Dato che mi è stato gentilmente richiesto, ho recuperato un po' di materiale universitario e ho aperto questa discussione per parlare di letteratura giapponese, in particolare della sua storia ed evoluzione.
Sono ovviamente bene accette le domande, anche se semplici curiosità, cercherò di rispondere per quanto mi è possibile.
Se è qualcuno fosse interessato, posso fornire alcune note bibliografiche, anche se in larga parte mi rifarò agli appunti che ho preso durante le lezioni, quindi non prendete assolutamente come oro colato quello che scrivo.
Bene, direi di iniziare con una breve introduzione. Sarebbe stato interessante non ripetere alcuni concetti che avevo già affrontato nella discussione riguardante la lingua giapponese, ma non riesco più a trovarla nel forum.
Introduzione
La lingua giapponese scritta moderna comprende due sillabari (hiragana e katakana) e i kanji, letteralmente "caratteri cinesi". A questi possiamo aggiungere anche il romaji, cioè l'alfabeto latino.
Già il significato di kanji fa capire quale debito abbia il sistema di scrittura giapponese verso quello cinese.
Il Giappone fino al quarto-quinto secolo non aveva probabilmente una lingua scritta e questa fu importata proprio dalla Cina (attraverso i regni coreani). E' dunque importante sottolineare come i due sillabari siano stati introdotti successivamente. Inizialmente si avevano i soli kanji.
La Cina era la nazione dominante nell'area, con una cultura molto più antica e avanzata di quella giapponese.
Tuttavia è errato cadere nel solito stereotipo dei giapponesi come "copioni". I giapponesi hanno sempre avuto una grande curiosità verso il diverso, facendo proprie le basi e l'essenza delle influenze esterne, ma rielaborandole in modo originale, nipponizzandole per così dire. Si tratta di una operazione culturale sofisticata, che porta ad una sorta di accumulo a strati, dato che il vecchio non viene buttato.
L'introduzione di elementi esterni, come la lingua, non è però mai un'operazione indolore, in quanto crea sempre problemi. Per quanto riguarda la lingua si può dire che gli intellettuali giapponesi fino alla seconda guerra mondiale erano in grado di produrre testi sia in cinese che in giapponese, in quanto le due lingue si adattavano a generi letterari differenti.
Questo dualismo è riconoscibile anche in ambito religioso e anche nel potere (basti pensare all'imperatore e allo shōgun).
Nella letteratura giapponese, il posto d'onore è occupato dalla poesia, vera essenza di qualsiasi manifestazione sociale pubblica. Si considerava la poesia giapponese come qualcosa di unico, kotodama, letteralmente lo spirito delle cose, con potere magico ed evocativo, un potere sacro. La poesia spesso fungeva da unico mezzo di comunicazione, in quanto in grado di dare sfogo alla propria sfera personale, al di là della correttezza formale.
Per fare un esempio, le donne che vivevano a corte spesso avevano le poesie come unico mezzo di comunicazione con gli uomini. In molti periodi della storia giapponese, le donne non avevano un nome proprio, erano conosciute per la relazione di sangue con uomo (ad esempio, figlia di.. moglie di... ), oppure erano note per la via nella quale vivevano. Anche nei periodi nei quali le donne erano tenute in maggiore considerazione, permanevano delle restrizioni, tra le quali il fatto di dover rimanere separate dagli uomini. Le donne potevano essere solo intraviste, ma con pochi risultati, dato che erano bardate e con capelli lunghi fino ai piedi. Proprio i capelli erano importantissimi, insieme al profumo, che di solito rimaneva lo stesso per ogni donna. Non a caso, creare profumi era uno dei passatempi preferiti dalle donne altolocate.
Data questa separazione tra i due sessi, non di rado capitava che un uomo si innamorasse di una donna solo per sentito dire.
Quindi lo scambio di poesie spesso era l'unico mezzo per comunicare e la paura più grande era quella del pettegolezzo, cioè rendere pubbliche vicende private. In un certo senso si può dire che la base della cultura giapponese sia la vergogna e non il peccato.
