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Joram Rosebringer

Circolo degli Antichi
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Tutti i contenuti di Joram Rosebringer

  1. Tutti belli... ma la drow è spettacolare davvero!
  2. Joram Rosebringer

    Hot Shots!

    Le scena che mi ha fatto più sbellicare dalle risate è stata quella in cui la barca (Hot Shots 2) viene fermata e loro fanno finta di essere pescatori... e uno di loro per mettere il pesce sull'amo se lo mette in bocca come si fa per inserire un filo dentro un ago.
  3. Salve diario. Rieccomi qui a scrivere di me e di queste nuove capacità. Non avrei mai pensato di scrivere un diario, visto che ci ho provato più volte, annoiandomi a morte o non sapendo che cosa dire. Invece ora ho molto da dire, molto da narrare... e inizio a capire chi dice di avere il solo diario come confidente con cui sfogarsi. Ieri ho notato una cosa. Ogni volta che salvo delle persone mi ringraziano e sono ammirate e felici di vedermi. Qualche volta mi viene il malsano sospetto che tentino di mettersi nei guai solo per essere salvate da me. Sono una tale celebrità che ormai faccio notizia anche solo se starnutisco. E pensare invece che al lavoro le cose non vanno bene, visto che sono in attesa dell'assegnazione di un incarico. Ammetto che non me ne frega niente, visto che tra breve dovrei trasferirmi a Palermo, ma la cosa mi dà alquanto fastidio, visto che lodano tanto la mia bravura eppure mi usano solo quando c'è da recuperare qualcosa che è andato fuori controllo. Se sapessero chi sono mi terrebbero anche solo per farsi pubblicità e dire "l'Uomo Ragno lavora per noi"... o roba simile. Ma non posso dirlo a nessuno, nemmeno alla mia ragazza. Figuriamoci quindi se lo andrò a rivelare a loro. Comunque, dicevo delle persone che vengono salvate da me. Ogni volta mi accorgo che la loro faccia è strana, pur se grata e felice. E non capivo mai perché. Era come se ci fosse qualcosa che dà loro fastidio. E non capivo cos'era. Finché ieri sera decido di andare a farmi una volteggiata in santa pace al centro di Roma. Sarei partito dalla mia modesta periferia e sarei andato direttamente nel pieno della vita cittadina volteggiando tra i lampioni e usando il passaggio di camion e autobus. A volte invidio l'Uomo Ragno dei fumetti che volteggia tra i grattacieli. Alla fine, dopo aver aspettato l'uscita dei miei da casa, sono sceso in macchina ed ho aperto il portabagagli, tirando fuori la mia borsa, nascosta sotto la ruota di scorta. L'ho portata su casa e l'ho aperta... ed ho capito la faccia strana delle persone che salvo. Il mio costume puzza! Non potendolo mai lavare, lo metto dentro la borsa appena me lo tolgo, quindi non è proprio fresco come una rosa. Meno male che i miei se ne erano andati... così ho potuto fare la lavatrice. E da domani l'Uomo Ragno sarà fresco come una rosa!
