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confronto Build e GDR
Bille Boo ha risposto alla discussione di nolavocals in Discussioni GdR Generiche
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avventura Richiesta info su indovinello nell'avventura Il ghiaccio li rese eroi
Bille Boo ha risposto alla discussione di Skorpio in Ambientazioni e Avventure
Forse potresti fare che gli occhi si chiudono o si rovesciano una volta premuti, a quel punto l'allusione alla "cecità" potrebbe essere un modo velato per far intendere che bisogna appunto premerli ("accecarli") tutti. -
stili di gioco Guida all'Interpretazione #2: Psicosofia del ruolare
Bille Boo ha risposto alla discussione di Bille Boo in Discussioni GdR Generiche
A posto, siamo d'accordo 🙂 -
stili di gioco Guida all'Interpretazione #2: Psicosofia del ruolare
Bille Boo ha risposto alla discussione di Bille Boo in Discussioni GdR Generiche
@Faelion ovviamente se si finisce per litigare e non si riesce a instaurare un dialogo costruttivo c'è un problema sociale al di là del gioco, su questo sono d'accordo con te. E, altrettanto ovviamente, se uno dei due convince l'altro il problema è risolto, e fine. Ma mettiamo che il dialogo costruttivo ci sia, pacato, senza litigi. E ci sia semplicemente un'onesta divergenza di vedute sulla questione specifica (quel personaggio farebbe quella cosa o no?). Opinioni diverse in buona fede. Ma nessuno dei due riesce a convincere l'altro. Che si fa? Secondo me (è la mia personale convinzione) l'ultima parola spetta al giocatore, e si va avanti. Se invece pensiamo che non si può andare avanti a meno che uno dei due non convinca l'altro, e quindi convincersi a vicenda è un requisito irrinunciabile per poter proseguire il gioco... beh, non sono d'accordo, e mi sembra poco funzionale. Edit: -
stili di gioco Guida all'Interpretazione #2: Psicosofia del ruolare
Bille Boo ha risposto alla discussione di Bille Boo in Discussioni GdR Generiche
@Casa sì, concordo: il famoso "è quello che farebbe il mio PG" usato come giustificazione per dare fastidio alle persone (le persone vere con cui si gioca) è un grande classico tra le disfunzionalità. Non ho voluto usarlo come argomentazione perché mi sembrava troppo scontata. Ma è un'altra dimostrazione del fatto che alla fine è sempre il giocatore a prendere le decisioni e ad essere responsabile delle decisioni che prende: il personaggio come identità astratta ed autonoma, a priori, non esiste. Conviene vedere il gioco come giocatori (persone vere) che prendono decisioni su una situazione immaginaria. -
Ciao! Sarò alla terza edizione della FroggyCon a Cologno Monzese, questo weekend:
FroggyCon.it
Le sessioni si possono prenotare qui:
prenotazioni
Quella in cui farò da master, in particolare, è di domenica mattina, Severed Head at the Carousel of Frogs, in inglese.
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stili di gioco Guida all'Interpretazione #2: Psicosofia del ruolare
Bille Boo ha risposto alla discussione di Bille Boo in Discussioni GdR Generiche
@Faelion certo che fare una domanda non è la fine del mondo o del gioco, nessuno ha detto che lo sia. Però, ti posso chiedere una cosa? Se alla domanda "sei sicuro che il tuo personaggio lo farebbe?" quello risponde "sì", che succede? Perché io mica ho mai contestato il fare la domanda, eh. Quella che io contestavo era una affermazione: "il tuo personaggio non farebbe così"; tradotto: a meno che non lo giustifichi in modo convincente per il DM, non puoi farlo, punto. Allora sì che finisce il gioco (a meno che uno dei due non ceda - e non credo che debba essere il giocatore a cedere). Che ne pensi? -
stili di gioco Guida all'Interpretazione #2: Psicosofia del ruolare
Bille Boo ha risposto alla discussione di Bille Boo in Discussioni GdR Generiche
@Casa penso che siamo d'accordo: fintanto che segui le meccaniche di gioco e quelle in modo "naturale" ti portano a immaginare certe cose, va tutto bene, è il gioco che sta funzionando. Il mio punto non è che non bisogna mai immaginare niente, nemmeno quando ci viene spontaneo o quando il gioco lo richiede. Il mio punto è che "ruolare" consiste, appunto, in questo, nel seguire (anche con l'immaginazione) il funzionamento del gioco. Quello che critico è il pensiero che sia essenziale, per ruolare, formarsi a priori un'idea completa del personaggio, anche per cose che il funzionamento del gioco non richiede (l'esempio tipico è chi si scrive paginate di backstory drammatica), e meno fai questo meno stai "ruolando davvero". Se con il tuo guerriero, un bel giorno, non vai in mischia per spaccare teste ma provi, che so, a dialogare pur avendo Carisma 8, perché in quel momento ti pare una buona idea, magari stai sbagliando tattica, ma non è che non stai ruolando o stai ruolando male. Tutto qui. @Faelion gli esempi non mi chiariscono molto le idee, comunque ho il sospetto che l'azione "sconsiderata" susciti discussioni proprio perché è, appunto, "sconsiderata", cioè rischia di mettere il gruppo nei guai; mi sembra una cosa che prescinde dall'interpretazione. Personalmente, troverei giusto discutere (in modo rispettoso e amichevole) un'azione "sconsiderata" sia se la ritenessi pienamente "in linea" con l'idea che mi ero fatto del personaggio, sia se non fosse così. Voglio dire che non hai torto ma ho il sospetto che stiamo parlando di cose diverse. L'articolo, ridotto brutalmente all'osso, parla del pregiudizio che esista un "vero ruolare" basato sull'attenersi a una "parte" preesistente e predefinita. Non è che penso che sia sbagliato dire a un altro giocatore (amichevolmente) che sta facendo una cavolata. Penso che non sia corretto, e non sia utile, declinarla come "non stai interpretando correttamente la tua parte". -
stili di gioco Guida all'Interpretazione #2: Psicosofia del ruolare
Bille Boo ha risposto alla discussione di Bille Boo in Discussioni GdR Generiche