Le origini (bibliografia: Introduzione alla letteratura giapponese di Sagiyama Ikuko)
Per quanto riguarda il periodo arcaico, bisogna sottolineare che il passaggio a comunità stabili basate sull'agricoltura (riso in primis) ha avuto un impatto enorme sullo sviluppo della cultura giapponese e quindi anche della sua letteratura. Per coltivare il riso è necessaria una forte coesione sociale e un'attenta pianificazione, che può ovviamente essere rovinata da fenomeni atmosferici avversi.
La natura è stata spesso personificata nei kami, che quindi in alcuni casi rappresentano degli spiriti della natura, non sempre benigni.
Da qui la necessità di sviluppare dei riti il cui linguaggio doveva propiziare i favori di queste entità, garantendo quindi il benessere della comunità. C'è stata quindi la nascita di un linguaggio distinto da quello quotidiano, probabilmente sotto forma di canti tramandati oralmente. Si tratta dunque di componimenti a scopo "pratico".
Col passare del tempo, ci fu la liberazione dalla minaccia della natura tramite lo sviluppo delle tecniche di produzione, l'unificazione in uno stato unitario, l'introduzione di un sistema di scrittura e il passaggio a produzioni di tipo letterario, quindi individuali e personalizzate.
Tutto questo si ebbe in Giappone nei secoli VI e VII e promotore di questo cambiamento fu ovviamente il ceto aristocratico, che era libero dal lavoro diretto di produzione e più avido di assimilare le novità provenienti dal continente.
Kojiki e Nihonshoki
Si tratta delle più antiche opere della letteratura giapponese, risalenti circa all'ottavo secolo.
Entrambe le opere furono volute fermamente dall' Imperatore appartenente all' uji Yamato, in modo tale che la preminenza di questa famiglia fosse giustificata anche dal mondo letterario.
Il Kojiki (古事記, letteralmente "Cronaca di cose antiche") è composto da tre volumi, anche se probabilmente il più interessante è il primo, dato che narra i miti delle origini dell'arcipelago giapponese. Il secondo e terzo volume comprendono le origini della famiglia imperiale e tutta la genealogia, in buona parte senza fondamento storico.
L'opera contiene molti poemi e canzoni, e la lingua usata è decisamente diversa dal giapponese moderno, molto influenzata dal cinese. Si tratta di una lingua ancora ibrida. In molte canzoni, i caratteri cinesi vengono usati solo foneticamente (e quindi non per il loro significato).
Il Giappone è considerato il paese dei kami e si può notare come le divinità abbiano tratti decisamente umani e come gli uomini abbiano in sé tracce del divino. Non solo l'imperatore, ma anche tutti i giapponesi discendono dai kami.
Si pensa che il "rango" dei kami rispecchi in modo abbastanza accurato i rapporti di forza delle varie famiglie dell'epoca. Amaterasu, kami del sole, è la divinità più importante ed ovviamente quella legata alla famiglia imperiale.
Altra divinità molto importante è Susanoo, fratello di Amaterasu, dal carattere bellicoso.
Proprio lo scontro tra Amaterasu e Susanoo potrebbe nascondere l'antico contrasto tra Yamato (legato alla pesca e alla cultura insulare) e Izumo (legato più al continente asiatico e alla caccia).
Sembra che Yamato preferisse comunque una politica di assorbimento delle diversità, piuttosto che di oppressione.
Il Nihon Shoki (日本書紀 , traducibile come "cronache del Giappone"), detto anche Nihongi è un testo meno interessante dal punto di vista linguistico, in quanto è usata la lingua cinese, una scelta molto comune per i documenti ufficiali. Anche qui sono trattati prima i miti, con qualche differenza da come sono descritti nel Kojiki, ma la parte centrale riguarda la storia degli imperatori. Buona parte dell'opera, in particolare le vicende dei tempi più remoti, è poco attendibile dal punto di vista storico. Ha un carattere prettamente annalistico, dunque diverso dalla storiografia interpretativa che verrà adottata successivamente.
Queste due opere tratteggiano anche la figura tragica di Yamato Takeru, principe della famiglia imperiale. E' un personaggio molto amato in Giappone ed è la tipica figura dell'eroe perdente.
Il principe subisce una trasformazione, in quanto inizialmente ha un carattere difficile e si comporta male, creando quindi contrasti all'interno della sua famiglia. Il padre, per sbarazzarsi di lui, lo manda contro i "barbari" delle altre province, ma inaspettatamente Yamato Takeru riesce a vincere e ad acquisire una nuova consapevolezza di sé.