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Joram Rosebringer

Circolo degli Antichi
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Tutti i contenuti di Joram Rosebringer

  1. Mandami un MP con la magia che hai intenzione di fare, in modo che io possa postare poi le reazioni della spada e di Aixela.
  2. Be', riguardo l'impostazione delle vignette, ci penso io a darti le indicazioni. il resto è immprovvisazione... dopotutto lo sai bene che non è mia intenzione fare un fumetto standard.
  3. Lo sai vero che sei una delle candidate per disegnare il mio fumetto? 8)
  4. Riporto per chi volesse partecipare alla nostra storia Cyberpunk.
  5. Inserisce la tessera nel solito Datamat. Il suo conto è già stato saldato. Dopotutto gli avevano detto che appena avrebbero sentito il botto lo avrebbero pagato. E così hanno fatto. Sulla sua bocca si disegna un sorriso... ma è un sorriso amaro. Toglie la tessera e poi la reinserisce, digitando il solito indirizzo. Gli appare subito una croce rossa elaborata e rifinita. Preme i soliti pulsanti, le solite coordinate. Ecco... ancora un po'... un altro... premi... invia... conferma. Fatto! Le ha assicurato un'altra settimana di vita, sperando che si riprenda. Controlla il suo cellulare, sperando nella chiamata che lo avverte di questo, che lei si è ripresa, che tornerà ad abbracciarlo per poi fuggire insieme in Europa, nella sua Irlanda. Guarda lo schermo colorato... ed il cuore ha un sobbalzo. Una chiamata persa ed un filmage. Controlla il numero. Sconosciuto. Allora apre il filmage. Gli appare un volto che gli parla. Quel volto e quella voce: «Che fine hai fatto, scacciaguai? Qui sono nella merda. Mi stanno braccando e non so per quale motivo. Pensavo che tu potessi darmi una mano... in memoria dei vecchi tempi. Fatti sentire. Lo so che sei in città.» E il filmato sparisce. Di nuovo lei, Sheila. la sua amante prima che scoprisse l'amore. La sua insegnante prima che sapesse anche solo impugnare una pistola. La sua prima esperienza e la sua prima delusione. E' tornata. Prende il telefono in mano, sedendosi nel vicolo, poco sotto il Datamat.
  6. Per tutto il tempo era rimasta a seguire automaticamente le azioni del gruppo, vicina al suo Trebor che sembrava più scosso di lei dagli ultimi eventi. Erano sempre stati una coppia formidabile, pronti a sorreggersi l'un l'altro sia contro i nemici che contro la vita stessa. Ed anche ora dimostravano questo affiatamento. Camminavano mano nella mano, come due fidanzatini. Aixela sorride cogliendo l'ironia della cosa: anche volendo non sarebbero mai potuti diventare qualkcosa di più di ottimi amici... anche se lui avrebbe sicuramente voltuo il contrario. Le scappò una risatina divertita e si mise la mano davanti alla bocca. Lui la notò e, quasi come se le stesse leggendo il pensiero, commentò: «Tanto prima o poi troverò uno stregone che ti farà tornare... "normale"!» E le fece l'occhiolino. «Tu prega che non trovi prima io uno stregone che ti faccia diventare "diverso".» Gli fece la linguaccia e notò lo sguardo di Trebor andare sul nano «Già...» continuò lei «Pensa che bello sentire delle mani forti e muscolose che ti cingono, quell'odore rude di sudore, quel...» «Senti, piccola, se non vuoi rivedere il mio pranzo di tre mesi fa qui in terra... non mi ci far pensare, OK?» Aixela scoppiò a ridere. La faccia di Trebor era troppo buffa. Poi lui le fece un segno e l'allegria scomparve. Con il solito sguardo che significava "stai attenta, mi raccomando", le indicò il nano che le si stava avvicinando. «Mi faresti vedere la tua spada per favore?» Le chiese Sturmir, così a bruciapelo. Come risposta lei sfoderò la Lama Perfetta di Jamalièl. «Non la toccare... o perlomeno non la impugnare.» Gli disse lei, tenendola ben stretta e ferma davanti a sé «Che cosa speri di trovare? E' una spada, forgiata con le mie mani, tanto sudore e altrettanta passione. Nulla di magico. Acciaio, incudine, martello e forgia.»
  7. Moltissimo, anche perché non trovo disegnatori per il mio fumetto! (tranne forse un'amica di Roma... )
  8. Marginale? Ma se sei un mistero!
  9. Sinceramente io sono combattutto, ma il motivo è semplicemente perché il primo è un personaggio che ho nel cassetto da quasi tre anni e mi è piaciuto poterla osservare. Ma oggettivamente il secondo è migliore: le espressioni sono fantastiche!
