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Bille Boo

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  1. Questa è un'altra comune fonte di confusione. Per alcune persone, il termine "Multiverso" si riferisce a "l'insieme di ogni possibile mondo e ogni possibile ambientazione di gioco", come se ci fosse una macro-ambientazione che sovrasta e comprende, e collega tra loro, tutte le ambientazioni singole Credo anch'io che non vada inteso così: qualunque Multiverso di D&D sarà sempre e comunque "un" Multiverso, e costituirà a sua volta un'ambientazione, che non comprende necessariamente qualsiasi altra. Anche se gli autori decidono che esiste un unico macro-spazio, chiamato "Multiverso", in cui "si trovano" sia Greyhawk che i Forgotten Realms, per esempio, significa solo che si stanno inventando un collegamento tra quelle due specifiche ambientazioni; ma può tranquillamente esistere un altro Multiverso (tipo: il "mio" Multiverso) che non ha assolutamente alcun legame né con Greyhawk né con i Forgotten Realms, e in cui le razze funzionano in modo completamente diverso. Per esempio, se gioco una campagna ambientata nella Terra di Mezzo di Tolkien, o nel Westeros di Martin così caro a @bobon123 (😉), credo sia chiaro a tutti che non sto "aggiungendo" la Terra di Mezzo, o Westeros, al singolo "Multiverso di D&D" per cui un bel giorno potrebbe arrivarmi Elminster o Mordenkainen a bussare alla porta di Bilbo. Lo stesso vale per molte ambientazioni casalinghe. Purtroppo il concetto di Multiverso come "il" (solo e unico e unificante) Multiverso di D&D perpetua la concezione, che io trovo negativa, di D&D come di un mondo, uno scenario, con un'unica e specifica "lore", anziché quella, per me più apprezzabile, di D&D come di un motore di gioco che ognuno può adattare all'ambientazione fantasy che ritiene più adeguata (ovviamente entro certi limiti).
  2. Il punto da non dimenticare è che con 5e i FR sono diventati l'ambientazione di default dei manuali base di D&D, a differenza di quanto accadeva nelle edizioni precedenti. Non è più un'ambientazione come le altre, seppur famosa: è l'ambientazione in cui si suppone, nei manuali, che D&D venga giocato salvo indicazione contraria; ci si aspetta che diventi il punto di partenza per tutti i giocatori e gruppi nuovi. Questo è uno dei motivi (secondo me, il principale motivo) dietro la gran quantità di cambiamenti e revisioni che vanno nella direzione di espanderla e, secondo qualcuno, "annacquarla" (io non ne ho idea perché non ho mai amato i FR e non li ho mai giocati). Fintanto che un'ambientazione è una delle tante, quindi presentata esplicitamente come un'opzione da adottare, può essere anche molto particolare e molto specifica, con molti vincoli rigidi. Ma l'ambientazione "zero", quella di default, deve giocoforza essere "un mischione" estremamente variegato, perché deve poter accogliere, potenzialmente, le giocate di (quasi) qualunque gruppo.
  3. Ciao, nell'articolo di ieri sul blog continuo a chiacchierare un po' a ruota libera di come vedo le razze nel mio D&D:

    https://dietroschermo.wordpress.com/2022/01/31/un-buon-trittico-di-razza-digressione-disordinata-sulle-razze-parte-4/

  4. Questo punto, @Drado, mi incuriosisce. Anche se in linea di massima sono sostanzialmente d'accordo con te, non ho capito bene se le razze di 5e, per te, sono abbastanza diverse o non sono abbastanza diverse. Il tuo commento mi è piaciuto molto perché mostra, secondo me, la tensione tra esigenze opposte tipica di contesti come questo: da un lato il desiderio di differenze, tra un'opzione e l'altra (in questo caso: tra una razza e l'altra), molto marcate, significative, che "si sentano"; dall'altro il desiderio di lasciare la massima libertà e autonomia al giocatore nel riconfigurare le cose come vuole. Ci rivedo, insomma, il vecchio problema di design delle scelte vincolate e non vincolate: se metto troppi vincoli non c'è vera scelta, ma se metto troppi pochi vincoli la scelta non è significativa né interessante. Sui punteggi di caratteristica sono d'accordo con te, intendiamoci. Però mi chiedo: se davvero vogliamo che si senta la differenza tra le razze, e ci si senta unici a giocare una razza particolare, in cosa ci piacerebbe che consistesse questa differenza? E come facciamo a sviluppare differenze davvero significative senza che ogni razza, inevitabilmente, si abbinini meglio con determinate classi che con altre, che è proprio la trappola da cui se non sbaglio volevamo uscire?