  4. Up 8) (devo finire la mia parte, solo che è troppo forte come contenuti e sto valutando... :-k )
  5. Bellissimo il tuo racconto Subumloc! Grandioso MikeT (Venom, vero? )! E ora siamo in tre... 8)
  6. Mi sono portato il diario al lavoro per passare un po' di tempo parlando di me, o parlandomi. Questa mattina non c'è nulla da fare perché il lavoro sono riuscito a chiuderlo prima di stasera, quindi un po' di svago mi ci vuole. Se potessi uscirei fuori e comincerei a volteggiare per la città che, pur con i suoi palazzi non altissimi, comunque offre sempre delle emozioni uniche nel suo genere. Arrampicarsi sul Colosseo, sull'Altare della Patria, in cima gli obelischi... sono tutte cose che non pensavo potessero dare così tanto. E poi... gli sguardi della gente che non perde occasione per indicarmi, i bambini che chiamano il mio nome per ricevere un po' della mia attenzione, anche un minimo sguardo. Tutto bellissimo, troppo bello davvero. Eppure non posso condividere questa gioia con chi vorrei. Tante sono le minacce. Più di una volta ho visto gente che mi seguiva mentre volteggiavo. E non erano semplici criminali in cerca di gloria, in cerca di quella fama che può dare l'uccisione di un supereroe, il primo in Italia e forse nel mondo... il primo vero. Sono tanti quelli che vorrebbero gridare quel ritornello di quella canzone degli 883, la prima. "Hanno ucciso l'Uomo Ragno", un verso che mi fa rabbrividire ormai. E pensare che in passato era una delle canzoni che ascoltavo più spesso. Be', di sicuro sono un'attrazione, sia per chi vuole semplicemente vedere un supereroe dal vivo, sia per chi vorrebbe studiarmi e magari impiegarmi per i suoi sporchi scopi. Immagino quante siano le associazioni criminali che mi vorrebbero con loro. Ma ho fatto la mia scelta, una scelta che risale a 12 anni fa, quando ancora non potevo mimamente sospettare che sarei diventato quello che sono. Già, 12 anni fa morì la mia Gwendolyne. Buffo pensare che il suo nome sia uguale a quello della ragazza dell'Uomo Ragno dei fumetti, uccisa proprio da lui, bel tentativo di salvarla da una caduta dal ponte. Goblin l'aveva lanciata di sotto e l'Uomo Ragno (mi suona buffo ormai usare questo nome per un personaggio dei fumetti) aveva cercato di salvarla afferrandola con una ragnatela... ma lo strappo le aveva spezzato l'osso del collo. Ed io, pur se non avevo superpoteri o supecriminali da combattere, non ero riuscito a raggiungere la mia Gwen per salvarla da una macchina in corsa che la travolse. Che schifo di protettore che ero! Per il resto della mia vita mi tormentavo dicendomi che avrei potuto fare di più, incolpando me ed il destino che non mi aveva creato più reattivo e veloce. Ed ora sono sia reattivo che veloce, quindi non voglio che succeda niente di simile a quel giorno. Ho un potere che mi permetterebbe di diventare ricco solo rapinando quello che voglio, ma non lo faccio perché ho scelto. Eppure, nonostante abbia un poter così grande, non mi serve a niente per raggiungere lei. Ci metterei un po' a volteggiare tra i lampioni della Salerno-Reggio Calabria. E poi dovrei imbarcarmi lo stesso su un traghetto per andare in Sicilia e da lì volteggiare di nuovo fino alla meta. Ci metterei dei giorni. Inoltre non sarebbe neanche salutare aggrapparsi ad un aereo che vola ad un'altezza tale che la teperatura scende fino a -40 gradi. Senza contare che la velocità mi avrebbe già staccato la carne dalle ossa. Vabbe', dettagli. Mi basta sapere che la sto per sposare e che andrò a stare da lei. Chissà come la prenderebbe se sapesse. Si preoccuperebbe per la mia vita, ne sono sicuro. Infatti molte volte, pur essendo da poco che ho questi poteri, ho la tentazione di smettere per non rischiare nulla e quindi non farle del male, in caso mi succedesse qualcosa. Ma il fatto è che adoro questi poteri ed adoro volteggiare per la città. E quando sento richieste di aiuto non posso fare a meno di accorrere. Anche se so che molte volte è solo un desiderio represso di fama. Sono un supereroe. E al momento sono l'unico.
  7. No, sei tu che esageri dicendo di non essere capace, quando sei una delle migliori disegnatrici che io abbia mai visto.
