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Bille Boo

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  1. Il modo in cui io mi relaziono alla morte dei PG l'ho riassunto qui. La mia impressione è che questo articolo parta da considerazioni ragionevoli ma si perda per strada.
  2. Ti sono stati dati, in generale, dei buoni consigli. Ne aggiungo solo uno: cerca di non pensare che devi rendere la storia emozionante. Ho notato che molti master si caricano di responsabilità eccessive da questo punto di vista, il che li porta a stressarsi più del dovuto, e porta i giocatori ad abituarsi a essere intrattenuti da loro. Crea una situazione semplice ma interessante, con un obiettivo ben chiaro e molti sbocchi possibili. La storia verrà di conseguenza. Spesso le cose più piccole e semplici si rivelano le più divertenti ed emozionanti da giocare. Paradossalmente, meno ci si sforza di pre-costruire pathos e più è probabile che venga fuori in modo naturale. Questa, almeno, è la mia esperienza.
  3. Il consiglio più prezioso che ti è stato dato, ci tengo ad evidenziarlo, è che affrontare una sola sfida tra un riposo e l'altro (quindi, tra un recupero delle risorse e l'altro) dovrebbe essere l'eccezione, non la regola. D&D è un gioco basato sul consumo progressivo delle risorse: parte essenziale del gioco è imparare a "farsele bastare". Se ci si possono "sparare tutte" fino all'ultima goccia perché si sa che dopo si riposa diventa molto meno interessante, perché a quel punto i possibili esiti sono solo due: o i PG muoiono, o restano in vita, riposano e sono totalmente illesi; tutto o niente, insomma. Se invece quello specifico scontro è solo uno dei tanti ci sono molte più sfumature: possono sopravvivere ma col 20% delle risorse, sopravvivere con 50%, sopravvivere col 75%... e ognuno di questi casi modificherà il loro comportamento nel seguito.
  4. La scadenza temporale è un'ottima cosa e l'avanzata progressiva dei nemici, come detto da altri, si presta benissimo a questo scopo. Interventi diretti dei nemici contro i PG, invece, sono più una questione di gusti, non li vedrei come una necessità ma possono essere carini.
  5. Ciao! Che fare se i PG rimangono senza fonti di luce in un dungeon? Assumendo che non abbiano tutti scurovisione, ovviamente. Di questo si occupa il mio articolo di ieri.

    https://dietroschermo.wordpress.com/2023/03/24/pillola-che-succede-se-rimani-al-buio/

    Ne approfitto per ricordarvi che c'è tempo fino a fine mese per partecipare al Vecchio Carnevale Blogghereccio di marzo, se ne avete voglia! Il tema sono "le luci".

  6. Il "metodo delle squadre di calcetto". Ci sta, se diverte è una possibilità anche quella. Non dà la garanzia che i PG siano bilanciati tra loro, ma lo rende più probabile rispetto a tirarli in modo indipendente. E rispetto al point buy mantiene il "brivido" del tirare i dadi, per chi lo apprezza.
  7. Daphne si consultò con gli altri: "Che cosa facciamo, adesso? Io sarei impaziente di andare ad esplorare più all'interno dell'isola, finché abbiamo ore di luce".
  8. Non si sommano: ogni talento semplicemente migliora il bonus del talento precedente.
  9. @Dmitrij Certo, è una questione, appunto, di diversi stili di gioco e modi di giocare. Per alcune persone questo va benissimo: Per altre no perché non vogliono che la storia sia costruita, neanche se ben "ritagliata" sui loro personaggi: vogliono che sia indeterminata perché vogliono essere loro, con le loro azioni, a crearla. E non vogliono che sia il DM a valorizzare il loro PG: vogliono valorizzarlo loro. Si può fare anche con uno squilibrio altissimo, eh, sia chiaro, ma diventa più difficile. Non è una questione di competizione con gli altri giocatori: è una questione di avere pari opportunità di generare conseguenze che portano avanti la giocata, la storia. Avere un DM "bravo e attento" che prende a cuore la cosa e ci pensa lui a garantire queste pari opportunità è un approccio possibile. Ad alcuni piace. Ci sta. Possiamo anche non affidare questa cosa solo al DM, ma per esempio farcene carico collettivamente. Oppure, possiamo lasciare che ad occuparsene sia una solida, affidabile meccanica di gioco. Sono gusti. Ma credimi, non è questione di gareggiare con gli altri.