Forse non mi sono espresso chiaramente. "Per potere avere i vantaggi del paladino devi comportarti in questo modo" non è quello che intendevo con meccanica prescrittiva (anche se ovviamente contiene una prescrizione). Io parlavo di definizione prescrittiva/descrittiva dell'allineamento. Minuzie, comunque, ci siamo intesi. Ti è mai successa di persona questa situazione? Se sì, mi faresti un esempio? (Nota - Escluderei il caso in cui il giocatore "si è stufato" di usare il personaggio: in quel caso certo che bisogna fermare il gioco e parlarne, ma del fatto che un giocatore si sia stufato, è quello il problema; sarebbe uguale anche se qualcuno si fosse stufato, che so, dell'ambientazione o del luogo in cui si svolgono le sessioni; non è una questione di roleplay ma di rispetto reciproco. - Mi interesserebbe invece un esempio in cui il giocatore non si è stufato, e non ci sono problematiche sociali o personali di nessun tipo, semplicemente lui vuole che il personaggio faccia una cosa, e gli altri ci vedono un cambiamento di approccio e glielo fanno notare.) -
stili di gioco Guida all'Interpretazione #2: Psicosofia del ruolare
Bille Boo ha risposto alla discussione di Bille Boo in Discussioni GdR Generiche
L'allineamento, quando ha effetto meccanico, è una meccanica di gioco a tutti gli effetti. Secondo me funziona quando è descrittivo, non prescrittivo (cioè: hai fatto la tal cosa ergo sei caotico; e non: sei legale ergo non puoi fare la tal cosa), quindi rimane in linea con quanto detto. Ma sicuramente per usarlo occorrono definizioni condivise, chiare a tutti, e molto migliori di quelle che si trovano tipicamente sui manuali: hai del tutto ragione su questo. Questa è una meccanica di gioco: è rispetto delle regole, non c'entra con l'immaginare una personalità predefinita diversa dalla propria. Se il giocatore se ne frega succederanno le conseguenze previste dalle regole, esattamente come se decide di tuffarsi in un lago di lava. E, in entrambi i casi, il DM fa assolutamente bene a chiedere: "sei sicuro? lo sai che le conseguenze saranno queste, vero?" (come diceva anche @Pippomaster92). Ma non decidere di tuffarsi nel lago di lava perché consapevoli delle conseguenze è un normale comportamento da gioco da tavolo: non richiede di immaginare una personalità o identità diversa dalla propria. Per le 2 ore di studio al giorno, e per gli altri esempi che hai fatto, vale lo stesso discorso. Studierai 2 ore al giorno perché le regole ti dicono di farlo (o meglio, per evitare le conseguenze previste dalle regole se non lo fai), ergo ne nascerà probabilmente (a posteriori) un PG studioso che non se la spassa in taverna. La personalità / identità del PG è un risultato, non un requisito. -
stili di gioco Guida all'Interpretazione #2: Psicosofia del ruolare
Bille Boo ha inviato una discussione in Discussioni GdR Generiche
Cosa vuol dire, davvero, "interpretare un personaggio" in un gioco di ruolo? Come funziona in pratica? In materia ci sono tante idee diverse ma anche un bel po' di confusione. Proviamo a ridurre tutto all'essenziale. Guida all'Interpretazione #1: Bando al Recitazionismo Articolo di Bille Boo del 12 febbraio 2021 Nella parte precedente di questa nuova serie, oltre a fare un po’ di necessaria polemica, ho iniziato ad esplorare la questione dell’interpretazione dei personaggi. Quello di oggi è l’episodio più teorico: che cosa intendo, nel mio D&D, quando dico "interpretare"? Premessa A livello fondamentale, un gioco di ruolo come D&D, ridotto all’osso, funziona così: C’è un mondo immaginario, dove ogni giocatore ha un personaggio. Il Diemme descrive una situazione. Il giocatore decide cosa vuole fare il suo personaggio. In base alle regole si stabilisce se ce la fa. Il Diemme narra le conseguenze e chiede di nuovo di prendere una decisione, e così via. Parti in causa Supponiamo di essere a un tavolo di D&D con un Diemme e quattro giocatori. Concentriamoci sul giocatore di nome Gino. Il suo personaggio è il guerriero Cutie Headcutter (il che ci fa dedurre che sia un po’ bimbominkia, ma non lo giudichiamo). Ora, Gino avrà una sua testa (sembra strano ma anche i giocatori ce l’hanno 😉), dove stanno i suoi pensieri e quello che immagina per conto suo. Poi ci sarà un immaginario condiviso, che è quello che emerge al tavolo di gioco: le cose che avvengono al tavolo durante il gioco, infatti, sono dati di fatto oggettivi a cui ognuno deve “adeguare” la propria immaginazione se vuole continuare a giocare. (In effetti mi hanno giustamente fatto notare che sarebbe più corretto parlare di "spazio immaginato condiviso".) E poi ci sarà la parte meccanica del gioco, vale a dire schede, manuali, dadi, tutto quello che è strutturato per dare degli strumenti e delle regole. Cutie Headcutter esiste in tutte e tre queste aree: nella testa di Gino, ma anche nello spazio immaginario condiviso, e anche nella meccanica (la sua scheda). Solo, in modi diversi. Vediamo come. Come si interpreta: a valle Come abbiamo detto poco fa, in ogni situazione il giocatore deve decidere cosa vuole fare il PG: è questo il suo compito fondamentale nel gioco. Per Cutie Headcutter, quindi, questa decisione avviene nella testa di Gino. Andrà poi comunicata al Diemme e al resto del tavolo, naturalmente. A questo punto, il Diemme potrebbe ricorrere alle meccaniche di gioco per stabilire l’esito di quella decisione. Ho evidenziato “potrebbe” perché non è obbligato: questo passaggio serve solo se l’esito è in qualche modo incerto (vedi tutto il discorso sul flusso di gioco). Non sempre c’è da tirare un dado. Se Gino decide che il suo personaggio apre una porta (che non è chiusa a chiave), sale le scale, o urla “al ladro!”