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Bille Boo

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  1. @nolavocals, mi sembra di capire che vorresti che l'avventura fosse maggiormente la storia di quel personaggio, anziché solo una storia con quel personaggio. Ho capito bene?
  2. Ovviamente mi riferivo agli stili di gioco, non a modifiche del funzionamento del gioco stesso. Il seguito del post era molto chiaro in questo senso.
  3. @Dyeus, @Ji ji, ovviamente de gustibus non est disputandum, sui gusti non si discute, quindi, essendo un gioco, qualunque cosa piaccia al giocatore / al master / al gruppo è degna di essere perseguita, e non c'è bisogno nemmeno di giustificarla. L'importante è distinguere tra l'essenziale e l'opzionale. Nell'articolo mi concentravo su quello che secondo me è essenziale per far funzionare D&D o altri GdR sulla falsariga di D&D (poi ne esistono altri prettamente narrativi nell'impostazione, per i quali il discorso può essere modificato). L'essenziale di D&D secondo me è questo: Il DM ti descrive una situazione. Tu devi decidere cosa vuole fare il tuo personaggio in quella situazione. = immedesimandoti in lui; questa è la parte più di ruolo Se c’è incertezza sull’esito si usano dei dadi per vedere se ce la fa. = questa, se vogliamo, è la parte più di gioco (insieme all'avere un obiettivo) Dopodiché il DM narra le conseguenze e ti chiede di nuovo di prendere una decisione, e così via. Un giocatore che ruola così per me sta già ruolando bene. Questo è già un buon ruolo, per D&D. Poi c'è tutto un mondo che pur non essendo essenziale può essere molto bello, se piace. Sono tutte cose opzionali. Se ti piacciono, fai bene a cercarle, ad ammirarle negli altri e a cercare di riprodurle in te stesso. Non penso che siano cose di per sé negative o da scartare. Penso solo che non siano necessarie per "un buon ruolo" in senso lato. Sono la parte recitativa, istrionica del ruolo, che dipende molto dai gusti, dal gruppo e dal carattere. Ho avuto giocatori che facevano questo, a volte in modo produttivo, a volte anche esagerando e risultando "pesanti" per gli altri al tavolo. Ho avuto altri giocatori magari più timidi, introversi o che addirittura descrivevano le azioni del loro PG in terza persona e in modo molto asciutto. Tu sei libero di dire che preferiresti giocare con i primi e come i primi. Io mi sono trovato bene con entrambi e non considero i secondi dei giocatori di ruolo peggiori. Tutto qui. Ehm... perché entrambe sono cose che non ci sono in una recitazione improvvisata, semplice. Per questo sono due attività diverse. Poi avranno anche tratti comuni, volendo. Ma hanno queste due differenze. Non ho detto che non serve completamente a niente, ho detto che il DM non deve renderlo necessario né dare per scontato che il giocatore vi si attenga. Per il resto dipende dalla persona. Per alcuni giocatori funziona come dici tu, un background dettagliato è di aiuto per loro interiormente, anche se se ne distaccano. Certi giocatori, con vere capacità attoriali, addirittura si attengono al background in modo minuzioso. Altri giocatori si trovano meglio con un background scarno o senza background del tutto; oppure scrivono un background ma poi se lo dimenticano e lo ignorano. Di nuovo, nessuno di questi comportamenti di per sé caratterizza un giocatore migliore o peggiore. Eh... questo è un punto delicato. È un pubblico obbligato, cioè formato da persone che sono lì per giocare a D&D, e come "effetto collaterale" assistono anche agli altri che giocano. Non è detto che vogliano fare da pubblico tanto quanto vogliono giocare, e non è detto che quello che si aspettano come pubblico sia lo spettacolo istrionico da te descritto. Non è detto nemmeno il contrario, ovviamente. Però, in ogni caso, è qualcosa di diverso da un pubblico "normale". È una questione di stile di gioco. Non ho niente contro quei gruppi che giocano anche, o addirittura soprattutto, per intrattenersi a vicenda. Ma non è uno scopo essenziale del gioco. Ho visto giocatori rimanere estasiati quando un loro compagno si lanciava in un'interpretazione sentita e convincente, perfettamente in-character, da strappare l'applauso a scena aperta. Ho visto altri giocatori, in un'identica situazione, alzare le sopracciglia e scambiarsi un'occhiata della serie "ma dove si crede di essere questo qui, alla Scala di Milano?". Nessuno di loro sbagliava. È una componente opzionale del gioco, c'è chi la apprezza e chi no. Questo discorso è molto