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Bille Boo

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Tutti i contenuti di Bille Boo

  1. Perché avere una meccanica per dare un valore quantitativo alle cose permette ai giocatori di valutarle meglio, di confrontarle meglio tra loro, di fare scelte più significative perché ci sono trade off espliciti. E permette allo sviluppatore, o al master, di agganciarci delle funzionalità dedicate. Con questo sistema, in cui il credito sociale è una valuta, si crea un rapporto, indiretto, di causa-effetto tra il rinunciare a certe relazioni positive ("venderle") e poter acquisire ("comprare") altre relazioni positive, o alleviare quelle negative. La gestione delle relazioni viene quindi ricondotta al resource management che è uno dei fondamenti "naturali" di D&D. Facendo solo come dici tu, non ci sarebbe ragione di non provare a trasformare in amici o gregari tutti i PNG favorevoli o potenzialmente utili, di non provare a togliersi qualunque cattiva reputazione, di non provare a farsi qualunque buona nomea ci venga in mente. Perché ognuna di queste cose diventa un'impresa indipendente. Inoltre il master non avrebbe strumenti oggettivi per valutare queste imprese e trasformarle in conseguenze concrete. In questo modo, invece, c'è più controllo e chiarezza per tutti.
  2. Probabilmente mi sono spiegato male. Liberarsi dalla cattiva reputazione ha anche un costo in credito ma questo non significa che non siano richieste delle azioni specifiche in-game, del personaggio, per attuare la cosa. Esattamente come acquisire un nuovo contatto non richiede solo di spendere credito ma anche di intraprendere delle attività opportune e soddisfare dei requisiti opportuni. Anzi, preferisco decisamente che queste azioni in-game rimangano non specificate e possano adattarsi alla specifica situazione, anziché ridursi tutte a un rituale / una preghiera una divinità, che alla lunga sarebbe monotono.
  3. Ho letto, mi sembra piuttosto carino e interessante. Francamente mi sembra che la gran parte del contenuto si possa trasporre da 3.5 a 5 così com'è. Elementi di base I sortilegi sono magie analoghe a incantesimi, ma che non usano slot e possono quindi essere usate anche da non incantatori. Per compensare questo hanno pesanti rischi e svantaggi (che dovrebbero essere strutturati in modo da impedire che si possano "spammare"). Sono molto più specifici degli incantesimi. (si traspone in 5e così com'è) Consumano molto tempo. (si traspone in 5e così com'è) Il successo non è assicurato e, in caso di fallimento, di solito succede qualcosa di molto brutto (vedi sotto). (questo può richiedere qualche attenzione) Spesso sono costosi, incluso un costo in PE. (non si traspone bene in 5e, vedi sotto per la mia proposta) A volte richiedono ulteriori partecipanti. (si traspone in 5e così com'è) A volte richiedono specifiche condizioni di contesto. (si traspone in 5e così com'è) Scoprire / conoscere un sortilegio Sinceramente io non consiglierei di richiedere prove a questo scopo: se i PG parlano con la persona giusta, o trovano il giusto libro, o altro del genere, apprendono il sortilegio e basta. Se però si vuole seguire la strada indicata nel link, quindi una prova per trovare la trascrizione in una biblioteca più fornita, e una prova per conoscere semplicemente l'esistenza del sortilegio, raccomanderei che la prima sia a CD-5 e la seconda a CD-10 (anziché CD-10 e CD-15), perché 5e ha numeri più compatti. Lanciare un sortilegio Si possono tenere grossomodo le stesse regole. Servono varie prove, da compiersi in qualsiasi ordine. Ogni prova richiede 10 minuti. Con un fallimento non succede niente di male ma con 2 fallimenti il rituale fallisce. Per ogni round in cui ci si interrompe per fare altro le CD successive aumentano di +1. Suggerirei di mettere un limite temporale alle interruzioni (es. se l'interruzione eccede 1 minuto conta come una prova fallita). Suggerirei anche di considerare di strutturare il tutto in una più generica meccanica "devi ottenere almeno X successi prima di Y fallimenti", dove Y generalmente è 2. Suggerirei di non permettere mai di prendere 10 (se si usa il prendere 10, che in 5e non esisterebbe ma che io raccomando). Nel link dice di non permetterlo solo quando c'è una componente backlash. Ma secondo me il rischio di fallimento ed effetti indesiderati è di per sé qualcosa che rende la situazione incerta e impedisce di prendere 10. Un sortilegio in cui tutte le prove sono sicuramente superate prendendo 10 per me è noioso. Componenti Partecipanti secondari. (si traspone in 5e così com'è) Se sono necessari, il loro contributo non conta come aiutare. Possono compiere prove al posto del partecipante primario solo se non sono di Arcano (boh, perché?). Backlash. Costo in punti ferita o condizioni, si traspone in 5e così com'è avendo solo l'accortezza di aggiustare i numeri; i livelli negativi potrebbero essere resi come livelli di