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Celya

Circolo degli Antichi
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  1. Ad ogni modo, se ho capito bene, immagino Dedalo lamenti soprattutto una cosa: se non attraverso un potere , non posso sperare di variare i miei attacchi mandando al tappeto un nemico. Non ho poi un sistema di riferimento preciso per manovre abbastanza importanti come disarmare un avversario o spezzarli l'arma. La risposta a questi interrogativi è abbastanza semplice. La concezione "a poteri" delle manovre più potenti e variegate le limita di fatto solo a specifici personaggi; aspettiamoci quindi di vederle nel Martial Powers di prossima uscita. Posso concordare sul fatto che non abbia senso impedire a priori una manovra ad una classe (perché un chierico da battaglia non dovrebbe saper disarmare, o almeno poter provarci?) ma questa rigidità (almeno per ora) è insita nelle regole. Personalmente non lo trovo un gran problema. Ho sempre amato i gruppi di PG con ruoli estremamente definiti e "di competenza", non perché voglio vedere un'etichetta appiccicata alla fronte degli eroi, ma semplicemente perché - nella mia personale ed opinabilissima esperienza - sono i party che più hanno divertito ed entusiasmato tutti, giocatori e DM.
  2. Non penso di essermi spiegato male. Ad ogni modo: Se parliamo di ricompense per l'interpretazione a cosa dovremmo riferirci? Conosci altre meccaniche (in qualsiasi edizione ufficiale di D&D) create appositamente per valorizzazione il "buon gioco di ruolo"? In Vampiri - La Masquerade (ad es.) interpretare correttamente la propria natura e il proprio carattere, realizzando un obbiettivo concreto, porta ad un recupero della caratteristica: Forza di Volontà. Mi sembra un sistema più che verosimile (oltre che semplice) per premiare direttamente gli sforzi interpretativi. Purtroppo (?) in D&D non è mai esistito qualcosa di simile. E non lo dico per amor di polemica! Con MethyrFall, per esempio, abbiamo cercato proprio di ideare una logica che premiasse coerentemente il "ruolo IN-GAME", dando vita al sistema di progressione "etica" dei PG, con le Grandi Imprese e i Punti Ideale. L'interpretazione, in ogni edizione di D&D, è stata sempre premiata attraverso ricompense in punti esperienza (uno strumento, a mio avviso, inefficace oltre che del tutto privo di realismo).
  3. Conosco molto bene i manuali della 2a Ed., e ancora meglio quelli della 3a. Se non ho citato i "capitoli" di cui parli (interi capitoli??? forse paragrafi?) c'è un motivo ben preciso: le ricompense in punti esperienza per aver interpretato correttamente il proprio personaggio sono sempre state sensibilmente inferiori (se non ridicole) rispetto quelle conquistate con scontri e obbiettivi. Inoltre...sono veramente risibili!!! (IMHO ovviamente) Fammi capire bene, un personaggio dovrebbe imparare meglio a combattere, o ad utilizzare i propri incantesimi, le proprie abilità, solo perché è coerente con se stesso, col proprio allineamento, con le tradizioni della propria razza? Un ladro migliora le sue doti di scassinatore perché il giocatore lo ha interpretato bene? Per me non ha alcun senso! Perdonami ma l'interpretazione non si incentiva con una ricompensa di..."indicativamente cinquanta punti esperienza per livello del personaggio", l'interpretazione si incentiva spiegando a chi si accosta per la prima volta al gioco quanto sia bello narrare una storia, o creare un personaggio a tutto tondo. Questo nessun manuale può ricompensarlo, non in termini di progressione, per lo meno. Che poi la 4a trascuri completamente anche quelli che tu chiami "interi capitoli" (e io paragrafi) è un altro paio di maniche. Comunque, hai letto la Dungeon Master Guide della 4th?
  4. Celya

    Ci sono anch'io!

