Il vento soffiava incessante e freddo; con il suo impeto, aveva spazzato tutte le nuvole dal cielo che ora, limpidissimo, era solcato soltanto da uno stormo di uccelli migratori diretti a Sud.
Il sole stava tramontando, tingendo di rosso l’orizzonte e facendo virare al rosa il bianco delle lontane vette innevate.
Le ombre ormai si stavano allungando e gli unici rumori erano lo stormire del vento tra le foglie e il frinire delle cicale.
Ai margini del bosco, su un piccolo altopiano erboso che terminava in un declivio, il maestro sedeva in contemplazione di fronte ai suoi tre giovani allievi.
Il volto del maestro, un intricato disegno di rughe sottili, era tranquillo; le sue spalle erano distese senza essere curve e il corpo era fermo, rilassato.
Eppure, dentro a quell’ involucro di statica calma, si percepiva una forte energia, costante e imperturbabile, così intensa da irradiarsi all’esterno.
Il maestro sedeva come una montagna.
I volti degli allievi erano all’apparenza sereni, ma la linea della bocca era dura, perché la mandibola era un po’ troppo serrata; le loro schiene erano diritte, ma i muscoli tendevano a irrigidirsi.
Anch’essi possedevano una calda energia, ma era impetuosa, come il magma ribollente di un vulcano che sta per eruttare.
Gli allievi sedevano come un animale pronto a scattare.
Una foglia secca venne spinta dal vento; turbinò, salì, scese, si mosse a spirale fino a posarsi proprio davanti al maestro, che la raccolse e la mostrò agli allievi, attirando la loro attenzione con queste parole:
“Come questa foglia, presto noi cadremo. La nostra vita non è meno breve e, al pari di questa foglia, il segno del nostro passaggio svanirà subito”.
Posata di nuovo la foglia, che riprese danzando il suo cammino nel vento, il maestro attese in silenzio che i giovani allievi rispondessero.
Huyu parlò per primo:
“Tutto muore. La morte è la nostra unica certezza e vivere non è altro che morire istante dopo istante. Niente ha senso, perché, comunque, tutto finirà.
Non ha senso soffrire, non ha senso arrabbiarsi, non ha senso abbandonarsi all’intensità delle emozioni.
E’ saggio chi non si lascia turbare dalle emozioni.
Perché combattere e affannarsi tanto?”
Natu fu il secondo a parlare:
“Tutto muore. La morte è la nostra unica certezza e un giorno non saremo che polvere e ogni nostra azione verrà dimenticata.
La fine potrebbe giungere in qualunque momento, inutile fare grandi progetti per il futuro.
E’ saggio chi prende tutto quel che può, finchè può; che soddisfa i propri istinti senza preoccuparsi delle conseguenze delle proprie azioni.
Perchè farsi scrupoli e affannarsi tanto?”
Haru, per terzo, espresse il proprio pensiero:
“Tutto muore. La morte è la nostra unica certezza perchè la nostra vita è breve ed effimera, al pari di quella di ogni altro essere vivente che popola questo mondo.
Ogni attimo di vita che abbiamo potrebbe essere l’ultimo.
E’ saggio chi sfrutta il tempo che ha a disposizione per dare il meglio di sè e vive intensamente ogni attimo della propria esistenza, senza sprecarne alcuno.”
“Quale strada dobbiamo seguire?”
Chiesero in fine gli allievi;
“Chi è nel giusto, di noi?”
“Come distinguere, poi, ciò che è giusto da ciò che è sbagliato?”
“Se tutto finisce, perchè dovrebbero esistere Giusto e Sbagliato?”
“Viviamo forse senza uno scopo?”
“La strada che scegliamo, è dunque indifferente?”
Passarono i minuti, e il maestro non rispondeva. Sedeva sempre in silenzio, sempre tranquillo, con lo sguardo lontano.
Alla fine, quando ormai gli allievi iniziavano a disperare, parlò:
“Sentite il vento che vi scompiglia i capelli, che fa rabbrividire la vostra pelle; toccate l’erba bagnata. Guardate le prime stelle nel cielo ancora chiaro. Ascoltate il richiamo della civetta, il canto della madre che calma il suo bambino giù al villaggio. Percepite il vostro respiro e il respiro di ogni altra creatura vivente.
La risposta alle vostre domande è nei vostri cuori.”
OK, è più filosofico che fantasy, ma spero possa piacervi. Critiche costruttive e commenti sono benvenuti.