  8. FINALMENTE! Non posso far altro che concordare con Manzo!
  9. Esatto. Infatti era quello che intendevo: priam ottenere l'autorizzazione dei dark Ones e poi dell'interessato.
  10. Visto il prologo, direi che il finale era necessario. Inotre la sua originalità sta proprio in questo.
  11. Sei pregato di non fare interventi OT in questa sezione. Grazie. Tornando in tema... Ottimo Deed! =D> Mi piace molto la tua drow e come la interpreti. E mi piace anche come dai vita ai personaggi di noi altri, senza tradirne la loro natura. Ancora una volta... brava! =D> E ora... a chi tocca, visto che tra un po' ne saprete molto di più sulla dea?
  12. Smorfiosetta, che ne dici di chiedere agli admin di mettere un banner del sito di Eriadan e magari qualche suo disegno (previa autorizzazione di Eriadan stesso) sulla Dragons' Lair?
  13. Il nuovo album in effeti sembra un bel prodotto all'altezza delle aspettative e molto pieno di contenuti.
  14. In questo caso accetto ben volentieri la sconfitta, visto che viene da una band che ammiro e che ha fatto anch'essa la storia della musica.
  15. «Perché lo hai fatto?» «Mi mancavano.» Aixela si sorprese della sincerità della sua risposta. Ashling le girò un po' intorno, come una preda che studia la vittima, poi si fermò di nuovo davanti a lei. «Sei stanca di stare con me?» «No... non lo so... no. Non è questo. Il fatto è che ho paura che possa venir fatto loro del male.» Guardò la sua compagna dritta negli occhi. «Sai che tenteranno di fermarci. E sai anche che non potranno farlo.» «Lo so.» Il mattino era fresco e frizzante. Le due ragazze cavalcavano dritte verso la nuova meta, anch'essa sconosciuta. Intorno a loro i boschi emanavano il solito profumo, mentre gli zoccoli dei cavalli alzavano un po' di polvere dal sentiero. Il cielo era completamente privo di nubi. Le montagne in lontananza sembravano voler colmare questa mancanza stagliando le loro cime innevate più in alto che potevano. Il viaggio proseguiva nel silenzio totale. Soltanto i lenti passi dei cavalli sembravano dare il ritmo all'atmosfera. Il vento stesso non soffiava, quasi avesse rispetto per quel momento e per quelle due figure solitarie. «Non stiamo andando nella stessa direzione di prima.» Esordì Aixela. La sua voce sembrò quasi un'esplosione. «No, non stiamo andando nella stessa direzione.» «E dove siamo dirette ora?» «In un posto... particolare.» Ashling si morse il labbro, ma fu abile nel nasconderlo alla sua compagna. «So che hai sentito delle cose mentre mi evocavi inconsapevolmente. Voglio solo farti vedere cosa sono quelle cose.» Chinò il capo e strinse il pugno sulla briglia in un atteggiamento a metà tra il dolore e le rabbia. Aixela la guardò con sorpresa. Non capiva cosa potessero essere quelle cose che aveva sentito dentro di sé quel giorno. E soprattutto non immaginava come potessero avere a che fare con un luogo. «Non preoccuparti: capirai.» Poi, notando l'espressione accigliata della sua compagna, aggiunse: «Non ti sto leggendo nella mente: la tua espressione è molto più chiara di un tuo pensiero.» Si voltò verso di lei con gli occhi che malcelavano un desiderio represso di non restare sola. «Forse, dopo aver visto quello che ti devo far vedere, non tornerai più da loro.» Aixela cercò di replicare, ma capì che, ancora una volta, la discussione era finita.
