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Bille Boo

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  1. Nemmeno io ho seguito la discussione originaria, quando ho tempo la recupero, ma per ora mi sento di dirti che con questo: sono tendenzialmente in disaccordo. Ovviamente può andare come descrivi, ma non penso che sia un requisito strutturale del gioco, e neppure una componente necessaria del gioco di ruolo con ruolo in neretto. Intanto, la separazione tra classe e background, cioè il fatto che possano esistere membri della stessa classe con un passato, una "origin story" e un inquadramento sociale anche molto diversi, è un dato ormai acquisito da D&D da molti anni in modo solido. Lo certifica il fatto che in 5e il background, inteso come meccanica omonima, sia appunto una scelta indipendente dalla classe. Ma soprattutto, da master, ho imparato da tempo a non porre nessun vincolo a "come ruolano" i miei giocatori. Per me la backstory del PG ha un'importanza molto limitata (tendente a zero): il PG è quello che effettivamente si dimostra essere al tavolo, quando viene giocato. È una cosa di cui prendo atto: non cerco di controllarla, né di metterla in qualche modo a confronto con le sue meccaniche per stabilire se sia valida o no. Se in gioco, al tavolo, il tuo PG si comporta da bruto selvaggio che si affida solo alle proprie forze, prendo atto che è un bruto selvaggio che si affida solo alle proprie forze. Se si comporta così e ha la classe di paladino, prendo atto che è un paladino bruto selvaggio che si affida solo alle proprie forze. Prendo atto, appunto: la realtà immaginata è quella, non ho interesse a mettermi a discuterla, a stabilire se sia valida o no, se sia migliore o peggiore di un'altra. Con questo non voglio dire tu sbagli a farti delle domande su come e perché il tuo PG sia diventato barbaro o paladino, su come e perché il tuo barbaro diventi paladino, o su come e perché il tuo paladino diventi barbaro. È il tuo modo di giocare e lo rispetto. So che molte persone hanno un approccio al ruolare che consiste nell'ideare a priori un personaggio, con una storia, una personalità, un'identità precisa, e al tavolo cercare di interpretare in modo coerente con quell'idea. Siccome non intervengo su come i giocatori ruolano, li lascio liberi di adottare, se vogliono, anche quell'approccio lì: non lo condanno. Ma non penso che sia necessario né che sia l'unico giusto. Allora perché la descrizione "fluff" delle classi? (O delle razze, o delle culture del mondo di gioco... eccetera.) Per me ha due scopi. Primo, fornire spunti di ispirazione alle persone che, legittimamente, seguono l'approccio che dicevo prima. Non sono obblighi, però. Secondo, informare su come funziona generalmente il mondo di gioco. Non è un'informazione inutile, anzi, è molto importante. Se diciamo che i barbari sono selvaggi cresciuti fuori dalla civiltà... anzi, lo dico meglio (dato che "barbaro" è solo un termine tecnico del manuale ma le persone in-game non sanno cosa sia una classe): se diciamo che determinate capacità, come il cadere in preda a un'ira distruttiva, difendersi efficacemente senza armatura, prevedere istintivamente i pericoli e reagire velocemente ad essi, etc., sono associate a selvaggi cresciuti fuori dalla civiltà, stiamo dichiarando che quello è il funzionamento standard del nostro mondo, il suo default. Quindi, da un lato creiamo nei giocatori certe aspettative (se descriviamo, da master, un gruppo di bruti selvaggi vestiti di rozze pelli con asce bipenni, i giocatori tenderanno ad aspettarsi che abbiano quella serie di capacità). Dall'altro lato rendiamo chiaro che un personaggio che abbia quelle capacità ma sia cresciuto nella bambagia in una villa borghese di una grande e tranquilla città è atipico, e potrebbe, per esempio, suscitare reazioni sorprese da parte di PNG. Quest'ultimo punto, forse, si capisce meglio con le razze. Se dico che i nani sono testardi, onorevoli, attaccati alle tradizioni e orgogliosi, un giocatore che interpreti un nano non avrà alcun obbligo a farlo comportare secondo quelle qualità. Però, di fronte a un generico nano, i giocatori tenderanno comunque ad aspettarsi (salvo prova contraria) che le abbia. E se un PG nano si comportasse in modo volubile, disonorevole, contrario a qualunque tradizione, e disposto a umiliarsi, qualche PNG (specialmente se a sua volta nano) potrebbe dirgli cose come: "Sei la vergogna della tua razza, Glork!". Ma io da master non penserei che il giocatore sbagli qualcosa, e non cercherei di fargli cambiare il PG; non gli chiederei neppure di spiegarmi perché il suo nano è così diverso dal tipico nano, ne prenderei atto e basta.
  2. Ciao! Il mio articolo di ieri, affiliato al Vecchio Carnevale Blogghereccio, tratta di astrologia nei mondi fantasy, con spunti di worldbuilding e di meccaniche, e tabelle casuali per generare il proprio firmamento.

    https://dietroschermo.wordpress.com/2022/05/30/la-logica-degli-astri/

    1. MattoMatteo

      MattoMatteo

      Oh... idea interessante, molto interessante! :thumbsup-old:
      Tra l'altro una cosa del genere viene descritta nel manuale di Eberron.

