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Joram Rosebringer

Circolo degli Antichi
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Tutti i contenuti di Joram Rosebringer

  1. Joram Rosebringer

    RatMan

    Dacci informazioni su quando dovrebbero uscire in modo che così saranno altre prede per la mia libreria di fumetti.
  2. Joram Rosebringer

    RatMan

    Sono bellissime! Sto ancora ridendo!
  3. Otto son uno, come l'albero e le radici. L'Ombra nella notte, viva come la foresta in fiore, cerca la sfida e soffre il passato. L'Esulo della terra, come la terra è più forte nel profondo, e guarda la strada. Il viaggiatore mai stanco, come il vento del tempo, porta notizia e scompiglio. L'Angelo e Il Guardiano, il sereno e la tempesta, fendono l'aria ma si racchiudono nel seme. La Sfera di Cristallo, calma come il mare, ma solo se il vento tace. L'Astuto, forte come una roccia, ma in balia della montagna. Il Seguace, novizio della vita, ora di nuovo trova la sua fede e cura il futuro. Al calare dell'ombra e al tornare del vento nero, solo chi combatte cambia gli eventi. Vostra è la scelta, vostro il creato. Ancora queste parole nella mente di Aixela, mentre il mare scorreva sotto di lei, ribollente di schiuma bianca. La nave era partita. Non era la prima volta che Paltron seguiva questa rotta e, come aveva detto lui stesso, “spero vivamente che non sarà l’ultima”. Lui ed il suo equipaggio dovevano portare un carico oltre l’isola dove era situata Merenil, quindi li avrebbero lasciati lì e sarebbero ripassati a prenderli dopo 10 giorni. Se avessero perso la nave, avrebbero dovuto aspettare un altro carico verso la lontana città di Port Warley, un carico che veniva trasportato una volta al mese, circa. Il solo pensiero di dover rimanere per più di un mese in quel luogo fece rabbrividire Aixela. Cercò di non pensarci e tornò con la mente alle parole della profezia. Raccontava di otto persone ed invece ora erano solo sette: Ariaston, Sturmir, Garfuss, Alathariel, Perenor, Lirian… e lei. Mancava l’Astuto. Pensavano si riferisse a Artemis, invece evidentemente era sbagliato. Come era sbagliato pensare che il Guardiano fosse Trebor, caduto sotto i colpi di quel kyton. Invece il Guardiano era lei stessa e Lirian il suo Angelo. Si girò verso il ponte della nave e vide i marinai indaffarati con vele e corde, mentre tra di loro il kender correva incuriosito, a volte inseguito da uomini inferociti, altre da Sturmir che si chiedeva sempre come mai lo dovessero portare dietro a loro. Aixela si scoprì a sorridere nel vedere la scena del nano che prendeva il kender per la schiena e lo trascinava tra i suoi lamenti in sottocoperta. Con la code dell’occhio vide Perenor che discuteva con Paltron. Sembrava parlassero del modo migliore per arrivare all’isola. Il capitano non voleva avvicinarsi troppo, quindi li avrebbe fatti scendere tutti e sette a largo, facendo loro raggiungere l’isola con una scialuppa. Perenor sembrava d’accordo, ma chiedeva se potevano lasciare a bordo la piccola elfa, una richiesta che l’uomo si affrettò a rifiutare: non gli piaceva l’idea di avere una bimba, oltretutto molto strana, a bordo. Portare una donna su una nave significava sfortuna… e lui già si riteneva molto magnanimo ad averne ospitate tre. Aixela sospirò. Le dispiaceva mettere in gioco la vita della piccola elfa ed una parte di lei voleva veramente che le venisse risparmiato un altro viaggio pericoloso, ma il suo istinto le diceva che lei era fondamentale in questa ricerca. Aveva troppe cose che combaciavano con lei, oltre i tatuaggi, ed era l’unica che poteva attingere alla sua fonte di magia. L’unica insieme a Lirian. Entrambe con tatuaggi simili ai suoi. L’Angelo, il Guardiano e la Sfera di Cristallo. Forse tutto questo aveva un significato, ma non riusciva a capirlo. Avevano affrontato demoni, erano stati teleportati in un altro piano da cui poi erano usciti. Ma era tutto finito, tutto risolto. Perché mai ora stavano dirigendosi verso quell’isola e quella città maledette? Per trovare delle risposte? Ma delle risposte a cosa? Potevano anche andare al Diavolo tutte quelle profezie e quei libri incomprensibili! Aveva perso il suo Trebor ed ora voleva solo starsene tranquilla. Magari avrebbe preso una casa con la sua Lirian, adottando la piccola Alathariel. Avrebbero aperto una locanda, coltivato la terra, allevato animali. Avrebbero vissuto in pace, privi di quelle preoccupazioni e di quelle afflizioni che le hanno perseguitate fino a quel momento. Aixela abbassò gli occhi verso la spada. La accarezzò come se fosse un gatto, magari immaginando anche delle fusa dal quel pezzo di metallo. La sfoderò ed il sole la colpì, riflettendo raggi iridati dalla sua lama e facendole capire che non sarebbe riuscita a restare ferma, ma che la sua natura l’avrebbe portata sempre alla ricerca di avventure ed emozioni. Rinfoderò la spada e sorrise. Ancora pochi giorni di viaggio ed avrebbero visto finalmente Merenil e forse avrebbero risolto il mistero della profezia e del libro. Si toccò il tatuaggio sulla spalla.