interessante. La prima cosa che ho pensato quando l'ho letto ("l'interpretazione ha due obiettivi...") è: obiettivi di chi? Mi spiego: sarei pienamente d'accordo a dire che queste sono funzioni dell'interpretazione, o effetti dell'interpretazione, lo scopo che l'interpretazione svolge nel meccanismo del gioco. Non credo che siano l'obiettivo del giocatore quando interpreta. Non necessariamente. Immagino un tipico giocatore che interpreta l'hobbit Franco che ha appena catturato un losco e viscido umanoide che lo pedinava, lo ha legato e deve decidere cosa fare di lui. Dentro la testa di quel giocatore mi immagino due domande: "quale decisione mi aiuterebbe di più a conseguire l'obiettivo, cioè portare l'Agnello al Monte Lato?" (realizzazione della "condizione di vittoria"); e "che cosa sono disposto a fare, in quanto Franco, per quell'obiettivo?" (impostazione di un'identità del personaggio, che sarà definita da questa decisione e non necessariamente è stata definita prima). Non me lo figuro a chiedersi, dentro di sé, "quale decisione darebbe luogo a una storia appassionante, sorprendente e più in linea con l'epic fantasy?"; né a chiedersi "quale decisione mi darebbe la migliore esperienza soggettiva?", anche se questo in parte mi convince già di più, perché ci vedo dei punti di contatto con le due domande che ho immaginato sopra (il raggiungimento della vittoria e la costruzione di una certa identità morale sono in un certo senso pilastri dell'esperienza soggettiva di immersione). Non dico che non possa farsi queste altre due domande. Qualcuno lo farà e qualcuno no, nessuno dei due sarà un giocatore migliore. Sono curioso: qual'è l'accezione moderna del gioco di società, e cosa la distingue dall'espressione "attività ludica' che usi dopo? @Nyxator, grazie 🙂. Ho visto le pubblicità, solo non ho visto i personaggi.
  4. Quello non è ruolare bene. E' recitare bene, improvvisare bene. Che è bello, è positivo, ma non è né obbligatorio né necessario per giocare a un GdR, specialmente a D&D. Io non ho proprio nessun problema se un PG parla come parlerebbe il giocatore nella vita quotidiana. Ma certo, appunto. E non sono D&D, sono un'altra cosa. Chi ama quella cosa, quindi, ha molta scelta. E non è nemmeno teatro, è un gioco di ruolo. Cosa intendo è spiegato meglio qui: https://dietroschermo.wordpress.com/2020/06/25/come-spiegare-cose-dd/ Quello del parlato, io non lo faccio. Il punto è che i PG "creati con role" non esistono. Sono una bella utopia, forse. Ma nella pratica il role nasce durante il gioco, non si progetta prima. Io ho masterizzato delle belle storie epiche ed epiche "seriamente". Senza nessuna capacità recitativa da parte dei giocatori, né background complessi o problematici, o altro. Questi PG creati per la raccolta fondi, non li conosco; ma sono PG giocati, o sono descrizioni di PG? E sono fatti per essere giocati a un tavolo, o per essere giocati in streaming con degli spettatori che ti guardano? Perché è molto diverso. Come spiego anche nell'articolo linkato sopra.
  5. Il mio pensiero è molto diverso e qui lo spiego bene: https://dietroschermo.wordpress.com/2020/06/25/come-spiegare-cose-dd/ E' sempre stato un gioco da tavolo (il primo D&D derivava direttamente dai boardgame di simulazione delle battaglie). Il che non significa videogame. Gioco = c'è una "posta" in palio e delle regole Ruolo = si gioca immedesimandosi nel personaggio, prendendo decisioni al suo posto e affrontando le conseguenze di queste decisioni Che il personaggio abbia un'identità predefinita e diversa dalla propria a cui attenersi non è necessariamente parte del GdR. Edit: forse quello che desideri si avvicina di più all'improvvisazione teatrale o qualcosa del genere.
  6. Dipende da cosa si intende con storia epica. E con giuste tracce. Mi è capitato di masterizzare campagne di D&D mediocri o di cui ero poco soddisfatto. Mi è capitato anche di masterizzarne 2 o 3 veramente meravigliose, molto gratificanti per me e per i giocatori, e dal mio punto di vista belle storie e molto epiche. In nessuno di questi casi ho dato ai giocatori un copione né l'ho chiesto, e ho fatto un uso minimale delle loro backstory. La storia è nata dal gioco. Se invece cerchi un gioco in cui la parte narrativa e interpretativa sia più guidata e più compresa anche nel regolamento, ne esistono. @Ji ji ad esempio te ne potrà consigliare, penso, molto meglio di come farei io. Ma non è il caso di D&D, e trasformare D&D in questo senso non funzionerà mai, a mio avviso.