    I miei complimenti a questa talentuosissima artista, scoperta grazie alla segnalazione dell'amico Dark Megres! Ti invito, se lo ritieni vantaggioso e opportuno, a prendere i miei contatti skype e MSN (magari tramite PM). Come R'DICE, e più in generale come game designers, siamo sempre alla ricerca di nuove promesse dell'illustrazione, soprattutto visto che sono italiane!
  5. Grosse delusioni dall'uomo del Monte, almeno per quanto mi riguarda. Doveva andarsene dal mondo dei GdR salvo poi una frettolosissima ritrattazione... Doveva innovare l'universo ludico e invece ha partorito il MC's World of Darkness (sfido perfino a chiamarlo GdR). I vecchi amanti di Planescape, inoltre, sanno bene quanto il suo nome c'entri poco - come contributo - con il capolavoro. Ad ogni modo. Tutte le edizioni di AD&D/D&D non hanno mai incentivato l'interpretazione. Si tratta di un dato di fatto e, negarlo, equivale a non riconoscere una semplice realtà. Un conto sono le ambientazioni, altro è il sistema di gioco: due cose totalmente differenti.
  6. Ragazzi, non vi rendete conto di cosa significhi avere a che fare con un mattone della grandezza del Manuale del Giocatore 4a Ed. in poco più di un mese di tempo. Le critiche (anche cattive), le segnalazioni e le perplessità possono tutte essere legittime e meritevoli di attenzioni, ma da qui ad usare parole come "pellaio" ne passa. Non si può avere un prodotto perfetto se si è puntato al lancio in contemporanea. Anzi, per la prima volta da sempre il Manuale del Giocatore è uscito lo stesso giorno del suo corrispettivo americano, mi sembra un buon risultato no?
  7. Non ho mai pensato che il post di Elayne fosse un modo per criticare me, quindi - almeno per quanto mi riguarda - non credo si possa parlare di flame! Le opinioni personali sono sempre relative, e possono essere un punto di scontro e crescita per tutti! Detto questo mi spiego meglio, perché forse sono sembrato uno strenuo e ottuso difensore della 4a Ed. di D&D! Non ho mai detto che questa edizione sia in assoluto il meglio che D&D ha offerto ai suoi giocatori (solo che è innovativa e differente rispetto al passato); Non ho mai detto che non amo il "ruolo" (anzi); Non ho mai detto che un GdR non debba essere verosimile, ma solo che non può (sempre secondo me) essere realistico. Ci sono molti aspetti del gioco che non mi piacciono, come i poteri dai nomi che ricordano carte di Yu-Gi-Ho, ma - onestamente - credo che i nuovi strumenti (leggi manuali), dati nelle mani degli stessi giocatori, daranno i medesimi risultati. Cosa voglio dire? Chi punta ad equilibrare ruolo e azione nelle sue campagne, potrà benissimo continuare a farlo. Così come chi vuole dare preponderanza all'interpretazione. Saremo liberissimi di passare ore ed ore a discutere col re di come affrontare la minaccia dei briganti, cercando di convincerlo (senza tiri di dado) che è meglio negoziare piuttosto che sterminarli senza pietà. Sarà ancora possibile andare nei bassifondi a chiedere informazioni di persona, magari parlando di contatto in contatto per cercare l'informatore che ci interessa. Sarà ancora possibile interrogarsi sui grandi dilemmi morali tipici degli eroi, domandarsi la legittimita - o meno - di una determinata impresa, le sue ripercussioni sull'ambiente circostante. Sarà ancora fattibile narrare scene che raccontano di struggenti passioni e di intrighi di corte e - forse (sono ironico ) - l'eliminazione dell'allineamento obbligatorio e di altri fastidiosi mezzi di discernimento magico renderà addirittura più divertenti ed emozionanti le nostre avventure investigative. Non è il passaggio dalla 2a alla 3a, o dalla 3a alla 3.5 fino alla 4a a rendere D&D un gioco sterile e "di soli combattimenti"; è il livello a cui si sceglie di giocare! O volete forse dirmi che dal momento che i poteri delle classi riguardano il combattimento - nella 4a - non sono incentivato ad interpretare? Quali fantastici e narrativi poteri aveva il ladro della 3.5 che lo spingevano ad interpretare meglio? o il druido? o il barbaro? o il guerriero? Attacco Poderoso consentiva l'interpretazione? Schivare Prodigioso? Autorità? Ispirare Coraggio? E per rispondere alla tua domanda, volutamente provocatoria , si Elayne, sono favorevole ad un sistema che - durante il combattimento (parte importante del gioco) - eviti ad un personaggio qualsiasi di grattarsi mentre gli altri agiscono. E ci sono situazioni durante le quali, verosimilmente, un ladro della 