vedessi. Però l'ho vista... Io attendo con pazienza e vedo sempre tutto. Peccato che non lo possa dire mai a nessuno." Gerolamo si sentì sollevato: non aveva modo di dubitare delle parole della Tartaruga. Quest'ultima gli sorrise, un po' misteriosa: "A dire il vero ti stavo aspettando, amico mio. Non sei forse tu il coniglio che si accompagnava sempre alla Strega?" "Sì certo, sono io quello." le rispose. "Allora - continuò lei- ti interesserà sapere che anche la Strega se ne è andata. A dire il vero è comparsa tra i rovi, senza gettare nemmeno un'occhiata indietro a quello che stava abbandonando. Subito dopo la Volpe se n'è accorta e strisciando di soppiatto l'ha seguita. Lei, al contrario della tua padrona, si è guardata indietro un istante prima di andare via. Dopodiché con la coda ha cancellato le tracce e se n'è andata pure lei. Probabilmente nella Tana ci stava bene, ma di sicuro troverà un altro posto dove stare. Aspetterà che la Strega trovi un altro posto dove vivere e allora si metterà là vicino. Lo fa sempre." Gerolamo spalancò la bocca per lo stupore. Come faceva la Tartaruga a sapere quelle cose? E com'era possibile che la Strega fosse ritornata a casa per poi abbandonare tutto? La Tartaruga smise di sorridere: "Scusami, evidentemente non sapevi nulla di tutto questo, ma io sono anni che osservo tutto e aspetto. Sapevo che sarebbe venuto il giorno in cui ti avrei incontrato, Gerolamo. Non è forse Gerolamo il tuo nome?" Lui annuì, domandandosi per la prima volta chi veramente avesse davanti in quella notte stellata. "Vedi Gerolamo- continuò la Tartaruga- io sono qui da quando la Strega è venuta a dimorare su questa collina. Ho visto le siepi crescere e la Volpe costruire il suo rifugio. E la scorsa notte ho visto la Strega in volto, mentre lasciava la sua casa. Era un volto che non si può dimenticare." "Perché mai?" La Tartaruga prese fiato. Evidentemente non era abituata a fare discorsi così lunghi. "Era il volto di una persona che ha deciso di mollare tutto e ricominciare da capo, anche se questo significa regalare tanta amarezza e tanti dolori inutili a chi si lascia indietro. Scommetto che tu capisci, Gerolamo, cosa intendo. Ma tu avrai già compreso che per noi tartarughe, come per ogni altro essere vivente e anche per te, il tempo e la pazienza sono la miglior medicina: leniscono e curano qualsiasi ferita. Non dimenticarlo mai." Nel buio Gerolamo cercò di interpretare la sua espressione, quasi avesse capito solo in parte ciò che l'altra intendeva dirgli. Più che altro non sapeva più cosa dire. Dopo tutto quello che aveva passato, sentire quelle cose da una perfetta estranea lo lasciava un po' interdetto. Lei non poteva sapere che anche se il tempo è in grado di cancellare, non è altrettanto capace di far star meglio chi viene lasciato indietro così bruscamente. Ci sono sassi, nel flusso vortuoso del tempo che vi scorre accanto, che non possono essere spostati così facilmente. Magari levigati, ma nulla di più. La Tartaruga stessa sembrò capire: "Beh, ti lascio proprio tornare a dormire ora, immagino tu debba pensare a molte, troppe cose." Ma Gerolamo non si mosse. All'improvviso capì che la Tartaruga poteva rispondere a una domanda, per quanto gli sembrasse folle e inappropriata in quel momento. "L'Arcimago? Hai visto l'Arcimago, vero?" La Tartaruga divenne improvvisamente seria. "Certo che l'ho visto, ma molto tempo fa. Quando ancora non c'erano ancora i rovi, ma la Strega aveva appena preso dimora sulla collina. A volte veniva qui senza essere visto: di giorno fingeva di essere suo acerrimo nemico, ma di notte la veniva a trovare a volte. La Volpe lo ignorava sempre. Fino a quando un giorno, mentre si allontanava dalla collina- io lo so perché l'ho visto - è caduto bocconi a terra e ha cominciato a camminare sulle mani e i piedi. E' diventato più piccolo e ha perso la propria forma. Gli sono spuntate le orecchie e tanto pelo bianco mentre diventava sempre più piccolo..." "E' diventato un coniglio." terminò per lei Gerolamo. "Certo. E allora la Volpe si è interessata a lui e ha cominciato a dargli la caccia. Ma l'Arcimago era abbastanza furbo da non farsi trovare. Non abbastanza furbo da non avere fame mentre si teneva nascosto. L'ho incontrato proprio qui alcuni giorni dopo, dimentico di chi fosse mai stato. Aveva mangiato delle carote il poveretto e non ricordava più nemmeno il proprio nome." "Sai che fine abbia fatto?" le chiese. "Non lo so, amico mio. So soltanto di avergli spiegato come raggiungere la casa della Strega. Da quando se ne andò sono cresciuti i rovi sempre più fitti e io ho aspettato senza più vedere mai nessuno... fino a oggi. Beh, - esclamò - penso di essere stanca ora. Andrò a dormire in qualche angolino tranquillo". E si allontanò pian piano, con la sua andatura incerta. Nello spazio di quei lenti passi Gerolamo pensò e ripensò a quello che gli aveva appena detto e finalmente, quando fu abbastanza lontana, gli venne in mente un'ultima domanda: "Tartaruga!? Tu sai come si chiamava l'Arcimago?" "Certo che me lo ricordo amico mio; è per lui che ho aspettato tutti questi anni." E l'eco della sua risposta rimbombò quasi nel silenzio stellato, abbattendosi sul cuore pesante del coniglio. "Gerolamo".
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