… beh, lo fa e basta. Dopodiché l’azione scelta, con i suoi risultati e le sue conseguenze, prende forma nel mondo di gioco: diventa un avvenimento (un qualcosa che è effettivamente accaduto). In genere è il Diemme che si occupa di descriverlo. Tutti i giocatori al tavolo (non solo Gino) lo ascoltano e ne prendono atto. Fin qui tutto okay, come evidenziato, nell’immagine, dalla faccina sorridente e dal pollice in su di un bel verde brillante. Come si interpreta: a monte Ma come ha fatto Gino ad arrivare a quella decisione per il suo PG? Ci sarà stato un qualche procedimento, nella sua testa, che lo ha portato lì. Ha pensato a qualcosa? Ha immaginato qualcosa? Ci interessa tutto ciò? La risposta è: essenzialmente no, non ci interessa. Come simboleggiato dalla faccina indifferente a lato. Il gioco ha solo bisogno che Gino prenda la decisione per Cutie Headcutter. Non c’è niente che stabilisca o regoli la modalità con cui la prende. Il che è molto saggio da parte degli sviluppatori del gioco, perché tanto non ci sarebbe modo di verificare se quella modalità è stata seguita o no: né gli altri giocatori né il Diemme sanno come pensa Gino; è probabile che non lo sappia del tutto nemmeno Gino. C’è un solo aspetto importante da considerare: per prendere la sua decisione Gino ha diritto a informazioni su cui basarsi. Per la precisione, ha diritto a sapere tutto quello che ragionevolmente dovrebbe sapere Cutie Headcutter. Ha diritto a conoscere la situazione nel mondo di gioco, infatti il Diemme si sarà premurato di descrivergliela. E ha diritto a conoscere le regole del gioco e la meccanica particolare del suo PG; avrà quindi accesso ai manuali e alla scheda. Qualunque sia il procedimento decisionale che avviene nella testa di Gino (ripeto, non possiamo conoscerlo) avrà a disposizione queste informazioni, come mostrato nello schema. Assicurarsene è responsabilità del Diemme, che infatti controlla e sovrintende questo flusso di informazioni, come schematizzato dalle frecce dorate tratteggiate. È importante prendere sul serio questa responsabilità. Se il Diemme ha anche solo il sospetto che qualcosa sia stato frainteso o dimenticato, non inchioderà Gino mani e piedi alla sua decisione disinformata, ma si premurerà di evidenziare l’informazione mancante e chiedere di nuovo. Ad esempio: “Hai solo For 8 e un’armatura pesante, che ti svantaggerebbe molto: sei sicuro di volerti gettare nel fiume?”. Oppure: “Se ti muovi per ingaggiare in mischia il mago nemico provochi attacco di opportunità da parte delle due guardie del corpo, l’hai considerato?”. O ancora: “Hai detto di voler saltare il crepaccio, ma è largo 9 metri, sai bene che a meno di un miracolo non riusciresti mai a farcela”. Su questa cosa, magari, torneremo in futuro. L’indifferente mondo delle idee private C’è un concetto che viene spesso assunto come scontato quando si gioca di ruolo, specialmente oggigiorno (la "Vecchia Scuola" era meno sensibile alla questione), ed è che l’interpretazione di un personaggio richieda di immaginarselo, a priori, come figura / persona diversa da sé. Secondo questo approccio, Gino si è già costruito nella sua testa un’idea di Cutie Headcutter (la sua storia, la sua personalità, i suoi sentimenti eccetera). E prenderà la sua decisione basandosi su quell’idea, immedesimandosi in quel personaggio (oltre a tenere conto delle informazioni a disposizione come spiegato sopra, ovviamente). Fare questo è sbagliato? No, non è sbagliato. Fare questo è necessario? No, non è necessario. (Anche se lo fosse, non vi sarebbe modo di verificare se è avvenuto.) Quindi la cosa ci è indifferente, come indica la faccina nell’immagine. So che qualcuno di voi sarà tentato di pensare cose come “se Gino non fa così, sbaglia” oppure “se Gino vuole davvero giocare di ruolo deve fare questo“. Resistete a questa tentazione: Gino può usare qualunque procedimento per giungere alla sua decisione. Se questo procedimento coinvolge un’identità immaginaria precostruita, perché si trova bene così, buon per lui, ma sono affari suoi. Il velenoso mondo delle idee condivise Ora veniamo ai problemi. Come sapete, il mio approccio in queste faccende è strettamente pragmatico, quindi quando dico che qualcosa è sbagliato è perché non funziona, o funziona male, lasciando da parte (per carità!) i giudizi morali. Ecco, quindi, alcuni concetti che ritengo potenzialmente non funzionali per il gioco di ruolo e in particolare per D&D. Il primo concetto nocivo è che l’identità del personaggio sia qualcosa di oggettivo che è in qualche modo al di fuori della testa di Gino: qualcosa che è noto a tutto il tavolo, e che appartiene all’immaginario condiviso della giocata. Spesso ci si pone in questa situazione involontariamente, condividendo la backstory dei propri PG e “raccontandoseli” a vicenda prima del gioco. Male, molto male, come indicato dal diavoletto e dal pollice in giù. È l’anticamera di un sacco di brutte cose: giudizi su se Gino stia interpretando bene o no, obiezioni alle decisioni di Gino e relative discussioni, e altro ancora. E c’è un concetto ancora peggiore: quello che il Diemme debba in qualche modo regolare, sovrintendere, assicurare che le decisioni di Gino siano effettivamente coerenti con l’idea astratta del personaggio. A cosa serve, se non a rimproveri del tipo “No, il tuo personaggio non farebbe questo” (che è pressappoco la cosa peggiore che un Diemme possa dire a un giocatore)? Lo voglio affermare con forza: il principio dell’idea di personaggio condivisa, e/o che l’interpretazione di un giocatore sia tanto migliore quanto più è aderente a un’idea di personaggio preesistente, è inutile (quando va bene) o foriero di guai (quando va male). Abbandoniamolo. Nell’immaginario condiviso, Cutie Headcutter è ciò che Cutie Headcutter effettivamente dice e fa. Niente di più, niente di meno. Sulla base di questo, ognuno (il Diemme, gli altri giocatori, perfino Gino stesso) è libero di farsi una propria idea dell’identità di Cutie Headcutter, di chi lui sia veramente. Ma è un’idea che discende dai fatti, e che potrà sempre cambiare in futuro se i fatti cambiassero. Esattamente come avviene per le persone reali: non si può mai dire di conoscere del tutto una persona, non si può mai dire di conoscere del tutto un PG. Conclusione Abbiamo visto in cosa consiste, nella sua essenza, l'interpretazione di un PG: nel prendere decisioni per lui, sulla base di informazioni legate al gioco, a prescindere dal procedimento mentale con cui si arriva a tali decisioni, e a prescindere dall’esistenza o meno di un’identità immaginata a priori per quel PG. Se vi siete riconosciuti in qualcuno degli approcci che ritengo problematici, vi invito a fare l’esperimento di giocare senza. Vi assicuro che la qualità del vostro gioco, e la profondità delle vostre storie, non ne risentirà per niente. Anzi, potrebbe migliorare. Se smettete di preoccuparvi del meccanismo che porta i giocatori (voi e gli altri) alle decisioni, e vi limitate a prenderne atto e a vivere la storia che spontaneamente ne deriva, sarete molto più liberi di apprezzare la giocata. Provare per credere! Però… Una tipica obiezione che mi viene fatta a questo punto è: ma così non vengono fuori solo personaggi piatti, stereotipati, senza personalità? Oppure, personaggi del tutto incoerenti? La risposta è: no, decisamente no. E lo vedremo per bene nella parte successiva di questa guida. Link all'articolo originale: https://dietroschermo.wordpress.com/2021/02/12/psicosofia-del-ruolare-guida-allinterpretazione-episodio-2/ Visualizza articolo completo -