  10. Non deve cadere in terra... 8) ... be', poi ci sono quelle sessioni durante le quali si gioca in terra...
  11. Aixela guardò l'elfo. Nei suoi occhi balenò un velo di ostilità. Come si era permesso di chiederle una cosa del genere in questo momento, nel momento in cui aveva forse scoperto la vera ragione della morte di suo padre: lei. Lei lo aveva ucciso! Voleva piangere, ma sapeva che non avrebbe risolto niente, se non apparire debole di fronte a tutti gli occhi che la stavano osservando. Quello che diceva Trebor poteva essere vero e poteva essere falso. Lui aveva toccato la spada, è vero. E da quel momento, pur se scosso, le è stato ancora più vicino di prima. Lo guarda mentre si rialza, dandole le spalle. Che fine ha fatto quel ladruncolo che ci provava con lei in ogni momento, anche dopo aver scoperto la sua omosessualità? Che fine ha fatto quel sorriso inornico perennemente presente sul quel viso che lei aveva cominciato a sentire fraterno? Questi ultimi eventi lo stanno cambiando. E stanno cambiando lei. Ma forse... forse finalmente troverà le risposte. Mise una mano sulla spalla di Trebor, guardandolo negli occhi e dandogli con uno sguardo tutto il suo appoggio. Poi si girò verso l'elfo, lo sguardo deciso: «Non lo so, Ariaston. Non sapevo neanche di averle queste capacità.»
  12. Trebor si guardò intorno a disagio, gli ochci che correvano lungo tutto il gruppo. Guardò Aixela ed i suoi occhi sembravano volerla allontanare, come se le volesse risparmiare qualcosa di doloroso. Lei non lo stava osservando, impegnata a giocare con la piccola elfa come farebbe una sorella maggiore con quella minore. Si sedette in terra, giocando con i ciuffi i erba: «Io... io non sono sicuro di quello che sto per dire. Non le è mai capitata una cosa del genere. O perlomeno non le sono mai capitate così spesso.» Guarda l'elfo «Tu hai visto quello che è successo e sai come ti abbia visto tutte le volte che eri nascosto. Sai che sente la magia.» Sospira «E' l'unica cosa che sono riuscito a capire. Sente la presenza della magia ed in qualche modo la altera... la amplia...» Fa un gesto come per indicare qualcosa che si ingrandisce. Poi le mani ricadono e la voce si fa roca e sommessa «E, da quel che ho capito, è stato proprio per questo motivo che il padre è morto. Stava conducendo una grande magia per riportare in vita la madre... ma poi qualcosa andò storto e questa magia che doveva attingere alla sua stessa linfa vitale, lo prosciugò... portandolo alla morte. Non so perché e non so come, ma Aixela aveva potenziato la sua magia, alterandola, portandola fuori controllo.» Si alza in piedi «Per quanto riguarda la spada, io...» Fu solo in quel momento che si accorse che gli sguardi degli altri erano fissi su un punto accanto a lui. Si voltò e vide Aixela ritta in piedi accanto a lui, i pugni stretti, il volto contorto in uan smorfia di dolore. «E tu... tu che ne sai di come è... è morto mio padre?» Trebor non si mosse, abbassò la testa ed il corpo fu scosso da brividi: «L'ho... l'ho visto... quando... quando...» Cade in ginocchio «... quando ho toccato... la... la spada...» Aixela trasalì.
  13. =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D>
  14. Ragazzi, oggi in ufficio c'è un casino quindi non so se potrò postare da qui. Ma giuro che appena torno a casa, dopo le 18:00, posto qualcosa.
  15. Ehm... quale odore di alcol se è astemio?
  16. Ottimo Strike! Era proprio quello il particolare che volevo la ragazza notasse!
  17. Dal momento che il Topic ha cambiato pagina, vi informo che il post qui sopra è il seguito di quello immediatamente precedente. Vi dico quetio per non farvi pensare che io sia impazzito.