esaustione. Xp. Molti dei sortilegi nel link hanno costi in PE che non sono adatti a 5e. Io li sostituirei con il bisogno di sacrificare un oggetto magico di una certa categoria. (In certi casi potrebbe essere possibile, anziché pagare questo costo, spendere un materiale particolarmente raro e difficile da trovare, oppure... beh, sacrificare anime o persone, per i rituali più abietti.) Come determinare la categoria? A spanne (ma non sono un grande esperto di 5e) ti direi: 9 PE o meno: Common da 10 a 59 PE: Uncommon da 60 a 299 PE: Rare da 300 a 999 PE: Very Rare da 1000 PE in su: Legendary Effetti collaterali in caso di fallimento Attack: appare una creatura ostile di una certa specie o un certo grado di sfida. (si traspone in 5e senza problemi, ovviamente può essere necessario scegliere una creatura più adatta) Augment: rinforza il bersaglio anziché indebolirlo (praticamente un rename di Mirrorcast per gli effetti offensivi). (si traspone in 5e senza problemi) Betrayal: cambio di allineamento, decisamente sconsigliato da parte mia quando coinvolge i PG perché recitazionista (l'allineamento dovrebbe essere descrittivo e non prescrittivo), consiglierei di escludere questa conseguenza sostituendola con un'altra Damage: qualcuno subisce danni. (si traspone in 5e senza problemi, basta ricalibrarli un po') Death: qualcuno muore sul colpo, può essere concesso un tiro salvezza. (si traspone in 5e senza problemi, basta ricalibrare la CD del tiro salvezza) Delusion: sembra che abbia avuto effetto ma non è vero, o ha fatto qualcosa di diverso. (si traspone in 5e senza problemi) Falsehood: fornisce informazioni false (praticamente una variante di Mirrorcast per le divinazioni). (si traspone in 5e senza problemi) Hostile spell: si manifesta contro l'incantatore un certo incantesimo offensivo. (si traspone in 5e senza problemi, basta usare la versione 5e dell'incantesimo) Mirrorcast: effetto contrario. (si traspone in 5e senza problemi) Reversal: affligge l'incantatore anziché il bersaglio. (si traspone in 5e senza problemi) Singoli sortilegi Secondo me il percorso più ragionevole per adattarne uno è questo: Cercare l'incantesimo 3.5 più vicino al suo effetto 3.5, e andare a guardare come quell'incantesimo è stato reso in 5e, usandolo come punto di partenza per la versione 5e del sortilegio. Abbassare tutte le CD di 4 o 5 punti, considerando che in 5e i numeri sono in generale più bassi. Edit: anche il numero di prove, secondo me, andrebbe rivisto, considerato che non si può prendere 10 (e che troppi tiri di dado uguali sono noiosi); quando per fallire bastano 2 prove andate male (caso standard) non richiederei più di 6 successi per farlo riuscire, salvo eccezioni.
  4. Grazie per la risposta! Interessante, ma un po' fuori tema, un po' troppo specifica. Il credito è una misura del proprio credito sociale, appunto, della propria capacità di "riscuotere" influenza sociale sul mondo circostante. Può essere immaginato come un mix imprecisato di fama, magnetismo personale, sicurezza di sé, convinzione di essere meritevoli (o percezione del prossimo che tu sia meritevole), eccetera, un po' come i punti ferita possono essere immaginati in tanti modi diversi. Mi preme che la meccanica sia il più possibile generica, non ancorata a specifiche entità dell'ambientazione. L'idea di poter spendere 1 credito per un vantaggio a una singola prova sociale è abbastanza buona, e penso che andrò con qualcosa del genere, se non trovo di meglio.
  5. Le regole 3.5 in materia sono consultabili online da qualche parte?
  6. @D8r_Wolfman, guarda che io non parlavo di reskin e refluff, parlavo proprio del fatto che certe cose, per quanto scritte sul manuale, non sono obblighi ma solo esempi, informazioni di contesto valide in generale ma che non vincolano il giocatore singolo. Questo si capisce chiaramente dal fatto che non c'è una meccanica che li rende vincolanti. A me, come master, questa informazione non dà assolutamente niente di utile. Non mi dà nemmeno fastidio, eh, sia chiaro, ma ho imparato che non aggiunge niente al mio gioco e nella maggior parte dei casi la ignoro e basta. A te che cosa dà di utile? Sapresti farmi un esempio concreto di una situazione di gioco, al tavolo, in cui il fatto che ti sia stato detto che quel PG si era perso nella foresta e aveva imparato a vivere come un animale farebbe una qualche differenza rilevante? Posso dirlo? Io, invece, trovo quantomeno sgradevole questo tipo di affermazione, "che in un gioco di ruolo il ruolo possa non piacere". Predefinire (e illustrare agli altri, in particolare al master) un'idea del personaggio con una determinata storia e personalità, cercando poi, mentre si gioca, di interpretare quella, non è l'unica concezione possibile del ruolare. Chi non fa questo non è una persona a cui non piace il ruolo nel gioco di ruolo: è solo una persona che non adotta questa modalità, diciamo, attoriale per realizzarlo. Ho chiamato questa fallacia recitazionismo.