  10. Anche questo non è necessario. Forse hai in mente solo l'esempio ultra-semplificato che hanno fatto altri, e io stesso, per far capire il rudimento del concetto: prendi lo standard array e lo ordini a caso. Ma non è questo il metodo originario di cui ho parlato all'inizio. Il metodo di cui parlavo all'inizio è: tiri cinque punteggi coi dadi, e il sesto viene di conseguenza in modo da avere una sestina bilanciata (in realtà ci sono alcuni fattori correttivi per cui è un filino più complesso, ma il succo è questo). Quindi tiri lo stesso i dadi, e puoi avere lo stesso il tuo 18, se hai fortuna. Puoi perfino aggiungere la possibilità di riordinare i punteggi, o almeno di scambiarne di posto due, se ci tieni.
  11. Non è necessario per alcuni modi di giocare. È necessario, o quantomeno molto utile, per altri. Non sono un esperto dell'evoluzione storica di D&D, quindi non mi addentro, ma personalmente credo che sia tanto più necessario quanto più vale l'unione di queste due condizioni: i PG sono durevoli (cioè, ogni PG rimane tendenzialmente in gioco molto a lungo, per molte avventure), e il contributo del giocatore alla giocata si esprime primariamente attraverso le capacità del PG. Se c'è un'alta mortalità e un rapido ricambio dei PG gli squilibri non sono un problema: alla lunga si compenseranno, oggi tocca a me domani a te. Se il gioco è configurato in modo tale che il contributo dei giocatori sia soprattutto su altri piani rispetto a quello in cui agiscono gli attributi del PG, non è un problema se questi ultimi sono squilibrati, può essere addirittura utile. Per esempio - ma è solo un esempio - se la storia è "scriptata" in modo tale che Tizio, halfling popolano di livello 1, sia "il Prescelto", grazie a questo avrà accesso a degli sbocchi e delle opportunità che il suo protettore, eroico paladino umano di livello 6, non avrà mai, e questo "bilancerà" molto efficacemente il loro squilibrio di potere nelle scene di azione. Anche certe correnti "old school renaissance", che mettono molto l'accento sull'inventiva del giocatore (player skill beats character skill), tollerano benissimo gli squilibri di attributi o livelli: idealmente, un bravo giocatore riuscirà a evitare quasi sempre di tirare i dadi, quindi i numeri sulla scheda contano poco. Se invece siamo in un dungeon pieno di mostri e trappole, e il nostro modo principale di mandare avanti il gioco è sfruttare le risorse dei nostri PG per portarli vivi e vegeti all'obiettivo, allora è importante che le risorse siano paritarie perché i nostri contributi alla giocata siano paritari. Se io ho Superman e tu hai Batman (intendo il Batman che piace a me, quello "coi piedi per terra", non quello moderno così sovraccarico di tecnologia, super-tecniche e super-astuzia da poter fronteggiare Superman quasi ad armi pari) io sarò in grado di risolvere qualunque problema e superare qualunque ostacolo molto più facilmente di te. Più banalmente, se il succo del gioco è usare la scheda, io ho un numero più alto del tuo (anche solo 1 o 2 punti più alto) in ogni casella della scheda, è chiaro che alla lunga contribuirò più di te.
