inizio a postare una parte di un racconto comico che ho iniziato a fare con starfire e yeshol.
inizia il libro:
primo capitolo: una riunione non familiare
Spoiler:
Il sole ormai cala nelle vaste terre di Elvar, un elfo pensieroso cammina spedito attraverso una foresta.
- Diavolo! Lasciare questa terra è difficile, ma questi dannati ogre e ancora peggio questi dannati elfi mi danno veramente fastidio, disturbano i miei gorgheggi. -
Arbred ignora purtroppo che gli ogre e gli elfi si tenevano lontani dalla sua casetta appunto per evitare i suoi gorgheggi, che producevano suoni comparabili a quelli di un verme purpureo che si fa i gargarismi con aceto e limone.
- Che noia questo sentiero, veramente, mi si rovinano i piedini. Non avrei dovuto lasciare sulla mia sequoia le scarpe, dannazione a questi sassi. Sono così appuntiti... Ahia! Ma ora che ci penso, perchè non cammino sull'erbetta? Certo che il mio cervellino elfico funziona veramente male ultimamente! Vediamo se le treccine sono a posto... -
Pensando queste cose, l'elfo prende in mano lo specchietto che si portava legato alla cintura, un regalo della nonna. È di pregevole fattura, con la cornice intagliata nell'avorio azzurro, ma mostra alcune profonde crepe, segno che Hammie ci si era specchiato. Hammie è un criceto, per la precisione una sorta di incrocio tra una pantegana radioattiva e un topino bianco da alchimista, di quelli usati per testare le pozioni.
Si guarda con finto disinteresse allo specchio, si aggiusta le bionde trecce rasta e si schiaccia un paio di secolari brufoli.
- Questo dannato specchio è sempre più rovinato, per colpa del mio dannatissimo criceto. Vediamo come se la cava, il bastardo... -
Sogghignando, estrae di tasca una scatola di ferro grossa un pugno, slega la cintura che lo teneva chiuso e quindi svita il coperchio a tenuta ermetica ed estrae un ammasso di peli con due teneri occhietti rossi che lo guarda in adorazione. Stringe in mano Hammie fino a vedere i suoi occhioni sporgere di qualche centimetro dalle orbite, e lo fissa con aria assatanata dritto nelle pupille.
«Sei ancora vivo eh?»
Il tenero esserino lo guarda e ammicca felice. In risposta, l'elfo inferocito lo ricaccia nella scatoletta che lo contiene a malapena, e la richiude avendo cura di pinzare buona parte della coda spelacchiata di Hammie. Dunque scaglia con vigore la scatoletta contro un albero, ma si china subito a raccoglierla, sapendo bene che si sarebbe ritrovato il criceto davanti il giorno dopo. Ci aveva già provato.
- Speriamo che soffochi, la carogna. Ora... Dove si va? Avevo sentito parlare di Alglafia, un paesino di montagna vicino a queste parti, ma non ho idea di come ci si arrivi... Magari il ratto lo sa, ma non ho voglia di tirarlo fuori. Mah, incominciamo ad uscire da questo bosco. -
Uscito dalla foresta, Arbred segue il sentiero, mentre incomincia a calare la notte.
Canticchiando una canzoncina demenziale, prosegue, affidandosi ai suoi sensi acuti per procedere sicuro nell'oscurità.
La mattina seguente giunge in vista di un villaggio di pastori, e fa il suo ingresso trionfale calpestando coi piedi nudi un enorme caccone bovino che sembra sorridere dalla gioia. Dopo avere infierito brutalmente sulle povere feci, prosegue imprecando verso l'unica osteria del paese, chiamata "La Boassa".
Una decina di pastori ride al suo passaggio, dopo avere seguito con sguardi curiosi le sue vicende e liti coi prodotti del bovino intestino. Ride perfino una mucca, che lo guarda divertita.
- Ste dannate mucche con questa schifosissima abitudine di scagazzare in giro per la città... -
«Oh ma che cosa disdicevole, tutti questi escvementi in givo pev le vie, oh ma che puzza insoppovtabile...»
- Cornute le mucche e ancora più cornuti i pastori, che possano annegare insieme a Hammie... -
«E voi potveste puve smetteve di videve, non si gioisce delle altvui sventuve!»
Uno sguardo inorridito si dipinge sulla faccia dei pastori alle sue parole, che sentono uscire dalla bocca dell'elfo con una voce roca e stonatissima, a volte stridula e a volte simile a un rutto di balor con la tracheite.
I pastori dunque iniziano a ridere rotolandosi per terra, ridono come pazzi senza più riuscire a fermarsi.
Arbred, imbufalito, entra nell'osteria e si appoggia stanco al bancone, ordinando una birra.
In quel mentre, un corpulento mezzorco dall'aria rozza, ma con lo sguardo stranamente fiero e altezzoso per la sua razza, fa il suo ingresso nella locanda. Con passi pesanti ma ben misurati, si appropinqua al bancone, nell'unico posto disponibile, cioè di fianco ad Arbred. Infatti misteriosamente nessuno sembra volersi avvicinare all'elfo.