  7. Nemmeno io ho seguito la discussione originaria, quando ho tempo la recupero, ma per ora mi sento di dirti che con questo: sono tendenzialmente in disaccordo. Ovviamente può andare come descrivi, ma non penso che sia un requisito strutturale del gioco, e neppure una componente necessaria del gioco di ruolo con ruolo in neretto. Intanto, la separazione tra classe e background, cioè il fatto che possano esistere membri della stessa classe con un passato, una "origin story" e un inquadramento sociale anche molto diversi, è un dato ormai acquisito da D&D da molti anni in modo solido. Lo certifica il fatto che in 5e il background, inteso come meccanica omonima, sia appunto una scelta indipendente dalla classe. Ma soprattutto, da master, ho imparato da tempo a non porre nessun vincolo a "come ruolano" i miei giocatori. Per me la backstory del PG ha un'importanza molto limitata (tendente a zero): il PG è quello che effettivamente si dimostra essere al tavolo, quando viene giocato. È una cosa di cui prendo atto: non cerco di controllarla, né di metterla in qualche modo a confronto con le sue meccaniche per stabilire se sia valida o no. Se in gioco, al tavolo, il tuo PG si comporta da bruto selvaggio che si affida solo alle proprie forze, prendo atto che è un bruto selvaggio che si affida solo alle proprie forze. Se si comporta così e ha la classe di paladino, prendo atto che è un paladino bruto selvaggio che si affida solo alle proprie forze. Prendo atto, appunto: la realtà immaginata è quella, non ho interesse a mettermi a discuterla, a stabilire se sia valida o no, se sia migliore o peggiore di un'altra. Con questo non voglio dire tu sbagli a farti delle domande su come e perché il tuo PG sia diventato barbaro o paladino, su come e perché il tuo barbaro diventi paladino, o su come e perché il tuo paladino diventi barbaro. È il tuo modo di giocare e lo rispetto. So che molte persone hanno un approccio al ruolare che consiste nell'ideare a priori un personaggio, con una storia, una personalità, un'identità precisa, e al tavolo cercare di interpretare in modo coerente con quell'idea. Siccome non intervengo su come i giocatori ruolano, li lascio liberi di adottare, se vogliono, anche quell'approccio lì: non lo condanno. Ma non penso che sia necessario né che sia l'unico giusto. Allora perché la descrizione "fluff" delle classi? (O delle razze, o delle culture del mondo di gioco... eccetera.) Per me ha due scopi. Primo, fornire spunti di ispirazione alle persone che, legittimamente, seguono l'approccio che dicevo prima. Non sono obblighi, però. Secondo, informare su come funziona generalmente il mondo di gioco. Non è un'informazione inutile, anzi, è molto importante. Se diciamo che i barbari sono selvaggi cresciuti fuori dalla civiltà... anzi, lo dico meglio (dato che "barbaro" è solo un termine tecnico del manuale ma le persone in-game non sanno cosa sia una classe): se diciamo che determinate capacità, come il cadere in preda a un'ira distruttiva, difendersi efficacemente senza armatura, prevedere istintivamente i pericoli e reagire velocemente ad essi, etc., sono associate a selvaggi cresciuti fuori dalla civiltà, stiamo dichiarando che quello è il funzionamento standard del nostro mondo, il suo default. Quindi, da un lato creiamo nei giocatori certe aspettative (se descriviamo, da master, un gruppo di bruti selvaggi vestiti di rozze pelli con asce bipenni, i giocatori tenderanno ad aspettarsi che abbiano quella serie di capacità). Dall'altro lato rendiamo chiaro che un personaggio che abbia quelle capacità ma sia cresciuto nella bambagia in una villa borghese di una grande e tranquilla città è atipico, e potrebbe, per esempio, suscitare reazioni sorprese da parte di PNG. Quest'ultimo punto, forse, si capisce meglio con le razze. Se dico che i nani sono testardi, onorevoli, attaccati alle tradizioni e orgogliosi, un giocatore che interpreti un nano non avrà alcun obbligo a farlo comportare secondo quelle qualità. Però, di fronte a un generico nano, i giocatori tenderanno comunque ad aspettarsi (salvo prova contraria) che le abbia. E se un PG nano si comportasse in modo volubile, disonorevole, contrario a qualunque tradizione, e disposto a umiliarsi, qualche PNG (specialmente se a sua volta nano) potrebbe dirgli cose come: "Sei la vergogna della tua razza, Glork!". Ma io da master non penserei che il giocatore sbagli qualcosa, e non cercherei di fargli cambiare il PG; non gli chiederei neppure di spiegarmi perché il suo nano è così diverso dal tipico nano, ne prenderei atto e basta.
  8. Ciao! Il mio articolo di ieri, affiliato al Vecchio Carnevale Blogghereccio, tratta di astrologia nei mondi fantasy, con spunti di worldbuilding e di meccaniche, e tabelle casuali per generare il proprio firmamento.

