Vai al contenuto

Bille Boo

Moderatore di sezione
  • Conteggio contenuto

    2.381
  • Registrato

  • Ultima attività

  • Giorni vinti

    62

Tutti i contenuti di Bille Boo

  1. L'unico limite all'espressione della malvagità (come di qualunque altra cosa) in un GdR è la volontà dei partecipanti, il cosiddetto "contratto sociale". Se qualcuno di voi (master incluso) è a disagio e vuole mettere un limite, fa benissimo a dirlo e il limite deve essere messo. Se invece vi piace così e siete tutti d'accordo, nessuno vi può giudicare.
  2. @Casa, grazie per questo commento! In realtà ho detto "specialmente" D&D (e non "esclusivamente") per permettere, volendo, di toccare altri GdR, ma il focus della domanda erano comunque i GdR. Però non lo avevo specificato bene, e questa spiegazione mi ha incuriosito e mi è stata utile, quindi... ben venga!
  3. Strano: in tanti anni al mio tavolo non è mai successo niente che assomigli a questo. Come mai, secondo te? Sono stato fortunato? Secondo me non è mai successo per questi tre motivi: nel tuo esempio stai trascurando un aspetto fondamentale, cioè che il PG ha un obiettivo; agirà a mia completa discrezione ma cercando di perseguire l'obiettivo, non a casaccio (quindi è improbabile che resti in taverna a poltrire... quanto al tagliare la gola a un compagno, il PvP al mio tavolo non è ammesso: sono rischi che si scongiurano con il contratto sociale, non attraverso prescrizioni di comportamento indirette derivanti da background, personalità, allineamenti e affini); è un pregiudizio diffuso, ma infondato, quello che giocare un PG senza attenersi a una descrizione predefinita porti ad avere un personaggio incoerente: in realtà la coerenza emerge in modo naturale dal gioco anche se non viene ricercata intenzionalmente; da giocatore, gioco per rendere la giocata bella per tutti, e non per il gusto sadico di pestare i piedi ai miei compagni e al master; lo stesso vale per quelli che giocano al mio tavolo quando mastero; non abbiamo bisogno di una descrizione di PG predefinita a cui attenerci, per ottenere questo, ci basta essere brave persone. Più che darmi problemi, non mi divertirebbe. Il piacere di scoprire in corsa chi sia davvero il mio personaggio per me è straordinario. Attenermi ad un'identità già definita non mi darebbe mai lo stesso appagamento. Sono gusti. I PG sono motivati a perseguire l'obiettivo. I giocatori sono motivati a giocare al mio tavolo. Naturalmente la prima cosa discende dalla seconda: se è questo quello che volevi dire (cioè, che c'è un motivo off-game se organizziamo le cose in-game in un certo modo)... beh, mi sembra ovvio. Perché, qualunque cosa abbiano i PG al tuo tavolo (compresa la definizione al tempo zero a cui poi attenersi, se è questa la vostra usanza) non deriva forse dal fatto che i giocatori vogliono giocare al tuo tavolo? No, in realtà non mi importa niente nemmeno della classe. Per il resto hai capito bene: l'avventura non è creata per PG specifici nel senso di individui, è adatta a qualunque PG purché ne voglia perseguire l'obiettivo. Attenzione che ho sempre parlato di obiettivo, non di "storia"; e l'obiettivo non deve per forza essere scelto da me: nel secondo esempio, per dire, è stato scelto dai giocatori in sessione zero. Temo di non aver capito: ti dispiace molto che Tizio sia benvenuto al mio tavolo?
  4. Ti faccio tutti gli esempi che vuoi ma ci tengo a precisare (per la seconda volta) una cosa: nessuna delle mie argomentazioni è volta a dimostrare che sia in qualche modo sbagliato o negativo ruolare nel modo che dici tu; è un modo come un altro e lo rispetto. Sto solo cercando di dire che non è indispensabile, non è necessario ruolare così, non è questa la definizione di ruolare. Tutto qui. Se Tizio mi dice "io quando ruolo definisco prima un personaggio di fantasia diverso da me e poi cerco di pensare e agire come lui", io gli faccio i complimenti: nulla da eccepire. Dire, invece, che ruolare