  12. Se la vedi così lo accetto, ci mancherebbe. D'altronde è una cosa che, ovviamente, va fatta solo se siamo tutti d'accordo e ci piace. Sui gusti non si discute. Però è curioso che tu abbia scelto di dire "tenere basse", dopo che ho raccontato diverse volte che il mio problema col tirare i d6 (il tuo metodo preferito) era proprio che mi capitavano spesso numeri bassi. Ovviamente il metodo che proponevo si può applicare a qualsiasi valore complessivo delle stat, anche altissimo: se ne concorda uno e varrà per tutti. E "deterministicamente a caso" è una contraddizione. Se leggo il tuo discorso precedente, mi sembra di capire (se mi sbaglio correggimi) che tu veda nel lanciare dadi il pregio che la casualità è divertente, ma il difetto che si possono avere squilibri tra i PG; e che tu veda nel point buy il pregio di più uniformità e meno problemi, ma il difetto dei "personaggi fotocopia" per cui tutti i maghi avranno le stesse stat, tutti i paladini le stesse stat e così via. Ed è curioso perché sono esattamente gli stessi pregi e difetti che vedo io. Il metodo che ho sperimentato non presenta nessuno di questi due difetti, mentre mantiene entrambi i pregi (senza dubbio ad un costo, che è quello che dici tu sulle classi: nessun metodo è esente da costi). Quindi non mi è chiaro perché dici che secondo te unisce i due difetti. Devo aver capito male qualcosa. Questo è un altro discorso e ti do ragione, ma dipende molto dal tipo di campagna. Ci sono senz'altro stili di gioco in cui squilibri anche grossi tra i PG non sono un problema per nessuno. E non dubito che un PG possa avere un ruolo importante nella giocata anche essendo più debole degli altri. Però, senza farla diventare un'ossessione, in molte campagne moderne partire con un PG che ha tutti i punteggi sotto il 12 è poco piacevole; non vuol dire automaticamente che non conti niente o che non possa dare un valido contributo alla giocata, ma non si può negare che ha una marcata difficoltà in più. Altrimenti tanto varrebbe mettere insieme PG di livello 1 e di livello 10; ma raramente viene fatto, e dubito che ci entusiasmerebbe essere quello a cui tocca il PG di livello 1. Poi, ripeto, ci sono tavoli a cui queste cose non sono un problema, e ben venga.
  13. È anche il caso di aggiungere che diverse classi possono funzionare con vari array di caratteristica. In D&D 5e è raro, lo ammetto, ma per esempio si può avere un guerriero buildato su Forza o uno buildato su Destrezza. In altri sistemi di gioco, come quello casalingo che uso io, è addirittura possibile usare qualunque classe con (quasi) qualunque combinazione di caratteristiche, anche se il modo di funzionare sarà diverso. Avere un certo array di caratteristiche (bilanciato, ma emerso da un ordinamento casuale) non mi obbliga per forza a fare un'unica classe, che magari nemmeno mi piace: mi lascia comunque una scelta, anche se con varie sfumature. Mettiamo che io abbia For 12, Des 15, Cos 10, Int 8, Sag 13, Car 14. Posso farci un sacco di cose: il bardo, il ladro, il warlock, lo stregone, il paladino, il guerriero... in ordine più o meno decrescente di idoneità (credo, ma vado di fretta e non ci ho pensato a lungo). Diciamo che si crea un trade off molto interessante tra quanto sono adatto per una classe (in base alle mie caratteristiche) e quanto ci tengo a giocarla. E in generale, anche dopo aver scelto una classe, mi troverò ad avere caratteristiche adatte a giocarla ma un pochino diverse da quelle che avrei scelto con il point buy, il che mi può spingere a usarla in modo comunque profittevole ma un po' differente dal solito. (Esempio: uhm... un paladino con alta Des ma poca Cos... da solo non ci avrei mai pensato, ma è interessante; come posso farlo funzionare al meglio?) Per me questo è divertente ma naturalmente sono gusti.
  14. Ciao, gente! Il mio nuovo articolo approfondisce un aspetto secondo me importante della teoria del gioco: la gestione del fallimento. Ecco come gestisco le cose ai miei tavoli di D&D e affini:

    https://dietroschermo.wordpress.com/2023/03/20/cosa-vuol-dire-fallire-flusso-di-gioco-parte-3/

  15. Quello che stavo tentando di dire è che esiste anche una terza via, la casualità senza disparità tra i personaggi. Personaggi casualmente diversi ma non diversamente potenti. Questo nulla togliendo alle altre due vie. Benissimo la casualità con disparità tra i personaggi, per chi la vuole. Benissimo il point buy, in cui ognuno può settare le caratteristiche a suo piacimento. Sono tre vie diverse ma valide. La terza via di cui parlo, in genere, non viene neppure considerata nelle discussioni e negli articoli, appunto convincendosi che non possa esistere casualità di generazione senza un'intrinseca possibilità di disparità. Per questo ci tenevo a "pubblicizzarla".