Guida all'Interpretazione #1: Bando al Recitazionismo Articolo di Bille Boo del 12 febbraio 2021 Nella parte precedente di questa nuova serie, oltre a fare un po’ di necessaria polemica, ho iniziato ad esplorare la questione dell’interpretazione dei personaggi. Quello di oggi è l’episodio più teorico: che cosa intendo, nel mio D&D, quando dico "interpretare"? Premessa A livello fondamentale, un gioco di ruolo come D&D, ridotto all’osso, funziona così: C’è un mondo immaginario, dove ogni giocatore ha un personaggio. Il Diemme descrive una situazione. Il giocatore decide cosa vuole fare il suo personaggio. In base alle regole si stabilisce se ce la fa. Il Diemme narra le conseguenze e chiede di nuovo di prendere una decisione, e così via. Parti in causa Supponiamo di essere a un tavolo di D&D con un Diemme e quattro giocatori. Concentriamoci sul giocatore di nome Gino. Il suo personaggio è il guerriero Cutie Headcutter (il che ci fa dedurre che sia un po’ bimbominkia, ma non lo giudichiamo). Ora, Gino avrà una sua testa (sembra strano ma anche i giocatori ce l’hanno 😉), dove stanno i suoi pensieri e quello che immagina per conto suo. Poi ci sarà un immaginario condiviso, che è quello che emerge al tavolo di gioco: le cose che avvengono al tavolo durante il gioco, infatti, sono dati di fatto oggettivi a cui ognuno deve “adeguare” la propria immaginazione se vuole continuare a giocare. (In effetti mi hanno giustamente fatto notare che sarebbe più corretto parlare di "spazio immaginato condiviso".) E poi ci sarà la parte meccanica del gioco, vale a dire schede, manuali, dadi, tutto quello che è strutturato per dare degli strumenti e delle regole. Cutie Headcutter esiste in tutte e tre queste aree: nella testa di Gino, ma anche nello spazio immaginario condiviso, e anche nella meccanica (la sua scheda). Solo, in modi diversi. Vediamo come. Come si interpreta: a valle Come abbiamo detto poco fa, in ogni situazione il giocatore deve decidere cosa vuole fare il PG: è questo il suo compito fondamentale nel gioco. Per Cutie Headcutter, quindi, questa decisione avviene nella testa di Gino. Andrà poi comunicata al Diemme e al resto del tavolo, naturalmente. A questo punto, il Diemme potrebbe ricorrere alle meccaniche di gioco per stabilire l’esito di quella decisione. Ho evidenziato “potrebbe” perché non è obbligato: questo passaggio serve solo se l’esito è in qualche modo incerto (vedi tutto il discorso sul flusso di gioco). Non sempre c’è da tirare un dado. Se Gino decide che il suo personaggio apre una porta (che non è chiusa a chiave), sale le scale, o urla “al ladro!”… beh, lo fa e basta. Dopodiché l’azione scelta, con i suoi risultati e le sue conseguenze, prende forma nel mondo di gioco: diventa un avvenimento (un qualcosa che è effettivamente accaduto). In genere è il Diemme che si occupa di descriverlo. Tutti i giocatori al tavolo (non solo Gino) lo ascoltano e ne prendono atto. Fin qui tutto okay, come evidenziato, nell’immagine, dalla faccina sorridente e dal pollice in su di un bel verde brillante. Come si interpreta: a monte Ma come ha fatto Gino ad arrivare a quella decisione per il suo PG? Ci sarà stato un qualche procedimento, nella sua testa, che lo ha portato lì. Ha pensato a qualcosa? Ha immaginato qualcosa? Ci interessa tutto ciò? La risposta è: essenzialmente no, non ci interessa. Come simboleggiato dalla faccina indifferente a lato. Il gioco ha solo bisogno che Gino prenda la decisione per Cutie Headcutter. Non c’è niente che stabilisca o regoli la modalità con cui la prende. Il che è molto saggio da parte degli sviluppatori del gioco, perché tanto non ci sarebbe modo di verificare se quella modalità è stata seguita o no: né gli altri giocatori né il Diemme sanno come pensa Gino; è probabile che non lo sappia del tutto nemmeno Gino. C’è un solo aspetto importante da considerare: per prendere la sua decisione Gino ha diritto a informazioni su cui basarsi. Per la precisione, ha diritto a sapere tutto quello che ragionevolmente dovrebbe sapere Cutie Headcutter. Ha diritto a conoscere la situazione nel mondo di gioco, infatti il Diemme si sarà premurato di descrivergliela. E ha diritto a conoscere le regole del gioco e la meccanica particolare del suo PG; avrà quindi accesso ai manuali e alla scheda. Qualunque sia il procedimento decisionale che avviene nella testa di Gino (ripeto, non possiamo conoscerlo) avrà a disposizione queste informazioni, come mostrato nello schema. Assicurarsene è responsabilità del Diemme, che infatti controlla e sovrintende questo flusso di informazioni, come schematizzato dalle frecce dorate tratteggiate. È importante prendere sul serio questa responsabilità. Se il Diemme ha anche solo il sospetto che qualcosa sia stato frainteso o dimenticato, non inchioderà Gino mani e piedi alla sua decisione disinformata, ma si premurerà di evidenziare l’informazione mancante e chiedere di nuovo. Ad esempio: “Hai solo For 8 e un’armatura pesante, che ti svantaggerebbe molto: sei sicuro di volerti gettare nel fiume?”. Oppure: “Se ti muovi per ingaggiare in mischia il mago nemico provochi attacco di opportunità da parte delle due guardie del corpo, l’hai considerato?”