    2. Bille Boo

      Bille Boo

      @MattoMatteo non lo sapevo... interessante! 🙂

  3. Certo, non darebbe fastidio nemmeno a me, è una cosa di minima importanza. Ho fatto quella precisazione solo per chiarire, con un esempio forse estremo, che pur criticando l'articolo (come in seguito ho fatto) non lo facevo da una posizione opposta. Certamente, concordo: chiarire ai giocatori quali sarebbero le conseguenze di un certo corso d'azione è importantissimo affinché possano prendere decisioni consapevoli. Che è diverso da prendere decisioni al posto loro.
  4. Credo, @Ji ji, che Il punto di The Alexandrian sia che un dungeon (mega o non mega) non è sempre, di per sé, adatto all'open table: bisogna, appunto, adottare alcuni specifici accorgimenti, tra cui ad esempio l'assunzione che a fine sessione il gruppo torni sempre alla base (perché ovviamente, come hai detto, i personaggi non possono cambiare spuntando dal pavimento di una stanza). Quello che hanno detto, mi pare, @bobon123 e @Assalon, e che non ho esperienza sufficiente a confermare ma mi sembra molto ragionevole, è che anche per altri giochi (sia come sistema, es. AW vs D&D, sia come tipo di giocata, es. hexcrawl "West Marches" vs. dungeon) esistono diversi modi per configurare la giocata affinché sia più o meno compatibile con open table. Finché guardiamo "IL megadungeon" come se fosse una cosa monolitica, assoluta, che prescinde dalle procedure di gioco in cui è inserita, sarà molto difficile confrontarsi. Credo che il merito di questi articoli sia proprio che non ha senso chiedersi se il megadungeon sia o non sia adatto all'open table, ma piuttosto come si può fare un megadungeon (o un hexcrawl, o un narrativo) adatto o inadatto all'open table.
  5. Sì, certo, ci mancherebbe. Nulla di grave. L'ho detto solo per sottolineare meglio la mia posizione, per contrasto con quello che dicevo dopo. 🙂
  6. Il titolo del post mi aveva attirato: sono convinto da tempo che "il tuo personaggio non lo farebbe" sia la frase più tossica in assoluto che un GM possa dire, almeno nei giochi di cui mi occupo io, D&D e affini. E per quanto mi riguarda non direi mai a un giocatore neppure "il tuo personaggio sobbalza per la sorpresa". Il contenuto però non è andato nella direzione che mi aspettavo e concordo solo in minima parte con la sua "diagnosi". Per esempio, sono fortemente in disaccordo che la linea di demarcazione sia tra gli stili di gioco "competitivo" e "narrativo", con il primo che tenderebbe a più agency e il secondo a meno agency. Penso che siano due assi indipendenti e che si possa tranquillamente avere un gioco incentrato sulla competizione ma con poca agency, o sulla narrazione ma con molta agency (certo, a seconda di cosa si intende con "narrazione", non raccomanderei D&D e derivati come prima scelta, ma è un altro discorso). Credo anche che sia sbagliato fare confusione tra il voler "raggiungere la conclusione prevista" (cosa, ovviamente, negativa per l'agency) e l'impostare una situazione di gioco con delle premesse chiare (come potrebbe essere l'esempio della sessione che inizia coi PG che inseguono qualcuno: difficile dirlo, troppi dati mancanti). Aspetto comunque l'articolo successivo prima di fare un commento completo.
  7. Se significasse solo questo, allora io gioco open table praticamente da sempre, visto che coi miei gruppi è da sempre usanza trovarci e giocare lo stesso anche se c'è un assente (o addirittura due, se il gruppo è numeroso). Mi è capitato di avere giocatori che si sono dovuti assentare anche per un mese di fila. Per quanto ne so, open table vuol dire anche qualcosina in più, cioè la possibilità di avere frequentemente giocatori occasionali (nel senso che proprio intendono partecipare a una sessione e basta, a prescindere da impegni e imprevisti), di rivolgere il tavolo a una platea molto ampia di persone dalle quali emerge di volta in volta, per ogni sessione, un gruppo diverso.
  8. Altra proposta allora. Facciamo che il VdS può andare da -10 a +10. Tiri sempre 2 d20, di 2 colori diversi: diciamo, bianco e nero; e insieme tiri 1d10+VdS = tiro di Equilibrio. Se il tiro di Equilibrio fa 0 o meno, devi usare il minore dei due d20. Se il tiro di Equilibrio fa 11 o più, devi usare il maggiore dei due d20. Altrimenti, guardi solo il d20 bianco e ignori quello nero.
  9. @bobon123, non ho capito perché dici che richiede più tiri del metodo B, ma forse non ho capito bene il metodo B. Comunque, non basta dire che ognuno ha la sua Posizione o Equilibrio, e quando un personaggio fa qualcosa contro un altro si guarda la differenza tra le loro Posizioni, e la si usa come vantaggio X se è a favore di chi tira o come svantaggio X se è a sfavore di chi tira?