  5. Già, il punto alla fine è questo. In D&D 5e, agli alti livelli, qualunque guerriero da mischia (di qualunque razza ed estrazione) finirà per convergere a Forza 20, qualunque mago a Int 20, qualunque ladro a Des 20 e così via. La piattezza e prevedibilità dei punteggi di caratteristica (tutto il contrario, purtroppo, della varietà e della libertà di essere audaci e creativi che piacerebbe a me) è uno dei peggiori difetti, secondo me, di questa edizione; che nel complesso mi piace anche, sia chiaro. In questo quadro, anche se a me le razze con modificatori di caratteristica "hard" e significativi piacciono molto e al mio tavolo le uso (ma non uso 5e), capisco benissimo il senso di rimuoverli del tutto dai manuali; sono un fastidio ai bassi livelli, poi salendo di livello scompaiono magicamente, fagogitati dal cap a 20. Se davvero ci disturba che uno gnomo di 1° livello abbia la stessa Forza di un mezzorco... beh, basta aspettare un livello sufficientemente alto e ce l'avrà comunque; a quel punto non ci infastidisce più? Tanto vale dargliela subito.
  6. Difficile dire quale sia il costo adeguato, ma il solo fatto che abbia un costo dovrebbe essere sufficiente a far sì che venga usata solo sporadicamente. Se il costo che dici non ti sembra aumentare troppo il bookkeeping, direi che va bene. 🙂
  7. Questa clausola, purtroppo, comporta che sia sempre opportuno tentare la prova, ogni volta che ci si muove, tanto male non fa e se va bene è utile. Temo che rotoleranno molti più dadi, in un round. Se non è un problema... ok 🙂
  8. Il punto al limite potrebbe essere che, se fintare è un'azione gratuita, puoi ripetere tale azione gratuita prima di ogni attacco della sequenza, quindi: finta - attacco - finta - attacco - finta - attacco. A meno che la capacità non indichi dei limiti per round.
  9. Appunto. Il rischio potenziale (moderato, eh, secondo me: niente di grave) è proprio che si cancelli questa considerazione, cioè che si crei uno standard mainstream di come si gioca a D&D. Già adesso, un pochino, sta succedendo: conosco più di una persona giovanissima che ha iniziato a giocare da subito in live streaming dopo aver guardato spettacoli live streaming, e non ha mai considerato che quello sia solo uno dei tanti modi possibili di giocare (magari neppure il più congeniale per lei). Non solo: ne conosco più d'una che assistendo alle live straming si è scoraggiata, convincendosi di essere inadatta a giocare di ruolo, e ha rinunciato in partenza (o ha avuto inizialmente delle grosse riserve), proprio perché si confrontava con uno standard improprio dal punto di vista qualitativo (non quantitativo, cioè: loro fanno la stessa cosa ma sono "più bravi"; qualitativo, cioè: loro fanno una cosa diversa; legittima, ma diversa). Per esempio, un'affermazione come questa (a cui io risponderei: "mah, non è affatto detto, dipende da cosa vuol dire per te ruolare") è molto forte e mi fa pensare che un certo tipo di pensiero si sia già affermato.