  7. Io sono convinto che non si possa parlare di ruolare bene o ruolare male (a parte i gusti soggettivi). Che ruolare non sia affatto difficile, e sembri difficile solo perché si ha la tendenza a confrontarlo con uno standard improprio. Che mettere meccaniche e regole per quanto riguarda il ruolare sarebbe, specialmente in D&D, una cattiva idea. E soprattutto che il gioco di ruolo non sia arte performativa, non sia performance, non sia intrattenimento. Sia invece un gioco da tavolo.
  8. I passi che seguo io nella maggior parte dei casi sono: Il master mostra l'idea del mondo (che stia in 2 o 3 pagine, eventuale mappa compresa: l'idea, non i dettagli) Il master propone un obiettivo per la prima avventura in quel mondo, e si assicura che i giocatori approvino I giocatori si accordano su una motivazione comune di medio-lungo termine per i loro PG, che tenga unito il gruppo e gli dia senso. "Diventare ricchi" o "diventare potenti" non sono motivazioni accettabili perché (a) sono cose scontate che vogliono tutti, e (b) non sono il fondamento di un gruppo perché la ricchezza è individuale, la potenza è individuale. Richiedo che la motivazione sia qualcosa di specifico e caratteristico. Esempi: un nemico comune da sconfiggere, uno specifico tesoro da ritrovare, uno specifico torto da vendicare. Spesso sarà una motivazione comunque classica. Mi va bene, non è un problema. Ogni giocatore crea il suo personaggio in modo che sia adeguatamente motivato per l'obiettivo della prima avventura, e che condivida la motivazione comune del gruppo sul medio-lungo termine. Non serve altro. Il master crea la prima avventura, cosa che può avvenire anche in parallelo al punto precedente, per la maggior parte. Questo però non risolve il problema da te posto, quello che secondo me non si può risolvere. Perché quando dicevo: mi riferivo a degli aspetti meta-narrativi che il giocatore medio (come anche diversi master) non è in grado neppure di formulare in modo corretto, anche se magari ne ha una vaga comprensione intuitiva: figuriamoci metterli in pratica. Ma è giusto così. Ma il problema è proprio questo: non siete scrittori, e non state scrivendo un libro. E' normale e giusto creare il proprio PG tenendo conto delle capacità degli altri, ma il tipo di alchimia che c'è tra i personaggi di una storia è qualcosa di diverso, riguarda i loro ruoli nella storia e quelli sono indeterminati se non si conosce la storia. (Edit: attenzione, la storia, non basta l'ambientazione!) Pensa a Harry Potter: se fosse stato un GdR e i giocatori si fossero voluti accordare sui personaggi, in linea con le tue aspettative, uno avrebbe dovuto dire "io sarò il protagonista, il prescelto con un destino da compiere, e una classica storia di formazione da attraversare per diventare adulto e leader"; e un altro rispondere "ok, allora io sarò il migliore amico del protagonista, un po' spalla comica sfigata e un po' la sua ombra su cui può sempre contare, e sarò il suo tramite tra il mondo dei Babbani e quello della magia; e alla fine mi metterò insieme alla secchiona"; e un altro ancora "ok, io invece sarò l'elemento femminile del terzetto, la secchiona e la coscienza del gruppo, quella che fa sempre le prediche e fornisce gli spiegoni di lore se richiesto, e che alla fine si metterà con l'amico sfigato". Suona male, giusto? Ce le vedi tre persone dotate di raziocinio fare questo? No, a meno che... non siano un gruppo teatrale che si prepara a uno show! Ma in quel caso, lo stesso gruppo che fa la discussione di cui sopra definisce anche la storia, e lo fa contemporaneamente a quella discussione, non successivamente. E' anche quello che fa uno scrittore. Uno scrittore definisce i protagonisti insieme alla storia. Sa già come va a finire. La Rowling sapeva già cosa sarebbe successo nel settimo libro, quando ha inventato i personaggi per il primo. E' una cosa che è impossibile riprodurre in un GdR, semplicemente perché un GdR è un'altra cosa. Quando creano i personaggi della loro Compagnia (che, tra parentesi, è abbastanza eterogenea come razze) i giocatori non sanno ancora che ci sarà da distruggere l'Unico Anello, gettandolo tra le fiamme del Monte Fato, dopo aver attraversato le miniere di Moria, ed essersi poi divisi in grossomodo due gruppi, uno che si occupa delle guerre contro le armate degli orchi e l'altro che prosegue la missione in incognito seguendo il PNG Gollum viscido ed ambiguo. Sanno che l'avventusa si svolgerà nella Terra di Mezzo e che il Male sconfitto nell'antichità si sta risvegliando; se va bene sanno anche che si tratterà di distruggere l'arma finale di Sauron. Tutto qui. Non è abbastanza per definire Frodo e Sam, Aragorn e Gandalf, Legolas e Gimli come li conosciamo noi. Fidati, la base solida di partenza che ti serve come master è l'obiettivo. Quello di breve termine e quello di lungo termine. Non ti serve sapere chi sono i personaggi dentro e come interagiscono tra loro. Neanche i giocatori stessi lo sanno. Se dicono di saperlo, in molti casi è solo perché non sanno di non saperlo. Eppure, in un buon 95% dei casi, sarà così: un manichino vuoto che si riempie con il tempo. Come tu all'inizio non sai la trama della