  4. Tranquillo, non rivelerò niente a nessuno, ma mi serve per vedere se è possibile incastrare il tutto in un colpo di scena che ho in mente.
  5. Infatti mi darò una ripassata ai BG presenti nel Supporto Hardware. Per il tuo, Wolf (sempre che tu voglia) potresti madarmi le cose che non hai scritto in quel Topic via MP? In questo modo posso orchestrare meglio la cosa che si sta facendo interessante.
  6. Mi è venuta in mente proprio ora un'ideona che sconvolgerà un po' di cose e che farà durare l'avventura per un bel po' di tempo con un bel (spero) colpo di scena. Appena arriviamo all'isola, lasciate il tutto in mano a me... e spero di farvi una cosa gradita...
  7. Continuate voi... io mi sono bloccato...
  8. «Scusate il ritardo.» Dice Paul, entrando mano nella mano con Venus nella grande sala in cui è stata allestita una cena che lui ricorda di aver visto solo nelle pubblicità di quei ristoranti di lusso riservati ai soli ricchi, a quella gente che ora si sta salvando grazie proprio al mezzo che l'ha resa così meschina: i soldi. Burton gli fa cenno di non preoccuparsi e gli indica gli ultimi due posti vuoti con il sorriso di chi sa che finalmente, per una notte almeno, quel ragazzo cresciuto davanti a lui è finalmente tornato ad amare. Paul nota quel sorriso e arrossisce leggermente, tentando di non darlo a vedere. Poi si rabbuia un attimo. Guarda meglio la scena che ha davanti e si accorge di averla già vista. Non ricorda dove, ma l'aveva vista. Si siede con un senso di deja-vu incombente, ma la presenza della sua Venus accanto gli fa dimenticare per un attimo tutto. Entrano i camerieri con la prima portata, un antipasto di pesce raffinato e soprattutto vero, proveniente dai mari del Nord Europa, come dichiara orgogliosamente Burton. Gli eventi che avevano bloccato l'appetito a tutti vengono messi da parte alla vista di tutto quel cibo e lo stomaco si fa sentire, complici la fatica e lo stress accumulati fino a quel momento. Nessuno ha voglia di parlare del piano per arrivare a Hell's Island. Tutti sanno che non sarà facile, visto che tutti i voli sono controllati. Dovranno escogitare un metodo. Ma non ora. Ora hanno davanti una parvenza di vita normale, un cibo fumante che non ha quell'odore di sintetico e di finto e delle chiacchere che sfociano sempre più spesso in risate. Sheila si lascia andare ogni tanto con Mike, baciandolo sulle labbra in una maniera timida che Paul non aveva mai visto. Nora li guarda con lo sguardo di chi finalmente vede i propri genitori felici... o di chi vede finalmente i propri genitori. Veela sembra dimentica del suo passato, delle sue corse e dei suoi tormenti e riesce anche ad accennare un lieve sorriso a Paul, colui che le ha distrutto la bicicletta e che, involontariamente, le ha forse salvato la vita e l'anima. Eliah ride e scherza con Burton che narra la sue vicende, come quella volta che sconfisse il capobanda precedente con un solo bastone. Un pezzo di legno contro un arsenale cibernetico. Peccato che gli occhi fossero solo carne tenera in cui infilare la sua arma improvvisata. Venus mangia come non faceva da tempo, dimentica di quella grazia che aveva fatto innamorare Paul. Mette il cibo in bocca voracemente, velocemente. Ogni tanto guarda Paul e arrossisce, solo per poi tornare a ingozzarsi di cibo. Tutto procede fino a quando Paul di alza dal tavolino per andare in bagno, lo sguardo fisso sulla tavolata e ancora quel senso di deja-vu. Gli viene in mente la casa di Remy, i suoi quadri antichi rubati ai musei, la sua mania per il collezionismo. E ricorda quel quadro che lui stesso gli aveva procurato, rubandolo dalla macchina di quei due agenti che avevano dato inizio a tutto questo. E capisce. Capisce cosa gli ha ricordato quella tavolata con Burton al centro, come una sorta di idolo, di Messia. Quella tavolata assomilgia incredibilmente a quel quadro. Come lo aveva chiamato Remy? Ah, sì... si chiamava "L'Ultima Cena".
