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Questa è la tua canzone... tu non lo sai...
Joram Rosebringer ha risposto alla discussione di Joram Rosebringer in Cinema, TV e musica
Mio cugino me l'ha fatta entrare in testa... e gliela dedico. Luna Gianni Togni E guardo il mondo da un oblò Mi annoio un po' Passo le notti a camminare Dentro a un metrò Sembro uscito da un romanzo giallo, Ma cambierò Si cambierò Gettano arance da un balcone Così non va Tiro due calci ad un pallone E poi chissà Non sono ancora diventato matto, Qualcosa farò Ma adesso no Luna Luna non mostri solamente la tua parte migliore Stai benissimo da sola, sai cos'e' l'amore E credi solo nelle stelle, Mangi troppe caramelle, Luna Luna ti ho visto dappertutto anche in fondo al mare Ma io lo so che dopo un po' ti stanchi di girare Restiamo insieme questa notte, Mi hai detto no per troppe volte Luna E guardo il mondo da un oblò Mi annoio un po' Se sono triste mi travesto Come Pierrot Poi salgo sopra i tetti e grido al vento Guarda che anch'io Ho fatto a pugni con Dio Ho mille libri sotto al letto Non leggo più Ho mille sogni in un cassetto Non lo apro più Parlo da solo e mi confondo e penso Che in fondo sì Sto bene così Luna Luna tu parli solamente a chi è innamorato Chissà quante canzoni ti hanno già dedicato Ma io non sono come gli altri Per te ho progetti più importanti Luna Luna non essere arrabbiata, dai non fare la scema Il mondo è piccolo se è visto da un'altalena Sei troppo bella per sbagliare Solo tu mi puoi capire Luna E guardo il mondo da un oblò Mi annoio un po' A mezzanotte puoi trovarmi Vicino a un juke-box Poi sopra i muri scrivo in latino Evviva le donne Evviva il buon vino Son pieno di contraddizioni Che male c'e' Adoro le complicazioni Fanno per me Non metterò la testa a posto mai E a maggio vedrai Che mi sposerai Luna Luna non dirmi che a quest'ora tu già devi scappare In fondo è presto l'alba ancora si deve svegliare Bussiamo insieme ad ogni porta Se sembra sciocco cosa importa Luna Luna che cosa vuoi che dica non so recitare Ti posso offrire solo un fiore poi portarti a ballare Vedrai saremo un po' felici E forse molto più che amici Luna -
Questa è la tua canzone... tu non lo sai...
Joram Rosebringer ha risposto alla discussione di Joram Rosebringer in Cinema, TV e musica
La stavo ascoltando e, come sempre, mi ha divertito parecchio... Disperato erotico stomp Lucio Dalla Ti hanno vista bere a una fontana che non ero io Ti hanno vista spogliata la mattina, birichina biricò. Mentre con me non ti spogliavi neanche la notte, Ed eran botte, Dio, che botte Ti hanno visto alzare la sottana, la sottana fino al pelo. Che nero! Poi mi hai detto: «poveretto, il tuo sesso dallo al gabinetto.» Te ne sei andata via con la tua amica, quella alta, grande fica. Tutte e due a far qualcosa di importante, di unico e di grande Io sto sempre a casa, esco poco, penso solo e sto in mutande. Penso a delusioni a grandi imprese a una Tailandese Ma l'impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale. Quindi, normalmente, sono uscito dopo una settimana Non era tanto freddo, e normalmente ho incontrato una pu**ana. A parte il vestito, i capelli, la pelliccia e lo stivale Aveva dei problemi anche seri, e non ragionava male. Non so se hai presente una pu**ana ottimista e di sinistra, Non abbiamo fatto niente, ma son rimasto solo, solo come un deficiente. Girando ancora un poco ho incontrato uno che si era perduto. Gli ho detto che nel centro di Bologna non si perde neanche un bambino. Mi guarda con la faccia un pò stravolta e mi dice: «sono di Berlino.» Berlino, ci son stato con Bonetti, era un pò triste e molto grande. Però mi sono rotto, torno a casa e mi rimetterò in mutande. Prima di salir le scale mi son fermato a guardare una stella. Sono molto preoccupato, il silenzio m'ingrossava la cappella. Ho fatto le mie scale tre alla volta, mi son steso sul divano, ho chiuso un poco gli occhi e con dolcezza è partita la mia mano. -
film Neverland
Joram Rosebringer ha risposto alla discussione di Joram Rosebringer in Cinema, TV e musica
Ma nessuno proprio nessuno lo ha visto? -
E' uno spunto ma per qualcosa che dovrà succedere molto più in là. Prima bisogna uscire dal mare.