  16. E ora analizziamo Zooropa... La canzone inizia con un crescendo di piano tranquillizzante e molto lento che dura circa 2 minuti. Come un risveglio e una presa di coscienza. Ma tale risveglio è continuamente disturbato da voci elettroniche che chiedono "Cosa vuoi?" (la pubblicità, i media) come se potessero aiutare nel risveglio e esaudire tutti i desideri. Eppure la loro voce contrasta e infastidisce. Poi dopo un attacco di chitarra solista assolutamente elettronico (e non elettrico), inizia la canzone con un ritmo motlo rilassante e lento, la batteria ben scandita, quasi tranquillizzante come una ninna nanna. E qui Bono inizia a cantare con voce monotona e paterna tutta una serie di slogan delle pubblicità, come a voler rassicurare la gente che facendo le cose che i media propongono si vivrà tutti bene e in armonia. Ma si nota una certa intuietudine, una sorta di falsità, di finzione nell'armonia generale. Finché tutto si interrompe bruscamente con un altro assolo di chitarra elettronica e un cambio di ritmo che esplode improvvisamente. E Bono inizia ad urlare le frustrazioni della generazione attuale ("E non ho più religione, non so più cosa è cosa...") invitando la gente a far uscire allo scoperto ("Overground", il contrario di "Underground") tutti i propri sentimenti, le proprie paure... tutto! Poi tutto viene interrotto improvvisamente da un suono di distorsione: i media tornano a controllare che non ci sia nessuna che abbia il coraggio di fare quello che dice Bono per mantenere l'ordine e il potere sulla gente. Ascoltatela!
  17. Ancora una volta lo stesso ufficio, le stesse cose da fare, lo stesso tempo da perdere dietro ad utenti che non sanno minimamente quello che vogliono, ma lo chiedono a gran voce. Un altro giorno. Come tutti gli altri? No, ormai sono pochi i giorni come tutti gli altri. Quant'è passato? Un mese? Quasi. Ricordo ancora quella notte. Ero a Palermo dalla mia ragazza, la mia futura moglie. Era appena passata una settimana d'inferno sia per me che per lei, con tanti progetti che erano saltati e tanti altri in mente. Lei era stanca e aveva un mal di schiena terribile, così mi offrii volontario per dormire sul divano-letto in modo da farla riposare nel suo lettino con comodità, anche se lei non avrebbe voluto. Così, dopo una serata passata tra abbracci e dolcezze nascoste ai genitori, le ho dato il solito bacio della buonanotte e mi sono avviato a malincuore verso la camera da pranzo in cui c'era il divano. Non ricordo per quanto tempo ho dormito. So solo che stavo sognando qualcosa che non riesco ancora ad inquadrare ma che mi dava un senso di lotta e sofferenza. Ho aperto gli occhi per sperare nella luce del mattino che ponesse fine a quella notte che non accennava a passare, invece mi ritrovai a fissare la luce dei lampioni che ancora filtrava attraverso le persiane. Gettai di nuovo la testa sul cuscino, pensando ad un modo per passare la notte senza stare a contare ogni singolo minuto. Fu in quel momento. Mi alzai di scatto a sedere per prendere il cellulare ed utilizzare la sua luminosità per leggere il libro che mi ero portato per passare il viaggio. Appena ho poggiato il piede a terra ho sentito qualcosa che me lo sfiorava. L'ho subito ritratto, non capendo cosa fosse. Sapevo che in casa sua non c'erano mai stati topi o cose del genere, ma il buio amplificava la portata e la minaccia di ogni essere che poteva trovarsi nei paraggi. Così allungai una mano verso il tavolino per prendere il cellulare e fare luce in terra, senza accendere il lampadario per non disturbare i suoi genitori che dormivano poche stanze più in là ma che, avendo la porta a vetri, sarebbero sicuramente stati infastiditi. Le mie dita sfiorarono qualcosa di duro e lo afferrai. Solo quando la mia mano si chiuse capii che non poteva essere