    https://dietroschermo.wordpress.com/2022/05/30/la-logica-degli-astri/

    1. MattoMatteo

      MattoMatteo

      Oh... idea interessante, molto interessante! :thumbsup-old:
      Tra l'altro una cosa del genere viene descritta nel manuale di Eberron.

    2. Bille Boo

      Bille Boo

      @MattoMatteo non lo sapevo... interessante! 🙂

  9. Certo, non darebbe fastidio nemmeno a me, è una cosa di minima importanza. Ho fatto quella precisazione solo per chiarire, con un esempio forse estremo, che pur criticando l'articolo (come in seguito ho fatto) non lo facevo da una posizione opposta. Certamente, concordo: chiarire ai giocatori quali sarebbero le conseguenze di un certo corso d'azione è importantissimo affinché possano prendere decisioni consapevoli. Che è diverso da prendere decisioni al posto loro.
  10. Credo, @Ji ji, che Il punto di The Alexandrian sia che un dungeon (mega o non mega) non è sempre, di per sé, adatto all'open table: bisogna, appunto, adottare alcuni specifici accorgimenti, tra cui ad esempio l'assunzione che a fine sessione il gruppo torni sempre alla base (perché ovviamente, come hai detto, i personaggi non possono cambiare spuntando dal pavimento di una stanza). Quello che hanno detto, mi pare, @bobon123 e @Assalon, e che non ho esperienza sufficiente a confermare ma mi sembra molto ragionevole, è che anche per altri giochi (sia come sistema, es. AW vs D&D, sia come tipo di giocata, es. hexcrawl "West Marches" vs. dungeon) esistono diversi modi per configurare la giocata affinché sia più o meno compatibile con open table. Finché guardiamo "IL megadungeon" come se fosse una cosa monolitica, assoluta, che prescinde dalle procedure di gioco in cui è inserita, sarà molto difficile confrontarsi. Credo che il merito di questi articoli sia proprio che non ha senso chiedersi se il megadungeon sia o non sia adatto all'open table, ma piuttosto come si può fare un megadungeon (o un hexcrawl, o un narrativo) adatto o inadatto all'open table.
  11. Sì, certo, ci mancherebbe. Nulla di grave. L'ho detto solo per sottolineare meglio la mia posizione, per contrasto con quello che dicevo dopo. 🙂
  12. Il titolo del post mi aveva attirato: sono convinto da tempo che "il tuo personaggio non lo farebbe" sia la frase più tossica in assoluto che un GM possa dire, almeno nei giochi di cui mi occupo io, D&D e affini. E per quanto mi riguarda non direi mai a un giocatore neppure "il tuo personaggio sobbalza per la sorpresa". Il contenuto però non è andato nella direzione che mi aspettavo e concordo solo in minima parte con la sua "diagnosi". Per esempio, sono fortemente in disaccordo che la linea di demarcazione sia tra gli stili di gioco "competitivo" e "narrativo", con il primo che tenderebbe a più agency e il secondo a meno agency. Penso che siano due assi indipendenti e che si possa tranquillamente avere un gioco incentrato sulla competizione ma con poca agency, o sulla narrazione ma con molta agency (certo, a seconda di cosa si intende con "narrazione", non raccomanderei D&D e derivati come prima scelta, ma è un altro discorso). Credo anche che sia sbagliato fare confusione tra il voler "raggiungere la conclusione prevista" (cosa, ovviamente, negativa per l'agency) e l'impostare una situazione di gioco con delle premesse chiare (come potrebbe essere l'esempio della sessione che inizia coi PG che inseguono qualcuno: difficile dirlo, troppi dati mancanti). Aspetto comunque l'articolo successivo prima di fare un commento completo.
  13. Se significasse solo questo, allora io gioco open table praticamente da sempre, visto che coi miei gruppi è da sempre usanza trovarci e giocare lo stesso anche se c'è un assente (o addirittura due, se il gruppo è numeroso). Mi è capitato di avere giocatori che si sono dovuti assentare anche per un mese di fila. Per quanto ne so, open table vuol dire anche qualcosina in più, cioè la possibilità di avere frequentemente giocatori occasionali (nel senso che proprio intendono partecipare a una sessione e basta, a prescindere da impegni e imprevisti), di rivolgere il tavolo a una platea molto ampia di persone dalle quali emerge di volta in volta, per ogni sessione, un gruppo diverso.
  14. Altra proposta allora. Facciamo che il VdS può andare da -10 a +10. Tiri sempre 2 d20, di 2 colori diversi: diciamo, bianco e nero; e insieme tiri 1d10+VdS = tiro di Equilibrio. Se il tiro di Equilibrio fa 0 o meno, devi usare il minore dei due d20. Se il tiro di Equilibrio fa 11 o più, devi usare il maggiore dei due d20. Altrimenti, guardi solo il d20 bianco e ignori quello nero.
