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Bille Boo

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  1. @Casa, eccellente! Grazie della spiegazione. A parte una differenza stilistica (io cerco in ogni modo di evitare che i miei giocatori si sforzino di capire "dove vuole andare il master", semplicemente perché io non voglio "andare" proprio da nessuna parte, per cui questo sforzo rischia solo di fuorviarli), direi che hai chiarito che il problema che vedresti non è nella struttura dell'incontro ma è nella comunicazione. Il discorso scritto lì era solo un esempio: come dicevo, andrebbe adeguato al modo in cui lo specifico gruppo è abituato a comunicare. Comunque, in caso di dubbi, il mio consiglio è sempre di chiedere in modo esplicito. Per esempio, se il mio giocatore avesse dubbi sull'entità del rischio (come dici tu: magari il mio discorso gli fa temere che il rischio sia superiore a quello che si aspetta lui), e mi chiedesse: "scusa, ma il rischio concretamente quanto è?", non avrei problemi a dirglielo; anche a scendere nel dettaglio della meccanica, se serve. Hai ragione: una delle cose che crea più frustrazione in D&D sono le incomprensioni tra master e giocatori circa lo stato della situazione, che portano poi, quando il nodo viene al pettine, a "ah, ma io credevo che...!", "ah, ma non avevo mica capito che...!". Per questo cerco di essere molto trasparente e incoraggio i giocatori a fare senza timori domande, anche tecniche, anche "meta", ogni volta che hanno dubbi.
  2. Le soluzioni diverse sono benvenute. Inoltre, certo, se si conoscono i propri giocatori magari si può adottare la modalità di comunicazione più adatta e che minimizza il rischio di fraintendimenti; non tutti comunicano allo stesso modo. Per capirci: a farti venire quei dubbi è il fatto che il master ti abbia attaccato un lungo "pippone", o il fatto in sé che la tua linea di azione possa fallire? Per metterti più a tuo agio possibile potrei, come master, tenere le stesse meccaniche ma evitare di illustrarti tutto e limitarmi a chiederti un tiro? Oppure, per il tuo modo di giocare, hai proprio l'esigenza che esista una soluzione "ottimale" del tutto priva di rischi? (P.S.: ho l'impressione che, in entrambi i casi, un problema analogo ti si sarebbe presentato anche con la proposta di Lord Danarc, se ho capito bene; ho capito bene? Oppure la sua modalità non ti creerebbe alcun dubbio? E, in tal caso, perché?)
  3. Sinceramente non vedo questa strada come alternativa alle meccaniche che sono state proposte da me e da altri, e riassunte dall'OP. Ci sono, secondo me, due cose diverse nella tua proposta, e sono indipendenti tra loro: i contenuti che inseriresti, e il modo in cui risolveresti (adjudication) l'approccio del PG a quei contenuti. Contenuti La tua proposta ovviamente è molto bella ma richiede di preparare la foresta come qualcosa di più ricco, complesso e dettagliato rispetto ad un singolo ostacolo. Che va benissimo, è una cosa che rispetto. Pensa che avevo addirittura suggerito di prepararla come una sorta di dungeon generalizzato: appunto con luoghi di interesse, loro contenuti, collegamenti tra di loro, e libertà di muoversi come si vuole tra di essi. Solo, è una cosa che espande la foresta trasformandola in un contenitore per molti contenuti. In altri termini: allunga l'avventura. Voglio essere chiaro: è quello che farei anch'io, se volessi un'avventura relativamente ampia e articolata. Ma in questo caso l'OP si è orientato, mi sembra, verso un approccio più semplice, in cui la foresta non è altro che un veloce passaggio intermedio verso la vera sostanza dell'avventura, cioè l'accampamento dei malviventi. E lo capisco benissimo: si tratta di una side-quest single player alla quale neanch'io, se fossi nei suoi panni, vorrei dedicare chissà quante ore di gioco. In questo approccio è chiaro che torna meglio che la foresta sia rappresentata come un singolo ostacolo, anziché un ampio scenario con molteplici aree di interesse e contenuti all'interno. Quindi, ricapitolando: non c'è nessuna divergenza tra noi circa il modo di creare contenuti, abbiamo solo un'idea diversa della "scala" che l'avventura dovrebbe avere. Risoluzione Guardiamo invece l'effettivo gameplay. Osserva come si svolge l'avventura, all'atto pratico, nella tua proposta: prova di saggezza (tiro di dado) per sapere dove si trova ogni punto di interesse; prova di intelligenza (tiro di dado), o "suggerimento" da GM fiat, per far venire in mente indizi; un incontro casuale-tra-virgolette per "spezzare la monotonia" (non accade per un tiro di dado, accade per GM fiat quando ti sembra che sia un buon momento). Fin qui nessuna scelta dei giocatori. Poi, appurata la presenza dei due punti di interesse, i PG sceglieranno verso quale dirigersi, ma questa scelta (50 e 50) avviene, mi pare, fondamentalmente a caso: il DM ha deciso in quale dei due