. O ancora: “Hai detto di voler saltare il crepaccio, ma è largo 9 metri, sai bene che a meno di un miracolo non riusciresti mai a farcela”. Su questa cosa, magari, torneremo in futuro. L’indifferente mondo delle idee private C’è un concetto che viene spesso assunto come scontato quando si gioca di ruolo, specialmente oggigiorno (la "Vecchia Scuola" era meno sensibile alla questione), ed è che l’interpretazione di un personaggio richieda di immaginarselo, a priori, come figura / persona diversa da sé. Secondo questo approccio, Gino si è già costruito nella sua testa un’idea di Cutie Headcutter (la sua storia, la sua personalità, i suoi sentimenti eccetera). E prenderà la sua decisione basandosi su quell’idea, immedesimandosi in quel personaggio (oltre a tenere conto delle informazioni a disposizione come spiegato sopra, ovviamente). Fare questo è sbagliato? No, non è sbagliato. Fare questo è necessario? No, non è necessario. (Anche se lo fosse, non vi sarebbe modo di verificare se è avvenuto.) Quindi la cosa ci è indifferente, come indica la faccina nell’immagine. So che qualcuno di voi sarà tentato di pensare cose come “se Gino non fa così, sbaglia” oppure “se Gino vuole davvero giocare di ruolo deve fare questo“. Resistete a questa tentazione: Gino può usare qualunque procedimento per giungere alla sua decisione. Se questo procedimento coinvolge un’identità immaginaria precostruita, perché si trova bene così, buon per lui, ma sono affari suoi. Il velenoso mondo delle idee condivise Ora veniamo ai problemi. Come sapete, il mio approccio in queste faccende è strettamente pragmatico, quindi quando dico che qualcosa è sbagliato è perché non funziona, o funziona male, lasciando da parte (per carità!) i giudizi morali. Ecco, quindi, alcuni concetti che ritengo potenzialmente non funzionali per il gioco di ruolo e in particolare per D&D. Il primo concetto nocivo è che l’identità del personaggio sia qualcosa di oggettivo che è in qualche modo al di fuori della testa di Gino: qualcosa che è noto a tutto il tavolo, e che appartiene all’immaginario condiviso della giocata. Spesso ci si pone in questa situazione involontariamente, condividendo la backstory dei propri PG e “raccontandoseli” a vicenda prima del gioco. Male, molto male, come indicato dal diavoletto e dal pollice in giù. È l’anticamera di un sacco di brutte cose: giudizi su se Gino stia interpretando bene o no, obiezioni alle decisioni di Gino e relative discussioni, e altro ancora. E c’è un concetto ancora peggiore: quello che il Diemme debba in qualche modo regolare, sovrintendere, assicurare che le decisioni di Gino siano effettivamente coerenti con l’idea astratta del personaggio. A cosa serve, se non a rimproveri del tipo “No, il tuo personaggio non farebbe questo” (che è pressappoco la cosa peggiore che un Diemme possa dire a un giocatore)? Lo voglio affermare con forza: il principio dell’idea di personaggio condivisa, e/o che l’interpretazione di un giocatore sia tanto migliore quanto più è aderente a un’idea di personaggio preesistente, è inutile (quando va bene) o foriero di guai (quando va male). Abbandoniamolo. Nell’immaginario condiviso, Cutie Headcutter è ciò che Cutie Headcutter effettivamente dice e fa. Niente di più, niente di meno. Sulla base di questo, ognuno (il Diemme, gli altri giocatori, perfino Gino stesso) è libero di farsi una propria idea dell’identità di Cutie Headcutter, di chi lui sia veramente. Ma è un’idea che discende dai fatti, e che potrà sempre cambiare in futuro se i fatti cambiassero. Esattamente come avviene per le persone reali: non si può mai dire di conoscere del tutto una persona, non si può mai dire di conoscere del tutto un PG. Conclusione Abbiamo visto in cosa consiste, nella sua essenza, l'interpretazione di un PG: nel prendere decisioni per lui, sulla base di informazioni legate al gioco, a prescindere dal procedimento mentale con cui si arriva a tali decisioni, e a prescindere dall’esistenza o meno di un’identità immaginata a priori per quel PG. Se vi siete riconosciuti in qualcuno degli approcci che ritengo problematici, vi invito a fare l’esperimento di giocare senza. Vi assicuro che la qualità del vostro gioco, e la profondità delle vostre storie, non ne risentirà per niente. Anzi, potrebbe migliorare. Se smettete di preoccuparvi del meccanismo che porta i giocatori (voi e gli altri) alle decisioni, e vi limitate a prenderne atto e a vivere la storia che spontaneamente ne deriva, sarete molto più liberi di apprezzare la giocata. Provare per credere! Però… Una tipica obiezione che mi viene fatta a questo punto è: ma così non vengono fuori solo personaggi piatti, stereotipati, senza personalità? Oppure, personaggi del tutto incoerenti? La risposta è: no, decisamente no. E lo vedremo per bene nella parte successiva di questa guida. Link all'articolo originale: https://dietroschermo.wordpress.com/2021/02/12/psicosofia-del-ruolare-guida-allinterpretazione-episodio-2/
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Ciao! Ospito io il Vecchio Carnevale Blogghereccio di questo mese, stupenda iniziativa di creatività collettiva, aperta e libera! Se avete voglia di partecipare, il tema del mese è "la collina"
https://dietroschermo.wordpress.com/2025/03/01/vecchio-carnevale-blogghereccio-la-collina/
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Mi ci devo ingegnare un po'. Potrei andare sul banale e inserire uno degli articoli dell'Hex25 ma mi sembra che questo esagono su cui sto lavorando sia quasi solo steppa con qualche bosco. Niente mi vieta di aggiungere una collina, ma vorrei anche scrivere qualcosa di diverso per questo Carnevale. Vediamo, c'è tempo!
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mostro Aiuto nella creazione di una Boss fight (boss finale)
Bille Boo ha risposto alla discussione di Lyt in D&D 5e personaggi e mostri
Concordo. La tua idea sulle perle è molto carina. Se vuoi considerare un'alternativa più generale, io da tempo ho adottato questo approccio: ogni volta che il mostro usa una resistenza leggendaria, il suo pool di azioni leggendarie per round diminuisce di 1 (ovviamente inizio da un pool lievemente più alto). In questo modo l'attacco ha comunque avuto un impatto sul nemico, anche se l'effetto principale è stato negato. -
meccaniche Maestria in combattimento (talento) + Acrobazia (abilità)
Bille Boo ha risposto alla discussione di Gerem1a in D&D 3e regole
Si sommano, si sommano. -
stili di gioco Guida all'interpretazione #1: Bando al recitazionismo!