  9. Tranquillo, con un padre in marina me la cavo abbastanza bene con le navi...
  10. Continuo io...
  11. Continuo io...
  12. Qui verranno inserite le prove riguardo: - Creazione del personaggio - Creazione e/o modifica di una parte della trama - Creazione e/o modifica di una città Questo è inoltre il luogo dove andranno postati i propri personaggi prima di inserirli nel Topic apposito e dove essi andranno approvati dal master.
  13. Sheila guarda Mike con gli occhi spalancati di chi sente qualcosa che non si sarebbe mai aspettato di udire. O forse il motivo del suo stupore era il fatto che per un attimo la sua parte omicida si era fatta da parte, colpita da delle parole che non sentiva da tempo? Ed erano parole che lei voleva sentirsi dire? Riprende la sua facciata fredda con un visibile sforzo, sospirando profondamente. Poi guarda fuori della finestra. «Che casino! Verrebbe quasi da dire che sono bellisismi fuochi di artificio, invece sono colpi di arma da fuoco.» Mike segue il suo sguardo, annuendo distratto e chiedendosi se avesse sentito quello che aveva detto, con la consapevolezza che lo doveva aver udito. Non è una questione di cibernetica, quanto quell'espressione sul volto di lei. Sembra più rilassata, sebbene appaia sul suo volto il chiaro segno di una lotta interna, mascherata da freddezza. «Be', qui sembra siamo al sicuro.» Dice lei di colpo, quasi sorprendendolo. «Per la prima volta da tempo riposerò su un bel letto comodo.» Sorride, il sorriso di una maschera di carnevale. Vorrebbe andarsene, reprimere quello che sente e tornare ad essere quell'assassina arrogante che sempre stata, quella macchina di sesso e morte che Paul aveva imparato a conoscere bene ed a domare. Eppure guarda gli ochci di Nora e sente di doverla proteggere. Non è mai stata un mostro, non ha mai sparato a bambini o gratuitamente. Ma non ha mai sentito per loro nulla più di un rispetto ed un affetto profondo. Nulla di più. Ora invece sembra quasi che i suoi ormoni le dicano che quella lì è una figlia, una bimba da accudire e nutrire, da amare... insieme all'uomo... all'uomo che... ... che ama? Guarda Mike negli occhi, leggendovi non una marca di qualche ottica, ma una sensazione che aveva letto solo negli occhi di Paul. Solo che stavolta non vi è solo la disperazione di un uomo che ha perso tutto e la voglia focosa di uno sfogo che lei accettava ben volentieri. Stavolta vi è qualcos'altro che non ha mai letto negli occhi di nessuno con cui è stata. Per la prima volta in vita sua, lascia che il suo corpo sia libero di fare quello che si sente, reprimendo la ragione. E si scopre a sentire le labbra di lui che schiudono quelle di lei, infilandovi dentro l'amore e la speranza. «Finalmente... mamma!» Esclama sorridendo Nora, arrossendo e sorridendo nel guardare Mike e Sheila.