punti sono i malviventi, ma non c'è modo, mi pare, di scoprirlo senza andarci. Se i PG vanno dalla "parte sbagliata", come dici, "puoi lasciare tutto com'è, o puoi rendere le cose più difficili, tipo se fossero arrivati prima i rapitori sarebbero stati meno o cose simili" (cioè, ammetti che il DM possa aumentare la difficoltà dell'incontro finale se i PG vanno dalla "parte sbagliata" e perdono tempo). Francamente (esclusa, ripeto, la maggiore o minore ricchezza dei contenuti, la maggiore o minore ampiezza dello scenario, che è un altro argomento e ho discusso in precedenza) fatico a vedere in questa cosa una incidenza sostanzialmente minore del caso e dei tiri, e/o una facoltà sostanzialmente maggiore dei giocatori di "incidere sulla storia", rispetto al gameplay tratteggiato da Fabbru. Naturalmente, penso, la chiave sta tutta qui: Temo, cioè, che la chiave di volta di tutto sia l'equivoco, che ho più volte cercato di chiarire, per cui lo schema di Fabbru viene interpretato come se il giocatore fosse costretto a seguirlo. Come se Fabbru dicesse al giocatore: "Ok, ora tu devi fare questi sei tiri di dado, non hai altra scelta, cosa succede lo decideranno loro". Ovviamente non è così. In realtà, anche Fabbru non ha preimpostato nessuna strada: ha solo preparato una meccanica per risolvere ("valutare le conseguenze", dici tu) l'approccio che ritiene più probabile da parte del PG, cioè mettersi a perquisire la foresta in cerca di tracce. Non è diverso dal preparare i punti di interesse coi loro incontri. Non significa che il PG sarà obbligato a fare quello. Il PG arriverà alla foresta e Fabbru chiederà "cosa fai?", esattamente come proponi tu; è scontato, è quello che qualunque DM di D&D fa continuamente. Nel caso il giocatore dicesse "perquisisco la foresta in cerca di tracce", Fabbru sarebbe pronto con una meccanica interessante per valutare le conseguenze. Nei suoi panni io farei (solo in quel caso) un discorso del tipo: "Ok! Puoi provarci, ti farò fare un tiro per vedere se riesci. Se fallisci puoi riprovare. Tieni conto che ogni tentativo richiede tempo, e ti espone al rischio di incontrare bestie vaganti. Più passa il tempo e più i malviventi avranno modo di organizzarsi. Se passa troppo tempo l'ostaggio sarà già morto al tuo arrivo. Puoi però ottenere vantaggio alla prova se scegli di mettere da parte la prudenza, esponendoti a un maggior rischio di attrarre l'attenzione delle bestie" Ripeto, solo nel caso in cui il giocatore decidesse di fare quella cosa. Se ne fa un'altra, ne aggiudichiamo un'altra. Nel tuo esempio, invece? Se tu sei il DM, con la bella e dettagliata preparazione che hai descritto, e chiedi "cosa fai?", e il giocatore risponde "perquisisco la foresta in cerca di tracce", tu come la risolvi? Ti cito: Confrontalo con sopra: è davvero così diverso? Puoi, al limite, non chiedere nessun check e far trovare le tracce automaticamente. Ma poi che fai, le fai seguire sicuramente fino al nascondiglio giusto? Direi di no, visto che hai espressamente indicato la possibilità che i PG "vadano dalla parte sbagliata". Quindi, o a un certo punto le tracce spariscono e si torna allo schema in cui i PG (eventualmente con tiri di dado) apprendono l'esistenza dei due punti di interesse, e scelgono a caso quale dei due visitare per primo, oppure farai un check (tiro di dado) per vedere se riescono a seguire bene le tracce e in caso affermativo sapranno qual è il punto di interesse giusto. Che è un gameplay sostanzialmente analogo a quello by Fabbru. Ci sono differenze minori (diverso numero e tipo di tiri, incontro casuale non deciso da un dado ma con fiat, effetto del tempo che passa non stabilito a priori ma con fiat), e ovviamente c'è uno scenario più ricco e vivace, cosa ottima ma che ho analizzato prima. Insomma, secondo me non siamo così distanti, è più una questione di minuzie e di fraintendimenti che altro.
  4. Quelle opzioni sono sostanzialmente un recap delle cose che sono state proposte in questa discussione, anche da me. Con un tiro fortunato non trovano tutto subito, trovano l'accampamento dei malviventi, cioè hanno solo finito di cominciare. Lì inizia la parte principale della "storia", cioè: come faranno a liberare il prigioniero? Una parte molto interattiva e molto ricca di scelte, in cui mi sembra che i giocatori (e i personaggi) siano tutt'altro che spettatori. Comunque, come ho detto, si può sempre fare meglio, e sono sempre desideroso di imparare. Se posso, chiedo anche a te quello che mi sono permesso di chiedere a @KlunK poco fa: quale sarebbe la tua proposta? Da giocatore, messo di fronte a quella foresta, come procederesti, e come vorresti che il master reagisse alla tua iniziativa? Da master, come progetteresti quella parte? Il tutto assumendo che vogliate un'avventura breve e stringata, dove la foresta è un ostacolo sul cammino e non un intero dungeon o pointcrawl ramificato.