significa definire prima un personaggio di fantasia diverso da sé e poi cercare di pensare e agire come lui, per cui chi non lo fa non sta davvero ruolando, mi sembra un pensiero inutilmente divisivo, oltre che recitazionismo puro. Aggiungo, tra l'altro, che Tizio sarebbe benvenuto al mio tavolo senza problemi (mentre io al tuo, a quanto ho capito, non ingranerei granché). Il fatto che tu stesso definisca questa cosa "abbellire il game" fa capire che anche tu, in fondo, ti rendi conto che non è necessaria per l'esperienza di gioco, è solo un'aggiunta che alcune persone gradiscono i base ai loro gusti. Se è per questo, ci sono persone che quando giocano si travestono fisicamente in modo da assomigliare al loro PG, in modo più o meno dettagliato (ne ho avuta una anche al mio tavolo, una volta). Non è un problema per nessuno: è per "abbellire", appunto. Basta non pensare che farlo sia necessario per giocare di ruolo (per cui, se non lo fai non stai ruolando). Inoltre, non ho mai detto che chi definisce in anticipo l'identità o personalità del suo PG la debba tenere segreta. Né mi sembra che l'abbia detto nessun altro. Quindi non capisco perché continua a saltare fuori nelle tue risposte. Io sto parlando di un'altra cosa. Io, al tempo zero, non sarei in grado di dirti quasi nessun dettaglio dell'identità o personalità del mio PG non perché non te li voglio dire, ma perché non li so ancora: li scoprirò, insieme a te, durante la giocata. Detto ciò, ecco due esempi di vita vissuta. Esempio 1 Esempio 2
  5. Attenzione che: La propensione a correre rischi e a ingaggiare attivamente quello che il master propone (anziché "aver paura di tutto") è indipendente dal modo in cui si ruola. Dipende dagli obiettivi del PG e dagli intenti dei giocatori riguardo la giocata, non dalla scrupolosità del giocatore nell'attenersi a una personalità precostruita. Un master che conosca gli obiettivi dei PG è perfettamente in grado di proporre situazioni che li ingaggino e portino a scelte interessanti, anche senza sapere niente delle loro personalità. Quanto ai rischi, più i giocatori sentono di avere il controllo sui loro PG, e di avere informazioni affidabili su cui basare le loro scelte, e più saranno propensi a rischiare, a parità di posta in gioco. Il fatto di cooperare con le altre persone al tavolo per costruire una giocata comune, su un tema che interessa a tutti (es. fare una bella sessione zero, scegliere insieme l'obiettivo dell'avventura e/o campagna, costruire i PG come gruppo e non come singoli lupi solitari indipendenti a casa propria senza consultarsi) è utilissimo per un gioco sano ma, di nuovo, è indipendente dal modo in cui si ruola. Lo si può fare anche senza la necessità di precostruire un'identità del PG, condividerla con il master e sforzarsi di attenervisi. Lo posso dire con certezza perché al mio tavolo avviene regolarmente.
  6. Sì, ma perché per te è un problema se l'azione Z del mio personaggio non scaturisce da background, allineamento, carattere, o da qualunque altra informazione preventivamente in tuo possesso? Che differenza fa? Non fa "variare la storia" allo stesso modo?
  7. Ma certo. Qui nessuno sta affermando che fare così sia un problema. Si sta solo cercando di argomentare che non è necessario, cioè che anche non fare così non è un problema. Non desideravo stabilire in qualche modo una gerarchia, un "meglio" e un "peggio", tra fare così oppure no. Desideravo invece mostrare come entrambe le cose possono benissimo funzionare, e nessuna è sbagliata. Tu esprimi la preoccupazione che un giocatore che non fa questa cosa (magari dopo aver affermato di farla) "rovini" le tue giocate, ed è questo che faccio un po' di fatica a capire (anche se ovviamente ti credo, eh). Al mio tavolo un giocatore che gioca come dici tu, e uno che gioca come ho detto io, possono benissimo convivere e giocare insieme: non creano alcun problema né a me, né l'uno all'altro. Lo so perché ne ho avuti di entrambi i tipi. Non mi crea problemi neppure che un giocatore dica di voler ruolare in un modo e invece poi ruoli nell'altro: semplicemente perché non mi curo di quello che dicono di voler fare (in quest'ambito), ma solo di quello che fanno a giocata in corso. Trovo che funzioni tutto molto bene.