  10. Niente da aggiungere: @bobon123 ha parlato anche per me. 🙂 Edit: anzi, no, forse una cosa piccola piccola la aggiungo: un'altra motivazione è quella di stare comodo. Sono uno di quelli "condannati" a fare il master a vita (e, per carità, mi piace un sacco), e sono quel tipo di persona che quando si siede a una scrivania non si trova davvero bene finché non ha risistemato a modo suo i monitor, la tastiera, i cassetti, i portapenne, la rigidezza dello schienale della sedia...
  11. Se puoi, prova a rispondere alla domanda sull'amuleto, sono veramente curioso di sapere se lo attiveresti o no.
  12. Nel mio gioco, per gusti personali, mi piace avere razze molto "hard" (con grado di rappresentazione massimo 😉), quindi non solo do loro modificatori di caratteristica fissi, ma in generale ne hanno alcuni positivi e altri negativi (che in 5e, a quanto ho capito, sono diventati un tabù). Tuttavia, mi è sempre piaciuto considerare D&D più come un toolkit, un motore, una "cassetta degli attrezzi" da adattare, che non come un mondo già fatto e finito da usare così com'è. In questo senso, ritengo molto apprezzabile l'aggiunta di opzioni, varianti e altre forme di flessibilità che aiutino i gruppi ad adattare il materiale alle loro esigenze. Ho sempre creato, spesso e volentieri, razze o sottorazze personalizzate: quelle regole possono essere un ottimo strumento per crearle usando quelle esistenti come basi di partenza. Ho creato diverse volte ambientazioni speciali in cui le razze funzionavano in modo diverso rispetto al default di D&D: regole come queste possono essere molto utili per modificare le razze rendendole più aderenti a un'ambientazione atipica. Per finire, ho sempre cercato di venire incontro ai giocatori che per qualche motivata esigenza volevano creare un personaggio molto distante dagli standard della sua razza, sottorazza, cultura o classe. Ebbene, anche e soprattutto in quel caso credo che queste regole possano aiutare. Magari nel mio mondo gli orchi hanno tutti +2 For, -2 Int. Ma un giocatore vuole creare un orco con tutta una storia particolare che lo ha portato a essere mingherlino ed emarginato ma a studiare divenendo un pozzo di scienza. Ok, quel particolare orco avrà +2 Int, -2 For. Mi rendo conto che gli esempi non sono precisamente calzanti rispetto a 5e e Tasha, ma quello che voglio dire è: piuttosto che considerare contemporaneamente ammissibile ed esistente, in generale, nel tuo mondo e al tuo tavolo, ogni possibile combinazione di razze e modificatori di caratteristica, prova a pensare alla possibilità di dare uno standard di riferimento (il "tipico" elfo, il "tipico" nano... magari anche pre-Tashizzati e resi diversi da quelli del manuale base, perché no), e di tenerti aperto all'ipotesi di usare le regole Tasha per delle singole eccezioni che piacciono a voi che giocate, giustificate in un modo che vi soddisfi.
  13. Ma prima avevi 1 probabilità su 7 di farcela, ora hai 1 probabilità su 2. Non è un progresso? Poi, certo, in entrambi i casi potresti avere sfiga e morire. Ma le tue chances sono aumentate nettamente. Se hai di fronte un tiro save or die con CD 18, e il tuo modificatore è +1, e qualcuno ti offre un +6 extra da sommarci, non ti sembra un progresso? Poi, certo, sarebbe stato meglio un +16, ma un progresso c'è stato, no? Ah, ripensandoci, credo di capire cosa vuoi dire: nel caso del +6 aggiuntivo, non c'è nessun risultato del d20 che ti fa fallire con il bonus, ma riuscire senza il bonus. Invece, nel caso dell'ampolla, se la moneta del dio ha girato male è possibile che tu beva l'ampolla sbagliata mentre scegliendone a caso una su 7 avresti magari avuto più fortuna. Si tratta di questo? Ci sto, rendiamo la cosa più eccitante! Hai di fronte un tiro save or die con CD 18. Il tuo modificatore è +1. Hai un amuleto speciale, che puoi attivare alla velocità del pensiero, prima di tirare il d20, e che se attivato ha questo effetto: se sul d20 esce un qualsiasi numero, naturale, che non sia 17, ottieni un +6 al tiro; ma se esce esattamente la faccia 17 del dado, allora hai -6 al tiro. Cosa faresti, se fossi in questa situazione in gioco? Attiveresti l'amuleto oppure no? 🙂