  5. Il tempo definito non dipende da tiri di dado: è definito, appunto, quindi è fisso. E' il tempo impiegato dal PG per arrivare che dipende da tiri di dado. Ma solo in parte: perché, come ho detto, il PG ha la possibilità di impiegare il tempo anche in altri modi, rispetto al semplice perquisire la foresta; magari idee creative che lo portano a destinazione con più efficienza; anche se Fabbru non lo ha specificato è ovvio, è implicito nel fatto che giochiamo a D&D introducendo quella che ho chiamato "la ciliegina" (e che Fabbru ha confermato di voler adottare) il giocatore può migliorare l'efficacia dei suoi tiri di dado, benché ad un costo. Facciamo un altro esempio: mettiamo che ci sia una scadenza temporale definita (tra 3 round esplode una bomba), e l'ostacolo non sia una foresta da perquisire, ma un nemico da sconfiggere perché ti sbarra la strada. Il tempo che ci metti ad abbatterlo dipende dai tiri di dado? Sì, indubbiamente. Dipende unicamente dai tiri di dado? Beh, puoi decidere la tattica di attacco (usando certe capacità o certe altre, certi incantesimi o certi altri, stando a distanza o andando in mischia), ma senza dubbio i tiri hanno molta influenza. A me piacerebbe una giocata così. Ma non deve per forza piacere a tutti, ci mancherebbe. Concordo che debba essere ben chiara ai giocatori. Concordo molto meno sull'importanza di questo escamotage per evitare il metagioco. Personalmente il metagioco non mi preoccupa più di tanto. Ma capisco che per alcune persone (che, per stile, sono abituate a comunicare tutti gli elementi chiave del gioco attraverso il gioco stesso) questo possa stonare. In tal caso, il rimedio non è buttare via tutto lo schema di Fabbru: basta aggiungere, allo schema di Fabbru, un modo in-game per veicolare quell'informazione (tu stesso ne hai proposto un esempio).
  6. E in questo caso sarà il giocatore a decidere di esplorare la foresta come preferisce. Non ci sono obblighi. Forse è sfuggita questa parte: Questa è questione di gusti. Ci sono tanti giochi moderni che con la famosa (e un po' abusata) meccanica degli "orologi" fanno una roba di questo genere praticamente sempre. Comunque, per chiarire: non è che fallisce dopo 6 tiri, fallisce dopo un certo tempo (e ogni prova di ricerca richiede tempo - e il PG è libero di impiegare anche il tempo per fare altre cose anziché una prova di ricerca, se vuole, ci mancherebbe). Il concetto in-game è: "più tempo passa, più la vita del prigioniero è a rischio", il che è semplicemente normale. Non vi è mai capitato di fare una missione con una deadline o "corsa contro il tempo"? Davvero? Mah, guarda, se dopo tutto quello che ho scritto il concetto che è passato è questo, è segno che è ora che la smetta di scrivere, perché evidentemente non sono più capace di comunicare chiaramente.
  7. @KlunK, la tua critica è valida, se guardi a quello che è stato descritto come un'intera avventura e non come un singolo ostacolo. Ma non mi sembra che sia questo il caso. Si evince dal post iniziale che c'è stata una parte precedente in cui il prigioniero ha comunicato con il PG dicendo di essere stato rapito e indicando la sua posizione approssimativa. Il PG ha deciso di liberarlo e ha viaggiato fino alla foresta. Sono tutte cose non casuali che fanno parte dell'avventura. E, una volta che il PG avrà trovato l'accampamento dei malviventi, dovrà decidere come procedere per salvare il prigioniero. Potrà studiare la situazione e provare vari approcci. Potrebbe fare un attacco frontale, infiltrarsi in modo stealth, camuffarsi, ricorrere alla magia, attaccare un bandito isolato e poi proporre uno scambio di ostaggi... una situazione complessa e ricca di scelte, tutt'altro che casuale, che fa parte dell'avventura. In mezzo c'è un ostacolo, la foresta. Un pezzetto dell'avventura, non l'avventura nella sua interezza. Ora, sono d'accordo che se si volesse un'avventura lunga e di ampio respiro la cosa migliore da fare sarebbe dettagliare la foresta con più strade da prendere e con una serie di incontri variegati, interattivi, ognuno con le proprie scelte e i propri rischi. Un "dungeon" in senso generalizzato. Ho dato atto esplicitamente di questa cosa, nel mio primo commento. Ma quello che ho capito (mi correggerà @Fabbru se sbaglio) è che l'idea è di fare un'avventura piuttosto breve e snella. In quel caso, non c'è niente di male a ridurre l'avventura stessa all'ultimo incontro, quello con i malviventi, che occuperà un buon 80% della giocata e sarà il vero ambito in cui giocarsi tutto. A quel punto, una soluzione estrema sarebbe annullare del tutto la foresta: la si riduce a pura narrazione. Il master racconta che il PG cerca in lungo e in largo per tot tempo, finché... ecco, trova l'accampamento. Va benissimo anche questo. Infatti, se noti, è un'altra delle alternative che ho dichiaratamente proposto. Senza arrivare a tanto, una soluzione intermedia è "collassare" la foresta ad un singolo ostacolo riconfigurato come un breve insieme di check. Con un proprio rischio, ovviamente, altrimenti è come se non ci fosse e i tiri sono inutili. Non è diverso da, che so, una scarpata o muraglia su cui arrampicarsi (col rischio, nel caso peggiore, di precipitare e sfracellarsi), o un fiume in piena che si può superare saltando da una roccia all'altra (col rischio di annegare), o una serie di numerose pattuglie di guardia da superare senza farsi scoprire (col rischio di essere arrestati). In tutti questi casi si può fare un singolo check secco: se hai successo ce la fai, se fallisci succede la brutta cosa. Non è che non succeda mai, questo, nelle avventure di D&D: direi anzi che succede piuttosto spesso. Tuttavia, per mitigare questa estrema casualità, e avere un risultato più graduale e sfumato, si può fare quello che ho proposto, ovvero: dare la possibilità di ritentare il check, facendo in modo che il fallimento non produca subito l'esito peggiore, ma abbia comunque un costo progressivo; e dare al giocatore una "leva" per influenzare il check, potendo ottenere maggiori possibilità di successo ad un costo, se vuole, o maggiore protezione dalle conseguenze in cambio di minori probabilità di successo; in questo modo non è tutto solo casuale ma c'è anche una scelta strategica. Notare che è quello che succede, in pratica, in un combattimento (benché esso sia ovviamente più ricco di regole e complessità): hai una serie di tiri, per cui il caso influisce parecchio; ma se le cose vanno male non sei morto subito, consumi pian piano delle risorse. E in molti casi puoi adottare tattiche conservative e prudenti, stando abbastanza sulla difensiva e risparmiando risorse; o, viceversa, tattiche spudorate e frontali, cercando di danneggiare i nemici il più possibile, spendendo molte risorse e curandosi poco della propria incolumità. Con delle vie di mezzo. Nel nostro esempio, se il PG fallisse le prime due prove e vedesse che il tempo è agli sgoccioli, potrebbe per esempio accettare di rischiare di più con gli incontri casuali ottenendo però vantaggio, in modo da recuperare un po' il tempo perduto. Mi preme chiarire che questa rudimentale struttura, che abbiamo abbozzato insieme con vari contributi e che @Fabbru è stato così gentile da ricapitolare e provare, non deve essere vista come una "gabbia" per obbligare il giocatore a comportarsi in un certo modo: solo come un insieme di meccaniche per gestire quello che è l'approccio più probabile del PG di fronte alla foresta; cioè, cercare tracce dei malviventi e risalirle fino al loro accampamento. Non significa che sarà vietato avere idee diverse e approcci più creativi all'ostacolo: ogni DM di buonsenso sa che può succedere e che, nel caso, dovrà aggiudicarli al volo in modo onesto. Mettiamo ad esempio che il PG abbia un incantesimo di localizzazione: è del tutto ragionevole che, se lo usa, non abbia bisogno di prove per rintracciare l'accampamento e possa raggiungerlo a colpo sicuro. Non lo abbiamo detto ma è ovvio. Oppure, mettiamo che il PG possa volare: è chiaro che non rischierà di incontrare i lupi, o anche se li incontrasse non rischierà i loro morsi. Non lo abbiamo detto ma è ovvio. Mi preme infine ricordare che ho esplicitamente raccomandato al master di dire al giocatore, sin dall'inizio, come funzioneranno le cose e che, dopo tot fallimenti, il prigioniero verrà ucciso. Non raccomando affatto che avvenga "a sua insaputa"! Tutt'altro. Ma che esista il rischio di fallire una quest, anche a causa della sfortuna, è abbastanza normale in D&D e non deve certo destare scandalo. Si può fare meglio, non ne dubito. Tu, @KlunK, come approcceresti la situazione se fossi il giocatore? E come la progetteresti se fossi il master, assumendo di voler fare un'avventura molto breve e poco complessa?
  8. Tanto, se gli aumenti di caratteristica li puoi spostare dove vuoi (come dice @Lord Danarc), in realtà non sono né della razza né del background: sono semplicemente a tua discrezione. Dire che te li dà la razza, o te li dà il background, o uno la razza e uno il background, alla fine lascia il tempo che trova: hai un +2 da mettere dove vuoi e un +1 da mettere dove vuoi, in modo del tutto scorrelato dalle altre scelte (razza e background compresi).