  18. Pace. Quiete. Trebor alzò la testa da terra. La luce del sole gli ferì gli occhi. Si alzò a fatica da terra. Aixela giaceva accanto a lui, la spada stretta in mano, il volto leggermente annerito, forse da un fuoco. Non aveva segni di ferita e respirava sommessamente, gli occhi chiusi e tranquilli. Spostò lo sguardo intorno e vide i corpi anneriti delle creature, completamente dilaniate e bruciate. La stessa fine che avrebbero fatto loro se Sturmir avesse lanciato l’incantesimo. Invece erano tutti vivi. «Interessante la tua… ragazza.» Trebor si girò e vide l’elfo seduto in terra, accanto alla piccola elfa. Vide che tutti erano sdraiati sull’erba, leggermente bruciacchiati, ma illesi. Anche Ariaston era illeso e leggermente annerito. «Non… non è la mia ragazza.» Disse Trebor. «Rimane il fatto che sia interessante. Dopo quello che ha fatto non potrei definirla in modo migliore.» Quello che ha fatto? Che cosa ha fatto Aixela? Come una freccia improvvisa, i ricordi entrarono nella testa di Trebor. E vide quell’incantesimo fuori controllo di Sturmir, vide il terrore nei suoi occhi ed in quello degli altri. E poi vide Aixela svegliarsi dopo che lui stesso l’aveva schiaffeggiata per farla riprendere da quello che sembrava uno stato di trance. E poi… … il fuoco che partì dalle mani di Sturmir, anche se la sua espressione diceva che non aveva intenzione di farlo e Aixela che portò istintivame te la spada sopra la sua testa, ritta verso il cielo… e poi la lama che si illuminò così forte da accecare tutto e tutti. E la consapevolezza che quella luce aveva protetto tutti dal fuoco.
  19. Occhi rossi tutti intorno a loro. Ed uno di essi era andato verso di lei, squarciato poi dalla daga di quell’elfo che aveva promesso di aiutarla. In condizioni normali Aixela avrebbe reagito come sempre, sfoderando al sua spada e buttandosi a capofitto sul nemico, l’acciaio perfetto che tagliava carni con precisione e violenza. Lo aveva fatto più volte e lo avrebbe rifatto. Invece Sturmir si era messo a salmodiare e lei era stata colta da una strana sensazione, come se il suo corpo fosse percorso da… da qualcosa. Non sa cosa. Ricorda che è più o meno la stessa sensazione che aveva provato quando con la spada ha creato quel vento. Ma davvero era stata lei? E poi quella scossa l’aveva percorsa anche quando… quando.. «Allora, vuoi sguainare la tua spada o preferisci vederci morire tutti?» Era l’elfo. La sua voce era sempre gentile, ma aveva ragione. Un altro stridio assordate da dietro di lei. Nella sua mente balenarono immagini di lotte contro i lupi nei boschi, di duelli con la spada. Tornò alla normalità e sfoderò la spada, l’acciaio che saettò nel ventre della creatura, perforandolo con un facilità estrema. Un’altra venne abbattuta da una freccia di Trebor che proteggeva il nano, come se volesse impedire che ricorresse alle sue magie. L’elfo dietro di lei combatteva con ardore ed esperienza. Al centro del cerchio la piccola elfa tratteneva il kender sotto lo sguardo vigile di Perenor. Fu in quel momento. Gli occhi rossi avanzarono tutti insieme. Aixela si gettò sul primo, tagliandogli la testa canina per poi girarsi verso il secondo e penetrare il possente torace per ritrarre poi la spada, in guardia. Intorno a lei, il caos imperversava. Sentiva rumori di carni tagliate, di grida di battaglia, del tintinnare del ferro. Dimentica di tutte le avventure recenti, si gettò nel mucchio, colpendo con precisione selvaggia tutto quello che le capitava. Un artiglio la graffiò al fianco, ma il dolore servì solo per aumentare la sua rabbia. Vedeva davanti a sé i cavalieri di Jamalièl che la schernivano per la sua diversità, che le deridevano per aver fallito l’ultima prova, quella che loro stessi avevano truccato per non farla entrare nel corpo di cavalieri che aveva sempre ammirato. Il suo acciaio penetrava dentro i corpi di ognuno di loro, di tutti i cavalieri che vedeva davanti a sé. E quelle creature cadevano sotto i suoi colpi, inconsapevoli oggetti della sua rabbia. Poi… una voce… una voce amica penetrò all’interno della sua coltre di rabbia. Ed il mondo smise di essere rosso. «Aixela! Il Cerchio! La piccolina… il kender…» Si girò e vide che aveva lasciato scoperto una parte del cerchio per seguire la sua aggressività. E tre creature si stavano avvicinando al centro del cerchio, senza che nessuno potesse fermarle essendo tutti impegnati in combattimento. «Vai Sturmir!» Gridò l’elfo. Il nano cominciò a dire parole antiche, luci apparirono sulle sue mani che tese verso le tre creature. Ma Trebor vide lo sguardo di Sturmir aprirsi in una nota di