  8. A me sembra che sia abbastanza chiaro (tra gli scriventi in questo thread) chi intende A e chi intende B. Penso sia sufficiente porre la domanda. Esempio: "Al mio tavolo mi aspetto che ogni giocatore definisca, prima ancora di iniziare, un'idea del carattere e dell'identità del suo PG, più precisa possibile; che la comunichi agli altri e soprattutto al master; e che si senta obbligato, durante il gioco, ad attenersi rigorosamente a quanto deciso. Sei disposto a giocare così?". Come domanda mi sembra abbastanza chiara, e credo che potrebbe scremare abbastanza bene A da B (io, per esempio, da giocatore, scapperei a gambe levate). Ovviamente la selezione, così operata, non ti dà la sicurezza di evitare problemi in gioco, perché quando si arriva al concreto di una singola scena sarà sempre possibile avere opinioni diverse su se un certo comportamento "segue" oppure no la definizione iniziale (e questo è uno dei motivi per cui credo che questo approccio sia poco funzionale - ma se piace si è liberi di tentare). Credo che tu stia trascurando un aspetto: molti giocatori (tra cui il sottoscritto) scoprono chi è, e com'è, il loro personaggio man mano che lo giocano. Se io giocassi Boromir, sarebbe il modo in cui lo gioco a farmi capire col tempo chi è davvero Boromir. Non sto nascondendo informazioni: non è che so chi è Boromir, ma non te lo voglio dire; è che non lo so, ma lo scopro insieme a te man mano che la giocata va avanti. È una sensazione unica e stupenda. Anche il fatto che queste persone possano usare stereotipi, e/o archetipi tipici del fantasy, non deve trarre in inganno: sono molto utili come spunti di partenza, ma non esprimono la totalità del personaggio, anzi, spesso nelle scelte più cruciali (quelle in cui si vede davvero di che stoffa è fatto) l'archetipo di partenza non dà nessuna indicazione, o può essere sovvertito senza essere infranto. Hai citato molti supereroi come esempio: beh, se conosci le loro storie più famose, potrai notare che i momenti più emozionanti sono proprio quelli in cui vengono spinti a "testare i limiti" del proprio stereotipo e spesso a fare scelte sorprendenti. Il bello è che nel GdR questo non avviene per forza come punto di arrivo di una trama costruita ad arte (come invece in un fumetto o in un'opera letteraria, dove tutto è pianificato dagli autori): può avvenire anche senza essere costruito, pianificato o controllato da nessuno. Il che è stupendo perché così sono tutti sorpresi (mentre un autore, o co-autore, non sarà mai davvero sorpreso dalla sua stessa storia).
  9. Beh, sì, se il giocatore fa agire il suo PG in una maniera che gli altri (e il master) non avevano previsto, è lui che sta portando una situazione di game interessante per la storia. A quel punto il master non deve far altro che vedere dove quell'azione, e le regole, portano il gioco, e riprendere da lì. Non è diverso rispetto a quando la svolta imprevedibile proviene da un dado. Naturalmente si possono avere gusti diversi e vanno tutti rispettati. Nella mia esperienza, però, ho notato che spesso i master che sentono l'esigenza di poter anticipare il comportamento dei giocatori (in base alla descrizione, predefinita, del carattere e della backstory dei loro PG) si trovano meglio quando iniziano a ragionare per obiettivi dei PG (anziché per comportamenti) e abbandonano, quindi, quell'esigenza. A quel punto ci si apre allo scoprire chi è il personaggio durante il gioco, insieme al giocatore stesso. Per me, personalmente, questo è uno dei piaceri più grandi del giocare.