  9. Più che altro, nel caso di un'aggressione del genere nei confronti di un cittadino comune e disarmato non tirerei nemmeno il dado 🙂
  10. Tranquillo, il tuo approccio va benissimo. Non stai usando i dadi per "determinare l'avventura" (in realtà ho difficoltà a capire esattamente cosa voglia dire), li stai usando per determinare l'esito di una sfida, il superamento di un ostacolo. La foresta è un singolo ostacolo della tua avventura (da superare per raggiungere l'accampamento con il prigioniero), ed è del tutto normale in D&D che gli ostacoli si superino tirando dei dadi. Se poi c'è anche la "ciliegina" che ti consigliavo, dando ai giocatori delle scelte interessanti con cui influenzare quei tiri di dado, meglio di così non si può fare. L'obiettivo dell'avventura (trovare e liberare il prigioniero) e gli ostacoli o conflitti (la foresta e i banditi) non sono stati determinati dai dadi, ma dalla logica e dalla consistenza del mondo di gioco (suppongo sia quello che definite "narrativo"). Tutto bene, quindi. Per i singoli incontri, invece, i dadi si usano: il gioco è quello 🙂
  11. Non ho visto il trailer ma mi ha colpito questa frase e mi permetto un commento da totale ignorante. Oggi va così. Nella nostra società è un must rendere qualunque personaggio "persona", nel senso di "umano", di "come noi"; è lo spirito dei tempi. Ci piacciono gli dèi umanizzati, gli alieni umanizzati, gli animali umanizzati, i supereroi e supervillain umanizzati, i robot umanizzati, i vecchi cattivi Disney umanizzati, ora gli elfi umanizzati. Non mi sorprende. Può essere che sia per rendere queste figure più relatable, più adatte a "connettersi" con lo spettatore. O può darsi che ce le faccia percepire come più autentiche. Non lo so. In realtà la mia ipotesi (ma non voglio malignare troppo) è che sia necessario perché ormai siamo in grado di capire le storie solo così.
  12. Beh, no, in realtà potresti avere lo stesso 24 ore (o anche meno), ma lunghe molte... ore. Nel senso: se su Ssyke si è formata una cultura indipendente, non vedo perché dovrebbe aver adottato l'ora come unità. L'ora è una suddivisione arbitraria del ciclo giornaliero (da un'alba all'altra) in 24 parti. I nativi di Ssyke avranno anche loro diviso il ciclo da un'alba all'altra in un certo numero di unità, ma perché usare la nostra ora da 60 minuti, ottenendone 576 per ciclo? Supponiamo che abbiano deciso anche loro di dividere il ciclo alba-alba in 24 periodi (in realtà potrebbero aver scelto un numero diverso, tipo 20 o 12, e sarebbe carino). A quel punto avresti che un giorno ssykiano dura 24 ore ssykiane, e così come 1 giorno di S = 24 giorni di E, avresti che 1 ora di S = 24 ore di E. Poi non è detto che i ssykiani abbiano diviso la "loro" ora in sole 60 parti. Essendo così lunga potrebbero averla divisa in molte più frazioni per ottenere i minuti. Oppure potrebbero avere un'unità intermedia ulteriore, che noi non abbiamo. Esempio tra i tanti possibili. Secondo la gente di S, 1 giorno di S si divide in 12 ore di S, che nella loro lingua chiamano slog. Quindi la luna ha 12 fusi orari. 1 slog = 48 ore di E La scansione delle slog è molto lenta, legata a cicli di medio periodo (per esempio l'equivalente locale della "settimana lavorativa", le festività eccetera). Una slog si divide in 24 sotto-parti che gli abitanti usano per scandire la vita quotidiana, compresi i cicli sonno-veglia, le aperture dei negozi e così via. Le sotto-parti si chiamano glurp. 1 glurp = 1/24 slog = 2 ore di E Per misurare il tempo con grande precisione, soprattutto in tempi recenti, è uso dividere la glurp in 120 sotto-parti chiamate zip. 1 zip = 1/120 glup = 1 minuto di E E puoi fare che gli zip sono divisi in 60 secondi, volendo.
  13. Sì, intendevo svantaggio nel senso del regolamento di D&D 5e, dando per scontato che usassi quella; in effetti però non hai specificato l'edizione. Se usi 3.5 o Pathfinder, ad esempio, ti direi di dare invece un -4. Lo stesso (speculare) per vantaggio. Sì, per esempio. Mi sembrano ottime idee. Anzi: di default ti consiglierei una probabilità di incontro casuale più alta; con 1 su 6, dato che ci sono in tutto 6 prove a disposizione, vuol dire incappare in media in 1 solo incontro casuale se proprio il PG le fallisce tutte; forse è un po' poco. Potresti fare che di base ha 2 probabilità su 6 di incappare nell'incontro casuale (5-6 su 1d6). Se è molto prudente e accetta svantaggio alla prova scendi a 1 su 6 (solo 6 su 1d6). Se non si cura della prudenza e vuole vantaggio alla prova sali a 4 su 6 (3-6 su 1d6). Metti semplicemente due CD: una più bassa che, se raggiunta, permette il successo parziale, e una più alta che, se raggiunta, permette il successo pieno. Ti conviene distanziarle di circa 5 punti. Es. CD 13 per successo parziale, CD 18 per successo pieno.