  15. @bobon123, non ho capito perché dici che richiede più tiri del metodo B, ma forse non ho capito bene il metodo B. Comunque, non basta dire che ognuno ha la sua Posizione o Equilibrio, e quando un personaggio fa qualcosa contro un altro si guarda la differenza tra le loro Posizioni, e la si usa come vantaggio X se è a favore di chi tira o come svantaggio X se è a sfavore di chi tira?
  16. Ti serve davvero una granularità di 20? O ti basta averne una più fitta di quella ternaria di 5e (svantaggio - niente - vantaggio), ma va bene se è, che so, a 7 stadi anziché 20? Edit: provo a farti comunque una proposta a granularità 20. Associa alla parola "vantaggio" un numero da 1 a 10 (dove 10 equivale a vantaggio completo, 5e-like). E a "svantaggio", lo stesso, un numero da 1 a 10 (dove 10 equivale a svantaggio completo, 5e-like). Se il tiro ha vantaggio X, ha una probabilità di X x 10% di avere vantaggio: cioè, lanci un d10, e se è pari o inferiore a X tiri con vantaggio, altrimenti tiri normale. Se il tiro ha svantaggio X, come sopra, col d10, probabilità di X x 10% di avere svantaggio. Se ha sia vantaggio che svantaggio, si elidono a vicenda punto per punto, e vale solo quello che rimane "in vita": ad esempio, vantaggio 5 + svantaggio 3 equivale a vantaggio 2. Se vuoi ricondurti al tuo VdS, lo ottieni come: VdS = 10 - svantaggio + vantaggio Però ti consiglierei di esprimerti in termini di "vantaggio X" e "svantaggio X" il più spesso possibile, lo trovo più intuitivo.
  17. Grazie a tutti e due. Sono buone idee, ci rifletterò su. Per ora ho pensato a queste idee generali: Come nome per la currency ho scelto credito sociale o semplicemente credito (si dice "avere credito", "guadagnare credito" etc.) Varie cose hanno un valore in credito: Reputazione (di un certo tipo presso un certo gruppo sociale) Contatti (PNG amichevoli disposti a servigi occasionali) Gregari (PNG importanti costantemente a disposizione e che seguono anche nelle avventure) Seguaci / servitori (PNG numerosi e poco importanti costantemente a disposizione per lavorare) Affiliazione / carriera (entrare a far parte di gilde, organizzazioni, chiese, governi etc., e salire in gerarchia) Altro (?) Si possono ottenere queste cose come frutto delle avventure, in modo analogo a denaro e oggetti magici. Preferisco questo approccio rispetto a far guadagnare direttamente i crediti astratti. Es. una missione potrebbe avere "in palio": reputazione regionale - sterminatore di giganti (3 c), un "tesoro opzionale" in un'area segreta dello scenario potrebbe essere: contatto - Jix il contrabbandiere goblin (5 c), e così via. Tuttavia, un giocatore può "sciogliere" una relazione o reputazione del suo PG, per accumulare metà del suo valore in credito (equivale a "vendere"). Questo è molto importante. In teoria significa che il sistema non si presta a imporre relazioni sociali non volute dal giocatore. Ma cose come una reputazione negativa potrebbero avere un valore negativo in crediti, cioè il PG deve spendere credito per annullarle, riscattandosi: sarebbe interessante! Analogamente, quando si presentano in-game le condizioni appropriate, un giocatore può spendere credito per stabilire una nuova relazione per il suo PG (equivale a "comprare"). Ovviamente, oltre al costo in credito, ci saranno dei requisiti minimi da soddisfare. Es. parlo con un PNG in città, lo trovo interessante, vorrei trasformarlo in un contatto. Le meccaniche relative alle varie relazioni, inoltre, potrebbero comprendere dei costi in credito per attivarsi. Es. il contatto "Jix il contrabbandiere goblin" può farti attraversare segretamente il confine tra Rhan e Drom se spendi 2 c. Mi piacerebbe se ci fosse almeno un "uso generico" del credito "nudo" (non efficacissimo, ma nemmeno inutile), per quei giocatori che non hanno voglia di ingaggiare le meccaniche più complesse. Vedrò di sperimentarle il prima possibile. Intanto, commenti o altre idee sono benvenuti! 🙂
  18. È interessante qualificarla come "reputazione" (stavo infatti pensando a "fama" come denominazione alternativa - ma reputazione forse è meglio). Da quello che ho capito, nel tuo sistema @bobon123 la si ottiene svolgendo atti in-game che procurano buona considerazione sociale. Quindi, facendo favori, riscuotendo apprezzamento e simili. Ha senz'altro il vantaggio di essere intuitivo. Mi piace molto! Nel tuo sistema mi pare di capire che sia usata soprattutto come risorsa statica, cioè una "stat", che ha un valore e in base a quel valore emana degli effetti. È simile, e si sovrappone in parte, al modo in cui io uso l'atteggiamento stile 3.5 (premuroso / amichevole / indifferente / maldisposto / ostile), per PNG e fazioni. Per i miei scopi mi piacerebbe di più pensarla come una currency, come se fossero "soldi", un conteggio che si accumula e si "spende". Ma è un dettaglio tecnico.