«Signor locandiere, potrebbe, cortesissimevolmente, consegnarmi quella pregiata bevanda alcolica che proviene dal frutto della vite autunnale?»
«Eh?!?»
Esclama il locandiere lievemente disorientato.
«Del vino, villano!»
Nel villaggio di orchi dal quale proviene, il mezzorco Argaragnasd è molto conosciuto. Il suo fare maleducato rende orgogliosi gli orchi, ma il suo "piccolo" difetto li fa anche vergognare. Perciò alcuni orchi, combattuti tra questi due sentimenti, si suicidano perché non capiscono cosa stanno provando.
Oggi Argaragnasd è nella versione sapientona perché si è dimenticato che stava dormendo nella parte sotto di un letto a castello, e tirando una poderosa testata alle assi del letto sovrastante, ha azionato il meccanismo psichico che lo ha messo in modalità sapientona.
Infatti il mezzorco ha una duplice personalità, che si scambia ad ogni colpo in testa.
Quando è in modalità sapientona, o meglio Modalità Pigna, come la descrive il suo psicologo, il mezzorco ottiene una squisita capacità di fare innervosire i suoi camerati.
Ora Argaragnasd sorseggia il suo vino tranquillamente, mentre il suo naso orchesco incomincia ad avvertire un aroma poco piacevole.
- E chi è adesso questo specie di orcoide puzzettone? Ma chi si crede di essere? Beve tenendo il boccale come una primadonna... - Pensa Arbred, guardando con la coda dell'occhio il nuovo arrivato.
Ma Arbred non fa in tempo ad ordinare la quarta birra che ecco comparire sulla porta uno gnomo con uno sguardo completamente perso, le braccia a penzoloni e un'espressione bovina. Arbred strabuzza gli occhi e con espressione quasi altrettanto bovina pensa - Ammazza te questo qui è perfino più fatto di me... Chissà come ha fatto a ridursi così... -
Vedendo che l'elfo al bancone lo fissa incredulo, lo gnomo cerca invano di prendere un atteggiamento un po' più dignitoso, si tira su le brache che erano all'altezza del tallone e procede barcollando verso l'unico posto rimasto libero al bancone: tra l'elfo e il mezzorco.
«Oh Theresa, c'è un posto libero qui! Ma che... Ma che bello... Hey oste! Una birra! Birra, sì!»
Vedendo che lo gnomo è solo, sia l'elfo che il mezzorco si voltano a guardare il basso gnomo, e il loro sguardo si incrocia quaranta centimetri sopra alla sua unta testa.
L'oste, ormai con un fazzoletto attorno al naso e alla bocca, serve scettico lo gnomo barcollante.
Lo gnomo, dopo qualche sorsata, esclama «Hola amico elfo! Come... Come va la vita?» e nel frattempo tira una poderosa manata sull'elfico sederino di Arbred, che sussulta e prende vita, dimostrando forse la sua soddisfazione sfiatando con la potenza di un geyser.
Arbred, spaventato a morte dal colpo e dalla conseguente incontrollabile reazione del suo retto, si gira indignato verso lo gnomo, sbattendo la birra nanica sul bancone. «Cosa stai facendo, vazza di subdolo essere inferiore e meschino? Come ti pevmetti?»
Lo gnomo, ingannato dal vocione, si gira verso il mezzorco, ma si ritrova a fissare la sua cintura, dato che quello stava pacificamente appoggiato al bancone sorseggiando la sua birra. «E tu cosa c'entri, specie di orso? Stavo parlando con... Con l'amico elfetto! Guarda che Theresa ti fa la bua se provi ad importunarmi! Theresa...»
Il mezzorco crede che sia l'elfo a parlargli, dato che non vede lo gnomo.
-Signore, io non le ho riferito alcun commento o parola, quindi la prego gentilmente di tenere chiuso il suo apparato di riciclo dell'immondizia-
«Sto pavlando con lui, specie di grosso plantigvado intronato... Con questa specie di moscevino schizofvenico!» Sbraitò al contempo l'elfo, perdendo ogni rimasuglio di grazia elfica rimasta.
Lo gnomo si gira nuovamente verso l'elfo, lievemente disorientato, mentre il mezzorco Argaragnasd continua tranquillo a bere a piccoli sorsi il suo vino, non ritenendo dignitoso rispondere a una così bassa ingiuria.
Purtroppo in quel momento Hammie, liberatosi finalmente dalla scatolina ermetica, fa il suo ingresso in scena salendo sulla spalla di Arbred. Al che lo gnomo impallidisce violentemente e incomincia a strillare con voce acutissima «La... La fatina malvagia... Aaaaaagh! La fatina la fatina la fatinaaaaa!»