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Una pioggia incessante, un tramonto oscuro e cadente. E lei in mezzo a tutto questo. La nave veniva sballottolata dalle onde che sembravano volerla sovrastare per ghermirla e rovesciarla. Sul ponte gli uomini dell'equipaggio erano tutti fermi, immobili, guardando lei come se potesse essere la loro salvezza. «Che cosa fate lì? Muovetevi! Fate qualcosa!» La sua voce aveva un suono implorante che non le piaceva per niente. Odiava implorare. Odiava dover chiedere aiuto e dipendere dagli altri. Odiava se stessa, inerme e impotente. Alzò le mani per ordinare al vento di fermarsi, ma il suo ululato sembrava una risata derisoria. Non aveva intenzione di soggiogarsi al suo potere e la cosa la lasciava sconcertata e furente. Non servivano a niente le sue magie e la sua forza. Alla fine smise anche di provarci, ma non tanto perché vedeva che era inutile, quanto perché le sembrava di stare implorando il vento stesso. Vide l'equipaggio restare immobile, mentre le vele venivano stracciate, il legno divelto. L'albero si spezzò e cadde sul ponte, sfondandolo e precipitando nelle cabine. Un'onda si infranse sul ponte di comando e distrusse il timone, sbattendolo contro la ringhiera delle scalette per poi farlo precipitare in mare. Un'altra onda spazzò via in un batter d'occhio tutto l'equipaggio, che venne trascinato nelle acque burrascose, senza dare il minimo segno di terrore, senza il minimo urlo. Semplicemente furono portati via come dei pezzi di legno comuni. Ed infine il mare decise di prendersi lei. Una gigantesca massa d'acqua sovrastò la nave, inghiottendola nelle sue fauci gorgheggianti. Prima di precipitare nel buio soffocante, le sembrò di udire una risata pazza e isterica. Ashling si svegliò tossendo. Sputò in terra, cercando di riprendere a respirare. Poi si guardò intorno, trattenendo il fiato, come se avesse paura di ingurgitare altra acqua. Ed allora capì che era solo un sogno. Alzò gli occhi verso l'alto e vide le pareti gocciolanti della caverna, capendo che la sua sensazione di soffocamento era data da una goccia d'acqua che le era entrata in bocca. Soltanto quando sentì freddo si accorse di essere nuda, con la sola eccezione delle mutande. La sorella doveva aver preso la sua armatura ed i suoi vestiti, lasciandole solo una coperta poco distante. Ma se l'avesse fatto per pietà o per semplice dimenticanza, non lo sapeva. Camminando carponi raggiunse la coperta e la indossò. Il contatto con la stoffa fredda la fece rabbrividire ancora. Si fermò seduta, le gambe raccolte, dondolando e tremando, finché il suo corpo si scaldò quel poco che bastava per avere un po' di tepore. Mossa più da curiosità che da razionalità, si avviò verso l'uscita della caverna. I suoi passi nudi producevano uno sciacquettio che rimbombava tra le pareti, facendo sembrare il luogo ancora più vuoto e desolato. Guardandosi in giro le sembrò quasi impossibile che fino a poco tempo prima c'erano stati i draghi. E sua sorella. Strinse ancora di più la coperta al suo corpo, cercando di sfruttarne tutto il calore, ma il freddo che andava crescendo nasceva dalla sua anima. Voleva piangere. Scosse la testa, imponendosi un controllo ferreo e rigido. Nel farlo inciampò su una pietra più liscia e cadde a terra. Rimase sul terreno per quelle che sembrarono ore, guardando il soffitto della caverna. Nella sua mente rivedeva tutta la sua vita, le sue scelte, i suoi errori. Vedeva la lama della sua spada, priva di elsa, posata al suo fianco al suo risveglio, ormai inutilizzabile. Era sicura di stare per morire. Eppure l'immagine che più ricorreva nella sua mente era quella di Aixela. E si scoprì a pensare con nostalgia a quella compagnia che aveva tradito, a quel calore umano, quella solidarietà tra di loro. Li aveva condotti verso una trappola. E tutto questo solo per la sua voglia di potere e vendetta. Loro erano solo delle marionette. Ma erano marionette in mano ad una marionetta. Strinse i pugni per la rabbia. Non importava se fosse morta, ma avrebbe comunque cercato di farla pagare a sua sorella. Con la sola forza di volontà, si alzò in piedi, ricominciando il suo cammino verso l'uscita. Il suo corpo svuotato dei poteri le appariva debole e si ritrovò a ringraziare il fatto che non avesse più la sua armatura o forse sarebbe rimasta schiacciata dal suo stesso peso. La luce del sole le colpì gli occhi con il suo dolce dolore. Era fuori. E ora? Si trovava lontana dalla città più vicina, nuda e priva di armi e protezioni. Ci avrebbe messo dei giorni ad arrivare a Kradir, sempre che non fosse già stata rasa al suolo dai draghi. E comunque c'erano pericoli di altro tipo sulla strada per quella città. Si sedette sconsolata, ricacciando dentro le lacrime come per non farle vedere ad un ipotetico osservatore. Era sola. Era debole. Indifesa. E non lo sopportava! Soltanto il rumore di zoccoli le fece alzare la testa. Sgranò gli occhi nel vedere il suo cavallo emergere da dietro il pendio. Guardò subito i suoi fianchi e vide che aveva ancora le sacche magiche. Gettò via la coperta ignorando il freddo e corse verso di lui, nella sua mente una silenziosa preghiera a qualcuno di trovare le borse piene. Ed erano piene. Si vestì con i suoi abiti normali, trovando anche la sua spada di riserva, meno bella, ma utile in caso di pericolo. Nel frattempo pensava alla sua fortuna, al fatto che la sorella forse aveva previsto che lei si teleportasse nel luogo dove dimoravano i draghi, non pensando quindi che poteva avere un cavallo. La sua parte razionale le diceva che però sua sorella era una dea come lo era lei, quindi informata su tutto quello che succedeva nel mondo: doveva quindi sapere che vi era un cavallo con delle borse che le avrebbero permesso di andarsene e sopravvivere. La felicità però represse ogni pensiero. Ora era vestita, pronta per un viaggio... per la vendetta... anche se non sapeva ancora come. Frugò nelle tasche da viaggio per vedere se vi fosse altro che non ricordava. Toccò qualcosa di morbido e vellutato. Lo rigirò un po' tra le dita, senza estrarlo dalla sacca. Poi lo tirò fuori e vide che era una piuma bianca che ondeggiava tra le sue dita seguendo il vento.