stupore e paura quando dalle sue dita si formarono tre raggi infuocati immensi. «Ma cosa stai facendo? Così ci ammazzi tutti!» Urlò Perenor. «Io… io… non posso… non posso fermarli… non capisco…» Il nano balbettava qualcosa nello sforzo di controllare l’incantesimo. Trebor si girò subito verso Aixela e la vide come in trance, in ginocchio. Il suo corpo era scosso da tremiti e sotto la camicia le sue spalle si illuminavano di una luce viola. Anche la spada splendeva incontrastata. Poi una luce prima soffusa diventò sempre più visibile. Una traccia luminosa partiva dalle spalle di Aixela e andava a finire nei raggi infuocati di Sturmir, ingrandendoli. Capito il pericolo, Trebor corse verso Aixela, schiaffeggiandola. «Svegliati! Per l’amor di Paladine! Svegliati!» Lei aprì gli occhi, come se si fosse svegliata da un sogno. Le creature erano quasi arrivate al centro del cerchio. Poi vi fu solo fuoco…
  20. Un solo vicolo. Gli basta un solo vicolo. Eccolo. Con una precisione ed una rapidità dettata dall'abitudine, si infila in uno degli enormi inceneritori dei rifiuti. La gomma sulla faccia comincia a fare male. Il suo mandante glielo ha detto chiaro e tondo: se vuole più soldi deve privarsi di qualche comodità. E lui ha bisogno di quei soldi. Più ne ha e meno deve uccidere... e meno la sua anima urlerà sensi di colpa nella sua mente. Si toglie la maschera che lo rendeva un altro e la parrucca. I capelli biondi lasciano il posto ad un più anonimo e soprattutto originale castano. Le lenti gli cadono tra le mani ed i suoi occhi ridiventano di quel verde scuro che tanto odia. Si toglie il soprabito. L'ennesimo. Esce dall'inceneritore un altro uomo. Un anonimo nomade vestito di pelle, jeans e camicia nera. I capelli castani arrivano arruffati fino alle spalle ed una leggera ed incolta barba raccoglie qualche lacrima mentre la mano spinge il pulsante che cancella tutte le tracce di una delle sue momentanee identità. Ed ora è il momento di darsi un'altra pulita alla coscienza, una piccola lustrata per non perdere anche quel briciolo di umanità. Facendo un giro larghissimo per non sbucare dallo stesso vicolo, raggiunge il bar... o quel che ne rimane. La vista di uno spettacolo terribile, uno spettacolo che nella sua teatrale oscenità lui stesso ha creato, lo fa traballare un attimo sulle sue gambe. La polizia è sul posto, intenta a raccogliere indizi, a interrogare, a scavare tra macerie di carne e metallo. Si avvicina per dare una mano. Non è il primo nomade che lo fa e non sarà l'ultimo. E' loro usanza rovistare tra i rifiuti e le macerie in cerca di corpi e parti di ricambio. La polizia li lascia fare a patto che non tocchino le "prove"... e in cambio di una parte del loro "ricavato". Comincia anche lui la sua ricerca, fingendo di cercare guadagno e rovistando invece nella speranza di qualche superstite che possa redimerlo un minimo ai suoi stessi occhi. Un lamento. Scava più in fretta, aiutandosi con un pezzo di trave metallica che si accorge solo in quel momento essere un cyberbraccio. Ecco... un pezzo di pelle... poi... il viso... è la cameriera! Quella che stava di fronte a quel tizio dall'aria di killer. Si scopre a sorridere. Un sorriso amaro. Un killer a pagamento ucciso da un killer che non ha nessuna intenzione di esserlo. Ma ora deve pensare alla cameriera. Lei lo vede, ma naturalmente non lo riconosce. Dopotutto è un'altra persona, ora. Continua a scavare, cercando di liberare il resto del corpo. «Ti prego...» La voce di lei è uno strazio. Non voleva farle del male. Voleva portarla fuori con lui. Ma non poteva. Non poteva! Continua a scavare... poi si blocca di colpo, gli occhi sgranati. Le lacrime bussano ancora di più sul suo volto. «Tirami fuori di qui... non mi sento le... le gambe...» No, tesoro mio. Non le senti più perché non le hai più. Si alza in piedi, guardando quel corpo straziato a metà. Lei lo implora di restare. E lui resta. Prende la sua pistola. Mette il silenziatore. Nessuno si accorge di nulla. Il fumo copre le sue azioni. E lui finge ancora di scavare. Poi... un solo colpo dritto in fronte. Sangue... ancora. E lacrime. Ancora. Si alza in piedi e si allontana. Se credesse ancora in un dio si sarebbe fatto il segno della croce o una cosa del genere. Invece le manda solo un bacio, prima di svanire di nuovo in un vicolo, mani in tasca e cuore a pezzi.
  21. Non sono solo io quello che si è lamentato, ma varie persone. Io l'ho solo scritto riportando un po' il pensiero di queste. La battuta è greve, anche se presa solo come battuta, rompipalle o no.
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