3.5 rischiava (quantomeno) di annoiarsi. I non morti sono solo uno dei molti esempi. Dirati tu - magari la sua soddisfazione non è nel combattimento - benissimo. Ma che male c'è nel voler rendere un gioco più divertente per tutti proprio nell'aspetto maggiormente dinamico? Giocare senza DM: hai perfettamente ragione (non sono ironico) ma vorrei farti notare che si tratta di un paragrafo di dieci righe in un mare di altro materiale. Il fatto che sia "pericoloso" (cioè che apra la strada a future edizioni board-game) è indubbio, ma mi sembra relativo preoccuparsi. Ispirare emozioni: ancora una volta, purtroppo, credo sia compito (e onore) del DM, che conosce bene i suoi giocatori, suscitare in loro emozioni potenti. Ho assistito a partite di Vampiri in cui, tanta la scabrosità, l'unica emozione percepita (dal mio punto di vista) era il disgusto. Questo fa di quel sistema qualcosa in grado di influenzare fortemente i sentimenti?
  8. Un gioco completamente nuovo, differente dai suoi predecessori. Inutile cercare di fare paragoni. In combattimento, sfruttare bene i poteri del proprio personaggio, i suoi talenti e le manovre a disposizione è diventato fondamentale. Questo rende D&D un boardgame? Forse durante gli scontri (e non più di molti altri giochi), e la cosa non mi dispiace neanche; almeno adesso ladri e guerrieri - soprattutto ad alti livelli - non staranno a guardare le prodezze degli altri personaggi (per non parlare del povero vecchio ranger, finalmente valorizzato). D&D NON è un gioco realistico! E non avrebbe mai dovuto avere la pretesa di esserlo. Parlare di quadratini anziché metri non stimola la fantasia? Sinceramente credo che i limiti (o i meriti) siano nella mente delle persone che si siedono attorno al tavolo. Quanti leggono la 4a Edizione di D&D e non vanno oltre le parole scritte sulla carta ("vendere l'equipaggiamente ad 1/5 del prezzo, spendere questo impulso curativo, raggiungere la pietra miliare") dovrebbero chiedersi - ad esempio - se è altrettanto realistico un sistema in cui la richezza di un PG è espressa con un valore di pallini che va da O a OOOOO, o così la sua influenza. Sicuramente la 4a Edizione di D&D non incentiva al gioco di ruolo puro, ma vogliamo ricordare per l'ennesima volta il fatto che non sia un gioco di narrazione? Personalmente darei per scontato che quanti si lanciano in una campagna di D&D adorano anche i combattimenti, le scene d'azione, l'eroismo sfrenato e - almeno a tratti - supereroistico. E se credete che questa edizione non sia verosimile, pensate a quando essere un'elfo o un nano significava aver scelto non solo la propria razza, ma anche la classe. Morale della favola? Il gioco di ruolo perfetto non esiste! Per adattarlo alle vostre esigenze dovrete sempre metterci le mani sopra, o almeno sforzarvi di trovare un'interpretazione personale. Se poi amate la 3.5 al punto da ritenerla la quintessenza del GdR (ho i miei dubbi che lo sia), posso consigliarvi di passare a Pathfinder, o al T20 (tutti bellissimi sistemi). Non si può accusare D&D d'essere un gioco esclusivamente improntato al combattimento solo perché non esistono abilità come: cantare, dipingere, ballare, suonare liuto, carpenteria, ecc. ecc. Se proprio si sente l'esigenza di tratti simili, poi, basta inventare nuove categorie. Credo che la bellezza di un gioco sia data principalmente da un fattore: la sua capacità di divertire, anzi, di ispirare emozioni fuori dall'ordinario. E credo che per la prima volta un'edizione di D&D sia stata realizzata in modo da essere veramente fedele a questo semplice concetto. Tutti si divertono: un ladro non rimane con le mani in mano durante un combattimento contro dei non morti; un guerriero non usa sempre e solo i suoi fendenti, un mago non è costretto a sentirsi inutile se ha finito gli incantesimi e un chierico non vede se stesso solo come un'ambulanza.
  9. Beh, è scalzo per due motivi! Prima di tutto scalzo è più greco... Secondariamente...è scalzo... PER RISCATTARE ANNI E ANNI DI PETTEGOLEZZI E LUOGHI COMUNI SUGLI ELFI...ELFI EFFEMMINATI, ELFI MAMMOLETTE, ELFI DELICATINI ECC. ECC. TRATTASI DI ESEMPLARE DI ELFO MASCULO!!!
  10. Ciao Claudio; è un onore per me postare il tuo ultimo disegno, realizzato per Artefatti e Leggende della R'DICE. Una chimera, il simbolo stesso della fantasia e dell'impossibile. Buffo vero? Grazie di tutto.
  11. Che dire più? Ormai sono di parte! Questo è quello che si definisce masterpiece
  12. Celya