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Accordi editing: La Nostra Storia
Joram Rosebringer ha risposto alla discussione di Strikeiron in House rules e progetti
Manzo, scusami, ma ho notato un altro errore di battitura. Forse la parola giusta era un "si". Riguardo il togliere la firma, senza che cancelli il post, puoi anche semplicemente modificarlo e, prima di dargli l'invio, togliere il flag a "Aggiungi firma...". -
Perché il film "Dungeons & Dragons" è ancora classificato come tale?
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musica Gruppo / Cantante preferito
Joram Rosebringer ha risposto alla discussione di Serghuio in Cinema, TV e musica
Be'... ho troppe preferenze quasi tutte allo stesso livello e cercherò di ordinarle. - U2 - Bon Jovi - Biagio Antonacci - Bryan Adams - Claudio Baglioni - Fabrizio De André - Robbie Williams - Linkin Park - Elisa - Ligabue - Samuele Bersani - Lucio Battisti - Cranberries - Michael Bublé - Evanescence Ma mi piace tutta la musica, ad eccezione di quella da discoteca e della latino-americana. -
L'ho visto due volte ed in entrambi i casi alla fine del film sono rimasto nello stesso modo: commosso, emozionato. Addirittura la prima volta che sono andato a vederlo tutta la gente ha applaudito. Un gran bel film, che magari pecca un po' di lentezza dopo i pirmi minuti, ma che sa riprendersi alla grande. E' la storia vera (naturalmente, romanzata) di James Matthew Barrie, il papà di Peter Pan, e di come abbia creato questa sua opera che resiste ancora all'usura dei secoli e del tempo. E' la storia di un uomo che usciva fuori dai canoni della società del tempo. Ed è una storia d'amore, ma non di quelle classiche, di quelle tra uomo e donna, ragazzo e ragazza. E' una storia d'amore di un uomo con dei bambini, dei quali uno ha completamente perso la fantasia. Una storia sull'immaginazione, sulla bontà d'animo ostacolata dai canoni dell'epoca. Ed è una storia bella, commovente, sulla nascita di una delle più grandi opere teatrali e letterarie. Seconda stella a destra e poi dritti fino al mattino... fino ad arrivare all'Isola Che Non C'è!
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ERIADAN, battute disegnate così, tanto per fare..
Joram Rosebringer ha risposto alla discussione di Imizael in Libri, fumetti e animazione
ERIADAN SI SPOSA! -
Bene... almeno so dove piazzare il mio fucile per farli fuori!
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Pubblicazione racconti DL
Joram Rosebringer ha risposto alla discussione di Joram Rosebringer in House rules e progetti
Non vorrei infondere false speranze, ma qui al lavoro c'è gente che ha contatti con la casa editrice "Il Mulino" e, dal momento che mi sto muovendo all'interno di questa struttura, posso anche fare pressioni per contattarla e vedere le modalità e la possibilità di pubblicazione. -
Accordi editing: La Nostra Storia
Joram Rosebringer ha risposto alla discussione di Strikeiron in House rules e progetti
Per me va benissimo, dopotutto, se non ricordo male, il lich lo hai introdotto tu, no? Sentiamo anche gli altri che ne dicono. -
Accordi editing: La Nostra Storia
Joram Rosebringer ha risposto alla discussione di Strikeiron in House rules e progetti
Credo che sia in fase di definizione, in quanto il suo personaggio era un mago malvagio che forse verrà accorpato un un unico personaggio: il lich. -
Il Ciclo di Darksword - Margaret Weis & Tracy Hickman
Joram Rosebringer ha risposto alla discussione di Joram Rosebringer in Libri, fumetti e animazione
Be', quando ho letto che a Merilon vi era la tomba di Merlino, dal quale la città ha preso il nome, e che le Arti Occulte sono state bandite proprio perché era per colpa loro che i maghi erano stati costretti all'esilio... e poi con i rapporti carnali proibiti, Saryon che guarda immagini di cavalieri in armatura, gli accenni al "re buono" con la tavola rotonda (su cui Simkin fa una battuta bellissima!)... insomma alla fine ho intuito l'arrivo e la natura degli "invasori". -
Lavoro editing: La Nostra storia
Joram Rosebringer ha risposto alla discussione di Strikeiron in House rules e progetti