campagna, a parte al limite l'obiettivo finale e i temi generali, così i giocatori all'inizio non sanno chi è il loro PG, sanno solo che è un ranger umano-dunedain, prode combattente, che vive nelle terre selvagge e parla il Comune e l'Elfico. Dopo diventerà Aragorn. Non può essere Aragorn sin dall'inizio. Le scelte fatte in corsa non saranno mai incoerenti perché saranno operate da un essere umano (il giocatore) in risposta a una serie di stimoli provenienti dal contesto (altri PG, mondo di gioco). Saranno una conseguenza di quegli stimoli. Non saranno, questo sì, belle come un personaggio del cinema creato a tavolino. Ma è normale. Non sarà mai paragonabile a un libro perché non è un libro. Se quello che cerchi è un romanzo, forse dovresti scrivere un romanzo. Lo dico seriamente, eh, non è una presa in giro. Io ho l'impressione, lo dico con cautela e scusami se manco di tatto, che il problema potrebbe essere nelle tue aspettative anziché nel gioco.
  9. Sì, questione di gusti, ma può darsi. Basta che se ne sia consapevoli 😁
  10. Il carattere e la mentalità sono cose che ci formiamo col tempo (il fisico determina se riusciamo a fare qualcosa; mi concentrerei sulla mente). Cosa più importante, sono cose che per la gran parte emergono in modo dinamico, cioè nella nostra relazione con gli altri. Un personaggio di una storia (un dramma teatrale, un romanzo, un film...) viene costruito in simbiosi con la storia stessa. Non voglio qui divagare nella teoria della scrittura creativa, di cui sono tutt'altro che esperto, ma il processo non è definire N personaggi a priori, a trama ignota, e poi lasciarli interagire e vedere come va a finire. La trama nasce insieme ai personaggi, i personaggi insieme alla trama. Mentre progetta e organizza la trama l'autore rimette mano ai personaggi, se necessario, anche in modo radicale. Quello che si vede alla fine è il prodotto finito. Gandalf, Frodo, Aragorn funzionano così bene in quella storia perché sono fatti per quella storia. Non hanno prodotto la storia come effetto a posteriori delle loro personalità: le loro personalità sono state tratteggiate in modo da rappresentare qualcosa nella storia e inserircisi perfettamente, come un puzzle. Si fanno spesso confronti tra personaggi della fiction e personaggi dei GdR, ma spesso sfugge questa differenza chiave: in ogni storia che si rispetti il personaggio e la trama sono in simbiosi, non c'è un tempo 0 a cui si definiscono i personaggi e un tempo 1 a cui, dati i personaggi, si definisce la trama. Un modo semplice per rendersene conto è immaginare una piccola variazione della storia di un film, libro o simili, come se un tiro di dado fosse andato storto. In fondo è il Dio D20 che regola tutto nel nostro D&D, giusto? Ebbene, la storia avrebbe completamente cambiato rotta. Ma sarebbe ancora stata soddisfacente? I personaggi sarebbero ancora sembrati così azzeccati? Se Luke Skywalker avesse perso la mano per un colpo di blaster di un comune stormtrooper, anziché nello scontro campale con Darth Vader, avrebbe forse avuto lo stesso effetto? Certo che no. Se Frodo non avesse indossato il giaco di mithril e la lancia del troll lo avesse fatto secco, ameremmo ancora così tanto quella storia e quel personaggio? Un altro vantaggio che hanno i personaggi delle storie è che in genere sono tutti partoriti dalla stessa mente, e quindi possono essere programmati in modo perfetto per funzionare insieme. Non può esistere un Sam senza un Frodo. Un Gimli senza Legolas non avrebbe funzionato. Ma un giocatore, quando crea il suo personaggio, non può sapere cosa c'è nella mente degli altri. Anche per questo è necessario lasciare un amplissimo margine di flessibilità. Se si vuole avere la possibilità (la certezza non ci sarà mai) che dal GdR emerga una bella storia bisogna accettare che, visto che la trama non è definita al tempo zero, neanche i personaggi lo siano. Essi nasceranno man mano insieme alla storia. La loro mentalità, i loro valori, la loro stessa identità cresceranno con l'andare delle avventure. In modo dinamico, cioè dall'interazione tra loro e con il mondo di gioco: come è giusto e naturale che sia. Se ci pensi, anche nei fumetti seriali spesso avviene qualcosa del genere. Hai citato Superman, ma il Superman delle origini non ha quasi niente a che vedere con il Superman "maturo" della Silver Age o dell'era moderna: perfino i poteri agli inizi erano diversi. Gli autori hanno "imparato a usare" il personaggio man mano che lo usavano, e hanno progressivamente affinato e ridefinito (a volte stravolto) la sua identità sotto molti aspetti. Sono un appassionato di Tex, di cui ho letto tutta la serie: tornando indietro, il Tex delle prime strisce fa quasi tenerezza da quanto era ingenuo (non ingenuo lui: ingenua la costruzione del personaggio, approssimato e rudimentale il suo carattere); nel corso dell'epopea è stato fuorilegge e poi ranger, e poi dimissionario e di nuovo fuorilegge e di nuovo ranger, è stato abbinato con vari compagni di avventura che poi sono stati relegati in secondo piano, e così via. Finché pian piano ogni cosa è andata al suo posto è si è formato il personaggio maturo che abbiamo ancora oggi.