  14. Low light vision non si applica se non c'è nessuna luce: tutto quello che fa è aumentare l'efficacia percepita delle luci. Niente luci, niente low light vision.
  15. Non c'è nessun obbligo o necessità di trasformare quest'avventura in una con tanti incontri e contenuti (né nella forma di "dungeon" né di "avventura ad incontri" o altro): è solo una possibilità, con i suoi pro e i suoi contro. Dipende da quanto tempo ed energie il master e il giocatore sono disposti a dedicarvi. E' importante non fare l'errore di pensare che lo si debba fare, che sia per mero realismo, per via della grandezza della foresta, o che sia per la convinzione che un'avventura piccola, magari da 2 incontri o 1 incontro solo, sia "troppo poco". Avventure così brevi esistono e hanno pienamente senso, se il tempo che vogliamo dedicarci è limitato. Come dicevo, se si ritiene inverosimile che in quella grande foresta si riescano a trovare i banditi in meno di una settimana, il master può semplicemente dire: "Passi una settimana a cercare, e finalmente...". Ovviamente, se invece l'OP e il suo giocatore sono d'accordo a fare una giocata più lunga e complessa, ben venga anche una dozzina di incontri (a quel punto suggerisco una struttura simil-dungeon).
  16. La domanda sembra molto specifica ma secondo me c'è dietro qualcosa di amplissimo e davvero molto interessante! Ti ringrazio di averla posta! Vorrei tanto avere il tempo di discuterla per esteso! Purtroppo devo essere breve. Mettiamola così. Ogni volta che il giocatore ti dice che il suo PG tenta di fare una cosa, tu fatti innanzitutto un paio di domande: Può avere successo? Se sì, con quale risultato? (Generalmente sarà il giocatore stesso a farti capire il risultato voluto, anzi, se hai dubbi ti conviene chiederglielo direttamente) Può fallire? Se sì, con quali costi o conseguenze? Ovviamente, se l'azione (l'approccio proposto dal giocatore per il suo PG) non può fallire, descriverai direttamente il successo e vai avanti; e se non può riuscire dirai direttamente al giocatore che l'approccio non è adatto e deve pensare a qualcos'altro. Se invece c'è una ragionevole possibilità che riesca e che fallisca si tirano i dadi. E qui sta a te stabilire quale caratteristica e quale abilità... in questo caso hai scelto Percezione (su Saggezza, suppongo) che ci può benissimo stare, niente da eccepire. Mi è capitato in passato di spiegare questa cosa anche meglio di così (spero), ma mi rendo conto adesso (grazie alla tua domanda!) che non ho sviscerato abbastanza bene un aspetto, cioè che cosa significa fallire; è importantissimo! Anziché fermarsi alla domanda "può fallire" è giusto e doveroso fare un passo in più e chiedersi: fallire in che senso? Certo, è chiaro che fallire significa non raggiungere il risultato, lo scopo che il PG si poneva. Ma con quale estensione, con quali conseguenze? Nel tuo esempio, se lo scopo del PG è trovare i malviventi con il loro prigioniero, fallire potrebbe voler dire due cose. Vediamole. Il PG non riesce a trovare i malviventi e non ci riuscirà mai. Deve rinunciare. Il prigioniero è spacciato. Il PG non riesce a trovare i malviventi per ora. Ha perso tempo. Ma può riprovare. Ora, qualunque delle due opzioni tu scelga, è importante che tu la renda nota al giocatore chiaramente, prima che confermi di voler tirare: ha il diritto di sapere cosa si sta giocando. Spero però che siamo d'accordo che l'opzione 1 è un po' troppo "punitiva". Nel senso, la sorte dell'intera quest sarebbe appesa a un unico tiro di dado, senza decisioni interessanti da prendere per influenzarlo. Quindi, andrei con l'opzione 2 (penso che anche tu faresti lo stesso). Scelta l'opzione 2, però, sorge un nuovo problema: che cosa comporta, concretamente, il fatto di "aver perso tempo"? Il tempo in sé non significa nulla nel gioco (è immaginario, possiamo far passare ore con uno schiocco di dita), a meno che tu non ci associ delle conseguenze concrete di qualche tipo. Se il passaggio del tempo di fatto non comporta nessuna conseguenza, e il PG può provare e riprovare finché non riesce... a quel punto siamo di nuovo in un caso in cui non bisognerebbe affatto tirare. E va benissimo. Non è obbligatorio tirare per ogni cosa. Se concludi che siamo in una situazione del genere, non chiedere nessun tiro: racconta al giocatore che il PG prova e riprova, cerca con insistenza magari per molte ore, finché... ecco che arriva a destinazione. Va benissimo: stai