La solita festa. Il solito ringraziamento ad una dea che serve come scusa e riparo per le azioni di semplici uomini e ragazzi che danno la vita per far proliferare il villaggio. Appoggiata al muro esterno della taverna, Aixela sorrise ironicamente osservando i festeggiamenti. Ma non poteva fare a meno di sentire quella stretta che significa felicità. Pur se le ragioni della festa erano per lei deprecabili, restava pur sempre un momento di allegria per tutti. Non ricordava più da quanto tempo non vedeva dei bambini sorridere e delle madri abbracciarli senza il timore di una razzia o di qualche catastrofe. Chissà se davvero c'era una Nehem da qualche parte a ridere di questa gioia. E chissà se la gioia che stava dando era gratuita o solo un preludio ad una più oscura maledizione. Come quella volta che stava entrando nell'ordine dei Cavalieri di Jamalièl. Non era la prima ragazza che aveva intrapreso una strada del genere e non sarebbe stata l'ultima. Ma lei aveva una differenza. Una sola. La stessa differenza che l’aveva resa una reietta, una fuggiasca… l'assassina di uno dei Cavalieri Anziani di Jamalièl. Era legittima difesa. Il fabbro per il quale lavorava e davanti al quale era successo il fattaccio ne era testimone. Era stata attaccata per la sua diversità proprio dal cavaliere che rimase infilzato dalla stessa spada che lei aveva fabbricato per lui. Ma la mano che la teneva era quella di lei, una mano tremante, agitata, ma sicura come sempre quando impugnava una spada. Guardò il suo fianco e notò la stessa spada che l'aveva resa fuggiasca riposare nel fodero. La osservava chiedendosi se fosse in attesa di spillare altro sangue o se stesse riposando, stanca di imbeversi di liquido vitale. «Hai il fumo che ti esce dalle orecchie.» Aixela sussultò e si girò di scatto, la mano sull'elsa. «Ehi... calma... sei tesa come una corda!» La voce alzò leggermente le mani con un sorriso. Poi, quando la vide togliere la mano dalla spada, le si avvicinò abbracciandola: «Bella festa, vero?» Lei si abbandonò tra le sue braccia: «Già... anche troppo.» «Riecco la mia pessimista. Quando le cose vanno troppo bene ha paura. Che ne dici di concedere una tregua ai tuoi pensieri?» Aixela si staccò dall'abbraccio e lo guardò, sorridendo: «Se non fossi... "diversa"... be', avresti già in mente come farmi passare i pensieri per un po', vero?» Gli strizzò l'occhio. «Be', non è un segreto che mi piaci. Purtroppo tu hai i miei stessi gusti, quindi... pazienza. Spero solo di non averti come rivale in amore.» Fece spallucce. Lei si girò di nuovo, dandogli le spalle, poi si appoggiò con esse a lui che la sorreggeva, cingendola con le braccia. «Parola di Trebor... ti proteggerò fino alla fine di tutto!» «Lo so... lo so...» Sorrise. Era una bellissima giornata. -
Lavoro editing: La Nostra storia
Joram Rosebringer ha risposto alla discussione di Strikeiron in House rules e progetti
Si sentiva fuori posto, lì nella superficie, lontano dalle amate caverne scavate nella montagna. Eppure, nonostante questo, egli era felice. Strano per un senza clan provare quell'emozione. I bambini che scorrazzavano per le strade fissandolo con gli occhioni sgranati, gli uomini che si chinavano il capo in segno di rispetto davanti a lui e all'antica arte che rappresentava… tutto ciò rendeva Sturmir particolarmente soddisfatto. Il suo autocompiacimento però durò poco. Gli tornò subito alla mente il pensiero che lui era un reietto, cacciato fuori dalle mura della Montagna perchè aveva rifiutato il saluto al Thane che gli aveva tolto la possibilità di praticare la sua arte perchè egli era un deviato, una creatura indegna del nome di nano. E questo solo perchè lui amava la magia, la sentiva scorrere nelle sue vene, pulsare nelle sue membra. Ma adesso non era tempo di abbandonarsi alla rabbia. Era tempo di vivere quella splendida giornata, magari raccontando a quelle due bambine dalle trecce dorate qualche storia sulle tradizioni del popolo della Montagna. Sì, alla fine non era così sincera la sensazione di essere fuori posto -
La nostra storia - Vampiri
Joram Rosebringer ha risposto alla discussione di Joram Rosebringer in Prosa e Poesia
Sembrava che tutto potesse essere risolto in un attimo, ma non è stato così. Da come si immaginava la cosa, non ci sarebbero stati problemi: sarebbe salito da lei e le avrebbe confessato tutto. Facile, no? No, non lo era affatto e lui se ne è reso conto proprio mentre stava per citofonarle. E se lei non lo avesse più voluto vedere? Era un’ipotesi più che plausibile e, al contrario di altre persone che se ne sarebbero fregate della loro ragazza, lui ci teneva molto a lei. Da quando ci si è fidanzato, ha tentato si farla felice in tutti i modi e le raccontava sempre tutto, anche contro il proprio interesse. Ma ora la faccenda va molto la di là della sincerità pura e semplice, una sincerità che gli è costata l’amicizia, se così può chiamarsi, di tutti quelli della sua comitiva… e la situazione potrebbe ancora peggiorare. Se solo potesse, si sotterrerebbe per non vedere più nessuno e non avere più dolore dal mondo esterno. Sì, dolore. Soltanto dolore, una cosa che si era ripromesso di non darle mai. E allora perché dirle tutto? Non deve soffrire come lui! Non deve