il cellulare. Era qualcosa che aveva delle zampe dure e fine e un corpo grande. Trattenendo un urlo per puro orgoglio maschile, ho lasciato andare la presa, saltando con tutto il corpo sul divano, mettendomi in ginocchio, gli occhi alla ricerca di quella cosa che doveva essere un ragno enorme. Non vedendo nulla, cominciai a pensare che magari dovevo aver preso qualcosa sul tavolo che somigliava ad un insetto. Forse era quella canapa che stava utilizzando il padre di lei per riparare il rubinetto. Pur con il cuore che batteva a mille, mi stesi di nuovo per calmarmi. Ma c'era qualcosa sotto di me che faceva una leggera protuberanza. Sicuro che fossero le lenzuola aggrovigliate nel casino che avevo creato rigirandomi per tutta la notte, mi inarcai leggermente per mettere a posto il tutto con la mano. Ed è stato in quel momento che ho sentito un dolore lancinante lungo il braccio. Istintivamente ho messo una mano davanti alla bocca, mentre toglievo l'altra da sotto la schiena, portandola davanti agli occhi. La fievole luce dei lampioni mi fece vedere un ragno stretto nel palmo della mano, ormai schiacciato e morto. Ma il dolore c'era e non capivo da dove provenisse. Sembrava espandersi per tutto il corpo. Mi sentivo bruciare il braccio, come se fosse stato messo sul fuoco. Non urlavo solo per non svegliare nessuno e non far preoccupare lei. La mia parte razionale mi diceva che non stavo soffocando e che quindi non era uno shock anafilattico dato dalla mia allergia. Ma non capivo cosa potesse essere. Anche la mia spalla iniziò a bruciare. Poi il petto, l'addome, le gambe. Come un fiume in piena il bruciore si espandeva per tutto il mio corpo. Eppure il mio solo pensiero era di non gridare per non dare fastidio. Maledivo me stesso ad ogni gemito che mi usciva. La mia mente ormai delirante si immaginava che i suoi genitori potevano ritenere quei suoni equivoci e andare a controllare se io e la figlia stavamo facendo qualcosa. Poi so solo che mi svegliai la mattina dopo con i raggi del sole che si facevano d'argento e poi d'oro alla finestra. Istintivamente mi misi a sedere per guardare la mia mano. Il ragno schiacciato era ancora lì, chiuso in essa. La notte mi era sembrato molto più grosso, invece entrava tutto nel palmo. Sentendo dei rumori provenire dalle altre camere, gettai il corpo dell'insetto sotto il divano. Quando lo avrebbero trovato avrebbero pensato che era rimasto schiacciato dal divano o magari dalla scopa durante le pulizie. In quel momento si aprì la porta ed entrò lei, sedendosi accanto a me e dandomi il suo solito bacio del buongiorno, mentre alle sue spalle la madre passava per andare in cucina e preparare la colazione. Le ho sorriso, cercando di non farle vedere quanto in realtà la mia mente era in confusione. La testa mi girava al punto che non riuscivo quasi a comprendere l'alto e il basso. La bocca era secca e tutto il corpo sembrava fosse stato preso a bastonate. Eppure ero vivo. Non era stato uno shock anafilattico. Ma… cos'era stato? Lei si avviò verso il bagno per andarsi a preparare ed io provai ad alzarmi. Il mondo sembrò prendere vita, ondeggiando vistosamente, ma ero deciso a resistere per non dare l'impressione che stessi male. La mattina dopo sarei dovuto ripartire per Roma e dovevo tornare a lavorare. Forse una buona colazione mi avrebbe ridato la forza di cui avevo bisogno. Mi appoggiai al tavolino e fu in quel momento che sentii un leggero pizzicore sul palmo della mano, la stessa che aveva afferrato ed ucciso il ragno. La portai davanti agli occhi, osservandola. Proprio sotto il pollice c'erano due buchini rossi. Non ci voleva molto per capire che quell'insetto si era vendicato della sua morte. In quel momento mi tranquillizzai. Forse avevo avuto un leggero shock anafilattico, magari amplificato da un principio