  19. Chi segue questo forum probabilmente sa già di cosa sto parlando in questo articolo e dove andrò a parare, ma lo posto comunque, non si sa mai:

    https://dietroschermo.wordpress.com/2022/05/23/obiettivamente-motivazioni-obiettivi-episodio-1/

  20. Cerco aiuto dai più esperti tra voi per una mia nuova domanda di game design, lunga, contorta e cervellotica. In breve: vorrei inserire nel mio gioco (simile a D&D) una currency sociale, cioè una risorsa spendibile che possa essere utilizzata nelle sfide di interazione sociale e per alcune altre cose, come i seguaci. Il mio dubbio è: come chiamarla, come giustificarla, come farla guadagnare, come farla spendere. Però il diavolo è nei dettagli, cioè nella parte lunga. Dettagli: Sappiamo tutti, credo, che benché D&D annoveri formalmente l'interazione sociale nei suoi "tre pilastri" in realtà le dedica (oserei dire in tutte le edizioni) un supporto meccanico e strutturato decisamente scarso, se non nullo. Persone più in gamba di me hanno studiato il problema e, appoggiandomi a loro, ho sviluppato un sistema per le sfide sociali abbastanza soddisfacente, che uso da un bel po'. Avevo ancora la sensazione che "mancasse qualcosa". Solo col tempo, e discutendo con varie persone, ho capito cos'era: D&D è fondato sul resource management, la gestione delle risorse, e questo mi piace molto, ma nelle sfide sociali quella parte manca (quasi) del tutto. Prima che mi parliate di "combattimento sociale" e dei vari GdR che lo implementano, lasciatemi specificare meglio il mio intento, che forse è un po' diverso. Intanto, non voglio togliere al giocatore l'ultima parola su come far comportare il suo PG, quale corso di azione fargli tenere, quali compromessi accettare eccetera. È importante che il sistema sia asimmetrico da questo punto di vista: è pensato per quando i PG influenzano i PNG, non viceversa. In secondo luogo, non voglio appiattire né "inscatolare" troppo. Voglio preservare il fatto che cosa dire al PNG, e come dirlo, sia il più aperto possibile. Non mi piacerebbero meccaniche in cui c'è un insieme finito di "azioni sociali" con un insieme finito di esiti, e il resto sia solo colore. Non mi piacerebbe che la sfida sociale diventasse un "erodere lo Stress" (o quello che è) del PNG in modo analogo a come il combattimento è "erodere i punti ferita" del nemico: ho già fatto attenzione a preservare un'infinita gamma di sfumature per gli approcci e le conseguenze, anche se ho reso queste ultime progressive (anziché on-off come il classico "tira su Carisma e vedi se lo convinci"). A mio modo di vedere in D&D esistono tre tipi fondamentali di risorse dei PG. Quelle statiche, permanenti, che danno un vantaggio fisso e non si consumano. Esempio: i punteggi di caratteristica, la razza, le competenze, i modificatori di abilità, i talenti eccetera. In genere vengono guadagnate alla creazione del personaggio e poi salendo di livello. Ma ci sono eccezioni, come gli oggetti magici. Quelle rinnovabili, che si consumano ma si possono "ricaricare" abbastanza facilmente. L'esempio classico sono i punti ferita. Ma ci rientrano anche cose come i gradi di affaticamento. Di solito, se perse, si ripristinano con il riposo o con certe magie di facile accesso. Quelle collezionabili, che si accumulano durante le avventure e che si possono spendere ma, in generale, una volta spese non tornano più (vanno accumulate di nuovo). L'esempio classico sono i soldi. Ma anche i consumabili come pozioni, pergamene etc. Costituiscono il bottino delle avventure e talvolta possono essere convertite in altri tipi di risorse. Per esempio, in certe versioni del gioco posso comprare un oggetto magico, trasformando un tot di risorsa collezionabile in una risorsa statica. Nel mio attuale sistema per le sfide sociali, l'unica risorsa che si erode è quella che ho chiamato la Pazienza dell'interlocutore: quando si esaurisce, non vuole più dialogare. La vedo come una sorta di risorsa rinnovabile. È vero che in teoria, una volta "bruciata", non torna più, ma in realtà dopo molto tempo, se si dialoga di nuovo con quel PNG (magari su un altro argomento), avrà verosimilmente una nuova scorta di Pazienza; inoltre, ogni nuova sfida sociale, con un nuovo PNG, resetta questa risorsa. È una risorsa collettiva, "globale", perché è una proprietà del PNG, non individuale del singolo PG. E naturalmente entrano in gioco le risorse statiche dei PG, questo è chiaro: punteggi di caratteristica, abilità eccetera. Stavo pensando che forse, per rendere più D&D-esco il sistema, andrebbe aggiunta qualche altra risorsa a consumo, possibilmente specifica per ogni singolo PG. I miei dubbi sono dal lato