  10. Ti serve davvero una granularità di 20? O ti basta averne una più fitta di quella ternaria di 5e (svantaggio - niente - vantaggio), ma va bene se è, che so, a 7 stadi anziché 20? Edit: provo a farti comunque una proposta a granularità 20. Associa alla parola "vantaggio" un numero da 1 a 10 (dove 10 equivale a vantaggio completo, 5e-like). E a "svantaggio", lo stesso, un numero da 1 a 10 (dove 10 equivale a svantaggio completo, 5e-like). Se il tiro ha vantaggio X, ha una probabilità di X x 10% di avere vantaggio: cioè, lanci un d10, e se è pari o inferiore a X tiri con vantaggio, altrimenti tiri normale. Se il tiro ha svantaggio X, come sopra, col d10, probabilità di X x 10% di avere svantaggio. Se ha sia vantaggio che svantaggio, si elidono a vicenda punto per punto, e vale solo quello che rimane "in vita": ad esempio, vantaggio 5 + svantaggio 3 equivale a vantaggio 2. Se vuoi ricondurti al tuo VdS, lo ottieni come: VdS = 10 - svantaggio + vantaggio Però ti consiglierei di esprimerti in termini di "vantaggio X" e "svantaggio X" il più spesso possibile, lo trovo più intuitivo.
  11. Grazie a tutti e due. Sono buone idee, ci rifletterò su. Per ora ho pensato a queste idee generali: Come nome per la currency ho scelto credito sociale o semplicemente credito (si dice "avere credito", "guadagnare credito" etc.) Varie cose hanno un valore in credito: Reputazione (di un certo tipo presso un certo gruppo sociale) Contatti (PNG amichevoli disposti a servigi occasionali) Gregari (PNG importanti costantemente a disposizione e che seguono anche nelle avventure) Seguaci / servitori (PNG numerosi e poco importanti costantemente a disposizione per lavorare) Affiliazione / carriera (entrare a far parte di gilde, organizzazioni, chiese, governi etc., e salire in gerarchia) Altro (?) Si possono ottenere queste cose come frutto delle avventure, in modo analogo a denaro e oggetti magici. Preferisco questo approccio rispetto a far guadagnare direttamente i crediti astratti. Es. una missione potrebbe avere "in palio": reputazione regionale - sterminatore di giganti (3 c), un "tesoro opzionale" in un'area segreta dello scenario potrebbe essere: contatto - Jix il contrabbandiere goblin (5 c), e così via. Tuttavia, un giocatore può "sciogliere" una relazione o reputazione del suo PG, per accumulare metà del suo valore in credito (equivale a "vendere"). Questo è molto importante. In teoria significa che il sistema non si presta a imporre relazioni sociali non volute dal giocatore. Ma cose come una reputazione negativa potrebbero avere un valore negativo in crediti, cioè il PG deve spendere credito per annullarle, riscattandosi: sarebbe interessante! Analogamente, quando si presentano in-game le condizioni appropriate, un giocatore può spendere credito per stabilire una nuova relazione per il suo PG (equivale a "comprare"). Ovviamente, oltre al costo in credito, ci saranno dei requisiti minimi da soddisfare. Es. parlo con un PNG in città, lo trovo interessante, vorrei trasformarlo in un contatto. Le meccaniche relative alle varie relazioni, inoltre, potrebbero comprendere dei costi in credito per attivarsi. Es. il contatto "Jix il contrabbandiere goblin" può farti attraversare segretamente il confine tra Rhan e Drom se spendi 2 c. Mi piacerebbe se ci fosse almeno un "uso generico" del credito "nudo" (non efficacissimo, ma nemmeno inutile), per quei giocatori che non hanno voglia di ingaggiare le meccaniche più complesse. Vedrò di sperimentarle il prima possibile. Intanto, commenti o altre idee sono benvenuti! 🙂
  12. È interessante qualificarla come "reputazione" (stavo infatti pensando a "fama" come denominazione alternativa - ma reputazione forse è meglio). Da quello che ho capito, nel tuo sistema @bobon123 la si ottiene svolgendo atti in-game che procurano buona considerazione sociale. Quindi, facendo favori, riscuotendo apprezzamento e simili. Ha senz'altro il vantaggio di essere intuitivo. Mi piace molto! Nel tuo sistema mi pare di capire che sia usata soprattutto come risorsa statica, cioè una "stat", che ha un valore e in base a quel valore emana degli effetti. È simile, e si sovrappone in parte, al modo in cui io uso l'atteggiamento stile 3.5 (premuroso / amichevole / indifferente / maldisposto / ostile), per PNG e fazioni. Per i miei scopi mi piacerebbe di più pensarla come una currency, come se fossero "soldi", un conteggio che si accumula e si "spende". Ma è un dettaglio tecnico.
  13. Chi segue questo forum probabilmente sa già di cosa sto parlando in questo articolo e dove andrò a parare, ma lo posto comunque, non si sa mai:

    https://dietroschermo.wordpress.com/2022/05/23/obiettivamente-motivazioni-obiettivi-episodio-1/