  16. Volevo solo dire che mi sembravano soluzioni che, pur validissime, andavano in una direzione diversa rispetto a quella che interessava a me. Ma non volevo dire che non fossero valide, hanno solo uno scopo diverso. In effetti potevo lasciar perdere, scusa se la risposta ti è sembrata polemica 🙂
  17. Il sistema che ho sperimentato qualche volta andava proprio nella direzione di avere la variabilità, ma senza squilibri significativi tra i personaggi. 🙂 Semplificando, li puoi vedere come: tutti abbiamo gli stessi punti di point buy, ma distribuiti casualmente. Oppure, tutti peschiamo il nostro array iniziale da un cesto che contiene array diversi ma tutti bilanciati tra loro.
  18. Senz'altro. Ma qualunque sistema si usi, avrà un suo range di variabilità. Puoi stringerlo un po', ma resta il fatto che ci saranno personaggi ai limiti inferiori del range e personaggi ai limiti superiori. L'unica contromisura sicura sarebbe stringere il range così tanto che non ci sarebbe più variazione apprezzabile, a quel punto tanto varrebbe tornare allo standard array (o qualcosa di simile).
  19. Certo. Se invece ciò che si vuole evitare è un'eccessiva differenza tra un PG e l'altro, questo non risolve il problema. Per esperienza, con "4d6 togli il più basso" io, che ho sfortuna ai dadi, ho sempre ottenuto PG molto peggiori dei miei compagni 😁😅
  20. Mah, io sarei molto propenso a dire di sì, se è parte integrante della magia. Edit: @d20.club è stato molto più dettagliato e chiaro, mi associo 🙂
  21. Scritto così, la mia interpretazione sarebbe che dimentica il particolare della magia, ma tutto il resto se lo ricorda. Però puoi chiarire con un esempio cosa intendi con "gli parla per castare la magia"?
  22. Concordo. Secondo me: La parte bellissima della casualità è avere dei vincoli che mi portano a giocare un personaggio un po' diverso. Non posso avere esattamente i miei punteggi preferiti. Magari mi trovo una caratteristica alta dove non mi aspettavo, atipica, e devo trovare un modo per valorizzarla. La parte spiacevole della casualità è che si possono creare gap anche importanti tra un PG e l'altro. In una one shot, o in un sistema ad alta mortalità e rapido "ricambio" dei PG, non è un problema, ma in una campagna in "stile moderno", lunga e con PG tendenzialmente stabili, diventa una palla al piede. Qualche volta mi è capitato di usare un sistema ibrido, cioè "casuale ma bilanciato", ed è stato molto carino. Funziona così: Ognuno ha garantito un certo valore totale equivalente, corrispondente a quello che si avrebbe con il point buy. Si tirano i dadi per generare tutti i punteggi, tranne l'ultimo (*), che discende automaticamente dai punti rimasti dopo aver sottratto i precedenti. Ne sono rimasto molto soddisfatto. Un'altra alternativa semplice è generare un grosso numero di serie di punteggi, tutte corrispondenti allo stesso valore di point buy, e poi farne estrarre una a caso a ciascun giocatore. (*) In realtà è un filino più complicato di così perché ci sono casi estremi da prevenire; ho aggirato il problema con uno script; ma bastano altre due o tre regolette, che qui non elenco per brevità.
  23. Forse converrebbe prima pensare a una bozza di avventura, e poi a se e come applicare questo concetto di "non linearità temporale" potrebbe renderla più divertente o interessante. Finché rimane tutto astratto è molto difficile da dire. E, come hai riconosciuto anche tu, l'esempio sull'assassinio del re non era molto calzante. Se provi a delineare un esempio concreto, di un'avventura che davvero ti interesserebbe giocare così, si può ragionare su quello. La linea di ragionamento corretta, secondo me, sarebbe confrontare la versione "normale" con quella "non lineare" e chiederci: che cos'ha la seconda di più, che la rende più interessante da giocare? Se troviamo qualche vantaggio di questo tipo, possiamo riflettere su come farlo funzionare. Se non troviamo vantaggi a parte la, diciamo, sfida intellettuale di giocare così, forse non è il caso di spenderci energie.
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