  14. Paul siede al piedi del suo letto. Gli sembra quasi impossibile poter riposare su un giaciglio che non sia un vecchio cappotto o la nuda terra. Eppure è lì a godersi questa notte di lusso, consapevole che sarà una delle ultime che passerà. Forse lo sarà per tutti. Il mondo sta finendo. La specie umana si estinguerà. Tranne che quei ricchi che hanno pagato per salvarsi il culo, per avere un posto nel futuro e nell'evoluzione. Si sorprende a ridere pensando che Darwin non avrebbe mai catalogato i soldi come elemento determinante per la sopravvivenza della specie. Ed ora invece chi sopravviverà sarà proprio chi ha più denaro, non chi sarà più adatto. E' il mondo che si sono meritati, dopo secoli di guerre di violenze alla natura, di uccisioni. Sheila lo diceva sempre che ormai si muore solo per AIDS o per Cancro... o morti ammazzati. Non vi è più selezione naturale. Vi è la selezione artificiale. Alza lo sguardo verso la porta dle bagno dove Venus si sta lavando. Sente lo scorrere dell'acqua e immagina la sua figura sotto la doccia, sensuale e delicata, come è sempre stata. Un gioiello fragile che deve essere protetto. Eppure... come può proteggerla da qualcosa che ucciderà l'intera specie? Come può lottare contro un dio che non si vede ma che si diverte a distruggere ed eliminare? Lui è solo un uomo. Solo un uomo. Eppure anche chi si sta salvando è solo un uomo. L'avere il denaro necessario per sopravvivere non li rende migliori. Tra di essi ci saranno anche quelli che meritano di sopravvivere, ma non riesce ad immaginarseli. Vede solo che un amore come il suo deve finire, mentre continueranno a vivere quelli che dell'amore non ne hanno fatto altro che un uso commerciale. Una lacrima gli scende sul viso al pensiero delle vite che ha distrutto per il suo amore, per tenerla in vita, curarla. E poi scoprire che non ve ne era bisogno, che stava bene e che era solo una prigioniera in attesa del suo arrivo. Si lascia cadere nel letto, le braccia in alto, il respiro profondo ed ogni tanto rotto da un lieve singhiozzo. Ora che l'ha ritrovata deve morire. E lei con lui. Non è giusto! Stringe i pugni, afferrando una promessa che le fece tempo addietro. Le aveva detto che non avrebbe permesso che le succedesse nulla. Ha fallito una volta. La seconda non fallirà, dovesse anche lottare contro questo dio invisibile in persona! Andranno a Hell's Island, troveranno quello che cercano e si iberneranno come tanti ricchi che non lo meritano. Venus esce dal bagno, l'asciugamano che le copre il corpo. Si avvicina a lui e gli dà un bacio sulla guancia, facendolo sussultare leggermente. Poi si sdraia accanto a lui, posandogli un braccio sul petto, la mano che carezza il tessuto della camicia, percorrendo il torace in un massaggio rivitalizzante. Finalmente dormirà di nuovo accanto a lui, al suo uomo a quello che l'ha amata come nessuno ha mai fatto, lo stesso che ha rinunciato alla sua vita per donarla a lei. Lo stesso che lei stessa ama alla follia. Avvicina il suo viso a quello di lui e cerca le sue labbra, unendole in un bacio per troppo tempo represso. Poi vi è solo il gemere e il sospirare dell'amore, unito all'odore di sudore e al cigolio sommesso di un letto teatro di quell'atto che unisce due corpi in uno solo.
  15. Venus NON è malata!
  16. Stati Uniti, vicino al confine con il Canada. La città è Night City.
  17. Ottimo... davvero ottimo!
  18. Infatti volevo che l'incontro con "tuo" padre lo scrivessi tu, dopotutto tu sai melgio il rapporto che vi è tra "voi due".