Dunque stride qualche arcana parola e scaglia una palla di fuoco contro la povera bestiolina, che si ritrova all'improvviso incastonata nel soffitto.
Arbred resta impassibile, seppure un po' scornato, ad osservarsi la spalla bruciacchiata, cercando con lo sguardo tracce dell'animaletto. «È movto?» Chiede dunque speranzoso, con quasi le lacrime dalla felicità.
«Noooo! La fatina è ancora vivaa! È immortale! Aiuto! Aiutoaiutoaiutoaiuto!» E spara ancora una palla di fuoco scoperchiando definitivamente il povero edificio.
Ormai l'osteria è un tumulto, pezzi di soffitto crollano ovunque, le pareti collassano una massa di persone si rovescia nella piazzetta del paese, fuggendo e urlando, calpestandosi a vicenda.
Ci furono poi molte versioni divergenti che cercarono di spiegare l'accaduto. Nessuno seppe mai come fece la cosiddetta "fatina" a sopravvivere alla seconda fiammata, ma due testimoni affermano che essa si sarebbe infilata su per l'armatura del mezzorco in cerca di salvezza dalla furia distruttiva dello gnomo, ma questi, con lo sguardo invasato ed emettendo fumo dalle orecchie, si sarebbe inerpicato sulla testa dell'impassibile mezzorco, continuando ad evocare una dopo l'altra sfere di morte infuocata.
In seguito narrano che il mezzorco si sia misteriosamente infuriato, estraendo una poderosa ascia orchesca e cercando in ogni modo di sopprimere la presenza gnomesca nella zona, accompagnando pure le sue riprovevoli azioni plebee con ruggiti e barriti.
Secondo un vecchietto che stava pacificamente seduto sulla sua sedia a dondolo in piazza, una torma di gente terrorizzata tra cui un elfo barcollante con una scarpa di quello che pareva fango e l'altro piede nudo, si sarebbe riversata in piazza e poi dispersa cercando riparo. Subito dopo questa calca di gente sarebbe zampettato fuori dalle macerie una specie di pantegana fosforescente, inseguito da una furia impolverata, a sua volta seguita da un elefante alto due metri e mezzo con un'ascia più grande di lui.
Poi il vecchio dice di essere fuggito zoppicando, mentre i tre pazzoidi radevano al suolo il paesino.
I paesani, rifugiatisi su degli alberi vicino al paese, assistono inermi alla devastazione delle loro povere case, e quando Arbred, con ancora un piede pieno di "fango putrido" e sbanfando come un mantice, tentò di inerpicarsi sulla quercia sovraccarica, fu scacciato da una fitta gragnuola di saponette, grida, pigne e scarpe assortite. «Vattene!» «Vai a calmare i tuoi amici, elfo puzzolente!» «Ho sentito parlare di lui! Si chiama Arbremagique!» «E come mai?» «Perché ha un alito che sembra un ghoul!» «Vattene via!»
Dunque l'elfo recupera un paio di scarpe, e accompagnato da risa sguaiate e da una grandine di pigne, corre furioso verso il turbine infuocato composto da Argaragnasd, Hammie e Gnocco lo gnomo. Ai suoi occhi si presenta la seguente scena: uno gnomo invasato che strilla «Via via fatine malefichee! Viavia!» e corre in cerchio evocando in continuazione piogge di meteore su qualsiasi persona o edificio in vista, un mezzorco imbizzarrito che cerca di asciare lo gnomo sbraitando «Lasciati colpire, inutile tappetto!» e infine un topino sbruciacchiato, contuso, escoriato e traumatizzato che si regge con tutte le sue forze all'orecchio dello gnomo, squittendo come un matto.
Arbred rimane fermo sul posto, a metà tra il divertito e lo stupito, e dopo aver schivato un meteorite si dirige verso i tre a passo veloce «Sentite vagazzi, fevmatevi! Calmatevi un pochino e discovviamo insieme da pevsone civili, prima di farci male sul serio!»
Al che solo Hammie molla la presa e si siede per terra, finendo calpestato dallo gnomo e tritato dal mezzorco.
Accortosi di avere brasato il povero animale, Argaragnasd si ferma all'improvviso, e aspetta fermo l'impatto dello gnomo che infatti dopo due secondi si schianta contro la sua schiena. Dunque il bestione, con anche una lacrimuccia, si china a scrostare i rimasugli del povero criceto, che però mostra ancora segni di vita.
«Oh, non ti pveoccupave, si vipvendevà fin tvoppo in fvetta... Ova savà meglio lasciave il paese, pvima che i paesani si decidano ad aggvedivci.» gracchiò Arbred in un impeto di saggezza.
Hammie si trascina lentamente verso l'amato padrone, scricchiolando la sua disapprovazione verso i metodi barbari dello gnomo. Quest'ultimo sembra improvvisamente rinsavito, e strabuzza gli occhi con espressione stupita e stupida. «Dove sono? Chi sei tu? Dov'è Theresa?»