  14. Guarda l'esempio delle 7 ampolle che ho fatto sopra. Rendiamolo ancora più esplicito. La divinità viene da te e ti dice: "Ho lanciato una moneta. Se su quella moneta è uscita testa, allora l'ampolla 5 è quella giusta". Formulata così, l'affermazione risolve pure l'ambiguità filosofica del: "ma come fa il DM ad affermare che c'è una certa probabilità che una cosa sia vera quando sa con certezza che è falsa?", che richiederebbe di addentrarci nella definizione di "probabilità che sia vera". Così invece è chiarissimo. Hai di fronte 7 ampolle: 1 per andare avanti, 3 che ti uccidono, 3 inutili. Niente che le distingua. Hai una fortissima motivazione ad andare avanti, il mondo è in pericolo, questione di vita o di morte. Arriva un dio e ti dice: "Ho lanciato una moneta. Se su quella moneta è uscita testa, allora l'ampolla 5 è quella giusta". La situazione, dal tuo punto di vista, non cambia per niente?
  15. Perché hai un dato quantitativo su quanto è incerta. Mettiamo che tu debba superare qualcosa di simile all'indovinello di Severus Piton per la Pietra Filosofale: 7 ampolle indistinguibili, 3 ti uccidono, 1 ti fa accedere stanza successiva, le altre sono inutili. Solo che non c'è nessun indovinello, qualche buontempone lo ha reso illeggibile. Sai che 1 ampolla è buona e 3 mortali, su 7, ma non sai nient'altro. Poi una divinità, o un altro ente assolutamente affidabile, ti dice questo: "C'è una probabilità del 50% che l'ampolla buona sia la 5". Davvero ti sembra di saperne quanto prima? Mettiamo che tu non abbia nessun'altra informazione, e che tu debba assolutamente accedere alla stanza successiva per salvare i tuoi compagni e il mondo intero. Un indizio del genere, per quanto parziale, per quanto non ti permetta di escludere o includere nessuna ampolla con assoluta certezza, non cambia di molto le tue probabilità di farcela? Sarebbe molto diverso se la divinità ti dicesse: "l'ampolla buona è la 5" (mentendo). Quello sarebbe fuorviante. Se il master ti dicesse: "Sei sicuro che l'impronta sia del Duca" (ma non è vero: perché è uscito 6) sarebbe deleterio. Ma non è questo il metodo di Bobon. In quel metodo, il master di fatto ti dice: "C'è esattamente una probabilità X che l'impronta sia del Duca". Anche se al tavolo la cosa viene formulata in modo diverso, per esempio con una frase convenzionale come: "Ti sembra che l'impronta sia del Duca ma non sei sicuro", è solo un escamotage narrativo, ma finché tutti sono consapevoli delle regole il significato rimane quello.
  16. No, no, non hai frainteso, quella dell'escludere l'Abate e la Baronessa era un esempio di un altro tipo di successo parziale che a me piacerebbe e che si armonizza bene con il mio stile di gioco, ma sarebbe alternativo rispetto alla meccanica del d6 di Bobon. Solo che, come dice lui giustamente, questa alternativa è fattibile solo in quel caso, mentre la sua meccanica è universale. Sì, lo è, è "meglio" nel senso che è una risorsa in più. Se ti do un oggetto che non ha peso né ingombro né altri svantaggi, e lascio a te decidere se usarlo o no, è sempre meglio che non averlo. Poi, certo, può capitare che (per le condizioni al contorno, o per il tuo specifico carattere o modo di risolvere le cose) decidi di non usarlo mai: a quel punto sarà come non averlo, ma non sarà mai peggio che non averlo. Diciamo che una informazione incerta (se ti è noto che è incerta e ti è noto il suo grado di incertezza) è sempre un vantaggio maggiore di zero, ma può essere arbitrariamente piccolo, a seconda della situazione e di come lo usi. Forse questa parte è più chiara se la fai seguire da: In tutti e tre i casi, il DM, nell'offrire quella risposta, aggiunge un'espressione dubitativa come "non ne sei sicuro"; e il giocatore è consapevole che il DM ha usato questa procedura (il DM gliela rispiega, se necessario).