di influenza, visto che lei aveva un po' di febbre e magari te l'aveva passata. Tornai a sedere sul divano, il mondo che non accennava a fermarsi, e chiusi gli occhi. Il resto della giornata andò bene. Ogni tanto sentivo delle fitte di dolore in qualche parte del corpo, ma le imputavo sempre a qualche sintomo influenzale. La fortuna fu che tutta la giornata era libera da impegni, avendo fatto tutto il fine settimana precedente. Così guardai insieme a lei dei film, giocai un po' alla console e ogni tanto amoreggiavamo. Mi sentivo sempre meglio. A volte pensavo di sentirmi "troppo meglio" in un certo senso. Ero troppo reattivo. Tutto mi sembrava più lento delle altre volte. La mattina che sono dovuto ripartire per Roma, il viaggio in macchina fino all'aeroporto mi sembrò di una lentezza unica, eppure guardando il tachimetro vedevo che la velocità era quella di sempre. Ma non ci facevo poi tanto caso, adducendo sempre una scusa di tipo influenzale a tutto questo. E così atterrai a Roma di prima mattina, andando diretto al lavoro e telefonando a lei per dire che ero arrivato. Poi ho iniziato a gestire le richieste degli utenti. Tutto come sempre. Peccato per quei fremiti che mi venivano ogni tanto, come se avessi freddo. Eppure sentivo un caldo asfissiante. Ma la cosa andò diminuendo e la sera sembrava che tutto fosse finito. Archiviai l'intera faccenda come la solita influenza che mi veniva per una giornata a tratti e poi spariva senza lasciare traccia. Erano tre anni che non avevo la febbre per più di mezza giornata, quindi era anche giunto il momento che tornasse, no? Ma la sera stessa ho scoperto che non c'entrava niente la febbre e il presunto shock anafilattico. L'unica cosa che era giusta era il ragno nella mia mano e quei due buchini sotto il pollice. Come accadeva di solito, la sera c’era in programma il solito caffè con mio cugino, la solita scusa per fare due chiacchiere e stare un po’ insieme. L’appuntamento era sempre al famoso parcheggiane, luogo di ritrovo per tutte le uscite del gruppo. Mio cugino ritardava, quindi scesi dalla macchina per stare un po’ all’aria aperta. Proprio nel momento in cui ho chiuso lo sportello, ho visto due ragazzi passare lì davanti. Una cosa normale. Eppure quei due stavano facendo qualcosa di strano. Mi guardavano con gli occhi che tradivano interesse. Ero solo. Ero al buio. Una preda facile. Per questo Tentai di risalire in macchina. Ma non è bastato perché un terzo mi è apparso alle spalle e con un coltello mi ha intimato di dargli tutti i soldi che avevo. Mi aspettavo una reazione come quella volta che mi avevano rapinato, ovvero tremando e consegnando tutto, senza avere la forza di reagire. Invece ho preso la mano che teneva il coltello e gli ho stretto il polso con forza, sentendo con tuo immenso stupore il rumore delle ossa che si rompevano. I due compari corsero subito in aiuto del compagno, ma io salii in macchina per scappare. Non sapevo dove andare e cosa fare. La prima cosa che mi venne in mente fu quella di mandare un messaggio a mio cugino e dire che l’appuntamento era saltato. E così ho fatto. Poi il tuo vagare mi portò al tuo solito posto: il faro di Fiumicino, il luogo dove mi ritiravo quando avevo voglia di pensare. Parcheggiai la macchina e cominciai a salire gli scogli che mi avrebbero portato a scavalcare il muro che delimitava la costruzione. Solo la luce della luna mi permetteva di vedere dove mettevo i piedi. Ma la memoria faceva in modo che ogni mio passo fosse sicuro e che anche i punti più pericolosi potessero essere superati con facilità. Erano anni che avevo eletto quel posto come culla dei miei pensieri, quindi non mi aspettavo che mi potesse tradire proprio in cima, quando un sasso che non doveva esserci mi fece inciampare oltre il bordo. Vedevo l’asfalto avvicinarsi in