    Addio Claudio

    Si è spento un astro nel nostro cielo, ma ora il paradiso è più colorato.
  13. Per vedere il definitivo (un vero capolavoro) dovrete attendere l'uscita di WQ#4! Per farvi gola posso solo dire che è realmente eccezionale, e che nello stesso numero troverete il lavoro di un altro grande artista della D'L, Roberto Pitturru (Akéiron)!
  14. Direi che così, a occhio e croce, sembra un dragonborn della 4a Ed.!
  15. Celya

    MethyrFall

    Innanzitutto grazie per l'interessamento TartaRosso. MethyrFall nasce, prima ancora che come "gioco", come contesto narrativo, ovvero come mondo vivo ed epico, in una parola: intenso. Personaggi, organizzazioni, nazioni e perfino singoli individui hanno obbiettivi complessi, non facilmente desumibili o collocabili nella dinamica fantasy della lotta tra bene e male. Parlando in termini specifici delle questioni che hai sollevato posso dire questo. MethyrFall, nonostante alcune innovazioni tecniche relative alla magia e alla progressione etica del PG (che attraverso le sue gesta può diventare un termine di paragone per i propri simili) è un'ambientazione con una fortissima componente narrativa personalizzante. Tanto per capirci non esiste - per forza - tutto ciò che invece è compreso nell'universo D&D. Per usare un paragone forte potrei dire che è l'antitesi di Eberron, insomma, relativamente a comprensibilità e diffusione della magia, atmosfere, tono ecc. Il manuale, inoltre, è fortemente concentrato sugli aspetti narrativi del mondo di Cyphelas, e alle nuove regole, come l'opzione dei Talenti di Gruppo (che verrà ulteriormente aggiornata col passaggio alla 4a Ed.), viene lasciato uno spazio sensibilmente inferiore. Come tutte le ambientazioni di D&D, MethyrFall si presta ad essere giocata a molti livelli. Samirah diceva bene, è sempre possibile organizzare una campagna di solo Hack and Slash, ma - certamente - il manuale non incentiva a farlo. Artefici delle Maree, l'ultimo nato in casa R'DICE, è il perfetto esempio di una campagna localizzata in una specifica regione del mondo di Cyphelas, con spunti per avventure e contenuti autoreferenziali, profondamente legati tra loro. Per qualsiasi ulteriore curiosità, comunque, resto a disposizione.
  16. Auguro a Claudio che questo manuale sia solo la prima pietra di una lunghissima strada verso l'universo della fantasia! In un certo senso, i Livelli Infimi sono la sua soul forge
  17. O_O della tavola o del fumetto??? Il secondo caso lo escluderei (a meno di non cercarlo espressamente attraverso canali non proprio ortodossi); per quanto riguarda il primo, invece, non ne ho proprio idea! Ma mi adopererò per postarla, se la trovo!
  18. Purtroppo chi non ha letto la graphic novel non può capire perché è necessario che la storia finisca proprio in quella maniera. Dico solo che le cronache di "30 days of night" si compongono di tre volumi: 30 giorni di notte, Giorni oscuri e Ritorno a Barrow (tutti eccezionali). Il pugno in bocca - nella pellicola - è osceno (realizzato malissimo), nel fumetto invece è una tavola potente ed espressiva, che occupa un'intera pagina.
  19. Comprensibile, ma il tuo è un ragionamento indotto proprio dal fatto di giocare a Vampiri. Vincente (che nel film non esiste), è forte, ma non ha dalla sua la rabbia e la motivazione dello sceriffo. Non è un film sulla logica dei poteri del sangue, ma sul sacrificio.
  20. Celya

