“E' Fremmen, uno dei Tredici.
Ogni speranza abbandona il tuo cuore.
Le tue gambe vorrebbero portarti via da lì, ancora lontano, in salvo, vivo.
Ma restano ferme a guardare il volto coperto di bende che ti scruta con le due lenti rosse dei occhi artificiali.
Senti freddo e paura, come se la tua anima stesse morendo di fronte a quell'essere.
Poi i tuoi occhi lasciano Fremmen, come per un'altrui volontà, e si posano su un punto preciso della sala, su un volto in particolare: Kora.
Il suo sguardo è freddo e deciso.
Forse ti ha tradito, nel IV Reich nessuno può bluffare e tradire il partito senza mai offrire un dono ai propri nemici per riacquistare credibilità. Non dovevi fidarti. Sapevi la prima regola: non fidarsi di nessuno!
Eppure per Kora l'hai infranta, ignorata, calpestata.
Kora abbassa lo sguardo.
No, non ti ha tradito, non puoi crederlo.
Lei non sapeva, lei è innocente. Lei non ha colpe.
Questo è solo il tuo destino, nient'altro.
Poi la tua mente viene violata e violentata da una serie di immagini terrificanti.
Rivedi tutti gli orrori di questo mondo piagato prima di cedere al nulla...”
Le ombre che sfilano agghiaccianti torturandoti la mente sono collassate una sull'altra e un funereo bagliore bianco riempie tutto il tuo campo visivo. I tuoi sensi sembrano annullati, il mondo esterno pare non poter avere più influenza su di te. Freddo e caldo, silenzio e frastuono perdono qualunque concretezza, è come se la percezione stessa non abbia più alcun motivo d'essere, mentre la tua coscienza sembra fondersi con un eterno vuoto.
Una vibrazione perturba questo stato di stabilità aliena e assoluta. Era qualcosa che conoscevi, quando appartenevi a un'altra vita, a un'altra dimensione. Ricordi analoghe anomalie che si propagavano fino a te, provocandoti attimi di conoscenza che subito la mente impastava in idee e sensazioni.
Le vibrazioni sono più d'una e la luce sembra perdere d'intensità. Compaiono forme attorno a te, figure che piano piano riconosci come uomini, creature a te simili, se puoi fidarti di ciò che percepiscono i tuoi occhi e di ciò che la mente ti rimanda come dato cosciente.
Una marea di suoni penetra nelle tue orecchie, perforandoti i timpani. Quell'eternità di nulla ti aveva tolto ogni sensibilità e ora il brusio sommesso della stanza ti risulta insopportabile.
Lentamente metti a fuoco ciò che ti circonda. I volti contratti, la donna, l'essere disumano in mezzo alla stanza. Si è girato verso Kora e la osserva. L'ultima volta che avevi posato gli occhi su di lei pareva imbarazzata, ora è semplicemente... vuota. Vuota come ti sentivi tu fino a qualche istante prima, definitivamente privata della coscienza dell'esistenza.
Fremmen fa appena un passo verso di lei e sai già che per Kora non c'è più vita, non come un essere umano dovrebbe intenderla.
Ora sei tu ad abbassare lo sguardo, forse per vergogna, forse per pena. La pena! Un sentimento così misero e immenso al tempo stesso, che ti scuote fino a riattivare ogni singolo recettore del tuo corpo. L'odore pungente degli incensi ti pizzica il naso, unito a un aroma indefinito, altrettanto incisivo. Sembra formalina e il pensiero che emani da Fremmen rende quell'essere ormai non più umano ancora più rivoltante.
Due uomini in divisa afferrano Kora, una statua di molle cera senza volontà, e la trascinano fuori. Il colonnello guarda attorno a sé con affettata lentezza per poi camminare verso l'uscita.
Per qualche minuto, è come se tutti avessero smesso di respirare. Gli uomini nella sala si guardano attorno persi, le donne si asciugano le lacrime nere di kajal, alcune cameriere sono in ginocchio con gli occhi rivolti al pavimento tanto era insostenibile la presenza del Gran Cavaliere Sterminatore.
Respiri prima con fatica, poi facendo entrare sempre più aria nei polmoni. Sai che sei vivo e che per un attimo la follia ha tentato di annullarti, come invece è riuscita a fare con Kora.
Sono tutti ancora intontiti da ciò che è appena accaduto e nessuno sembra più prestarti attenzione, nonostante tu sia ancora in piedi sul piccolo palco.
“Ora o mai più”.
Fai un passo indietro, verso una porta di servizio che si apre pochi metri più in là sulla destra. Sai che oltre quella porta potrebbe esserci qualunque cosa, ma ormai questa spada di Damocle è destinata a ciondolarti sulla testa e puoi solo tentare di procrastinare l'attimo in cui il destino la lascerà andare.
Stringi la maniglia fredda nella mano, scivoli nella fessura che hai osato aprire e la piccola folla sparisce dalla tua vista. Il cuore sembra aver saltato un battito, il panico sta trovando una via facile verso le tue viscere, ma chiudi gli occhi e lasci che un profondo respiro lavi via l'ansia dai tuoi polmoni. Percepisci alcuni passi incerti alle tue spalle e i profumi di cucina ti lasciano indovinare che le presenze nella stanza altro non dovrebbero essere che cuochi e camerieri. Ti inventerai qualcosa, farfuglierai una scusa sbocconcellata e cercherai di raggiungere un'uscita di servizio, nella tua corsa senza tregua verso una salvezza sempre più incerta.
Attendi ancora un attimo, giusto il tempo per riaprire gli occhi, e ti volti.