meccanico (come farla funzionare?) e dal lato, diciamo, interpretativo (come giustificarla o caratterizzarla in-game?). Le idee che mi sono venute finora sono: Sul fronte delle risorse rinnovabili: Si potrebbe aggiungere la possibilità di "sforzarsi", cioè di stancarsi infliggendosi affaticamento per cercare di rendere una prova sociale più efficace; in effetti, potrebbe essere una possibilità generale per tutte le prove di abilità, anche nell'esplorazione. Come potrebbe funzionare? Sul fronte delle risorse collezionabili: Mi piacerebbe molto se ci fosse una qualche currency: che si accumula durante le avventure (in modo analogo a quanto avviene per i soldi) e che si può spendere (una tantum, proprio come i soldi) in due maniere: (a) per avvantaggiarsi in una singola sfida sociale, o (b) per "comprare" delle feature sociali statiche, come un contatto PNG utile, un gregario, un avanzamento di rango o carriera, un titolo, etc. Come potremmo chiamarla, e descriverla (grossolanamente) in-game? Come potrebbe funzionare il fatto di guadagnarla? Come potrebbe funzionare il suo utilizzo? Eventualmente, come potrebbero funzionare gli effetti delle feature sociali statiche? Mi rendo conto che sia un tema molto complesso. Spero di essermi riuscito a spiegare. Ringrazio chiunque vorrà darmi una mano!
  21. Vado leggermente off-topic, ma sul Manuale del Giocatore 2 e sulla Guida del DM 2 di D&D 3.5 c'erano due sistemi che ho trovato molto carini, anche se un po' troppo dettagliati e crunchy per i gusti moderni (specialmente il primo: il secondo era un po' più leggero).
  22. @Ji ji, evidentemente mi sono spiegato davvero male. O forse non ho capito la tua domanda. Mi stai chiedendo come gestirei un modulo che tu stesso definisci sandbox? Credo di aver detto varie volte che tutti i miei discorsi sull'obiettivo esplicito non si applicano ai sandbox. In quel caso, come dici, la scelta dell'obiettivo (in effetti, delle avventure stesse) è lasciata ai giocatori. Basta che siano tutti consapevoli di ciò e non c'è problema. Suppongo (è un'ipotesi, perché non conosco quel modulo) che mi limiterei a un discorso iniziale del tipo: "Questa sarà una campagna sandbox semovente incentrata su una carovana; i vostri PG devono formare un gruppo che viaggia con la carovana stessa, per il resto spetterà a voi scegliervi di volta in volta gli obiettivi". Se non ci sono altri requisiti perché il modulo funzioni (e con "funzioni" intendo: non costringa il master a ricadere nei famosi punti 1,2,3 che dicevo prima - vedi spoiler) non c'è bisogno di chiarire altro. I miei discorsi si applicano esclusivamente al caso in cui, al tempo zero, il master ha già progettato, o comprato, un'avventura o serie di avventure che non è uno "scenario aperto" e che richiede, per "funzionare" (= per evitare 1,2,3), che i PG siano motivati a raggiungere un certo obiettivo. (Dove, lo ripetiamo, "obiettivo" =/= "spoiler di chi sia il nemico da sconfiggere", in generale). Che il thread si riferisca a questo caso qui, e non al sandbox, mi sembra lampante nel testo iniziale dell'OP: "Devono scoprirlo da soli" è diverso da "devono sceglierlo liberamente": si intende chiaramente che c'è già un obiettivo preciso nella testa del master (magari con molti diversi modi di conseguirlo - e vorrei anche vedere! - ma comunque uno e preciso), ma non si vuole che i giocatori lo sappiano, bensì che tentino di scoprirlo attraverso il gioco. Scoprire, attenzione bene, non "cosa sta per succedere nel mondo", ma qual è l'obiettivo, cioè cosa è previsto, nella testa del master sin dal tempo zero, che i loro PG vogliano fare (non il come, certo; ma lo scopo sì). Forse interpreto male, ma mi è sembrato che anche tu facessi una distinzione simile e molto utile: Sul secondo caso, quello che si conclude con "fate quello che vi pare", non ho assolutamente niente da ridire. Chapeau. Ci giocherei molto volentieri, non vedrei nessuna necessità di chiarimenti extra, e tutti i miei blablabla sugli obiettivi non si applicherebbero. Il mio dubbio era sul primo caso, in cui l'avventura ha un obiettivo preciso e il master lo sa al tempo zero, infatti dichiara che esiste, ma anziché dire ai giocatori quale sia ("questa avventura ha un obiettivo preciso ed è questo:..."), dice loro "cercate di prendere l'esca". "Cercate", quindi potreste non riuscirci. E che cosa è "l'esca", se non un elemento in-game che veicola la stessa informazione (cioè "l'obiettivo è questo")? Non sto criticando. Non voglio fare la predica a nessuno. Tento solo di chiarire quello che stavo dicendo. Altro chiarimento, che forse interessa anche a @KlunK. Quei "punti 1,2,3" non sono un "limite