Bille Boo ha inviato una discussione in Discussioni GdR Generiche
Ci sono tanti modi diversi di ruolare un PG, e la cosa peggiore è convincersi che il proprio sia l’unico giusto. Prima di iniziare a parlare, con obiettività, di come si ruola, sfatiamo alcuni fastidiosi pregiudizi. Articolo di Bille Boo del 15 gennaio 2021 Uno spettro si aggira per D&D. Indossa una gorgiera e tiene in mano un teschio, ama i paroloni difficili e tende l’orecchio per gli applausi, mentre scruta il prossimo dall’alto del suo piedistallo. Non è frequente vedermi scrivere un rant, vale a dire un’invettiva, sul mio blog. Ma quando ci vuole, ci vuole. Questo articolo aprirà una nuova serie che spazierà su vari argomenti collegati a un pilastro principale: cosa vuol dire, veramente, interpretare un personaggio? Antefatto Tempo fa, su Telegram, ho partecipato a una discussione a proposito dell’interpretazione del personaggio e a come ricompensare chi “ruola bene”. Come sapete se seguite questo blog, sono convinto che i giocatori non siano attori e sono un sostenitore del background “light”. Non tutti sono d’accordo con me, è ovvio, e ci mancherebbe. Con un utente in particolare, fiero delle sue radici nell’improvvisazione teatrale, c’è stata una discussione (poi proseguita lungamente in privato) accesa ma civile. Un altro invece insisteva a darmi del power player; “a te il ruolo nei giochi di ruolo non interessa” mi ha detto. Un altro mi accusava di giocare a un videogame e non a un GdR (un grande classico), solo perché in molte mie campagne ho concordato con i giocatori di mettere al bando il PvP (player versus player). Chiariamo: il problema non sono i gusti individuali, il nostro modo di declinare l’interpretazione, che può essere diverso da quello di altri; il problema è considerare qualunque altro modo come sbagliato (non che non ci piace: proprio sbagliato). Power player e drama queen Abbiamo parlato già in un altro articolo del concetto di power player nelle sue varie accezioni. In sintesi, brutalmente, è uno stereotipo di giocatore che si concentra solo sul potenziare il proprio personaggio, vincere gli scontri, ottenere bottino e successi, senza preoccuparsi troppo di cose come interiorità, estetica e così via. All’estremo opposto c’è un altro stereotipo, di cui si (s)parla molto meno, e che viene talvolta chiamato drama queen (in riferimento a una “primadonna” del mondo dello spettacolo): un giocatore che si concentra solo sulla recitazione, l’interiorità (spesso travagliata) del proprio personaggio, i dialoghi, e spesso anche la mimica e le voci; e trascurando invece gli aspetti più prosaici come… ehm… completare la quest. Qualcuno chiama questi due estremi, rispettivamente, roll play (to roll in inglese sta per tirare i dadi) e role play, cosa che a me non piace. (Secondo me il role play non è contrapposto all’uso dei dadi. Inoltre tanta gente italiana, nei forum e nelle chat, si confonde per l’assonanza tra i due termini e scrive roll o rollare quando in realtà intende role e ruolare. Insomma, una gran confusione.) Sia chiaro, entrambi sono stereotipi estremizzati: in realtà le zone grigie abbondano e non bisogna essere frettolosi nell’affibbiare a qualcuno una di queste etichette; i giocatori reali sono più complessi di così. E comunque entrambi questi approcci (più tutte le sfumature intermedie) sono, in teoria, del tutto validi per giocare a D&D (perlomeno al mio D&D). Un buon tavolo potrebbe comprendere anche persone con approcci molto diversi, senza impedire a tutti di godersi appieno il gioco. Poi è lecito avere i propri gusti, ci mancherebbe. Il problema Il problema è quando qualcuno è affetto da quel pregiudizio che lo rende convinto: che l’unico vero modo di giocare di ruolo (ruolare o altri sinonimi) sia definire a priori un personaggio dettagliato, con la sua storia passata, la sua personalità, il suo carattere eccetera, e poi interpretarlo calandosi nella parte e rimanendo fedeli a quel copione; che chi non fa questo sia necessariamente un power player, uno interessato solo ai combattimenti, o comunque uno che non ruola / non sa ruolare e magari dovrebbe darsi ai videogame (vedasi anche la famosa Stormwind Fallacy). Spesso (non sempre), sotto sotto, è anche convinto che il vero giocatore di ruolo debba pensare, in primo luogo, a creare una bella storia, per sé e per le altre persone al tavolo: in pratica, che la “narrazione collettiva”, l’intrattenere sé stessi e gli altri, sia il vero scopo del “ruolatore” e chi non lo ha capito non stia ruolando davvero. Ribadisco che il problema non è il fatto che alla persona piaccia giocare in quel modo (cioè recitando una parte, e badando in primo luogo all’aspetto “narrativo”): quelli sono affari suoi, e del suo gruppo. Quello che sto criticando è la convinzione che si debba fare così, che sia il solo e unico significato di “ruolare”, che chi fa in altro modo stia sbagliando. È un pregiudizio deleterio per due motivi. Barriere all’ingresso Se facciamo passare il concetto che per giocare di ruolo occorrano per forza qualità (e gusti) da attore o improvvisatore teatrale precludiamo, o almeno rendiamo molto più difficile, l’accesso al gioco ad un sacco di giocatori. Non tutti, infatti, sono capaci di giocare “recitando”, neanche volendo; e magari qualcuno ne è pure capace ma non gli piace più di tanto. Se diamo il messaggio che quella cosa sia indispensabile, queste persone si scoraggiano. Evitiamo di fare confusione su quello che è il vero significato di GdR: se voglio parlare sul serio dell’argomento devo distinguere gli elementi essenziali per giocare di ruolo da quelle che sono semplicemente le mie preferenze individuali. Delegittimazione C’è una differenza tra dissentire e delegittimare: il primo termine indica che non si è d’accordo con l’altro, il secondo che l’altro, secondo noi, non ha affatto titolo a partecipare alla discussione, perché non c’entra nulla con quello di cui stiamo parlando o non ne sa nulla. In ambito di D&D, e di GdR in generale, ognuno ha i propri gusti e questo è sacrosanto. Se ti dico che il tuo modo di giocare non mi piace possiamo comunque dialogare, tanto non dobbiamo mica per forza giocare insieme. Ma se ti dico che tu “non sai davvero giocare di ruolo” ti taglio fuori dalla discussione, ti escludo; non c’è più possibilità di dialogo: perché dovrebbe interessarmi parlare di GdR con qualcuno che si occupa di