  17. È tecnicamente impossibile peggiorare le cose rispetto al fallimento, perché puoi sempre scegliere di ignorare l'informazione ricevuta (visto che sai che è incerta), e in quel caso ritorni esattamente al caso del fallimento. Hai la scelta tra il fallimento e un'informazione incerta: se non vuoi la seconda cosa sei sempre assolutamente libero di avere la prima. È un'esigenza legittima e posso capirla. Riprendendo la metafora che avevo fatto all'inizio, quella dell'aiuto del pubblico in un quiz, quello che potresti fare è escludere con certezza alcune opzioni, nel caso siano più di due in tutto. Nell'esempio dell'impronta: i sospettati sono l'Abate Abbone, la Baronessa Belfiore, il Conte Cacciacani e il Duca Destefani. In caso di successo parziale, il DM dice: "Di sicuro l'impronta non è stata lasciata dalle scarpe dell'Abate né da quelle della Baronessa". Sei ancora incerto tra il Conte e il Duca ma hai ridotto l'incertezza rispetto a prima.
  18. Non dipende dal 14: dipende dalla meccanica proposta, che ( @bobon123 mi correggerà se sbaglio) mi pare preveda, in caso di successo parziale, che il DM ti dia l'informazione vera con 4 risultati di un d6 e falsa con i rimanenti 2. (E sapere come funziona questa parte non è metagame, è semplice conoscenza delle regole del gioco adottate; così come in Dungeon World non direi che è metagioco essere consapevoli della propria probabilità di fare 10+ in un certo check.) Comunque, anche se la meccanica fosse diversa e la probabilità fosse 50 e 50, sapere che è 50 e 50 sarebbe comunque un'informazione che prima non avevi. In partenza, o se fallisci del tutto la prova, sai che il fungo può essere o non essere velenoso (due possibilità) ma non è affatto detto che siano equiprobabili, cioè 50 e 50. Non intendevo questo, eh, si può attribuire alla stessa parola un significato diverso anche semplicemente per diversa tradizione, abitudine e cultura di gioco, non è scritta nella pietra 🙂 Nessuna offesa, l'ho detto con un sorriso, in realtà è vero che sono certamente stato io a spiegarmi male. 🙂 Nel caso specifico in esame (l'esempio del fungo) riconosco che è facile non vedere la differenza perché, essendoci su un piatto della bilancia un rischio di morte e sull'altro... boh, gusto alimentare? nessuna urgenza, comunque... effettivamente è difficile immaginare che un personaggio decida di mangiare il fungo a meno che non abbia la certezza assoluta che non è velenoso. Il che è molto verosimile. Proviamo un altro esempio. Siamo sulle tracce di un terrorista e abbiamo il tempo contato. Troviamo un'impronta che gli appartiene. I sospettati, PNG a noi noti, sono diversi e si trovano in posti diversi della città: dobbiamo scegliere da che parte andare, non possiamo visitarli / fermarli tutti per tempo. Esamino l'impronta per cercare di ricordare a quale calzatura potrebbe appartenere. Stiamo usando il metodo di Bobon e ho un successo parziale. Il DM mi dice: "Ti ricorda un po' gli stivali del Conte Cacciacani, ma non ne sei sicuro" (= formula che comunica palesemente il successo parziale; ma, se il DM avesse dubbi e volesse essere chiaro, potrebbe anche aggiungere "è un successo parziale" esplicitamente e rispiegarmi la regola; è importante che le regole siano chiare a tutti, quando si gioca). Non so tu che faresti al mio posto. Io correrei nel posto dove so di trovare il Conte Cacciacani. Non è detto che io mi ricordi bene, e quando sarò al suo cospetto procederò con prudenza, non gli salterò subito addosso per mettergli le manette; ma ho un indizio, per quanto incerto, ed è meglio