La sua mano saettava, trafiggendo i cuori dei suoi avversari. Non li vedeva in faccia, la loro figura era sfuocata, una macchia bianco-azzurra nello spazio nero in cui si trovavano. Tutto intorno a loro, infatti, non v’era altro che un’indefinita cappa scura, che gli precludeva la vista. I nemici si formavano dal nulla, erano decine, centinaia, ma nulla lo poteva fermare, era felice, entusiasta, invincibile…LUCE!
Un rumore l’aveva svegliato, roteò gli occhi; al margine del suo campo visivo scorse un volto chiaro, segnato da una profonda cicatrice. Scattò in piedi, accucciandosi, pronto all’azione. Gli occhi dell’elfo lo fissavano con intensità e curiosità. Accanto all’individuo appoggiato alla parete della stanza, avvolto nel suo mantello,(siamo in una stanza?) c’era il suo stocco. L’elfo lo rassicurò con la sua voce avvolgente, chiedendo informazioni su di lui. Si rilassò, non avrebbe avuto niente da perdere, inoltre ora si rammentava di come l’avessero aiutato, salvandolo da morte sicura contro gli orchetti, ed intuiva che qualcuno l’avesse curato, così ristorato come si sentiva. Iniziò la sua strana storia, partendo dal suo nome, dal sapore esotico, Shamaryal. Raccontò della sua posizione di guardia reale, del tradimento, della fuga, del naufragio e della prigionia. Di quella prigionia di cui non aveva ancora compreso né l’utilità né il senso. Chi era lui? Un abile duellante delle isole del sud, di cui dubitava gli orchetti sapessero qualcosa. Era sicuro che ci fosse qualcuno di grosso calibro, alle spalle dei rozzi guerrieri dell’isoletta. Si passò una mano fra gli sporchi capelli, grigi e lunghi, che gli coprivano il volto incrostato dalla sporcizia ed avvolto da una lunga barba di 7 anni, parzialmente pulito dai suoi salvatori. Facendolo vide le ferite ai polsi accuratamente fasciate e pulite, e fu grato allo strano gruppo. Già, chissà da dove erano arrivati, un nano, uno strano elfo, un’elfa nera, e…alcuni altri, che ora si avvicinavano, incuriositi dal risveglio dello spadaccino. Sham si alzò, salutando con la cortesia che contraddistingueva un cavaliere del suo rango, tutti, dalla piccola bambina elfa, al massiccio nano, presso il quale stava un alto uomo, probabilmente un chierico, dati i suoi simboli religiosi. Si sentiva rinfrancato, ora avrebbe avuto solo necessità di riposo e di un po’ di allenamento. Ma intuiva che ciò non sarebbe stato possibile, aveva notato che quella scalcinata compagnia ne aveva passate tante, e così sarebbe stato per un bel po’ si tempo a venire. L’allenamento, immaginava, sarebbe stato sostituito da pratica sul campo… Per ora non avrebbe detto altro, si fidava di quegli individui, ma lui stesso doveva schiarirsi le idee. Avrebbe ascoltato la loro storia, sembrava dovessero raggiungere una nave che li aspettava a largo del tempestoso mare intorno all’isola. Bhè, non rimaneva che unirsi al gruppo ed ascoltare la loro lunga storia…
spero vi piaccia, ditemi.