altro? E adesso? Tempo fa ho postato un sondaggio su Instagram con due domande vagamente attinenti all’argomento. Sono andate così: I power player… Sono il male assoluto: 0% C’è power player e power player: 90% Sono una cosa bellissima: 10% Recitare e “stare nel personaggio”… È indispensabile per giocare davvero di ruolo: 50% Può essere carino, ma non è necessario: 50% Rovina il gioco e basta: 0% In entrambi i casi la risposta che considero giusta è la seconda. Nel primo caso la stragrande maggioranza dei rispondenti è stato d'accordo con me, ma non nel secondo. Ovviamente uno sciocco sondaggio tra quei quattro gatti dei miei follower su Instagram non ha alcuna valenza statistica, ma l’ho preso come un indizio che fosse utile approfondire il tema. Quindi, nei prossimi articoli di questa serie toccherò questi argomenti: Cosa significa davvero, in generale, interpretare un personaggio in D&D (e consigli per farlo al meglio). La coerenza dell’interpretazione. Interpretazione e punteggi di caratteristica mentali (Int, Sag, Car): qual è la relazione? Incontri interpersonali: si “ruolano” o si tirano i dadi. Link all'articolo originale: https://dietroschermo.wordpress.com/2021/01/15/bando-al-recitazionismo-guida-allinterpretazione-parte-1/ Visualizza tutto articolo -
Articolo di Bille Boo del 15 gennaio 2021 Uno spettro si aggira per D&D. Indossa una gorgiera e tiene in mano un teschio, ama i paroloni difficili e tende l’orecchio per gli applausi, mentre scruta il prossimo dall’alto del suo piedistallo. Non è frequente vedermi scrivere un rant, vale a dire un’invettiva, sul mio blog. Ma quando ci vuole, ci vuole. Questo articolo aprirà una nuova serie che spazierà su vari argomenti collegati a un pilastro principale: cosa vuol dire, veramente, interpretare un personaggio? Antefatto Tempo fa, su Telegram, ho partecipato a una discussione a proposito dell’interpretazione del personaggio e a come ricompensare chi “ruola bene”. Come sapete se seguite questo blog, sono convinto che i giocatori non siano attori e sono un sostenitore del background “light”. Non tutti sono d’accordo con me, è ovvio, e ci mancherebbe. Con un utente in particolare, fiero delle sue radici nell’improvvisazione teatrale, c’è stata una discussione (poi proseguita lungamente in privato) accesa ma civile. Un altro invece insisteva a darmi del power player; “a te il ruolo nei giochi di ruolo non interessa” mi ha detto. Un altro mi accusava di giocare a un videogame e non a un GdR (un grande classico), solo perché in molte mie campagne ho concordato con i giocatori di mettere al bando il PvP (player versus player). Chiariamo: il problema non sono i gusti individuali, il nostro modo di declinare l’interpretazione, che può essere diverso da quello di altri; il problema è considerare qualunque altro modo come sbagliato (non che non ci piace: proprio sbagliato). Power player e drama queen Abbiamo parlato già in un altro articolo del concetto di power player nelle sue varie accezioni. In sintesi, brutalmente, è uno stereotipo di giocatore che si concentra solo sul potenziare il proprio personaggio, vincere gli scontri, ottenere bottino e successi, senza preoccuparsi troppo di cose come interiorità, estetica e così via. All’estremo opposto c’è un altro stereotipo, di cui si (s)parla molto meno, e che viene talvolta chiamato drama queen (in riferimento a una “primadonna” del mondo dello spettacolo): un giocatore che si concentra solo sulla recitazione, l’interiorità (spesso travagliata) del proprio personaggio, i dialoghi, e spesso anche la mimica e le voci; e trascurando invece gli aspetti più prosaici come… ehm… completare la quest. Qualcuno chiama questi due estremi, rispettivamente, roll play (to roll in inglese sta per tirare i dadi) e role play, cosa che a me non piace. (Secondo me il role play non è contrapposto all’uso dei dadi. Inoltre tanta gente italiana, nei forum e nelle chat, si confonde per l’assonanza tra i due termini e scrive roll o rollare quando in realtà intende role e ruolare. Insomma, una gran confusione.) Sia chiaro, entrambi sono stereotipi estremizzati: in realtà le zone grigie abbondano e non bisogna essere frettolosi nell’affibbiare a qualcuno una di queste etichette; i giocatori reali sono più complessi di così. E comunque entrambi questi approcci (più tutte le sfumature intermedie) sono, in teoria, del tutto validi per giocare a D&D (perlomeno al mio D&D). Un buon tavolo potrebbe comprendere anche persone con approcci molto diversi, senza impedire a tutti di godersi appieno il gioco. Poi è lecito avere i propri gusti, ci mancherebbe. Il problema Il problema è quando qualcuno è affetto da quel pregiudizio che lo rende convinto: che l’unico vero modo di giocare di ruolo (ruolare o altri sinonimi) sia definire a priori un personaggio dettagliato, con la sua storia passata, la sua personalità, il suo carattere eccetera, e poi interpretarlo calandosi nella parte e rimanendo fedeli a quel copione; che chi non fa questo sia necessariamente un power player, uno interessato solo ai combattimenti, o comunque uno che non ruola / non sa ruolare e magari dovrebbe darsi ai videogame (vedasi anche la famosa Stormwind Fallacy). Spesso (non sempre), sotto sotto, è anche convinto che il vero giocatore di ruolo debba pensare, in primo luogo, a creare una bella storia, per sé e per le altre persone al tavolo: in pratica, che la “narrazione collettiva”, l’intrattenere sé stessi e gli altri, sia il vero scopo del “ruolatore” e chi non lo ha capito non stia ruolando davvero. Ribadisco che il problema non è il fatto che alla persona piaccia giocare in quel modo (cioè recitando una parte, e badando in primo luogo all’aspetto “narrativo”): quelli sono affari suoi, e del suo gruppo. Quello che sto criticando è la convinzione che si debba fare così, che sia il solo e unico significato di “ruolare”, che chi fa in altro modo stia sbagliando. È un pregiudizio deleterio per due motivi. Barriere all’ingresso Se facciamo passare il concetto che per giocare di ruolo occorrano per forza qualità (e gusti) da attore o improvvisatore teatrale precludiamo, o almeno rendiamo molto più difficile, l’accesso al gioco ad un sacco di giocatori. Non tutti, infatti, sono capaci di giocare “recitando”, neanche volendo; e magari qualcuno ne è pure capace ma non gli piace più di tanto. Se diamo il messaggio che quella cosa sia indispensabile, queste