che niente. Ma è del tutto plausibile che un investigatore ancora più cauto e diffidente decida che quell'indizio incerto non gli basta e si comporti come se non lo avesse avuto. Va bene anche quello. In entrambi i casi, si tratta di una decisione che il giocatore prende sulla base di consapevolezze oggettive che ha. E il risultato del tiro si è limitato alla sua funzione ("domanda") originaria, cioè stabilire le conoscenze del PG, senza consegnare al DM alcuna wildcard per alterare retroattivamente lo scenario senza un legame causale con ciò che il PG stava facendo. Eh no, perché per come gioco io il giocatore (in generale, eh, poi ci sono eccezioni) ha diritto di sapere cosa rischia (anche le cose eventualmente improvvisate) prima di decidere se tirare o no. Quindi devo prima fare la pensata, poi dire al giocatore: "Puoi farlo, ma se va male rischi questo: te la senti?", e se dice di sì fargli tirare il dado.
  19. Non ho ben capito cosa c'entri l'improvvisazione. Nel mio metodo i costi (anche i costi eventuali, cioè legati al margine di successo, se la regola o house rule prevede così) sono semplicemente stabiliti a priori, e non ex post dopo aver visto il dado. Ma possono essere improvvisati lo stesso, semplicemente li improvviso prima e non dopo; e faccio in modo che il giocatore sia consapevole di quali costi rischia il PG, a meno che non ci sia una validissima ragione per cui non dovrebbe esserlo. Onestamente penso di essere la fonte più qualificata per poter dire cosa è meglio o peggio dal mio punto di vista 🙂. Quindi, ti assicuro che il metodo di Bobon si sposa perfettamente con il mio stile di gioco (che, lo ripeto ancora, è una mia preferenza personale, non obbligo nessun altro a seguirlo). Se hai dubbi sul perché, significa solo che non sono stato capace di spiegarti il mio punto di vista in modo chiaro. Se hai tempo puoi leggere questi due brevi post (uno e due) dove lo descrivo dettagliatamente. Credo che ci sia un po' di confusione su cosa significhi consapevolezza e cosa intendiamo con agency. Perché, se mi dici questo: questo è, per me, un ottimo esempio di agency. Giocatore (tu): "Ricordo qualche informazione utile su quel fungo?" DM: "Fai un tiro su Natura" Giocatore (tu): [roll roll d20...] "14" DM: "Non è abbastanza per un successo pieno, è un successo parziale" [roll roll d6...] "Credi di ricordare che sia commestibile, ma non sei sicuro" Giocatore (tu): "Ah, piuttosto che basarmi su un ricordo incerto, che potrebbe essere sbagliato, preferisco non rischiare: lascio il fungo dov'è". Un fallimento avrebbe voluto dire zero informazioni. In termini di gioco, non sai se il fungo sia commestibile o velenoso. Non sai nemmeno con quale probabilità sia l'una o sia l'altra. Sei completamente cieco. Qui hai ricevuto due informazioni: "credi che sia commestibile" e "non sei sicuro di questo ricordo". In termini di gioco, sai che il fungo ha esattamente 2 probabilità su 3 di essere commestibile. È un'informazione molto più accurata rispetto a zero, benché non sia perfettamente sicura. Basandoti su queste conoscenze tu, giocatore, hai preso una decisione informata e consapevole: "Preferisco non rischiare e lo lascio lì". Benissimo. Lo avrei fatto anch'io, al tuo posto! Edit: a me invece dà una sensazione (soggettiva, lo ripeto: sono solo gusti personali) di privazione di agency decidere di fare una prova per analizzare un fungo, e scoprire, una volta tirato il dado, che la mia prova, oltre a darmi informazioni, ha scatenato qualche evento imprevedibile e nefasto che mi coglie totalmente alla sprovvista.