maniera vertiginosa e allargai le braccia d’istinto, chiudendo gli occhi. Poi un dolore lancinante mi esplose nella testa, facendomi credere che il braccio si fosse staccato dalla spalla. Aprendo gli occhi mi si presentò una scena a cui non credevo. Ero appeso sulla superficie liscia del muro esterno del faro. Non vi erano appigli. Ma ero saldamente attaccato al muro con la mia mano. Alzai l’altro braccio e lo poggiai sulla superficie liscia, facendo aderire le dita alla parete. E con mia sorpresa sentivo che tenevano. Preso dall’eccitazione risalii fino in cima, scalando quei pochi metri. E da quel giorno nulla è stato come prima. E ora sono qui a scrivere su questo diario quello che mi è successo quel giorno. Ho deciso di lasciare tutto scritto per avere un amico con cui confidarmi, visto che non posso dire a nessuno tutto questo. Tento di rimettermi al lavoro, ma l’unica cosa che riesco a fare è leggere delle mail di qualche collega che mi manda allegati divertenti. Il solito leggero dolore al braccio mi fa capire che entro breve dovrò trovare un posto nascosto e lanciare le ragnatele dai polsi. Quella sostanza si crea in continuazione dentro il mio corpo e ho bisogno di gettarla fuori ogni tanto altrimenti mi vengono dei dolori lancinanti. Mi scopro a sorridere nel pensare che il principio è lo stesso della masturbazione maschile, ovvero il liberare il corpo da qualcosa che si produce di continuo e che alla fine diventa troppa per essere contenuta. Magari non tutti la vedono in questo modo, ma non tutti possono arrampicarsi sui muri e lanciare ragnatele dai polsi. Uscirò dall’ufficio al solito orario e mi incamminerò verso la macchina. Entro breve sarò a casa e sentirò le stesse parole e gli stessi odori. Ma non oggi. Dopo più di mezz’ora di traffico, mi fermerò in una zona limitrofa alla mia. Parcheggerò in un vicolo buio e aprirò il portabagagli. Da una borsa degli attrezzi estrarrò un costume che è la perfetta riproduzione di quello dell’Uomo Ragno del film. L'ho acquistato in un negozio che fa dei costumi di carnevale a noleggio e l'ho pagato un bel po’ di soldi. Ma non importa. Perché ora l’Uomo Ragno esiste. E sono io!
  18. "One Tree Hill" è una canzone a dir poco stupenda, motlo migliore di quelle più famose e blasonate. Come è stupenda la grandissima "Tomorrow" dell'album "October" che, pur essendo solo il secondo, contiene dei pezzi ineguagliabili e unici, come "Gloria" e "Stranger in a Strange Land".
  19. «Non ti muovere e non guardare indietro.» Dice Paul a Venus. Lei lo guarda senza capire e si rimprovera subito di quella mossa. Sheila lo avrebbe capito al volo. Lei sapeva sempre quello che stava per succedere. Assume un'aria di complicità e continua a sorseggiare la sua bevanda come se niente fosse successo, ma il suo cervello continua a mandarle maledizioni per quell'indecisione. Non sa se chiedergli il perché di una tale affermazione, apparendo quindi impreparata, oppure tenere per sé i pensiero, a costo di rischiare la vita. Paul la salva: «Hanno appena tolto la sicura ad una fondina... ed il motivo siamo noi.» Sorseggia la sua Coca-Cola e controlla la situazione attraverso il riflesso nel metallo della varie bottiglie sugli scaffali dietro il bancone. Ci sono due uomini al tavolino ed uno ha appena notato che le loro facce non sono le solite. Ma anche Paul ha notato che quei vestiti e quelle frasi etichettano uno di quegli uomini come pilota interplanetario. Si mette a posto i lunghi capelli all'altezza dell'orecchio, attivando l'auricolare e il microfono mastoidale. «Dimmi tutto.» Gli dice una voce ansante all'orecchio. «Credo che abbiamo trovato il nostro uomo.» Parla facendo finta di conversare con Venus «Ci vediamo nel vicolo appena fuori dello Shining Glass.» «OK, tra 5 minuti saremo lì.» Paul tira un sospiro e finisce