  11. Esistono giochi con altre impostazioni. A me piace che D&D non abbia meccaniche di stampo "narrativo". Non mi piacerebbe se le introducessero. Penso che per molte altre persone sia lo stesso. E' questione di gusti, se non piace si può passare ad altri giochi. Ho l'impressione che questo sia un altro discorso ancora, credo, cioè un discorso di "tono" o "atmosfera", che è indipendente dal role play. Correggimi se ho capito male. Ci sono gruppi, o giocatori, a cui piace "non prendere troppo sul serio" l'ambientazione, impostare il gioco in modo comico, surreale, a volte anche buttarlo apertamente in caciara. Altri sono esattamente al contrario: cercano il dramma, l'interpretazione seria, la tragedia; rifuggono la commedia. E ovviamente ci sono varie vie di mezzo. Con il mio gruppo "storico" abbiamo provato diverse volte a fare un gioco con atmosfera horror, per cambiare, dopo tanti anni di D&D. Niente, non c'era versi: per quanto mi sforzassi di mantenere l'atmosfera dark finivamo invariabilmente per virare sulla commedia. E non era una questione di role play: tutti interpretavano il proprio personaggio in modo perfetto, o almeno discreto, era la dinamica che si creava al tavolo ad andare in quella direzione. Se un master non riesce a impostare il "tono" giusto con certi giocatori forse dovrebbe provare con un altro gruppo. Mesi fa, quando ho iniziato una breve campagna online ambientata nel mondo delle fiabe, ho chiesto esplicitamente ai miei giocatori quale "tono" volevano. Non concordo che questa rappresenti in alcun modo un'inversione dei ruoli o una confusione tra i ruoli. Il master può non approvare la backstory sul demone che uccide la famiglia del PG: è nel suo pieno diritto. Può anche non approvare il fatto stesso che il PG si inventi una backstory sulla propria famiglia: può tranquillamente dire "tu pensa al tuo personaggio, tutto il resto, famiglia compresa, lo decido io". Se però accetta quella backstory, è chiaro che l'impatto che essa avrà sulla campagna ricade sotto la sua giurisdizione e non sotto quella del giocatore. Ovviamente. Vogliamo forse che il giocatore controlli, di fatto, un PNG o una sotto-trama della campagna? Quella sì che sarebbe un'inversione dei ruoli. Credo di capire che cosa intendi dire con questo esempio, i murderhobo schizofrenici non piacciono neppure a me. Però perdonami se faccio l'avvocato del diavolo e ti faccio una domanda: c'è qualcosa che impedisca a una persona reale del mondo reale di comportarsi così? Ipoteticamente, dico. Se lui ha deciso che il suo personaggio è un pazzoide che un giorno si comporta da assassino e il giorno dopo da boy scout, perché non dovrebbe essere libero di interpretarlo così? Qualsiasi cosa (per quanto folle) che possa essere pensata da una persona reale come il giocatore, compresa questa, può essere pensata anche dal personaggio giocante. Poi naturalmente ci saranno le debite conseguenze in-game di un simile comportamento, ma quello è un altro discorso. Perdonami se mi ripeto ma non è così. Tutti noi decidiamo le nostre azioni al momento senza "seguire" nulla. E' normale che un giocatore di un GdR non debba seguire qualcosa (una traccia, un copione) quando interpreta il suo personaggio. Come ho già detto, molti ne sarebbero proprio incapaci. E' inutile pretenderlo. Ma questo non significa affatto che il master non possa prevedere che cosa accadrà e tutto diventi grossolano. Per prevedere che cosa accadrà (a grandi linee, abbastanza da progettare un'avventura) non è necessario conoscere la storia, la personalità, l'identità dei PG. Serve solo una cosa: il loro obiettivo. L'obiettivo comune del gruppo che è la ragione per cui il gruppo sta insieme. E quello andrebbe concordato in modo esplicito prima ancora di creare i personaggi. Dato quello il master ha tutto ciò che gli serve. Non parlo per sentito dire ma per esperienza diretta: io faccio così (da un po' di tempo a questa parte: cioè, da quando ho capito che si faceva così) e non mi è mai capitato di non riuscire a prevedere, in modo approssimato ma sufficiente, dove sarebbe andata a parare un'avventura o una campagna. Posso sapere se c'è qualcosa che non ti convince in questo discorso, e che cosa?