assolutamente! Corre via da quel posto, come se stesse scappando da qualcosa di terrificante, come se fosse in pericolo immediato la sua stessa vita. Dopo aver girovagato un po’ per la città, si dirige verso casa, dopo essersi assicurato che i suoi genitori non ci siano. Non li vuole vedere! I suoi amici lo avevano isolato, è vero, ma loro lo avevano anche insultato, dandogli dell’incapace e dell’irresponsabile. Addirittura erano anche arrivati a dirgli che lo disconoscevano come loro figlio, che non lo avrebbero più voluto con loro, ma che lo dovevano tenere perché ormai viveva lì. Bella famiglia! Comunque, pensandoci bene, cosa si poteva aspettare da loro? Quello che ha ottenuto e anche di peggio. Lo avevano trattato sempre a rose e fiori, facendogli credere che non vi era alcun dolore e che quelli che vedeva per strada a chiedere l’elemosina erano solo degli sfaticati perditempo che non avevano voglia di fare un bel niente. E lui ci credeva e difendeva questa sua visione: tutti erano fondamentalmente buoni ed i cosiddetti cattivi erano tali solo perché non conoscevano il bene o perché ne avevano una visione distorta. Una teoria molto socratica che si scontrava però con la realtà. Presto capì di essere l’unico nel suo gruppo a pensare una cosa del genere; capì che il mondo non era solo bianco o nero, ma che aveva innumerevoli sfumature, il più delle volte dolorose. Non esisteva il bene o il male. Non si combatteva per un ideale, giusto o sbagliato che fosse. L’unica cosa certa era il dolore, quella cosa a metà tra il terribile ed il necessario, quel sentimento senza il quale un essere umano non può essere considerato tale. Ed i suoi genitori? Perché non gli avevano detto nulla di tutto questo? Sicuramente, si diceva, per proteggerlo dalle sofferenze quotidiane. Si sbagliava. Guerre? Basta che non arrivino qua da noi possono fare quello che vogliono. Razzismo? Se non ci fosse chi manda via questi immigrati, non ci sarebbe più posto per noi. Questo era quello che pensavano. Lui invece no. Lui non voleva neanche crederci lontanamente. Era disumano! Erano frasi crudeli! Frasi senza senso! Frasi... degne dei suoi genitori! E per questo li odiava e loro odiavano lui. E così si sfogava, andando a letto con ragazze che gli si concedevano tanto amorevolmente, venendo ricambiate però solo finché lui non si stufava di loro. Ma finalmente riuscì a mettersi con lei. Non sa ancora se il loro è sempre stato amore, se non lo è mai stato o se piano piano lo è diventato: sa solo che quando sono insieme tutto quello che passano di brutto viene cancellato ed ogni loro parola è accompagnata da un sorriso. Così, dopo un po’ di tempo che ci stava insieme, ha capito in che modo aveva ferito i sentimenti di quelle ragazze che gli si erano concesse e giurò a se stesso che non lo avrebbe mai ripetuto, neanche una sola volta. Eccolo finalmente a casa con il cuore in gola. Vorrebbe porre fine a tutti i suoi tormenti, ma è sempre stato un combattente e sa che lasciar perdere tutto non sarebbe un segno di vittoria, bensì di sconfitta… e lui odia perdere. Ma, qualunque cosa faccia, sa che qualcosa perderà. Si tratta solo di ridurre al minimo le perdite. Non ha scampo. Nessuno ce l’avrebbe. Nessuno. E lui, abituato ai vari tipi di sofferenze a cui la vita lo aveva sempre sottoposto, si ritrova lo stesso a ringraziare il cielo per aver fatto in modo che una cosa del genere non sia capitata alla sua ragazza. Tutto, pur di non vederla soffrire, piangere… morire. E ancora una volta si chiede perché si sta distruggendo in questo modo, perché, invece di togliersi questi pensieri dalla mente, li alimenta, come quando ci si tocca ripetutamente un dente dolorante. Sa però che deve avvertirla del rischio che sta correndo. Non si tratta soltanto di una cosa che riguarda lui e basta. Potrebbe essere in pericolo anche lei… potrebbe già essere… no! Non può… non deve succedere! Non lo sopporterebbe. Per questo deve avvertirla, dirle tutto quello che c’è da dire, informarla per filo e per segno dei rischi a cui va incontro. E se poi la perderà… be’, se poi la perderà… gli farebbe tanto male. Non è come tutte le altre con le quali era andato a letto, no. E’ così dolce, pura e felice che… che… niente. Non gli viene in mente niente per non perderla. Non sa come comportarsi per fare in modo che non soffra, lasciandola però al suo fianco per sempre. Rinunciare a lei significa rinunciare a tutti i bei momenti che avevano passato assieme, mano nella mano, a volte sulla riva del mare al tramonto, altre tra le affollatissime vie del centro. Ma sa anche che non potrà mai prendere la decisione giusta se non smette di pensare a queste cose. Solo