Una serata che procedeva splendidamente, una bella discussione con mia moglie, con una massa di brutti ricordi che tornavano a galla da quel luogo che c’è in ognuno di noi, ma che tendiamo ad escludere dalla memoria, poi il raffreddore che non faceva altro che farmi lacrimare gli occhi, anche se mi domando se fosse solo il raffreddore a procurare quelle lacrime, mah. Ci voleva una bella passeggiata per schiarire la mente e recuperare un po’ di controllo prima di esplodere. Indosso i miei nuovi stivaletti di pelle nera, il mio giubbotto che volgarmente è chiamato modello Matrix ma che per me significa molto di più, ora ci mancano solo gli occhiali. Certamente impediscono un po’ la vista ma in cambio evitano che le persone ti guardino negli occhi, quindi il pregio supera di gran lunga il difetto. Sono pronto ed esco filato, senza pensare a cosa mi aspetterà al mio ritorno.
Passeggiare mi piace, io sono una persona che ama il silenzio e quando passeggio da solo arrivo all’apice del piacere, non ci sono parole che possono entrare nella mia testa, quelle delle altre persone non le sento nemmeno. Per sicurezza mi sto allontanando dal centro perché preferisco passeggiare in periferia. Ecco quello che somiglia di più al silenzio, solo il rumore di qualche auto o moto che mi passano di fianco evitandomi, pensando chissà cosa di un uomo che cammina da solo nella semi-oscurità di questa periferia, vestito di nero con gli occhiali da sole, insomma un’ombra nell’ombra. Camminando penso alla mia vita, e di cose che vorrei cambiare ce ne sono molte, pensandoci bene la mia è stata proprio una vita da schifo, rovinata dall’assenza di un genitore e dalla presenza di un altro, dagli amici che tradiscono e da quelli che tradisci tu per primo, di donne che se non sei fortunato, e io non lo sono mai stato, non si accontentano di rovinarti la vita ma dopo averlo fatto non fanno altro che rinfacciarti di essere un perdente. Sono arrivato ai binari di una piccola stazione, non c’è nessuno e decido di sedermi un po’ su una panchina. Il silenzio e il buio che facilmente riesce a sopraffare la luce di un piccolo lampione lontano da me mi avvolgono, quando sei triste ti sembra che anche il paesaggio intorno a te si adegui, oppure sei proprio tu che cerchi un luogo adatto a te per poi renderti conto il paesaggio ti asseconda, a volte il nostro inconscio fa brutti scherzi. Mentre sono avvolto in me stesso il rumore delle sbarre a livello mi colgono alla sprovvista, dire che non avevo mai pensato al suicidio è una menzogna, certo non ci avevo mai pensato seriamente ma qualche volta il pensiero che forse era meglio non esserci aveva attraversato la mia mente, non so perché mi ritorna in mente proprio ora ma l’idea che la cosa migliore sia farla finita si fa strada dentro di me, intanto il treno si avvicina.. Rabbrividisco al quel pensiero ma è più per le idee neocristiane che mi sono state inçulcate a forza nel cervello e che cercano ancora di influenzare le mie scelte, in realtà farla finita non mi sembra una cattiva idea, poi in me nasce una domanda che mi ero già fatto altre volte ma che ora assume un significato diverso, molto più profondo: “Qualcuno piangerà sulla mia tomba?”.
Intanto il treno si avvicina…
Sembra una domanda stupida ma se escludiamo quelli che lo fanno per fare scena, ci sarà su questa terra almeno una persona che piangerà la mia morte, che sentirà veramente la mia mancanza? Sorrido perché la risposta è si, so che almeno un persona piangerà sulla mia tomba, questo mi fa sentire meglio perché so che ho fatto almeno una cosa buona nella mia vita. Mi alzo e mi avvicino ai binari, il treno ormai è a portata di vista, vedo la sua sagoma scura con una luce al centro avvicinarsi, sono sul bordo dei binari, mi tolgo gli occhiali e li lancio verso la panchina, credo di essere pronto, sono sulla sponda del marciapiede aspettando la macchina che segnerà la mia fine.
Oramai è vicina e devo buttarmi ma non ci riesco, i miei piedi si bloccano a terra, quell’ultimo slancio di attaccamento alla vita che credevo finito si fa sentire, poi qualche cosa mi spinge e perdo l’equilibrio, cado in avanti e chiudo gli occhi. Non è successo niente, non sento dolore, riapro gli occhi ma è inutile, non vedo niente, buio dappertutto, strofino gli occhi con le dita e quando li riapro una persona è davanti a me, è un vecchio, con i capelli bianchi, basso ma molto altero nella sua compostezza. Mi sorride e io gli chiedo dove sono, lui si presenta a me dicendo di essere il diavolo, Satana in persona. Sono sorpreso, abituato alla cultura cinematografica americana mi aspettavo che conoscere il diavolo fosse una cosa diversa, molto più scenica. Mi dice che lui ha fermato il tempo un istante prima che il treno mi investisse e che mi ha portato da lui per una proposta, la classica proposta che fa ad alcuni, vuole la mia anima.
In cambio non mi chiede cosa voglio, io sto comunque per morire quindi ha deciso che non ho facoltà di richiesta, posso solo ascoltare la sua offerta. Mi ha scelto per diventare un rappresentante del male in terra, per essere un essere malefico che non fa altro che far soffrire gli uomini mettendo a dura prova la loro fede e tutte i loro buoni precetti. Non mi vuole dire se la mia anima è destinata al paradiso o all’inferno se non accetto la sua offerta, mi ha offerto di cambiare il mio destino al posto di terminarlo quella sera e che posso fare se non accettare? Nessun contratto firmato con il sangue mi porge la mano e dopo avergliela stretta mi ritrovo alla stazione qualche secondo prima dell’ arrivo del treno, vedo il mio corpo al limite del marciapiede che aspetta, come un’ombra silenziosa mia avvicino, anche il treno si avvicina e quando vedo che il mio corpo non si butta subito, capisco anche perché mi ero sentito spingere alle spalle. Ora sono qui, la mia vecchia vita non mi appartiene più, sono un essere malvagio che si nutre di anime, più sono candide e più mi saziano, non vi nascondo che con il passare del tempo trovare del buon cibo è sempre più difficile. Adesso so gestire bene i poteri che il mio sangue immortale mi ha donato e non faccio più fatica ad uccidere. Ora vado perché il pentacolo marchiato a fuoco sul mio petto ha iniziato a pulsare, è un messaggio del mio padrone che ogni tanto mi ordina qualche bersaglio particolare da eliminare, non mi dispiace perché quelli che mi indica il mio padrone sono buonissimi e mi lasciano sazio per un bel po’, indosso i miei stivali, il mio giubbotto di pelle modello Matrix e i miei occhiali da sole che ho recuperato da terra alla stazione prima di andare via, ora sono pronto per partire, Padre Carlo aspettami...