  10. @nolavocals, temo di non aver capito bene il nesso tra quest'ultima osservazione e il resto della discussione. Penso che si possa giocare quello che descrivi (c'è un incipit iniziale ma non si sa come finisce, i dadi e le meccaniche di gioco creano delle ramificazioni sorprendenti e interessanti, tutti compreso il master desiderano proseguire per scoprire cosa accadrà) con uno qualunque degli approcci al "ruolare" che sono stati espressi in questa discussione. Così come credo che sia possibile non giocare questo (bensì, che so, una "classica avventura prefatta", magari con noioso finale imposto) con uno qualunque degli approcci al "ruolare" che sono stati espressi in questa discussione. O mi sbaglio? Poi, naturalmente, ognuno avrà le sue preferenze e questo è legittimo, ci mancherebbe.
  11. Bene, abbiamo opinioni diverse, ci sta. Io ritengo che decidere al momento cosa fare sia il modo migliore di restare fedele al PG che si sta creando, perché è una cosa in continua evoluzione. Con questo approccio (che tengo da molti anni) non mi è mai capitato di vedere al mio tavolo PG ininfluenti o incoerenti, né di interpretare PG ininfluenti o incoerenti. A chi se la sente, consiglio di provare questo diverso approccio, qualche volta, e vedere come va, per farsene un'idea più accurata.
  12. Quante volte capita? Molto spesso. Quanto mi sembra corretto? Sempre. Ruolare un personaggio per me significa prendere delle decisioni per lui, in base alla situazione immaginata in cui si trova, e vivere attraverso di lui le conseguenze di quelle decisioni sulla situazione immaginata. Dal mio punto di vista il personaggio ruolato (personalità, carattere, valori eccetera) è qualcosa di emergente: si forma, o comunque acquista una sostanza, solo durante il gioco. Non è necessariamente un'entità definita in precedenza, si può benissimo cominciare a ruolare non avendo nessunissima idea di chi sia (personalità, carattere, valori eccetera). Ovviamente non è neppure vietato tentare di definirlo in precedenza e poi di attenersi a quanto definito: qualcuno ci riesce, qualcuno no; comunque è una cosa opzionale. È ciò che il personaggio fa, in gioco, a stabilire chi è davvero: questo è sempre vero. La sua identità emerge dal gioco. Il contrario, invece (cioè, che il giocatore decida cosa fa il personaggio in base a chi è), non è necessariamente vero e non è nemmeno preferibile, né segno di maggiore bravura: è solo questione di gusti individuali. Al mio tavolo non ha importanza che si ruoli un personaggio attenendosi a un'identità decisa in precedenza, né che si ruoli in prima persona. Non le ritengo cose che denotano bravura, solo preferenze. E non mi permetterei mai di ritenere la terza persona, o il ruolare "senza copione", degli errori da correggere. Ho scritto la mia visione di questo tema in modo molto più completo e dettagliato qui: Home page della serie: guida all’interpretazione In particolare in questo episodio: Psicosofia del ruolare (guida all’interpretazione, parte 2) Potrete trovarci le risposte anche ad altre questioni sollevate in questo thread, come ad esempio il rapporto tra i punteggi di caratteristica mentale e l'interpretazione.
  13. Grazie a tutti delle risposte, mi sembra che le posizioni siano abbastanza chiare. Mancano gli esempi di vita vissuta, ma proverò a cercarli nell'altro thread appena ho tempo.
  14. Non ho mai visto fare menzione di Atletica passiva in realtà, solo di Percezione passiva e Intuizione passiva, se non sbaglio. Non credo che sia un concetto generale che il manuale estende a tutte le abilità, ma potrei sbagliarmi (il manuale non ce l'ho). Io comunque consiglio, se hai tempo, di dare un'occhiata alla regola del "prendere 10" della terza edizione: può essere un buono spunto per capire il senso che c'è dietro. (Io la consiglio anche a chi gioca la quinta, in realtà.)
  15. Ciao a tutti! In questa nuova, breve serie di articoli introduco una nuova meccanica, orientata a rendere più attivi e dinamici gli incontri con certi tipi di scenario e di ostacolo ambientale. Ecco il primo episodio:

    Mostruoso, questo ambiente! (scenario attivo, parte 1) – Dietro lo schermo (wordpress.com)

  16. Per carità, infatti ho solo detto, appunto, come faccio io. Poi mi sono permesso di aggiungere una raccomandazione personale non tanto per te, ma per chiunque altro leggesse il thread, che è pubblico. Spero di non aver disturbato. No. O almeno, non lo troverei obbligatorio. Se tu lo volessi fare, sarebbe okay, ma sarei comunque dispiaciuto perché avrei il timore che la cosa ti rovini il divertimento. In realtà, una situazione come quella che hai descritto, io da master la gestirei in due modi: o vado avanti con quell'avventura, accettando che tu sia libero di usare quelle informazioni in tutti i modi che vuoi; oppure, cambiamo avventura. Secondo me invece non sarebbe sbagliato. Comunque, sul PG sostituito da un doppelganger c'era stata una discussione molto ricca e interessante, tempo fa, su D'L. Ora non ho avuto tempo di ritrovarla.
  17. Ti posso dire come funzionano le cose al mio tavolo. Un errore non si punisce e non si paga: si discute insieme, in modo costruttivo, di come sia successo e di come evitarlo in futuro; eventualmente anche di come rimediare, se è proprio necessario. Il metagame non è un problema e non viene sanzionato. È una questione decisamente sopravvalutata, nei gruppi di oggi. Sono convinto che se un'avventura viene "rovinata" dal metagioco significa che ha sbagliato il master a progettarla (non il giocatore a meta-giocare). Dopodiché, ci sta avere gusti diversi e approcci diversi. Se non si riesce a conciliarli, non si è obbligati a giocare insieme. Se una persona non riesce ad adattarsi allo stile di gioco richiesto dal mio tavolo, vale la pena chiedersi: (a) se possiamo cambiare lo stile di gioco del tavolo per venire incontro alle sue esigenze, senza drammi, oppure (b) se non sarebbe meglio invitare quella persona a giocare a un altro tavolo. In tutti i casi, la mia fervida raccomandazione è sempre di non tentare di risolvere nel gioco e con il gioco problemi che riguardano le persone intorno al tavolo. I problemi off game vanno risolti off game. Un errore (o anche un comportamento negativo) di un giocatore non lo deve scontare il personaggio.
  18. Ho sentito dire più volte che ci sarebbero delle differenze (tendenziali, ovviamente) nel modo di giocare e nello stile di gioco tra gli USA e l'Italia (o l'Europa in generale, se applicabile). Sarei curioso di sentire osservazioni e opinioni in materia, specialmente per quanto riguarda il mondo di D&D e affini. Meglio se supportate da dati o da esperienze personali. Grazie!
  19. Il manuale non l'ho letto, ma hai provato intanto a fare un salto sul sito dell'autore, Sly Flourish? (Se te la cavi con l'inglese - altrimenti se non sbaglio ci sono diverse traduzioni di suoi articoli anche qui su D'L.) Dovrebbe servire a farti un'idea dello stile. (Per curiosità: in cosa consisterebbero le differenze tra lo stile di gioco americano e il nostro? Se lo ritieni off topic apro un altro thread)
  20. Credo che questo sia uno dei nodi cruciali. Pensavi di aver "nerfato" in modo drastico le magie togliendo gli incantesimi di danno diretto. È abbastanza risaputo, però, che in realtà gli incantesimi più devastanti, specialmente contro un piccolo numero di grossi nemici, sono gli incantesimi di controllo: appunto quelli che charmano, spaventano, rallentano, indeboliscono e così via. A livelli così alti il puro spellcasting è la principale fonte di potere: anche il limite sugli oggetti magici, secondo me, "colpisce" molto più i non-caster, facendo brillare, paradossamente, i caster principali ancora di più. Detto questo, bisogna fare attenzione al concetto di grado di sfida, è uno dei più fraintesi del mondo. Un GS X è una sfida abbastanza ordinaria per 4 PG di livello X: non li impegna poi tanto, consuma solo da un quarto a un quinto delle loro risorse (in media). I tuoi PG di livello 25 non sono 4, sono 7. Non c'è una formula precisa, ma tenderei a pensare che il GS ordinario per loro sia almeno un GS 28. Un GS 28 si ottiene (all'incirca) mettendo 3 nemici di GS 25. Tu ne hai messo uno con GS 25, uno con GS 23 e uno con GS 21. La sfida che hai presentato, dunque, era ancora meno che ordinaria per il tuo gruppo: era facile. In media, direi che l'aspettativa era che consumasse qualcosa come un 10% o un 15% delle loro risorse. Del tutto normale, quindi, che non abbiano avuto grandi problemi e alcuni siano rimasti completamente intatti. Se vuoi metterli alla prova con una sfida più impegnativa, prova con 3 mostri di GS 27, o con 6 mostri di GS 25: dovresti ottenere una sfida in grado di mangiarsi quasi un 50% delle risorse del gruppo, quindi superabile tranquillamente, ma tale da richiedere un certo sforzo. Teniamo presente, poi, che i gradi di sfida sono un sistema molto approssimato anche ai livelli "normali", che ai livelli epici diventa ancora più approssimativo. L'approccio migliore è sempre quello per prove ed errori. Questa sfida è stata troppo facile? Bene: la prossima la farai più difficile. Era ancora troppo facile? Bene, la prossima la farai più difficile ancora. E così via finché non trovi lo "sweet spot" giusto. Metodo sperimentale. 🙂
  21. Bille Boo