persone si scoraggiano. Evitiamo di fare confusione su quello che è il vero significato di GdR: se voglio parlare sul serio dell’argomento devo distinguere gli elementi essenziali per giocare di ruolo da quelle che sono semplicemente le mie preferenze individuali. Delegittimazione C’è una differenza tra dissentire e delegittimare: il primo termine indica che non si è d’accordo con l’altro, il secondo che l’altro, secondo noi, non ha affatto titolo a partecipare alla discussione, perché non c’entra nulla con quello di cui stiamo parlando o non ne sa nulla. In ambito di D&D, e di GdR in generale, ognuno ha i propri gusti e questo è sacrosanto. Se ti dico che il tuo modo di giocare non mi piace possiamo comunque dialogare, tanto non dobbiamo mica per forza giocare insieme. Ma se ti dico che tu “non sai davvero giocare di ruolo” ti taglio fuori dalla discussione, ti escludo; non c’è più possibilità di dialogo: perché dovrebbe interessarmi parlare di GdR con qualcuno che si occupa di altro? E adesso? Tempo fa ho postato un sondaggio su Instagram con due domande vagamente attinenti all’argomento. Sono andate così: I power player… Sono il male assoluto: 0% C’è power player e power player: 90% Sono una cosa bellissima: 10% Recitare e “stare nel personaggio”… È indispensabile per giocare davvero di ruolo: 50% Può essere carino, ma non è necessario: 50% Rovina il gioco e basta: 0% In entrambi i casi la risposta che considero giusta è la seconda. Nel primo caso la stragrande maggioranza dei rispondenti è stato d'accordo con me, ma non nel secondo. Ovviamente uno sciocco sondaggio tra quei quattro gatti dei miei follower su Instagram non ha alcuna valenza statistica, ma l’ho preso come un indizio che fosse utile approfondire il tema. Quindi, nei prossimi articoli di questa serie toccherò questi argomenti: Cosa significa davvero, in generale, interpretare un personaggio in D&D (e consigli per farlo al meglio). La coerenza dell’interpretazione. Interpretazione e punteggi di caratteristica mentali (Int, Sag, Car): qual è la relazione? Incontri interpersonali: si “ruolano” o si tirano i dadi. Link all'articolo originale: https://dietroschermo.wordpress.com/2021/01/15/bando-al-recitazionismo-guida-allinterpretazione-parte-1/
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Ciao! Tre Q&A veloci con un argomento comune:
https://dietroschermo.wordpress.com/2025/02/25/tre-qa-sulluso-dei-mostri/
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avventura Aiuto - Lealtà mercenari
Bille Boo ha risposto alla discussione di Percio in Ambientazioni e Avventure
Mi sembra tutto eccellente. I dadi li hai tirati. Non vedo la necessità di ritirarli davanti a tutti, se c'è fiducia reciproca (io per esempio permetto regolarmente ai giocatori online di tirare i dadi fisici, li vede solo chi li tira, e va bene così). Però puoi porre il problema e chiedere se la prossima volta vogliono i tiri davanti a tutti per queste cose (se io fossi tra loro risponderei che non importa e mi fido). -
ambientazione Da che distanza si vede una fonte di luce?
Bille Boo ha risposto alla discussione di Percio in Discussioni GdR Generiche
Ah certo, infatti anche lo specchietto sopra specifica "purché nulla ostruisca la visuale" (e a quel punto è pessimista). -
mostro Mostri per Rovine/tombe
Bille Boo ha risposto alla discussione di nego98 in D&D 3e personaggi e mostri
Direi che, se è un luogo sigillato da millemila anni, il primo requisito è che siano non morti, costrutti, o creature evocate (insomma, creature che non hanno bisogno di mangiare e non invecchiano). Se il luogo è stato costruito da creature buone va benissimo che annoveri creature buone tra i difensori, ma può contenere anche creature malvagie prigioniere, non ci vedo problemi. L'importante è che non siano creature in grado di, e disposte a, allearsi con gli intrusi anziché attaccarli. -
ambientazione Da che distanza si vede una fonte di luce?
Bille Boo ha risposto alla discussione di Percio in Discussioni GdR Generiche
Faerun pessimista 😉😁 -
ambientazione Da che distanza si vede una fonte di luce?
Bille Boo ha risposto alla discussione di Percio in Discussioni GdR Generiche
Si vede da una distanza praticamente infinita. Dico sul serio: infatti vediamo le stelle. Beh, ovviamente non sto dicendo che percepiremmo una torcia posta a una distanza stellare, ma nell'ambito delle distanze in ballo nei luoghi di avventura (anche grandi) puoi dare per scontato che se c'è una linea retta sgombra da una persona a una luce accesa (o ad una zona illuminata nel buio), quella persona la vede. All'aperto si può tranquillamente avvistare un fuoco acceso o una torcia accesa anche a qualche chilometro di distanza (e al chiuso ci sono meno disturbi). Una piccola candela in fondo a un corridoio buio lungo 300 metri è visibilissima. -
Oh! Ho dimenticato di postare qui il mio articolo di lunedì, contributo al Vecchio Carnevale Blogghereccio di questo mese:
Il pane degli Antichi
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dnd tutte le edizioni Gestire personaggi con doni o capacità "speciali".
Bille Boo ha risposto alla discussione di Calabar in Dungeons & Dragons
Nella mia campagna open table, con un gioco casalingo che deriva da D&D ma se ne è distaccato, i giocatori hanno espresso l'intenzione di ottenere un aiuto dalle divinità del loro popolo. L'iniziativa è venuta da loro. Hanno parlato con le varie chiese, fatto riunire la popolazione nei templi per delle preghiere, eccetera. Ho deciso che ogni divinità avrebbe accettato un "campione" volontario (chi avesse bevuto da un calice miracoloso apparso sull'altare del corrispondente tempio). Ho fatto capire, attraverso i sacerdoti e poi le divinità stesse, che il dono sarebbe stato accompagnato da un patto da rispettare e un prezzo da pagare. Molti PG, ma non tutti, hanno scelto di fare questo passaggio. Ogni campione ha tre poteri legati alla sua divinità, che sono davvero eccezionali: li ho inventati ad hoc e trascendono di molto i limiti delle normali capacità di classe e dei normali incantesimi. Ha anche una "sacra missione" da rispettare (un codice di comportamento, diciamo, molto breve). Alcuni hanno dei piccoli effetti collaterali, ma il vero prezzo da pagare si deve ancora vedere. Oltre a rendere quei PG molto potenti, questa cosa ha anche cambiato il loro rapporto con i PNG e con il mondo di gioco in generale.