razionalmente, lasciando da parte tutte le emozioni contrastanti che lo sommergono, potrà trovare una soluzione… anche se ne ha già individuata una da qualche tempo, ormai. Sì, perché una soluzione esiste e pur se attuarla significherà perderla come sua fidanzata, è l’unica cosa che può fare se vuole almeno la speranza che gli resti amica. Non c’è altro da fare! Prende il telefono e comincia a comporre il numero della sua ragazza. Pochi minuti dopo è sulla strada per andare al parco ad incontrarla, quello stesso parco dove da piccolo si divertiva a fare delle esibizioni con la bicicletta per fare colpo su delle bambine della sua stessa età, che ridevano impietose ad ogni rovinosa caduta che seguiva un’impennata. Ma non era un tipo che si arrendeva, anzi più cadeva e più era deciso a riuscire al prossimo tentativo, finché non imparò e cominciò ad esibirsi ancora di più. E vedeva con soddisfazione varie bambine che gli si avvicinavano per osservare i suoi progressi. Ma a lui non importava se lo acclamavano o no: gli bastava che lo facesse quella ragazzina con quegli occhi che lo rapivano, ma che erano sempre girati da un’altra parte quando tentava di parlarle. E crebbe, fondando una comitiva che non avrebbe mai dato il minimo segno di scioglimento. Tutti amici che si raccontavano le loro bravate, le esperienze con le donne e cose varie. E lui, con i suoi innumerevoli rapporti, era quello al quale dare ascolto quando si aveva a che fare con i problemi di “cuore”. Ma non se ne vantava perché sapeva che era soltanto uno sfogo, nient’altro. L’unica cosa che voleva era quella bambina, ormai ragazza, che non lo degnava di uno sguardo. E fu così che quel prato conobbe i suoi innumerevoli tentativi di raggiungere quel sogno, gli altrettanti innumerevoli fallimenti dovuti alle altre con le quali soleva giacere, i pianti, gli amici che lo confortavano... ed infine il coronamento del suo sogno, spiegandole quale era la sua situazione. Non ricorda giorno più felice. Questo è tutto quello che ha visto questo parco pieno di bambini che ripetono le sue stesse esperienze, ma privo di quella comitiva di falsi amici, pronti a chiedere tutto sui suoi vari rapporti e altrettanto pronti a lasciarlo solo durante questo suo momento di difficoltà. Ed ora, con suo enorme disappunto, quell’erba dove poggia i suoi piedi con passo insicuro conoscerà la fine di quel sogno che ha caratterizzato la vita in quel campo… infatti eccola lì che arriva, convinta che l’avesse chiamata per passare un altro piacevole pomeriggio insieme. Solo dopo i saluti, comincia a capire che qualcosa non va: non è lo stesso ragazzo che si esibiva davanti a lei per rubarle il cuore. Quel ragazzo si sarebbe rialzato e avrebbe ritentato, magari anche ricadendo, magari facendosi male sul serio, ma avrebbe continuato a persistere nel suo scopo. Questo invece é solo un pallido riflesso, un’ombra senza voglia di combattere… ma con un segreto terribile! Quelle parole la trafiggono con la stessa forza di una spada ben affilata, ma è convinta che se le avesse sparato le avrebbe fatto meno male. Da quel che ha capito, ha due scelte: restargli amica o lasciarlo solo come tanti altri hanno già fatto. Tra le due sceglie quella che le dà meno dolore, anche se usare la parola dolore è soltanto un eufemismo. Si rende improvvisamente conto di quanto siano riduttive le parole, in special modo quando si tratta di sentimenti: soltanto una piccola parte viene espressa con delle lacrime che escono copiose dagli occhi, quegli stessi occhi che fissavano di nascosto quel bambino senza che se ne accorgesse, facendogli credere che non gliene importasse nulla di lui. Ma ora tutto è cambiato. Niente sarà più lo stesso. E lo sa bene, come lo sa bene lui che pur se muore dalla voglia di abbracciarla e di baciarla, si trattiene con visibile sforzo e la saluta, alzandosi dalla solita panchina. E sparisce dietro quel cancello una volta pieno di allegria e di amici, ma ora rovinato da una malattia che oltre la morte porta solitudine e tristezza: l’AIDS. I giorni passano e tu torni da lui ancora una volta dopo aver riflettuto sulle varie soluzioni da adottare. Potevi curarlo, ma poi per lui ci sarebbe stata soltanto un’esistenza passata in balia dei medici che lo avrebbero studiato per capire come sia guarito dalla feroce morsa dell’HIV. Avevi addirittura pensato di mostrarti e di offrirgli una scelta: diventare un vampiro come te, e al limite fare lo stesso con la sua ragazza, o farlo restare così. Sai che sarebbe stato inutile perché, dopotutto, chi non vorrebbe la vita eterna? Be’, ora che ci pensi sai che la risposta potrebbe sorprenderti. Chi vuole vivere in eterno? Tutti. Ma chi lo farebbe se sapesse cosa lo aspetta? Chi lo farebbe se sapesse di dover vedere avvizzire ed invecchiare i suoi cari, fino alla morte? Nessuno lo farebbe, almeno non quelli con un briciolo di umanità. E loro sono così… umani. Così ti soffermi ancora sulle risa di quella camera. Tutti e due hanno ormai accettato la situazione e sanno che non c’è niente da fare se non rendere gli ultimi giorni i migliori di tutta la sua vita. E mentre osservi con piacere quella scenetta, sei pronto a giurare di aver già visto nei suoi occhi la stessa espressione di un bambino che anni fa si rialzava dolorante da terra, risalendo in fretta sulla sua bicicletta. -