    Parlami d'Amore

    TRAMA: I genitori tossici di Sasha lo hanno isolato crescendolo in una comunità di recupero e, alla loro morte, lo hanno abbandonato in un limbo di dolore. Costretto a lasciare il centro di accoglienza dopo la fuga del direttore - l'unica persona nella quale riponeva la sua fiducia - Sasha fatica a trovare il suo posto nel mondo. Silvio Muccino sceglie - per la sua prima pellicola - di adattare il romanzo scritto assieme a Carla Vangelista, un caso letterario con le sue trecentomila copie vendute, un'opera quasi destinata al grande schermo fin dalla sua ideazione. Per gonfiare il parco-attori, Muccino ha reclutato artisti di talento (cito solo Arnaldo Catinari e Tonino Zera), i quali però stentano lo stesso a decollare in un contesto di situazioni e luoghi forse troppo scontati e fissi nell'immaginario collettivo. Per stessa ammissione del regista, Parlami d'amore è un film zeppo di citazioni, forse troppe o troppo ardite, perché riferite ad un cinema di altra (ed alta) levatura, o più semplicemente destinato ad un pubblico differente. Il film ha ottenuto un riconoscimento "di interesse culturale"; non voglio dire che non lo abbia meritato ma, come tutti i film che parlano di dolore, il rischio è quello di non andare oltre la voglia nuda e cruda di "emozionare" il pubblico, senza comunicare qualcosa. Il tema della dipendenza (droga, alcool, gioco d'azzardo) è affrontato con un certo giovanile qualunquismo, mentre molto ben riuscito è - a mio avviso - il percorso parallelo dei due personaggi principali che, seguendo strade completamente differenti, arrivano a capirsi e ad abbandonarsi l'uno all'altra. I personaggi soffrono forse tutti di certi stereotipi, apparendo spesso leggermente inverosimili, come inverosimili sembrano alcuni dialoghi tra i giovani debosciati della Roma bene e il piccolo-falegname-di-provincia-Sasha. Il film non mi è dispiaciuto, perché la regia sembra - in un certo senso - un curioso miscuglio tra suggestioni sentimentali tipiche del cinema d'oltreoceano e psicodramma all'italiana. Da vedere.
  21. Alaska, uno dei villaggi più a nord del mondo (la cittadina di Barrow esiste veramente), dove ogni anno, per trenta giorni, il sole non sorge mai. Un gruppo di vampiri ne approfitta per attaccare gli abitanti, decimandoli e costringendo i superstiti a una terribile lotta per la sopravvivenza, nel buio e nella neve. 30 giorni di buio è la pellicola tratta dall'avvincente graphic novel di B.Templesmith e S.Niles, ambientata in un villaggio confinato nella notte, con un gioco di cromatismi sul bianco della neve e il rosso del sangue. I vampiri di Templesmith (e del film) hanno uno charme putrido e decadente tutto loro, dovuto al look metropolitano e ad una malvagità aliena, quasi allo stato puro. Si abbandonano ad un'orgia di violenza e lussuria, incontrastati, come dovrebbero essere sul serio creature del genere. Ottima la scelta di gettare nel silenzio larga parte del film, mentre gli occasionali brani della colonna sonora passano quasi del tutto inascoltati. I dialoghi, d'altro canto, sono di tale inutilità (al contrario dell'opera cartacea) da ottenere un singolare effetto di straniamento: lo spettatore sa sempre più dei personaggi, e questi sembrano non credere molto alla storia che loro stessi raccontano, quasi fossero coscienti della finzione in cui si trovano. La fotografia ricorda decisamente il taglio narrativo delle vignette di Templesmith (come per le scene dall'alto), il che è positivo, mentre la trama ha subito dei riadattamenti che - nel complesso - semplificano la storia e ne facilitano la comprensione, ma la impoveriscono. Magistrale la scena finale, che lascia trasparire tutto l'orrore e la disperazione come comunicate dal volume. 30 giorni di buio è un horror che scorre rapidamente, con alti e punti di stanca. Da vedere senza dubbio.
  22. Celya