  19. Paul esce dal retro dell'AV con le mani alzate, un gesto che non ha mai fatto e che spera di non dover rifare. Accanto a lui Eliah prosegue con passo sicuro verso la moto che aveva indicato, ora priva di conducente. Mike, dopo aver assicurato Nora nella mani di Veela, li segue, la pistola in pugno con la chiara sensazione di armi puntate su di loro. Forse tenere la pistola non è una bella mossa, soprattutto se si sta fronteggiando una banda che non ha buoni rapporti con la polizia. Getta la pistola a terra e alza anche lui le mani per far vedere che non ha nulla. «Non giratevi.» La voce viene dalle loro spalle. Poco dopo altri due uomini appaiono davanti a loro, i fucili spianati. «Non abbiamo intenzione di fare del male.» Dice Paul. «Non ne avete... e non potete.» Sogghigna uno di loro. Poi il suo sogghigno si tramuta in un sorriso amichevole e mette via l'arma. «Sembrate a posto... dopotutto siete amici di Eliah.» Tende una mano verso Paul che la stringe con il timore di qualche mossa di attacco da parte di lui. Invece l'uomo davanti, che si presenta come Aron, gli sorride ancora, per poi arruffare i capelli al ragazzo. «Sappiamo chi vi segue, anche se non avremmo mai voluto saperlo.» Paul spalanca gli occhi per la sorpresa. «Credevamo fosse un grupo di fanatici, una di queste sette che predicano la fine del mondo.» Allarga la braccia ad indicare le strade intorno a loro «Ce ne sono milioni di questi vecchi pazzi in giro. Come gli Inquisitori che uccidono chiunque abbia un congegno nelle sue carni.» Scuote la testa «Invece loro non sono dei pazzi. Loro sanno quando ci sarà la fine del mondo.» Guarda Paul dritto negli occhi «E si stanno organizzando per sopravvivere.» Mike non ci crede. La fine del mondo? E' una cosa da pazzi! Chi mai potrebbe dare ascolto ad una fesseria del genere? «Ti vedo incredulo, poliziotto. Ma non sto dicendo vaccate. O forse diomentichi quelle sparizioni e quegli "incidenti" agli addetti del servizio spaziale?» Indicenti? Sparizioni? Certo che se le ricorda. Dieci persone scomparse misteriosamente e altre sette morte in strani incidenti, uno dei quali aveva tutta l'aria di essere un omicidio, anche se non avevano mai trovato abbastanza prove. I tasselli cominciano ad andare al loro posto. Paul prenda parola e racconta tutto quella che hanno vissuto fino ad ora, soffermandosi in particolare sul filmato che hanno appena visto. nel aprlare di questo nota che gli occhi di Aron si spalancano per la paura, in un lampo fugace di terrore che copre subito con la solita espressione fredda. «Allora... è tutto molto più vicino di quello che pensavamo.» Commenta. «Ho intenzione di andare fino a Hell's Island e scoprire la verità. Non ho intenzione di salvare il mondo, ma voglio risposte e vogliosapere chi vuole uccidermi. Odio chi mi spara addosso.» Afferma Paul tutto d'un tratto, stringendo i pugni. «E magari potremmo salvarci anche noi, no?» Chiede l'innocente voce di Eliah. Nessuno ci crede, ma tutti lo sperano. Sono morti. Comunque vadano le cose lo sono. Tanto vale andare a vedere. «Bene... vi porto da Burton.» Esclama Aron.
  20. Aixela fissava il soffito della locanda con lo sguardo appagato e velato dai ricordi. Accanto a lei sentiva il respiro affannato e profondo di Lirian, addormentata dopo aver provato un nuovo tipo di piacere, un piacere che nessun uomo era mai stata capace di darle. Così aveva detto poco prima di addormentarsi, nuda e sudata, dopo una serata in cui finalmente Aixela era riuscita ad amare qualcuno anche fisicamente. Guardò al lato e vide il piccolo corpo femminile della sua compagna addormentata imperlato di minuscole gocce di sudore. Si alzò a sedere e afferrò una coperta per non farle prendere freddo. Nel vedere il suo braccio lucido si accorse che anche lei doveva essere nelle stesse condizioni. Coprì la ragazza e poi si alzò dal letto delicatamente per non svegliarla. In quel momento i suoni la accolsero in tutta la loro distorta melodia. Il nano russava beato nella stanza accanto, incurante della parlantina senza fine del kender, intento a raccontare una delle sue favolose storie alla piccola elfa. Non sentiva Perenor e Ariaston, ma li immaginava sotto le coperte, finalmente prede di un sonno tranquillo. Anche Aixela avrebbe voluto dormire, ma l'eccitazione di aver