  14. Cerco aiuto dai più esperti tra voi per una mia nuova domanda di game design, lunga, contorta e cervellotica. In breve: vorrei inserire nel mio gioco (simile a D&D) una currency sociale, cioè una risorsa spendibile che possa essere utilizzata nelle sfide di interazione sociale e per alcune altre cose, come i seguaci. Il mio dubbio è: come chiamarla, come giustificarla, come farla guadagnare, come farla spendere. Però il diavolo è nei dettagli, cioè nella parte lunga. Dettagli: Sappiamo tutti, credo, che benché D&D annoveri formalmente l'interazione sociale nei suoi "tre pilastri" in realtà le dedica (oserei dire in tutte le edizioni) un supporto meccanico e strutturato decisamente scarso, se non nullo. Persone più in gamba di me hanno studiato il problema e, appoggiandomi a loro, ho sviluppato un sistema per le sfide sociali abbastanza soddisfacente, che uso da un bel po'. Avevo ancora la sensazione che "mancasse qualcosa". Solo col tempo, e discutendo con varie persone, ho capito cos'era: D&D è fondato sul resource management, la gestione delle risorse, e questo mi piace molto, ma nelle sfide sociali quella parte manca (quasi) del tutto. Prima che mi parliate di "combattimento sociale" e dei vari GdR che lo implementano, lasciatemi specificare meglio il mio intento, che forse è un po' diverso. Intanto, non voglio togliere al giocatore l'ultima parola su come far comportare il suo PG, quale corso di azione fargli tenere, quali compromessi accettare eccetera. È importante che il sistema sia asimmetrico da questo punto di vista: è pensato per quando i PG influenzano i PNG, non viceversa. In secondo luogo, non voglio appiattire né "inscatolare" troppo. Voglio preservare il fatto che cosa dire al PNG, e come dirlo, sia il più aperto possibile. Non mi piacerebbero meccaniche in cui c'è un insieme finito di "azioni sociali" con un insieme finito di esiti, e il resto sia solo colore. Non mi piacerebbe che la sfida sociale diventasse un "erodere lo Stress" (o quello che è) del PNG in modo analogo a come il combattimento è "erodere i punti ferita" del nemico: ho già fatto attenzione a preservare un'infinita gamma di sfumature per gli approcci e le conseguenze, anche se ho reso queste ultime progressive (anziché on-off come il classico "tira su Carisma e vedi se lo convinci"). A mio modo di vedere in D&D esistono tre tipi fondamentali di risorse dei PG. Quelle statiche, permanenti, che danno un vantaggio fisso e non si consumano. Esempio: i punteggi di caratteristica, la razza, le competenze, i modificatori di abilità, i talenti eccetera. In genere vengono guadagnate alla creazione del personaggio e poi salendo di livello. Ma ci sono eccezioni, come gli oggetti magici. Quelle rinnovabili, che si consumano ma si possono "ricaricare" abbastanza facilmente. L'esempio classico sono i punti ferita. Ma ci rientrano anche cose come i gradi di affaticamento. Di solito, se perse, si ripristinano con il riposo o con certe magie di facile accesso. Quelle collezionabili, che si accumulano durante le avventure e che si possono spendere ma, in generale, una volta spese non tornano più (vanno accumulate di nuovo). L'esempio classico sono i soldi. Ma anche i consumabili come pozioni, pergamene etc. Costituiscono il bottino delle avventure e talvolta possono essere convertite in altri tipi di risorse. Per esempio, in certe versioni del gioco posso comprare un oggetto magico, trasformando un tot di risorsa collezionabile in una risorsa statica. Nel mio attuale sistema per le sfide sociali, l'unica risorsa che si erode è quella che ho chiamato la Pazienza dell'interlocutore: quando si esaurisce, non vuole più dialogare. La vedo come una sorta di risorsa rinnovabile. È vero che in teoria, una volta "bruciata", non torna più, ma in realtà dopo molto tempo, se si dialoga di nuovo con quel PNG (magari su un altro argomento), avrà verosimilmente una nuova scorta di Pazienza; inoltre, ogni nuova sfida sociale, con un nuovo PNG, resetta questa risorsa. È una risorsa collettiva, "globale", perché è una proprietà del PNG, non individuale del singolo PG. E naturalmente entrano in gioco le risorse statiche dei PG, questo è chiaro: punteggi di caratteristica, abilità eccetera. Stavo pensando che forse, per rendere più D&D-esco il sistema, andrebbe aggiunta qualche altra risorsa a consumo, possibilmente specifica per ogni singolo PG. I miei dubbi sono dal lato meccanico (come farla funzionare?) e dal lato, diciamo, interpretativo (come giustificarla o caratterizzarla in-game?). Le idee che mi sono venute finora sono: Sul fronte delle risorse rinnovabili: Si potrebbe aggiungere la possibilità di "sforzarsi", cioè di stancarsi infliggendosi affaticamento per cercare di rendere una prova sociale più efficace; in effetti, potrebbe essere una possibilità generale per tutte le prove di abilità, anche nell'esplorazione. Come potrebbe funzionare? Sul fronte delle risorse collezionabili: Mi piacerebbe molto se ci fosse una qualche currency: che si accumula durante le avventure (in modo analogo a quanto avviene per i soldi) e che si può spendere (una tantum, proprio come i soldi) in due maniere: (a) per avvantaggiarsi in una singola sfida sociale, o (b) per "comprare" delle feature sociali statiche, come un contatto PNG utile, un gregario, un avanzamento di rango o carriera, un titolo, etc. Come potremmo chiamarla, e descriverla (grossolanamente) in-game? Come potrebbe funzionare il fatto di guadagnarla? Come potrebbe funzionare il suo utilizzo? Eventualmente, come potrebbero funzionare gli effetti delle feature sociali statiche? Mi rendo conto che sia un tema molto complesso. Spero di essermi riuscito a spiegare. Ringrazio chiunque vorrà darmi una mano!
