Un cavaliere all’orizzonte, scrutava la Valle. Non una valle qualsiasi, ma la Valle, quella in cui era nato e cresciuto, dove erano nati e cresciuti suo padre, suo nonno e tutti i suoi antenati.
Dov’erano nati i suoi figli, che non vedeva ormai da tre anni. Tre anni….chissà com’erano cresciuti. I maschi avevano intrapreso un mestiere? Le femmine avevano messo su famiglia?
Forse stava esagerando. In fondo, erano passati solo tre anni. Ma ne succedevano di cose, in tre anni. Una guerra, scoppiata per motivi religiosi. Religiosi….come se ci fosse qualcosa di religioso nell’invadere un regno vicino, marciare per settimane tra pioggia e fango, uccidere soldati e civili inermi e veder morire i propri amici. Niente di tutto ciò: la religione, come al solito, era solo un abile stratagemma dei potenti per strappare i civili alle loro famiglie e mandarli a morire per i propri interessi. Ma adesso era tutto finito: era stato firmato un armistizio, e i guerrieri sopravvissuti potevano tornare alle loro case. Il cavaliere era entusiasta:finalmente avrebbe riabbracciato sua moglie! Chissà se gli era rimasta fedele, se aveva pregato per lui nel frattempo, come aveva promesso….chissà se a casa era rimasto tutto immutato, o se cerano stati dei cambiamenti….ma certo che c’erano stati, come potevano le cose rimanere ferme per tre anni? Tutto cambia, tutto finisce prima o poi.....ma a lui andava bene com’era prima. Al cavaliere piaceva la sua vecchia vita: nonostante avesse un grande talento con le armi, era un tipo pacifico, che non chiedeva niente di più che una sedentaria vita di campagna. Era il tipo di persona che sapeva accontentarsi…ma stava pensando troppo. Spronò il cavallo, e pregò gli dei che nulla fosse cambiato.
Il cavaliere penetrò nella Valle, oltre la coltre di alberi che, secoli prima, erano stati piantati intorno ad essa per rendere più difficile un possibile assedio.
Per prima cosa si diresse al villaggio e…il villaggio non c’era più . In compenso, c’era una notevole quantità di macerie fumanti, e i cadaveri dei cittadini sparsi lì intorno.
Contrariamente a ciò che si può pensare, il suo primo pensiero non fu l’ira, o la paura, o lo sgomento, ma la preoccupazione. Casa sua era a un ora di cavallo dal villaggio. Doveva arrivarci il prima possibile perché, da ciò che poteva vedere, i nemici non facevano prigionieri.
Grazie alla sua intelligenza e alle nozioni apprese in guerra, intuì come si erano svolti i fatti:i nemici erano arrivati a piedi in gran numero, di notte; avevano devastato il villaggio, poi si erano divisi in gruppi più piccoli per attaccare le varie fattorie. Dovevano essere almeno duecento tra guerrieri e arcieri. Senza perdere tempo, lanciò il cavallo al galoppo e si diresse verso casa sua. Ogni secondo gli pareva non passare mai, e imprecava tra sé e sé per non poter andare più veloce.
La sua famiglia…ma era meglio non pensarci, non sarebbe servito a niente. Ce l’avrebbe fatta, sarebbe arrivato in tempo. Li avrebbe salvati, e insieme sarebbero fuggiti in un paese neutrale, dove avrebbero iniziato una nuova vita. Certo, gli sarebbe dispiaciuto abbandonare la Valle, ma non si poteva fare altrimenti. Magari, un giorno, sarebbero potuti tornare nella loro vecchia casa, ed essere di nuovo felici nella terra che apparteneva alla sua famiglia da secoli…ma sarebbe stato un giorno molto lontano, e chissà se avrebbe vissuto abbastanza per vederlo?
Con questi pensieri in testa, il cavaliere arrivò alla fattoria. E arrivò troppo tardi.
Anch’essa era stata ridotta a un cumulo di macerie. Poteva vedere i cadaveri dei servitori e dei suoi familiari, morti, cercando di difendersi, uccisi, alla stessa orribile maniera degli abitanti del villaggio. Ora, finalmente, il cavaliere provò emozioni, ma così intense e terribili che non si possono descrivere con le parole. Tutto ciò che riuscì a fare fu estrarre la sua arma e cercare con lo sguardo i colpevoli, prima che una freccia lo centrasse in pieno petto e lo facesse cadere per terra, morto. L’arciere si avvicino al cadavere del cavaliere, gli tolse l’elmo e, osservandolo, disgustato, pronunciò queste parole in Elfico Antico:
<<Queste creature ripugnanti, disumane, non hanno diritto ad esistere. Sia benedetto il giorno in cui riusciremo a ripulire il mondo dagli Orchi!>>