finalmente provato una sensazione fisica così intensa la teneva sveglia, gli occhi fissi all'esterno, oltre quella finestra che mostrava un paesaggio totalmente nuovo. Il mare. Non lo aveva mai visto. Nelle sua fughe era sempre stata costretta ad evitare i porti e le navi, essendo un bersaglio troppo facile in posti del genere. E da piccola, prima di fuggire, era sempre stata in una casetta al limitare del bosco. La stessa casetta che avevano abbandonato una settimana prima. Lasciò che gli occhi si velassero di ricordi e cominciò a vedere di nuovo la sua Lirian a terra con quei tatuaggi così simili ai suoi, ma diversi. Come quelli della piccola elfa. E vedeva ancora gli occhi di Perenor quando aprì il libro e vi trovò tutti e tre i tatuaggi, uniti. Un solo disegno. Una mappa. Una città. Merenil. Questo era il nome. Era al di là del mare, abbandonata. Così dicevano. Di lei si sapeva solo che vi era un tempio dedicato ad una divinità che nessuno ricorda, un tempio in cui nessuno poteva entrare. Chiunque si avvicinava a quella città veniva respinto da orde di esseri che nessuno ha mai saputo descrivere, riuscendo solo ad esprimere un senso di terrore. Come succedeva a quelli che toccavano la sua spada. Ma la decisione fu unanime. Questi eventi erano andati troppo avanti, vi era troppo in gioco per non tentare di vedere cosa vi fosse lì. La paura c'era, ma ancora di più vi era la consapevolezza che erano stati messi in gioco da qualcuno e che forse in quella città avrebbero trovato le risposte. E, dopo una notte di riflessioni, decisero di mettersi in viaggio verso questa città portuale, pregando di trovare un capitano abbastanza coraggioso o pazzo da portarli fino a Merenil. Dicevano che nessuno metteva mai piede o anche solo si avvicinava all'isola dove era questa città. Quei pochi che lo avevano fatto avevano trovato ogni tipo di avversità, solo per poi ripartire di corsa appena attraccati sull'isola. Ma la speranza si era insinuata in tutti loro. Finalmente avevano una meta, un luogo che poteva dare loro delle risposte. E per questo si misero in viaggio, attraversando passi montuosi, foreste, affrontando lupi, orsi e aberrazioni. Aixela non ricordava quante teste di orco aveva visto rotolare in terra, vittime della sua spada. Ma soprattutto ancora non riusciva a credere a quei fulmini che partivano dalle dita di Lirian quando lei le dava la mano. Non capiva neanche come quei non morti fossero fuggiti terrorizzati di fronte alla luce delle tempie della piccola elfa, una luce che era apparsa proprio quando Aixela le aveva dato la mano per proteggerla. Loro sfruttavano la sua magia per fare quelle cose. Erano come la sua spada. Anche Sturmir aveva provato a darle la mano ma quello che ottenne fu solo di vedere la sua amgia potenziata e quasi fuori controllo, in un accumularsi di potere che lo spaventava. E lui sentiva che, mentre la magia si rafforzava, lui si indeboliva. Sembrava che lei risucchiasse la vita per aumentare la magia, cosa che non succedeva con Lirian e Alathariel. Ma loro avevano i tatuaggi. Sturmir, Perenor e Ariaston no. E neanche il kender, ma lui aveva superato anche l'orrore della spada quando l'aveva toccata. Aveva qualcosa quel kender. Ne era sicura. Gli occhi sembravano chiudersi per il sonno. Finalmente poteva riposare. Finalmente era in una taverna e non sul terreno. Si infilò delicatamente accanto a Lirian, abbracciandola e notando come lei si accoccolasse a lei insitntivamente. Sorrise e si addormentò, in attesa del domani in cui avrebbero dovuto cercare una nave.
  21. Io mi sono letto un numero di Nathan Never (tra l'altro uno dei miei preferiti, "L'Abisso delle Memorie") in sloveno: "U Ponoru Pamcenja".
  22. Si chiamava Kar...
  23. Maison Ikkoku non è mica lungo. Per esempio neanch eio sopporto Inu Yasha e Ranma 1/2.
  24. Joram Rosebringer

    Cyberpunk d20

    Il d20 sarebbe la morte di Cyberpunk! Immaginate un PG che cammina in mezzo ai carri armati corazzati perché è di alto livello, quando invece il bello del gioco è che anche una vecchietta con una scacciacani può uccidere con un colpo il più ipercorazzato figlio di put***a che ci sia in giro.
  25. Grandioso Ralph! E come dimenticare il mitico Boss Hogg di hazzard e il suo fido Roscoe?
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