  15. Vado leggermente off-topic, ma sul Manuale del Giocatore 2 e sulla Guida del DM 2 di D&D 3.5 c'erano due sistemi che ho trovato molto carini, anche se un po' troppo dettagliati e crunchy per i gusti moderni (specialmente il primo: il secondo era un po' più leggero).
  16. @Ji ji, evidentemente mi sono spiegato davvero male. O forse non ho capito la tua domanda. Mi stai chiedendo come gestirei un modulo che tu stesso definisci sandbox? Credo di aver detto varie volte che tutti i miei discorsi sull'obiettivo esplicito non si applicano ai sandbox. In quel caso, come dici, la scelta dell'obiettivo (in effetti, delle avventure stesse) è lasciata ai giocatori. Basta che siano tutti consapevoli di ciò e non c'è problema. Suppongo (è un'ipotesi, perché non conosco quel modulo) che mi limiterei a un discorso iniziale del tipo: "Questa sarà una campagna sandbox semovente incentrata su una carovana; i vostri PG devono formare un gruppo che viaggia con la carovana stessa, per il resto spetterà a voi scegliervi di volta in volta gli obiettivi". Se non ci sono altri requisiti perché il modulo funzioni (e con "funzioni" intendo: non costringa il master a ricadere nei famosi punti 1,2,3 che dicevo prima - vedi spoiler) non c'è bisogno di chiarire altro. I miei discorsi si applicano esclusivamente al caso in cui, al tempo zero, il master ha già progettato, o comprato, un'avventura o serie di avventure che non è uno "scenario aperto" e che richiede, per "funzionare" (= per evitare 1,2,3), che i PG siano motivati a raggiungere un certo obiettivo. (Dove, lo ripetiamo, "obiettivo" =/= "spoiler di chi sia il nemico da sconfiggere", in generale). Che il thread si riferisca a questo caso qui, e non al sandbox, mi sembra lampante nel testo iniziale dell'OP: "Devono scoprirlo da soli" è diverso da "devono sceglierlo liberamente": si intende chiaramente che c'è già un obiettivo preciso nella testa del master (magari con molti diversi modi di conseguirlo - e vorrei anche vedere! - ma comunque uno e preciso), ma non si vuole che i giocatori lo sappiano, bensì che tentino di scoprirlo attraverso il gioco. Scoprire, attenzione bene, non "cosa sta per succedere nel mondo", ma qual è l'obiettivo, cioè cosa è previsto, nella testa del master sin dal tempo zero, che i loro PG vogliano fare (non il come, certo; ma lo scopo sì). Forse interpreto male, ma mi è sembrato che anche tu facessi una distinzione simile e molto utile: Sul secondo caso, quello che si conclude con "fate quello che vi pare", non ho assolutamente niente da ridire. Chapeau. Ci giocherei molto volentieri, non vedrei nessuna necessità di chiarimenti extra, e tutti i miei blablabla sugli obiettivi non si applicherebbero. Il mio dubbio era sul primo caso, in cui l'avventura ha un obiettivo preciso e il master lo sa al tempo zero, infatti dichiara che esiste, ma anziché dire ai giocatori quale sia ("questa avventura ha un obiettivo preciso ed è questo:..."), dice loro "cercate di prendere l'esca". "Cercate", quindi potreste non riuscirci. E che cosa è "l'esca", se non un elemento in-game che veicola la stessa informazione (cioè "l'obiettivo è questo")? Non sto criticando. Non voglio fare la predica a nessuno. Tento solo di chiarire quello che stavo dicendo. Altro chiarimento, che forse interessa anche a @KlunK. Quei "punti 1,2,3" non sono un "limite che mi impongo", come qualcuno ha detto. Anche qui evidentemente non sono stato chiaro. Ci riprovo. Il mio pensiero non è "se non chiarisci prima gli obiettivi, allora per forza ricadi sui punti 1,2,3". Se è trasparito così mi sono espresso malissimo. Il mio pensiero è il seguente. Qualora esista, nell'avventura preparata, già al tempo zero, un Qualcosa tale che, se i PG se ne fregassero (ma non è detto che se ne freghino), il master non avrebbe altra scelta che i punti 1,2,3, allora, e solo allora, conviene chiarire quel Qualcosa in modo esplicito già al tempo zero. Non per obbligare i giocatori a seguirlo, ma perché quel Qualcosa oggettivamente costituisce un requisito per la giocata che io, master, ho in mano (un requisito nel senso che, se violato, si può ancora giocare ma è un'altra giocata). E quindi conviene, nell'interesse di tutti, capire il prima possibile se quel requisito ci sta bene o no, proprio come facciamo per tutti gli altri requisiti (esempio banale: l'ambientazione). Se non hai alcuna avventura preparata al tempo zero, perché improvvisi sul momento o perché al tempo zero hai solo uno scenario aperto e aspetti di vedere cosa fanno i giocatori: eccellente, bene così, i