  20. Altro punto molto importante! I tipici giocatori di D&D ricercano invece "l'arciere a mitraglia tipo Legolas", che è molto più cinematico e divertente da giocare, ma con il realismo (come tutto il combattimento di D&D) c'entra ben poco 🙂👍
  21. Secondo me avere più gradi di successo è tranquillamente compatibile con il mio criterio. Significa solo che, come appunto nel modello di Bobon, se la domanda è: "riesco a riconoscere il fungo?", la risposta può essere: "sì, ci riesci", "no, non ci riesci", o "ci riesci parzialmente (= ricordi qualcosa ma non tutto)". Quest'ultima risposta è per me accettabile, non cambia la domanda. È ben diversa da: "sì, ci riesci, ma arriva un cinghiale inferocito che ti attacca", o "sì, ci riesci, ma... ops, lo tocchi per sbaglio e ti avvelena", o "sì, ci riesci, ma il fungo diventa improvvisamente sacro e toccarlo è tabù, mentre non lo sarebbe stato se al dado avessi fatto di più". Sia chiaro che ho volutamente estremizzato questi ultimi approcci ma ne capisco la logica: è quella tipica di chi vede nel dado, appunto, come dici tu, uno strumento per "far avanzare la storia", per introdurre svolte narrative, per far succedere delle cose. Per me, invece, è solo uno strumento per rispondere a delle domande immediate e oggettive, mentre le svolte narrative, nel mio gioco, derivano solo da decisioni consapevoli e deliberate dei giocatori o del master. È il mio stile, ma non ho alcuna ostilità per chi ne adotta un altro. 🙂
  22. Ciao! Se a qualcuno interessa, è uscito un mio piccolo modulo di ambientazione system-agnostic:

    Il Grande Nulla

    È un'ambientazione fantasy desertica post-apocalittica. Non essendo specifico per un solo sistema di gioco, il file contiene solo fluff e niente crunch.

    Un assaggio di anteprima molto immediato potete averlo nell'articolo di ieri:

    https://dietroschermo.wordpress.com/2022/01/27/le-tre-leggi-del-grande-nulla/

    Tra l'altro, ringrazio voi amici di D'L perché a suo tempo ho chiesto qui qualche ispirazione proprio su questo punto.

    Saluti!

  23. No 😁. Sinceramente, io sono dell'idea che l'unica differenza tra un tiro riuscito e un tiro fallito sia che nel primo caso riesci a fare quello che volevi e nel secondo caso no. Ogni altro effetto collaterale (tipo: "il fungo è sacro e gli abitanti si offendono") può esserci ma dovrebbe essere indipendente dal risultato del tiro. Perché il tiro non è "per non offendere gli abitanti", è "per riconoscere il fungo": è quest'ultima la domanda che stiamo facendo ai dadi, non è la prima; cambiare la domanda retroattivamente, in conseguenza del risultato del dado, non è nel mio stile. Ma, ripeto, è una questione prettamente personale. Non sto parlando delle regole, ammetto tranquillamente che sia una cosa regolare, solo che a me non piace. Se ad altri invece piace, va benissimo e lo rispetto. 🙂
  24. Ecco, questo è il tipico esempio di una cosa che io al mio tavolo di D&D non sopporterei 😁 Non è una critica, eh, ci sta che a qualcuno piaccia, e per altri giochi di cui hai parlato mi sembra pienamente in linea con il sistema. Per D&D devo dire che il sistema di Bobon come lo ha proposto mi sembra il migliore che ho letto finora.
  25. Ottimo punto. Ti sei mai chiesto perché per le prove di caratteristica c'è questo margine di discrezionalità (in alcuni casi, eh, mica in tutti) mentre per tutti i vari punteggi di combattimento no? Secondo te c'è una ragione? (Nel senso, a quel punto perché non lasciare al master anche la decisione su quella che hai chiamato Difesa? Perché usare una formula?)
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