La nostra storia - Supereroi
Joram Rosebringer ha risposto alla discussione di Joram Rosebringer in Prosa e Poesia
Una speranza tramutatasi in delusione. Un sogno in rovina. Proprio ieri sembrava che finalmente avrei potuto vivere la mia vita con mia moglie, ma alla fine è bastato un solo giorno per far crollare tutto. Ragioni econimiche, altre affettive... tutte cose degne di questo stupido mondo reale. Mi viene da ridere quando penso alla parola "reale". Come può definirsi reale un mondo in cui tutti hanno superpoteri? Come posso definirmi reale io stesso? Non so. Sono nella confusione più totale. E forse... da oggi hanno ragione a considerarmi un criminale. Sono andato al lavoro stamattina, finché mi arriva la notizia dell'impossibilità del trasferimento di mia moglie. Ed il mondo è andato in frantumi, nonostante tutti i miei sforzi di riattaccare i cocci. Una volta mi sarei sfogato chiudendomi nella mia fortezza di silenzio che nessuno poteva abbattere. Ora invece mi sono ritrovato in un batter d'occhio sul tetto più alto della mai sede di lovoro. Ma stavolta non c'ero andato per guardare il panorama. Mi misi il costume e mi lanciai di sotto, iniziando a volteggiare per le vie di Roma come un diavolo in costume. Non ricordo di aver mai raggiunto velocità simili. Il brutto però era che non avevo soddisfazione nel volteggiare, che non sentivo nulla, neanche quella libertà che mi entrava da tutti i pori. Non ho fatto nessuna capriola, nessuna acrobazia per uil puro piacere di farla. Semplicemente volteggiavo selvaggiamente, per il solo gusto di sfogarmi. E non mi bastava. Vidi una macchina fare un'infrazione ad un semaforo, passando con il rosso. Lanciai quindi una tela sulle ruote e la incollai all'asfalto. Poi scesi a terra e scardinai lo sportello, gettandolo via. Presi per il bavero il conducente e lo guardai fisso negli occhi, buttandolo a terra e legandolo sull'asfalto, in mezzo alla strada. Poi ripresi a volteggiare. Atterrai sul tetto di un autobus e con la mia tela agganciai e rovesciai tutte le macchine parcheggiate sulla corsia preferenziale che impedivano il passaggio. Mi dedicai poi a quelle in sosta selvaggia. Legai al palo un motorino ed il suo conducente che avevano al sola colpa di correre troppo, rischiando di investire dei pedoni. Ma non mi bastava. Mi diressi verso la stazione Tiburtina, lanciando ogni tanto una tela per sfogarmi, per rimediare ad un torto, anche effimero. Dietro di me potevo vedere decine di macchine sottosopra e di gente legata dalla ragnatela. Atterrai sul tetto della stazione e rubai un pacchetto di sigarette al tabaccaio. Mi sollevai leggermente la maschera e iniziai a fumare in silenzio. Ogni boccata era data con una cattiveria mai vista. Aspiravo quel fumo con al speranza che mi calmasse, ma serviva soltanto ad aumentare la mia frustrazione. Gettai la mia sigaretta ridotta ad un filtro fumante e scesi sui binari. Non so cosa avessi in mente. So solo che cominciai a colpire selvaggiamente la locomotiva del treno, finché non sentii le mie mani doloranti e non vidi la carrozzeria ammaccata. Vedevo degli uomini venire verso di me, tenendosi a distanza per paura e sorpresa. Saltai in aria e ricominciai a volteggiare verso il palazzo dove lavoro. Arrivato sul tetto presi l'enorme insegna e la sradicai. E in quel momento urlai tutta la mia rabbia. Un urlo che fece fgirare tutti, anche quelli che stavano otto piani sotto, sulla strada. Un grido che fece uscire sul terrazzo parecchia gente, solo per poi ritirarsi dentro, in preda alla paura. Li sentivo dire frasi come "l'Uomo Ragno è impazzito". Poi scagliai l'insegna contro il palazzo, fracassando molte finestre. E continuai ad urlare, finché anche la mia voce fu solo un ricordo. Poi mi gettai in ginocchio, piangendo. Mi ripresi quando sentii le sirene della polizia che svegliarono il mio istinto, portandomi al bagno dove mi cambiai di nascosto. E rimasi lì... in lacrime. -
Accordi editing: La Nostra Storia
Joram Rosebringer ha risposto alla discussione di Strikeiron in House rules e progetti
