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Iperione di sanguigno manto vestito
Dell'efferato atto mai s'è pentito
Treman le acque del mare rabbioso
Con forza colpisce gli scogli, furioso
Nel cielo risuonan le grida di dei folli
Che rimbobano in echi paurosi per pendii, gole e colli
Urla il lampo e tonante si lancia
Nelle acque saline violento scalcia.
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Beve nell'adorno teschio l'umano sangue
Guarda felice le spoglie dell'era che langue
Rende macabro banchetto invitante
Anche per l'incorruttibile piccolo infante
Geme lamenta e gode del divino destino
mentre decora col caldo succo l'uomo supino
E mentre ancor nell'estasi s'erge potente
Inizia a lanciare urla sin troppo cruente
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Setis intrappolato nel mondo reale
Vede e sente il vento di bora astrale
Fermo s'una scogliera guarda il cielo
Di nembi bui porta ancora il triste velo.
Lampi e tuoni risuonan cupi maestosi in quella notte
Rischiaran le nuvole dalla violenta forza ormai rotte
Fulmini schiantano nelle acque inquiete
Sollevano scatenano e spandono forze segrete
Senza forma dalle rocce guarda la sua arte
Esiliato sul mondo reale
Evocato da persona mortale
Triste non comprende ciò che lo circonda
E uccide in preda a pulsione furibonda
Senza esser del tutto cosciente
Di come agisce sferzato dal Ponente
Un massacro il bagliore divino ha compiuto
Senza che la sacra cerca avesse adempiuto
Impara presto l'odiato mondo ad amare
E fitta pioggia scende per il peccato suo lavare
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Ombroso è l'anfratto
Dall'artista ritratto
Alberi rachitici
S'estendono mitici
Fronde d'un verde perduto
Coprono la radura d'un dolore assoluto
Il cielo è nascosto da nuvolo nere
Ricorda a tutti le feroci fiere
Da esso discende un unico e folle
Raggio di luce ch'illumina il solo colle
Chitinose creature striscian nel fango
Per raggiunger ciò che rimpiango
Per arrivar al calore solare, promessa salvifica
Che i piccoli infimi animi "ora" vivifica.
Il pittore si ferma e intinge il pennello.
Cala delicata mano, tremante
Un ultimo segno traccia, morente.
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Ridon di scherno sbeffeggian l'eterno
Stupido infermo
Vecchio dal capo marcito
Di vermi e larve farcito
Cadon brandelli di carne
Infestata da piccole tarme
Anchessa ride, maledetta creatura
E indomita l'opra sua perdura
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E monta il vento ponente
Istiga la torturata mente.
Condensano nubi d'avorio
Create da un'animo prima irrisorio.
Un fulmine squarcia il reale
Comandato da creatura astrale
Che s'impone, s'alza
La costrizione scalza
Irato urla al cielo in un boato che scuote il creato.
Onde s'impennano ardenti evaporando nel moto,
Si lancian furiose verso epicentro ch'è vuoto.
E compare.
Torna, mortale, più forte, potente, irriverente,
Titano dei mari.
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Un elogio alla speranza scomparsa
Che all'uomo sempre gentile è parsa
Nel momento del bisogno, crudele svanisce
Per tornare quando voglia di viver sparisce
Con forza costringe a lottare
Chiunque con essa voglia parlare.
Ad infiniti stagni verdeggianti
E a sconfinati cieli abbaglianti
Azzurri paesaggi dormienti
Prigioni per menti coscienti
E' destinato il viaggiatore demente che parla di profezie alla comune gente
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Cerca se stesso nell'altro
Si comporta in modo assai scaltro
Corre rapido su calzari alati
I suoi occhi al mondo celati
Porta messaggi d'amore e morte
In rime misteriose a volte contorte
Più veloce delle luce e del vento
Messaggero mai soddisfatto o contento
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In tempo ancestral costretto al silenzio
Sotto un sigillo di puro assenzio
Creatura senz'anima che danza nell'ombra oscura
Ora stupra vite e la morte all'uomo assicura
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L'eterna promessa non verrà mai espressa
Il mostro notturno rimarrà all'ombra di saturno
Le lame d'acciaio affamate di morte più torneranno a segnar l'umana sorte
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Rinchiuso in eoni sconosciuti
Tra reami e mondi "detti" perduti
Vaga la coscienza del viaggiatore
Per infinite stagioni, mesi, ore
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Brilla di solar forza
Sotto unica singolar scorza
E ride ancora del buffo destino
Bevendoci sopra litri di vino
Come pazzo di luogo in luogo vaga cantando
Di blasfemi inni a dei morti la storia sta urlando
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Nel gelido cubo intrappolato
Giace l'animo spento, addormentato.
I dimenticati inni ora sopiti
Cantavan nel crepuscolo d'amori infiniti
Parlavan di passioni, di guerra
Momenti così belli da scuoter la terra.
Ora è solo al buio, morto
Rinchiuso, in sè assorto.
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Meravigliosa incredibil e inaspettata visione
Aspettava illuminata da dimenticata costellazione
Nella notte silenziosa e serena, fredda e infinita
La memoria, di lei ricordo lascia traccia scolpita
Ed Il fioco baglior sul suo viso disceso
Facea scintillar suoi occhi d'un sentimento incompreso
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Abbaglianti le luci dell'ombra brillante
Cacofonia di una folle pazzia danzante
Tra corpi ammassati di un desiderio condannato
Proiettati in un presente che sembra malato
Nasce la felicità in un momento intenso
E perde in pochi secondi ogni suo minimo senso
La musica stordisce folla in cerca di vita
In un'ascesa fatale nella sua corsa infinita
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Cieli spandon fiamme crepitanti
Furent' immersi in colori sgragianti
Adombran la spiaggia dorata
Da pioggia battente bagnata
Solo nella benedetta tempesta
Compie le sue empie, sacre gesta
Nell'amore di un amare infinito
Giace con un folle sogno scolpito
Saette e scintille di passione
Attraversano il regno d'iperione
E nubi e nembi, minacciosi e cupi
Incubi per gli amanti, feroci lupi
Nell'eterno e sublime atto
Il dio osserva esterefatto
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Cade il giglio ghignante
Follia corre li rampante
Tra le implacabili nere gocce
Sono troppe le rivolte al cielo facce
E dalle opache violacee nubi
Le fiamme aspettano ch'egli le rubi
Prometeo, titano divorato dai falchi degli dei
Perchè tu salvasti l'umanità e condannato sei?
Popoli ora turbati, sofferenti, si combattono l'un l'altro
Sommersi da montagne di pece sopravvive sol il più scaltro
Con mille stratagemmi lui l'eden vinse
Oh odisseo che i fianchi di calipso cinse.
Libero dagli inumani limiti terreni
Pronto a dominare tutt'i popoli elleni
Alza guerriero lo scudo dipinto
E inno innalza in onor del vinto
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Un'altra visione sull'occhio di endimione
Cresce e si spande
Lo sperone più grande dei mondi
Suoi, mille e mille campi fecondi
Sulle rocce stratificate
Città su città son edificate
Sin troppi i loro stili assurdi e irreali
Fuggono le concezioni e i modi banali
Sulla sommità della vile montagna
S'erge loco ove nacque mia compagna
D'argento e d'ebano intarsiata
Piramide domina la città domata.
E l'occhio vigile serpentino
Sorride a quel mondo così divino
Senza tristi affanni ne desideri
Ove la mentre crea i suoi imperi
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