  12. Il mio punto è che non risolve nemmeno le incoerenze. Le traveste con un po' di techno-babble
  13. Non me la sono presa, ci tenevo solo a non essere frainteso: non è che si rinuncia alla complessità o all'interpretazione "profonda", si evita solo di vincolarla in anticipo e la si fa emergere man mano. In generale ottengo ottime scene di role-play in questo modo, anche se forse è perché ho avuto la fortuna di avere molti buoni giocatori. La mia risposta è che non viene fatto perché non funziona. Essere attori è una professione. La stragrande maggioranza dei giocatori di ruolo, anche se avesse voglia di comportarsi da attore (e non tutti ne hanno voglia - legittimamente), semplicemente non ne è in grado.
  14. È rivolto a me? Sono io quello che resta sciallo?
  15. C'è molta carne al fuoco nel tuo ultimo (edit:) penultimo commento, difficile risponderti in modo esaustivo, ma si fa per parlare, quindi forse meglio così. Io posso solo proporti quello che secondo me è un approccio che funziona: predefinire (in modo esplicito e concordato) l'obiettivo del gruppo, e nient'altro; nel senso che ogni giocatore può predefinire altre cose quando crea il personaggio (allineamento, provenienza, background, fidanzata, tragica storia familiare con demone annesso) ma io da Diemme tendenzialmente le ignoro (voglio dire che ne prendo atto ma non mi aspetto che siano fisse e non costruisco niente nel gioco che si basi su quelle cose). L'unica cosa fissa, una sorta di "patto sociale preliminare", è l'obiettivo comune del gruppo che costituisce una sorta di gentleman's agreement tra tutti, un contratto sociale. Poi, man mano che si gioca, il personaggio vero (il suo vero carattere, il suo vero allineamento, i suoi veri legami sociali...) emerge dall'interazione dinamica tra il giocatore e il mondo. In questo ogni giocatore è diverso: Alcuni vogliono solo divertirsi e non si attaccano fortemente a niente a parte la ricchezza e il potere del loro PG. Mi sta bene, non cerco di cambiare il loro atteggiamento: finché si mantengono in linea con la meta (l'obiettivo del gruppo) va tutto bene, e non perdo tempo a creare sviluppi di trama personalizzati per loro, visto che evidentemente non sono interessati. Alcuni si mostrano molto interessati a definire la "collocazione" del proprio PG nel mondo di gioco, a interpretarlo in modo da far risaltare la sua identità. Sono quelli che sono più propensi a sviluppare legami con PNG ricorrenti, a darsi una linea etico-morale molto chiara, a impelagarsi nella lotta tra fazioni e così via. Anche qui mi sta bene: una volta che vedo che un elemento caratteriale o sociale del loro PG si è "formato" in maniera solida e stabile inizio gradualmente ad usarlo come aggancio per sotto-trame o per scene di role-play che gratifichino il giocatore. Altri ancora (la maggioranza, nella mia esperienza) non propendono di per sé per nessuna delle due vie. In questo caso il DM e il gruppo sono cruciali. Nell'interazione reciproca si creano dei meccanismi di "feedback positivo" per cui certi comportamenti si rafforzano a vicenda. Se metti un giocatore power play fanatico con 3 indecisi, potrebbero "driftare" anche loro verso il power play fanatico, o viceversa essere "respinti" all'estremo opposto. È una dinamica sociale, per questo difficile da prevedere e controllare (poi c'è chi è più portato, e chi - come me - meno). Però qualcosa si può provare a fare, perché il DM tra tutti è pur sempre quello che ha più armi a disposizione. Le prime sessioni sono cruciali per "dare il la" al tono della campagna e al comportamento dei giocatori. Per esempio, introdurre PNG molto "umani" a cui possano affezionarsi, e al contempo dar loro un motivo concreto per affezionarsi, è un ottimo modo per stimolarli verso il role play. Insomma. Anche le persone reali possono cambiare, comportarsi da avaro in una situazione e da spendaccione in un'altra potrebbe non essere un cattivo role play. Se il giocatore non ha un comportamento costante sotto questo profilo (l'essere avaro) da master cercherò di evitare di usare questa info, perché non è affidabile. Non è un dramma. Di sicuro la info non è affidabile (in generale) se è scritta nella backstory. Il master può accettare quell'elemento della backstory oppure non accettarlo. Non c'è niente di male a dire al giocatore: "guarda, questa storia nel mio mondo non sta in piedi, cambiala". Tuttavia, se il DM accetta quell'elemento è suo dovere (suo, non del giocatore) trovare una spiegazione razionale e coerente del perché il demone non riappare davanti al PG di livello 1 per farlo arrosto su due piedi. La questione esula abbastanza, mi sembra, dal tema role-play. Non sono d'accordo, non perché lo ritenga sbagliato per principio, ma perché per esperienza non funziona. Forse neanche nella tua esperienza, giusto? L'approccio ottimale invece è mantenere le backstory il più snelle possibile, due righe, anche meno. Proprio perché i giocatori per la maggior parte non sono attori, come ho detto all'inizio, e anche con tutta la buona volontà non sono in grado di attenersi a un copione predefinito. Se ignori le backstory e consideri carattere e "posto nel mondo" del PG come cose che emergono dinamicamente dal gioco, anziché essere definiti al tempo zero, questo problema non si pone.