    Dubbio divinazione

    Dunque, il cavillo per il "bilanciamento" è già nel testo dell'incantesimo: la risposta alla domanda deve essere veritiera, ma può essere criptica, profetica o simili. Quindi, in pratica, puoi dire una parte della verità, o dire la verità ma in forma allusiva e indiretta. Il mio onesto parere è che dare qualcosa di diverso da una risposta diretta, netta e chiara non sia quasi mai una buona idea. Ricordo una volta durante la mia prima campagna lunga da master (D&D 3.5). Il gruppo di PG era sulle tracce di un lupo mannaro. Il druido usò un incantesimo che gli permetteva di parlare con la vegetazione e iniziò a interrogare gli alberi. Io li feci rispondere in modo molto criptico e frammentario, e anche molto caratteristico, dando loro una "voce" particolare (dei tic, delle limitazioni, una visione del mondo chiaramente aliena e così via), il tutto allo scopo di intorbidare le risposte, di "dire e non dire" allo stesso tempo. Il giocatore a un certo punto si spazientì e mi disse: "master, ma insomma, fuori gioco, tagliamo corto: hai intenzione di dirmela, questa cosa, oppure no?". Nel tempo ho capito che aveva ragione lui. Io ti consiglierei di dare una risposta molto chiara e completa. Al limite, se alla lunga noti nel tempo un abuso dell'incantesimo, ti consiglierei di discutere con i giocatori, chiedendo il loro parere ("secondo voi sta rendendo le cose troppo facili? vi toglie il gusto?") e semmai "nerfandolo" in qualche modo di comune accordo. Ma a me, sinceramente, non è mai capitato che le divinazioni fossero usate troppo: semmai mi succede che siano usate troppo poco.
  22. Ciao, grazie per questo nuovo fantastico esempio da aggiungere alla mia piccola collezione. 😆 Hanno già detto tutto gli altri, aggiungo solo questo: se il giocatore non si convince, prova a chiedergli cosa farebbe se un domani si trovasse davanti a una mezza dozzina di nemici in grado di usare lo stesso trucchetto allo stesso modo. Se possono farlo i PG, possono farlo i PNG... sicuro che vuoi poter essere oneshottato da un trucchetto gratis?
  23. Se la modalità indicata (al meglio dei tre tocchi, senza danni) non era tale da favorire palesemente né il PG né l'avversario (dal punto di vista delle probabilità di vittoria), francamente penso che avrei dato PE pieno o quasi pieni; al massimo sarei sceso a tre quarti, o due terzi, in considerazione del fatto che non c'era quel rischio di morte (generalmente minimo) che si sarebbe potuto avere in un combattimento "normale". Come linea generale mi piace che i PE siano proporzionati al risultato da raggiungere e alla pericolosità dell'ostacolo / avversario, più che alla specifica modalità con cui l'ostacolo / avversario viene affrontato, per cui cerco di toccarli il meno possibile. Diciamo che in questo caso un avversario che non vuole ucciderti può essere visto come una situazione meno rischiosa, quindi con meno PE in palio... ma, ripeto, in compenso c'è anche il vincolo che non puoi ucciderlo neppure tu.
×
×
  • Crea nuovo...