solo saltando una parte altrimenti noiosa che non avrebbe aggiunto nulla alla sfida. Mettiamo, invece, che tu voglia che la perdita di tempo abbia delle conseguenze, che sia parte della sfida. Benissimo. Che conseguenze potrebbe avere? Ecco alcuni esempi. La foresta è pericolosa: ogni tot di tempo trascorso al suo interno rischia di farci incappare in belve feroci o altri pericoli. Passato un certo tempo l'incontro finale sarà più difficile (es. i malviventi riceveranno rinforzi, o si sposteranno in un nascondiglio più riparato, o ci sarà un peggioramento delle condizioni meteo...). Passato un certo tempo, i malviventi uccideranno il prigioniero (quindi quella parte della missione sarà fallita, anche se magari sarà possibile vendicarlo e riportare indietro il suo corpo). Puoi anche fare più cose insieme, combinandole! La 1. si realizza benissimo con i famosi incontri casuali, come ti suggeriva anche @Percio. Giustissimo. Sono il modo classico, in D&D, di dare al tempo un costo. La 2. e la 3. si possono realizzare con quello che gli appassionati di altri giochi chiamerebbero "un orologio" e in realtà è semplicemente un contatore. Stabilisci quanti fallimenti (quante perdite di tempo) ci vogliono perché avvenga ogni peggioramento, quindi avverti il giocatore che le cose stanno così (è importantissimo!). Non devi per forza dirgli cosa succederà esattamente, ma almeno qualcosa del tipo: "OK, sappi che dopo 2 fallimenti la situazione peggiorerà, dopo 4 peggiorerà ancora di più, e dopo 6 il prigioniero sarà morto". Nei tuoi appunti avrai annotato qualcosa come: al 2° fallimento i malviventi ricevono rinforzi (+ tot nemici nell'accampamento) al 4° fallimento i malviventi si spostano in una caverna (che ha una sola via d'accesso, stretta, facile da sorvegliare) al 6° fallimento i malviventi uccidono il prigioniero A questo punto hai una sfida abbastanza interessante in cui il fallimento delle prove ha un senso e un effetto. Può andare benissimo così. Per renderla davvero perfetta manca un dettaglio (ma è proprio la ciliegina sulla torta, eh: non sentirti tenuto a farlo). Il dettaglio sarebbe il fatto che il giocatore avesse delle scelte strategiche da fare. Infatti, per com'è adesso la bozza che abbiamo fatto, il giocatore sa cosa aspettarsi se riesce e cosa aspettarsi se fallisce, ma non può decidere niente: è tutto in mano al dado. Può solo fare e rifare la prova aspettando il successo. Sarebbe il top se invece avesse delle alternative con trade off, come si dice in gergo, cioè: delle scelte non ovvie perché ognuna ha i suoi pro e i suoi contro. Per esempio, se usi sia gli incontri casuali che l'orologio, potresti permettergli, ad ogni prova, di: avanzare cautamente e con circospezione (riducendo di molto il rischio di incontri casuali, ma dando svantaggio alla prova stessa, quindi più rischio di perdere tempo) avanzare normalmente (rischio normale di incontri casuali e di fallimento) avanzare in fretta e senza badare alla sua incolumità o al rumore che fa, concentrandosi solo sulle tracce (questo farebbe aumentare il rischio di incontri casuali ma permetterebbe di compiere la prova con vantaggio) Sono solo esempi. Ah, naturalmente va benissimo anche disegnare proprio la foresta come un dungeon e riempirla di contenuti. Quella è un'idea che funziona sempre, garantito: i dungeon sono l'ambiente naturale di D&D. Non so, però, se ti vuoi sobbarcare tutto quel lavoro per una side quest di modesta durata. Un sistemino come quello tratteggiato qui è utile per fare prima, è più semplice.
  17. Per rispondere al dubbio che poneva @Casa: un PNG (o mostro) con Grado di Sfida 1 non equivale a 4 PG di livello 1; infatti, per 4 PG di livello 1 un GS 1 è una sfida ordinaria, che hanno amplissime probabilità di vincere. Al limite, potremmo considerare "equivalente" a un gruppo di livello X un mostro o PNG che potrebbe costituire una sfida deadly per quel gruppo.
  18. Francamente non vedo un nesso diretto con l'allineamento. Nel senso: riesco a immaginare facilmente molte ragioni per cui un drago LM potrebbe volersi far cavalcare da un certo personaggio, e molte ragioni per cui un drago LB o CB potrebbe non volersi far cavalcare da un certo personaggio. Nelle mie campagne, per dire, i draghi (di qualunque allineamento) vedono il fatto di essere cavalcati da umanoidi come qualcosa di ridicolo e umiliante, e non lo accetterebbero mai se non in casi veramente gravi e fuori dall'ordinario.