  16. Perdonami @nolavocals ma sono confuso: il problema è che i giocatori non "rendono interessante" il loro PG attraverso un'interpretazione "sentita" (come più o meno diceva @Ji ji), o il problema è che il master non ha informazioni per poter prevedere il loro comportamento? Sono due problemi diversi. Il primo è una questione di gusti e di stile. Si può, da master, creare una campagna che non esalti solo il combattimento ma anche altre qualità. Ma non si potrà mai trasformare in un attore uno che non vuole farlo / non trova piacere a farlo. Il secondo problema invece è facile da risolvere: nella gran parte dei casi non c'è bisogno di sapere in anticipo il carattere e la personalità di un PG, ma solo di sapere il suo obiettivo. Che dovrebbe, quello sì, essere concordato in anticipo con tutto il gruppo e il master, in modo che il gruppo abbia una motivazione valida per rimanere unito e il master abbia un'indicazione chiara di dove andrà a parare l'avventura e possa prepararsi.
  17. Consiglio: assicurati che i tuoi giocatori siano consapevoli di questa "architettura di design" del tuo gioco e che la apprezzino. Specialmente la parte di, diciamo, "decostruzione" della morale, con l'illusione della scelta e il fatto che fare la cosa sbagliata è il solo modo di risolvere un problema eccetera, non è per tutti i gusti. Non sarebbe per i miei, ad esempio.
  18. Ripeto, si tratta di definire cosa intendiamo per immedesimazione e per role (e per personaggio "interessante"). Ho avuto scene di combattimento, al mio tavolo, in cui i personaggi, alcuni con ottime build da combattimento, si sono trovati a fare scelte interessanti (strategiche ma anche morali o "politiche") e quello per me è immedesimazione ed è role. Non pretendo di stabilire gerarchie su quale sia il modo migliore o più giusto di interpretare / ruolare un personaggio. Ci può essere quello che piace di più o piace di meno, ma è soggettivo. Sul resto dell'analisi concordo con te: dipende molto dal funzionamento del gioco (il combattimento è una parte essenziale di D&D, piaccia o non piaccia) ma soprattutto dipende molto dal DM. Il DM ha un grande potere nel momento in cui crea avventure che incentivano / premiano certi personaggi rispetto a certi altri. Se si vuole un gioco in cui i personaggi conflittuali, edgy, con traumi psichici o superproblemi vari primeggino, non c'è strada migliore che progettare una campagna fatta in modo da farli primeggiare. Naturalmente i giocatori saranno liberi di aderire a quella campagna oppure no, a seconda dei loro gusti. E se scelgono no non significa necessariamente che siano power player disinteressati alla caratterizzazione e che non hanno diritto a parlare di role.
  19. Anche con questo non sono d'accordo. Credo che dipenda dalla definizione che si ha di role. Per me role indica solo quel meccanismo del gioco per cui ti immedesimi nel personaggio e prendi delle decisioni al posto suo. Non include necessariamente avere una "traccia" psico-caratteriale definita a priori. E non include necessariamente una preferenza per personaggi più o meno problematici, edgy o simili (edit: né, semplicemente, per quelli molto diversi da sé).