    MethyrFall

    Ottimo, allora attendo ansioso anche i tuoi commenti!
  23. Celya

    MethyrFall

    Per la precisione: Roghi di Guerra sarà il primo supplemento in 4a Ed. della linea, ma è anche previsto un "libello" di conversione (presumibilmente in formato .pdf) utile per adattare MethyrFall alla nuova versione di D&D.
  24. Celya

    MethyrFall

    Molto cabalistico il manuale, nevvéro? Scassa pure le bolle quando/quanto vuoi. Sono qui per questo! Dunque, il prossimo prodotto della linea sarà Roghi di Guerra, sulla falsariga strutturale di Artefici delle Maree. Un supplemento/event-book per la 4a Ed. sulle battaglie di Cyphelas e - in generale - sul conflitto. Aree di interesse geografico Umnas e Gher-Saria (sicure), Moldrinn (in forse). Perno del Fuoco e agiografia di Terimos, come facilmente intuibile. Immaginate una copertina simile a quella di Artefici, ovviamente col simbolo del Supremo, completamente invasa da rigagnoli di magma...
  25. Celya

    [MF] Domande sul Flusso

    Ottimo topic, utile direi! Rispondo per punti. 1. Gli effetti del talento Espandere il Flusso, come si desume dalla lettura del paragrafo "Normale:" dello stesso, si applicano solamente agli incantesimi altrui. Questo per due ordini di motivi: Prima di tutto chi possiede il talento in questione deve aver selezionato anche altri talenti di Metamagia (che sono poi quelli coi quali si vuole influenzare l'altrui incantesimo). Essi rappresentano per un incantatore il modo, già conosciuto, di influire sui propri incantesimi. Secondariamente, poi, l'uso improprio di questo talento, così come suggerito, permetterebbe di aggirare gli ostacoli alla base dell'applicazione della Metamagia a un incantesimo (necessità di preparazione, tempo di lancio prolungato ecc.). 2. Sulle capacità magiche acquisite. Se esse sono il frutto di uno studio della magia (implicano quindi qualunque tipo di preparazione, arcana o divina che sia) il focus di methyrdom si rende assolutamente necessario. Se invece sono conquistate "spontaneamente" (un'eredità soprannaturale lasciata da una CdP, un potere acquisito da un mostro con l'avanzamento ecc.), l'utilizzo del focus non è fondamentale.
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