  19. Aggiungo all'ottima risposta di @Vackoff solo questo: ovviamente serve anche il permesso del drago 😉
  20. Non voglio andare fuori tema, quindi non voglio una discussione estesa su questo, ci tengo solo a chiarire il senso di quello che stavo dicendo: per me la fantasia del giocatore non è considerabile un vincolo.
  21. Mi ero perso quella cosa. Se quelli sono solo esempi, beh... d'accordo. Ritiro tutto. (In realtà non mi piace lo stesso, perché è l'estremo opposto 😅 Le scelte infinite senza vincoli non sono interessanti. Ma almeno è coerente con la strada intrapresa finora.)
  22. Francamente non vedo perché, dopo tanto penare (e tante discussioni) per rendere flessibili i modificatori di caratteristica delle razze, ora siano stati trasferiti ai background e resi di nuovo fissi. I background presentati nell'UA mi sembrano veramente molto rigidi, un passo indietro rispetto ai background precedenti. L'altra cosa che non ho apprezzato è l'1 naturale sempre fallimento / 20 naturale sempre successo esteso a tutti i tiri di d20 anziché al tiro per colpire. Simpatico perché per combinazione avevo lanciato pochi giorni fa un sondaggio e una discussione su Instagram proprio su questo tema. Comunque è playtest, è presto per parlarne. Altre cose, come il nuovo formato dei talenti, mi piacciono.
  23. La stessa esistenza dei piani esterni o elementali dipende dall'ambientazione. Certamente esistono nell'ambientazione di default di D&D, sia essa i Forgotten Realms o il "mega-multiverso che contiene 'tutte' le ambientazioni al suo interno" (sì, anche quello non è che una specifica ambientazione). Ma potrebbero non esistere, o non esistere in questa forma, nel mondo in cui gioca uno specifico tavolo (per esempio, in alcuni dei miei).
  24. Se ti serve un riferimento molto vago e grossolano (ripeto: molto vago e grossolano, le cose in realtà variano molto a seconda dell'ambientazione e del tavolo), puoi dire che: Personaggi al 1° o 2° livello sono apprendisti, inesperti, esordienti (intendo nell'ambito dell'avventura, del correre concreti rischi: magari come artigiani, studiosi o uomini d'affari sono veterani) Personaggi di 3° o 4° livello sono già un po' esperti e rodati, diciamo che si sono fatti le ossa, sono "professionisti" dell'avventura Personaggi dal 5° livello in su sono veterani, e già iniziano a trascendere un po' i confini della comune umanità; al 10° livello sono ampiamente dei supereoi, al 15° sono la Justice League e al 20° sono semidei da leggende norrene o da Silmarillion
  25. Ciao! Dunque, tieni conto che il fatto di essere cieco (intendo: esserlo con "grado di rappresentazione" superiore a 0, cioè con un concreto impatto di gioco) è già qualcosa che esula dalle cose già esistenti nei manuali. Sicuramente lo hai già considerato, ma tieni presente che non è strettamente necessario che il "grado di rappresentazione" sia maggiore di 0: in altre parole, potresti ritenere opportuno creare un personaggio la cui cecità è qualcosa di "cosmetico", presente a livello di flavour ma di fatto senza altri impatti sul gioco. Ad esempio, il PG potrebbe essere stato cieco ma essersi poi dotato di "occhi magici" stile Alastor Moody, o semplicemente aver sviluppato una tale raffinatezza degli altri sensi da poter agire e comportarsi, di fatto, come se ci vedesse, stile Daredevil. Se invece ci tieni a fare una cosa più crunchy (e non sono contrario), direi che in ogni caso stai creando un personaggio custom, per quanto riguarda la sua cecità, quindi tanto vale fare custom anche i vantaggi compensativi. Ho avuto una PG cieca in D&D 3.5, e la giocatrice ha voluto una rappresentazione della cecità molto crunchy e impattante. Ti risparmio i dettagli (quell'edizione purtroppo incentivava a metterne troppi), ma più o meno funzionava così: era cieca con tutto ciò che ne consegue (come la condizione negativa omonima) grazie all'udito aveva una "vista cieca" (tipo pipistrello) entro una breve distanza, e una "percezione cieca" (più vaga e imprecisa, ma almeno rivelava la presenza delle cose) entro una distanza un po' maggiore La combinazione di queste due cose si rivelava in effetti un vantaggio finché poteva udire e rimaneva in ambienti relativamente ristretti: a quel punto, in pratica era come se ci vedesse, o quasi (a parte i colori e simili), e in più si faceva un baffo di oscurità, invisibilità, nebbia e simili. D'altro canto c'erano degli importanti punti deboli a cui doveva stare attenta: se i nemici riuscivano ad attaccarla da parecchio lontano, o se la assordavano, o se erano incorporei, le cose si mettevano davvero male per lei.
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