  20. Personalmente la vedo in modo nettamente diverso: penso che un giocatore di ruolo sia qualcosa di molto differente da un attore, proprio perché non ha un "copione" da seguire (delle linee, come dici tu), e credo che la definizione caratteriale e psicologica del personaggio dovrebbe essere una conseguenza di come viene interpretato e non un dato a priori sulla base del quale interpretarlo. Ho approfondito il tema in diversi articoli sul mio blog tra cui ultimamente questo (scorri pure fino ad "appendice 1: non si tratta di recitare"). Detto questo, ho una giocatrice che una volta ha voluto interpretare un personaggio cieco, e un'altra volta un personaggio con serie disfunzionalità psichiche. Dipende dalla persona. Non è una cosa che si può forzare, e non me la sentirei nemmeno di incoraggiarla: se uno vuole interpretare un eroe d'avventura senza grandi difetti non me la sento di definirlo un giocatore peggiore. Edit importante: mi riferisco in particolare a giochi sulla falsariga di D&D; esistono altri giochi, specialmente recenti, che sono più "narrativi" e funzionano in modo diverso sotto questo profilo; a me non piacciono ma esistono. Eh, però l'attore viene pagato. Altra differenza non da poco. 😉😁
  21. Purtroppo non possiedo quel manuale. Se specifica "luce diretta e indiretta" non ci sono scappatoie: di giorno devi startene rintanato sottoterra o nella tua bara o simili, e puoi essere attivo solo di notte. Se specifica "luce diretta", si tratta di parlare con il DM per capire quali sono i margini entro cui la luce può dirsi diretta (ad esempio, dire che se il cielo è nuvoloso o se porti una specie di burqa sei protetto mi parrebbe eccessivamente favorevole, ma dire che puoi stare in un edificio di giorno, se stai alla larga dalle finestre, mi sembrerebbe sensato). Se non specifica niente, di nuovo si tratta di discuterne con il DM e trovare un accordo.
  22. A quale vampiro ti riferisci? Una razza giocabile o un mostro? Da quale fonte? Edit: se ti riferisci a questo https://roll20.net/compendium/dnd5e/Vampire#content, non specifica se intende la luce solare diretta o anche quella indiretta, quindi direi che è una cosa da valutare a giudizio del DM.
  23. Progettare un setting diverso dal solito, dove la magia sia meno presente e meno onnipotente = ottima idea, lo consiglio; l'ho fatto anche io diverse volte. Basarsi, a questo scopo, su versioni più o meno forzate / approssimative delle leggi della fisica e della scienza in generale = pessima idea, specialmente in un GdR. Imho. Ci sono tantissimi modi di rispondere alla domanda ipotetica del tuo giocatore, e tirar fuori il concetto di entropia è, perdonami, il meno soddisfacente e il più rischioso. A meno che tu non conti, semplicemente, sull'effetto stupore generato dal techno-babble scientifico di per sé. 😉
  24. Perfetto, quindi è come ho detto: è una sorta di "mana con effetti collaterali", o "slot incantesimi con effetti collaterali". In effetti è sovrapponibile al modo in cui funzionavano i punti potere degli psionici, almeno in 3a edizione. Il fatto che si chiami "energia" è un caso. Non ha niente a che vedere con l'energia in senso fisico.
  25. Questa soluzione paradossalmente sfavorisce i personaggi con alta Des, nel primo caso, e di alta Sag, nel secondo, mentre quelli con modificatore di caratteristica +0 o meno non si accorgerebbero di niente. Nei casi in cui un personaggio è completamente immobilizzato, come ha detto giustamente @KlunK la sua Des effettiva è 0, quindi che superi un TS sui Riflessi è abbastanza improbabile. Se vuoi più "realismo" puoi anche dire che lo fallisce automaticamente, d'altronde è un'eventualità talmente rara che non credo stravolga nulla. Per quanto riguarda tutto il resto, se ci tieni ho una soluzione più semplice: usa la regola cosiddetta "miglior amico del DM" per affibbiare un modificatore di circostanza (+2 o -2 sono i valori tipici, ma puoi spingerti anche a -4 o -6 se lo reputi necessario in certi casi) a un certo TS a seconda delle condizioni in cui viene fatto. Semplice, rapido e impatta su tutti allo stesso modo (a parità di situazione). Se vuoi puoi anche pre-assegnare il modificatore di circostanza alle varie condizioni negative, esempio: "stordito dà -2 a Riflessi e Volontà" e così via (stordito, a differenza di paralizzato, non implica che tu sia immobile, tant'è vero che non sei indifeso). È un lavoro lungo e noioso per qualcuno, ma magari gratificante per te. Considera che in questo modo tendi ad aumentare la "pericolosità" delle condizioni negative rispetto ai danni (favorendo, ad esempio, incantatori di tipo controller a incantatori di tipo blaster) e a sfavorire leggermente i PG rispetto a mostri e PNG (tutto ciò che aumenta l'imprevedibilità degli scontri fa questo).
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