la bevanda, guardando Venus. Le fa segno con la mano che tra poco dovranno entrare in azione. Lei si irrigidisce, ma maschera bene la paura. Poi la sua agitazione si tramuta in soddisfazione: finalmente potrà fargli vedere che è migliore di Sheila. Sheila si riveste e osserva Mike fare lo stesso. Poi inizia a correre verso il locale dove Paul e Venus stanno per entrare in azione. Per la prima volta nella sua vita sente un sentimento simile alla speranza, simile a qualla salvezza che ha cercato per tutta al vita e che non è mai riuscita a trovare. Mike la segue, il pensiero di Nora nella mente, anche lui con la determinazione di darle un posto in cui vivere e ricominciare da capo. Arrivano nel vicolo pochi minuti dopo e guardano l'orologio. Tra pochi secondi dovrebbero uscire. Venus si stacca dal bancone e si avvicina ai due uomini, sedendosi con loro. Lo sguardo core prima alla pistola nella fondina di uno dei due, per poi correre negli occhi di quello che dovrebbe essere il pilota. Riporta alla mente le varie espressioni di Sheila e sceglie le più provocanti, modulando la sua voce per apparire simile a lei. «Allora, signori, vi state annoiando?» I due la guardano con sospetto, lanciando occhiate anche verso il bancone dove quella faccia straniera sta ancora di spalle. «Ha importanza?» Chiede Phil. «Be', io mi sto annoiando.» Esclama Venus, stirandosi e mettendo in mostra le curve del seno. «Forse potremmo passare il tempo in maniera migliore.» Paul guarda tutto dal riflesso e inghiottisce l'amaro del vedere la sua donna in atteggiamenti provocatori con estranei. Ma non può far altro che aspettare... e fingere. Si stacca poi dal bancone con passo deciso, ma barcollando coma se fosse ubriaco. Arriva alle spalle di Venus e chiedendosi perdono, le dà uno schiaffo sul viso. «Putt*na!» Inghiottisce ancora l'amaro. «Per uan volat ch ti porto in un posto nuovo te ne vai con i primi che capitano?» Phil si alza in piedi istintivamente, ma Paul è rapido a puntare una pistola dritta sulla sua fronte. «Non lo fare, amico.» Non guardare Venus! Non guardarla! «Ora tu, lei e il tuo amichetto uscirete insieme a me.» «Senti... io non...» Inizia a dire David. «Zitto!» Fa cenno con la pistola ai due di alzarsi, tenando di non mostrarsi minaccioso, ma solo un ubriaco che non sa neanche tenere una pistola in mano. In questo modo dovrebbero assecondarlo ed uscire con lui pensando di potergli dare una sonora lezione una volta fuori del locale. E' così che funzionano le cose, di solito. Infatti Phil alza le mani. «O... Ok... veniamo on te.» E lancia l'occhiata al compagno che Paul sperava di vedere. Venus si massaggia la guancia ed esce fuori seguita dai due uomini. Paul guarda nel locale e vede che nessuno ha intenzione di fare nulla. Ognuno ha i suoi problemi e a nessuno importa della vita degli altri. E poi sapevano che, una volta fuori, quei due lo avrebbero picchiato fino alla morte. Sorrise e si incammina verso l'esterno. Camminano fino ad un vicolo cieco. Venus era pronta a reagire, così come il suo compagno. Appena si fermano, Phil accenna una reazione, ma una mano femminile forte gli torce il braccio dietro la schiena. Si inginocchia per il dolore e guarda dietro di sé vedendo una donna che gli punta una pistola alla testa mentre un altro uomo sta facendo la stessa cosa con David. «Bene...» Dice Sheila «Ora possiamo parlare.»
  20. Chi è il paziente? Rosebringer Joram. Problema? Attacco cardiaco. Presto una doppia dose di stimolante! Prendete il defribillatore! Una scarica... via! ZZZAPPP! Ancora un'altra! Pulsazioni? Zero! Un'altra scarica! ZZZAPPP! Ancora nulla! Prendete l'ossigeno! Lo stiamo perdendo! Lo Stiamo Perdendo!
  21. Sarebbe bello proporre a Eriadan/Paolo una vignetta al giorno sul forum!
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