che mi impongo", come qualcuno ha detto. Anche qui evidentemente non sono stato chiaro. Ci riprovo. Il mio pensiero non è "se non chiarisci prima gli obiettivi, allora per forza ricadi sui punti 1,2,3". Se è trasparito così mi sono espresso malissimo. Il mio pensiero è il seguente. Qualora esista, nell'avventura preparata, già al tempo zero, un Qualcosa tale che, se i PG se ne fregassero (ma non è detto che se ne freghino), il master non avrebbe altra scelta che i punti 1,2,3, allora, e solo allora, conviene chiarire quel Qualcosa in modo esplicito già al tempo zero. Non per obbligare i giocatori a seguirlo, ma perché quel Qualcosa oggettivamente costituisce un requisito per la giocata che io, master, ho in mano (un requisito nel senso che, se violato, si può ancora giocare ma è un'altra giocata). E quindi conviene, nell'interesse di tutti, capire il prima possibile se quel requisito ci sta bene o no, proprio come facciamo per tutti gli altri requisiti (esempio banale: l'ambientazione). Se non hai alcuna avventura preparata al tempo zero, perché improvvisi sul momento o perché al tempo zero hai solo uno scenario aperto e aspetti di vedere cosa fanno i giocatori: eccellente, bene così, i miei discorsi non si applicano. Se esamini una certa avventura che hai preparato o comprato, e pensi: "Ah, no problem, anche se i PG se ne fregassero di questo Qualcosa qui, sono sicuro che saprei comunque andare avanti senza ricorrere a nessuno dei punti 1,2,3": eccellente, bene così, i miei discorsi non si applicano (almeno, non a quel Qualcosa). Se invece hai un'avventura preparata o comprata, e pensi: "Beh, se arrivati a questo punto i PG se ne fregassero di questo Qualcosa qui, sarebbe un po' un guaio... ma sono certo che non se ne fregheranno, perché da qui ad allora avrò tutto il tempo di costruire piano piano, senza forzature o anticipazioni, una serie di cose per cui naturalmente saranno portati a interessarsene!", ecco dove i nostri modi di giocare divergono profondamente. Lo dico con il massimo rispetto.
  23. Se è per questo il sistema di gioco, in teoria, non prevede che un bambino possa passare, a prima vista, come qualcosa di diverso da un bambino, a meno che non si camuffi intenzionalmente come tale (così come un PG elfo non può sembrare un umano a meno che il suo giocatore non dica esplicitamente che si traveste da umano, un PG uomo non può sembrare una donna a meno che il suo giocatore non dica esplicitamente che si traveste da donna, e così via). This! Grazie @savaborg! E mi permetto di aggiungere: il modo migliore per "tenere insieme" il gruppo accordandosi fuori dal gioco è accordarsi su un obiettivo comune che il gruppo ha, perché è questo che, generalmente, definisce i gruppi come tali (specie se eterogenei), sia nelle storie che nella realtà. Ti ringrazio perché queste parole così chiare mi avrebbero fatto comodo in un certo altro thread... Giustissimo anche questo, complimenti! Naturalmente, se invece proprio non ci si intende sul piano morale con certi giocatori, a tal punto che come master si inizia a provare disagio nel giocare, c'è sempre l'alternativa di non giocare più con loro.
  24. Non credo che si tratti di "imporre" (non sarebbe una grande idea): credo, al contrario, che si tratti di parlare coi giocatori per capire che tipo di campagna hanno in mente. Quelle che hai detto qui vanno bene come prime mosse di emergenza, di brevissimo termine, ma poi? Qual è il loro obiettivo nel lungo termine?
  25. Ti do un consiglio per una cosa che troverei davvero innovativa, straniante e inquietante, probabilmente perfino troppo. Poi fanne quello che vuoi. Gli zombie parlano. Dicono cose comprensibili di per sé, ma del tutto senza senso e fuori contesto. L'idea è di uscire dallo stereotipo dello zombie bestiale o automa, che si limita a ringhiare/ruggire, o a ripetere poche cantilene strascicate (tipo "cervelli!") con voce sepolcrale. Ma senza andare all'estremo opposto, cioè renderli dei veri e proprio PNG che ragionano e con cui si può ragionare, magari perfino carismatici: non sarebbero più zombie. Pensa invece a un cadavere ambulante che mentre ti si avventa addosso barcollando, gli occhi stralunati, le mani tese, parla con voce perfettamente normale e cordiale di qualcosa che non c'entra nulla, come... non so, il tempo che fa, una ricetta di cucina, i suoi cantanti preferiti, l'ultimo episodio di una serie TV, o un'offerta imperdibile per la tua bolletta luce e gas. A seconda del tavolo, e del tono della giocata, può essere comico, ma secondo me può essere anche molto inquietante, direi addirittura da brividi.
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