Dal momento che daermon non posta più, posso chiedergli se posso prendere io in mano i suoi paragrafi? -
La nostra storia - Fantasy 2
Joram Rosebringer ha risposto alla discussione di Joram Rosebringer in Prosa e Poesia
Il villaggio reagì con un silenzio carico di sussurri all'arrivo di due uomini che trainavano un cavallo sul quale sedeva una giovane donna, vestita solo di un mantello nero con il cappuccio bordato di viola calato sul viso. Joram si guardava intorno con la paura di dover fuggire di nuovo. Si toccò il petto e si ricordò che tra poche ore la ferita maledetta si sarebbe riaperta, capendo che non avrebbe avuto alcuna possibilità di fuggire. Si trattava comunque di morire. A lui la scelta di farlo per mano di un'arma o per dissanguamento. Cinque applicazioni corrispondevano ad altrettanti giorni di vita e, da quel che sapeva, il villaggio più vicino che poteva avere le erbe era a più di una settimana di viaggio a piedi. Troppo. Guardò il suo attuale compagno e spostò lo sguardo sul cavallo, prendendo per un attimo in considerazione l'idea di rubarlo. Ma sapeva del legame tra un paladino e la sua cavalcatura. Inoltre non era un ladro. Non quando poteva evitarlo. E, come se non bastasse, c'era questa ragazza da portare in salvo, da accudire. Si fermarono davanti al palazzo della milizia, sede del reggente del villaggio. La sua mente gli urlava silenziosi sensi di colpa, ma sapeva che non poteva entrare in quel luogo, che non poteva rischiare. Preferiva lasciare tutto in mano al paladino: lui sarebbe stato creduto. Un mezzelfo vagabondo invece avrebbe avuto meno possibilità. Il suo compagno sembrò capire la sua scelta ed entrò nel palazzo della milizia da solo, portando la ragazza sconvolta in braccio. Joram li guardò entrare con una tristezza profonda che gli invadeva gli occhi, rischiando di straripare in lacrime. Ma la diga che aveva eretto con gli anni si era fatta più forte e riusciva ad arginare bene quel fiume... anche se una parte di lui si chiedeva quanto avrebbe retto ancora. Entrò nella prima locanda che vide. La sua insegna lo fece sorridere amaramente: "Al Pugnale Avvelenato". Si toccò la cicatrice al petto, giurando di sentirla pulsare come un essere vivente, ed entrò. L'accoglienza che gli fu data era fin troppo prevedibile: gli occhi si girarono a guardarlo in silenzio per lunghi attimi, scrutandolo come se volessero vedere dentro la sua naima. Poi il vociare riprese e la vita sembrò continuare a scorrere normale. Ringraziò i suoi capelli lunghi che gli nascondevano le orecchie discriminanti e si chiese per quanto quella normalità sarebbe rimasta tale, una volta che fosse giunta la notizia di quel massacro. Si sedette ad un tavolino ed ordinò da bere la solita birra. Ormai era lei la sua compagna. Lei e le sue venti amiche sigarette. -
Accordi editing: La Nostra Storia
Joram Rosebringer ha risposto alla discussione di Strikeiron in House rules e progetti
Ottimo Wolf! Quindi in "Lavoro Editing..." posteremo la versione definitiva di quello che elaboreremo in "Accordi Editing...". -
Accordi editing: La Nostra Storia
Joram Rosebringer ha risposto alla discussione di Strikeiron in House rules e progetti
Sì, io direi di aprirlo. Per quanto riguarda Entreri c'è anche un problema di continuità. Visto che la nostra ambientazione sembra essere quella di Dragonlance (infatti i drow non ci sono ed Iskra' si deve "mascherare" da elfa normale), Entreri è un personaggio dei Forgotten Realms (se non erro), quindi o lo si elimina (leggendo non mi sembra che ci siano parti importanti che lo riguardano direttamente) oppure si fa capire perché sia entrato in questo piano... anche se non so quanto possa giovare alla storia un personaggio che scompare senza lasciare traccia e senza un significato (ad esempio, Trebor si è sacrificato e la sua morte è stata resa in qualche modo emozionante, dandole un significato... spero). Fatemi sapere che ne pensate. -
Accordi editing: La Nostra Storia
Joram Rosebringer ha risposto alla discussione di Strikeiron in House rules e progetti
Il fatto è che non è un personaggio che poi se n'è andato, ma che è misteriosamente scomparsio da un posto all'altro insieme al suo autore, quindi ne va anche della continuità e della coerenza. -
Accordi editing: La Nostra Storia
Joram Rosebringer ha risposto alla discussione di Strikeiron in House rules e progetti
OK In questo caso si può sostituire lo stregone con il lich o farlo uccidere dal lich stesso. Per Entreri non vedo un serio problema: basta che i suoi dialoghi vengano fatti dire da un altro personaggio già nella storia (Trebor, Sturmir... o un altro) e le sue azioni saltate oppure modificate.