miei discorsi non si applicano. Se esamini una certa avventura che hai preparato o comprato, e pensi: "Ah, no problem, anche se i PG se ne fregassero di questo Qualcosa qui, sono sicuro che saprei comunque andare avanti senza ricorrere a nessuno dei punti 1,2,3": eccellente, bene così, i miei discorsi non si applicano (almeno, non a quel Qualcosa). Se invece hai un'avventura preparata o comprata, e pensi: "Beh, se arrivati a questo punto i PG se ne fregassero di questo Qualcosa qui, sarebbe un po' un guaio... ma sono certo che non se ne fregheranno, perché da qui ad allora avrò tutto il tempo di costruire piano piano, senza forzature o anticipazioni, una serie di cose per cui naturalmente saranno portati a interessarsene!", ecco dove i nostri modi di giocare divergono profondamente. Lo dico con il massimo rispetto.
  17. Se è per questo il sistema di gioco, in teoria, non prevede che un bambino possa passare, a prima vista, come qualcosa di diverso da un bambino, a meno che non si camuffi intenzionalmente come tale (così come un PG elfo non può sembrare un umano a meno che il suo giocatore non dica esplicitamente che si traveste da umano, un PG uomo non può sembrare una donna a meno che il suo giocatore non dica esplicitamente che si traveste da donna, e così via). This! Grazie @savaborg! E mi permetto di aggiungere: il modo migliore per "tenere insieme" il gruppo accordandosi fuori dal gioco è accordarsi su un obiettivo comune che il gruppo ha, perché è questo che, generalmente, definisce i gruppi come tali (specie se eterogenei), sia nelle storie che nella realtà. Ti ringrazio perché queste parole così chiare mi avrebbero fatto comodo in un certo altro thread... Giustissimo anche questo, complimenti! Naturalmente, se invece proprio non ci si intende sul piano morale con certi giocatori, a tal punto che come master si inizia a provare disagio nel giocare, c'è sempre l'alternativa di non giocare più con loro.
  18. Non credo che si tratti di "imporre" (non sarebbe una grande idea): credo, al contrario, che si tratti di parlare coi giocatori per capire che tipo di campagna hanno in mente. Quelle che hai detto qui vanno bene come prime mosse di emergenza, di brevissimo termine, ma poi? Qual è il loro obiettivo nel lungo termine?
  19. Ti do un consiglio per una cosa che troverei davvero innovativa, straniante e inquietante, probabilmente perfino troppo. Poi fanne quello che vuoi. Gli zombie parlano. Dicono cose comprensibili di per sé, ma del tutto senza senso e fuori contesto. L'idea è di uscire dallo stereotipo dello zombie bestiale o automa, che si limita a ringhiare/ruggire, o a ripetere poche cantilene strascicate (tipo "cervelli!") con voce sepolcrale. Ma senza andare all'estremo opposto, cioè renderli dei veri e proprio PNG che ragionano e con cui si può ragionare, magari perfino carismatici: non sarebbero più zombie. Pensa invece a un cadavere ambulante che mentre ti si avventa addosso barcollando, gli occhi stralunati, le mani tese, parla con voce perfettamente normale e cordiale di qualcosa che non c'entra nulla, come... non so, il tempo che fa, una ricetta di cucina, i suoi cantanti preferiti, l'ultimo episodio di una serie TV, o un'offerta imperdibile per la tua bolletta luce e gas. A seconda del tavolo, e del tono della giocata, può essere comico, ma secondo me può essere anche molto inquietante, direi addirittura da brividi.
  20. Concordo con @MadLuke che trovare la porta e trovare l'azionamento siano, in generale, due prove separate; le due cose potrebbero perfino essere in due stanze diverse, in casi estremi; concordo anche che possano avere CD diversa. Naturalmente questo vale nel caso in cui i PG abbiano il tempo contato: se invece possono battere palmo a palmo con tutta calma l'intera stanza in cui si trovano la porta e il suo azionamento non starei a differenziare.
  21. In verità non ricordavo questa discussione, l'articolo è molto recente e la fonte di ispirazione è stato il sistema homebrew di @Fantome. Ma ora che l'ho vista riapparire la linkerò sicuramente, se non altro per completezza. Se poi, magari in un nuovo thread, vuoi descrivere il tuo metodo più in dettaglio, linkerò volentieri anche quello.
  22. Visto che il thread (di cui mi ero dimenticato!) è stato resuscitato, ne approfitto per pubblicizzare questo sistemino opzionale che può servire proprio a fare quanto l'OP chiedeva, cioè rendere un po' più oggettive le distanze nel combattimento senza griglia: https://dietroschermo.wordpress.com/2022/05/16/prendiamo-le-distanze/ Ah, bellissimo questo approccio 🙂! Ci ho giocato due intere campagne in D&D 3.5, molti anni fa, quando ero ancora agli inizi. Facevamo battaglie in spazi molto grandi e la griglia disegnata sui fogli non ci bastava mai! Oggi uso una grande battlemat cancellabile a celle esagonali, ma il metro a nastro flessibile ha una praticità davvero unica. Bravo!
  23. Ciao, una rudimentale proposta di un sistema per il combattimento senza griglia né schemi (qualcuno ama chiamarlo "teatro della mente") ma con un minimo di struttura formale, in modo che non sia lasciato tutto sulle spalle del master:

    https://dietroschermo.wordpress.com/2022/05/16/prendiamo-le-distanze/

    1. MattoMatteo

      MattoMatteo

      Non sono del tutto d'accordo con la regola della "Contiguità" (Essere accanto o vicino è “contagioso”; cioè: se A e B sono accanto e B e C sono accanto, allora anche A e C sono accanto. Similmente, se A e B sono vicini e B e C sono vicini, allora anche A e B sono vicini. Questo non vale invece per la lontananza.), perchè essa non tiene presente la possibilità che B si trovi esattamente tra A e C, rendendo questi ultimi due più lontani tra loro di quant non siano da B.

    2. Bille Boo

      Bille Boo

      Ciao @MattoMatteo! Apprezzo molto il commento, ti ringrazio! Sentiti libero di commentare anche direttamente sul blog, se ti torna meglio. 🙂

      Il livello di dettaglio che dici tu, ovviamente, si perde. Un gruppo di persone "vicine" è come se si trovasse in un'unica mega-casella: le loro posizioni reciproche all'interno della mega-casella non sono considerate ai fini del movimento e delle distanze, perché sono al di sotto della risoluzione del sistema.

    3. MattoMatteo

      MattoMatteo

      Cita

      Il livello di dettaglio che dici tu, ovviamente, si perde. Un gruppo di persone "vicine" è come se si trovasse in un'unica mega-casella: le loro posizioni reciproche all'interno della mega-casella non sono considerate ai fini del movimento e delle distanze, perché sono al di sotto della risoluzione del sistema.

      Ah, ok. :thumbsup-old:

  24. Allora, faccio quest'ultimo post e poi taccio per almeno un paio di giorni. Mi rendo conto che sto rischiando di monopolizzare la discussione e non è corretto da parte mia. Ve ne chiedo scusa. Ho fatto il possibile per esprimere il mio punto. Se non sono stato chiaro (come temo, viste le risposte) è colpa anche del fatto che discutere di queste cose in astratto spesso è davvero difficile. Secondo me, se giocassi un'avventura di D&D con voi (@Minsc, @Calabar, @KlunK e altri) ci intenderemmo molto più chiaramente. Spero di averne l'occasione, un giorno o l'altro in futuro. Quindi ha senz'altro ragione @bobon123 quando parla di problemi di comunicazione e dell'aspetto quantitativo. Mi scuso se sono apparso, senza volerlo, massimalista. Anche se, in riferimento alla sua conclusione, mi sento di dirgli che io, pur essendo tutt'altro che un principiante, più vado avanti e più della chiarezza degli obiettivi sento il bisogno e vedo il valore. Anzi, penso che farebbe un gran bene più a certi veterani che ai principianti (e non è un riferimento a nessun presente in questa discussione). Ma è proprio la parte cruciale 😁. Il resto serve solo a contestualizzarla. Cambia molto, invece. Anche perché, sennò, come mai l'idea di esplicitare susciterebbe tutte queste reazioni? Se tanto in fondo cambia poco, che importa? Ho playtestato quel modulo con 4 gruppi diversi, sempre di gente che non conoscevo, una volta cambiando pure il sistema di gioco. Non ricordo una sola sessione in cui i giocatori non abbiano tirato fuori idee originali che non avevo previsto e che hanno portato a conseguenze anche molto inaspettate. Segno che il chiarimento sull'obiettivo lascia comunque tutto lo spazio del mondo per le sorprese. No, l'alternativa non è far andare le cose a ramengo. L'alternativa è un rischio (molto piccolo) che le cose vadano a ramengo e un rischio (non certo enorme, ma già meno piccolo) che le cose vadano in modo poco soddisfacente, dato che ai giocatori viene negata l'opportunità di pensare sin dall'inizio un personaggio che sia pienamente adatto a quello scenario (non dal punto di vista della build ma delle motivazioni, del carattere, dei legami, delle aspirazioni e così via). Il punto è che sono entrambi rischi evitabili e non compensati, di contro, da alcun apprezzabile beneficio. La cosa ironica è che per tutto il resto, tranne l'obiettivo, accettiamo tranquillamente che questo tipo di chiarimento al tempo zero esista, e non ci sembra né "mania del controllo" né railroad, ma solo uno sforzo condiviso per assicurare che giochiamo allo stesso gioco e non ognuno al proprio. Per esempio, se voglio fare una giocata ambientata a Westeros dirò che accetto solo umani, solo classi no magic o low magic, e magari perfino solo appartenenti a uno specifico elenco di casate nobiliari. E questo ci va bene, ci sembra normale. Se uno arrivasse avendo come PG una sorta di Goku, o una sorta di Luke Skywalker con la spada laser, non sarebbe adatto a quella giocata (non è che non sarebbe un bel personaggio: sarebbe uno splendido personaggio, ma non adatto a quella giocata), quindi i casi sarebbero due: o cambiamo quel personaggio, o giochiamo a una cosa diversa. Certo, potremmo "prenderci il rischio" e "giocarcela": non anticipiamo nulla sull'ambientazione, dai! I giocatori si presentano al tavolo con PG assortiti come viene, e poi qualcosa verrà fuori. Perché non uscire dalla "comfort-zone" e "cogliere questa sfida"? Guardate che si può fare, eh. Di sicuro è pure divertente, per una volta, giocare con Jessica Fletcher, Kung Fu Panda, Hermione Granger e Aragorn nello stesso gruppo. Se è quello che vogliamo fare. Altre volte però (la stragrande maggioranza delle volte) ci mettiamo d'accordo su un'ambientazione coerente e su certe tipologie di personaggio che vi si adattano, perché abbiamo imparato che questo ci dà probabilità molto migliori di avere una giocata che abbia un senso comune e sia soddisfacente per tutti. E lo accettiamo. Non ci lamentiamo che "crea aspettative che condizionano il gioco" (eppure lo fa). Non ci lamentiamo che è un "patto offgame vincolante" (eppure lo è). Perché sappiamo che giocare a Westeros avendo tutti dei personaggi di Westeros tende a generare giocate migliori rispetto al pot pourri casuale. Ebbene, allo stesso modo, giocare uno scenario di indagine su un omicidio avendo tutti dei personaggi intesi a indagare sull'omicidio produce giocate migliori rispetto a un mix di scopi e motivazioni del tutto casuale. Banalmente perché la parte divertente non è scoprire se i PG sono coinvolti nell'indagine, ma scoprire se, e come, riescono a risolverla. E in realtà sappiamo già anche questo, infatti (come tu confermi, e come confermano i discorsi detti prima da altri sul "cercare di prendere l'esca", "seguire la corrente" eccetera) sotto sotto ci rendiamo benissimo conto che la rivelazione dell'omicidio, in pratica, implica che i giocatori abbiano il compito di coinvolgere i loro PG in quella faccenda, e/o che (specialmente nel caso delle campagne lunghe) il master abbia il compito di fare in modo che siano coinvolti. Questo thread ha mostrato un'ampia panoramica di cose, di "manovre", che vengono fatte abitualmente per ottenere ciò (sfruttare le "leve" che si sono create nella parte precedente della giocata per "collegarsi al proseguo", costruire sui background, eccetera), e che quando funzionano (e ammetto che perlopiù funzionano) svolgono la stessa funzione della chiarezza esplicita. Solo che lo fanno peggio e con la necessità di un'attenzione costante, anche per la volontà di non interferire con la "percezione" di libertà dei giocatori (pure questo è stato detto). Avendo io giocato per molti anni senza alcuna chiarezza sugli obiettivi, ti posso dire che introdurla è stata per me una liberazione proprio perché ha significato abbandonare la "mania del controllo" (se a qualcuno interessa l'ho anche raccontato). È tutto il contrario, quindi, del giudizio molto severo che hai dato di me. (E, ribadisco: chiarire gli obiettivi =/= rivelare cosa succederà o chi sia il cattivo.) (L'idea, poi, che io voglia che le situazioni siano "annunciate in anticipo", perché ho paura che qualcosa di inaspettato "mi dia noia" o "mi metta ansia", è totalmente infondata.) Aggiungo: io ho giocato per anni senza chiarezza degli obiettivi e ho imparato molto, anche se ora non lo farei più. Voi, che legittimamente argomentate contro di essa, avete mai provato ad usarla? Avete mai giocato almeno un'avventura o campagna da giocatori, e una da master, in cui veniva seriamente usata?
  25. È curioso perché la dichiarazione degli obiettivi io la faccio, e la raccomando, proprio per evitare il railroad, che invece mi sembra molto ben esemplificato nel tipo di gioco che hai descritto qualche commento fa. Lo scopo non è garantire la coesione del gruppo (ho detto che va benissimo un gruppo non coeso, basta che sia una scelta e non una cosa in cui uno si trova suo malgrado), è garantire che il master non debba usare le "leve" e intrecciare i background e fare altre cose dietro le quinte per tenere insieme i PG e la sua preparazione. Poi è chiaro che è difficile farlo per una campagna da 15 livelli, ma in quel caso, proprio perché le cose cambiano e si evolvono eccetera, sconsiglierei proprio di preparare al tempo zero l'intero arco narrativo principale da 15 livelli; non di prepararlo ma non dire di che si tratta ai giocatori.
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