A Lariel sembrò di essere di nuovo sulla piccola barca bianca, con cui suo padre portava lei e la madre sull’Angafel, il Lago lucente. Si sentiva invasa da una sensazione di torpore da cui desiderava solo in parte riprendersi. Alla fine, con uno sforzo notevole, aprì gli occhi, sbattendo più volte le palpebre, cercando di mettere a fuoco il viso sopra di lei.
No, decisamente non era suo padre. Era Veck, e la stava portando in braccio. Non riusciva a capirne il motivo, non ricordava cosa fosse successo.
La nausea la assalì improvvisamente, mentre davanti ai suoi occhi si ripresentavano quelle terribili immagini. Cerco di allontanarle con le mani, agitandosi tra le braccia di Veck.
“Lariel, calmati! E’ passato ormai… siamo quasi arrivati all’Accademia” le disse con la voce un po’ affannata.
Finalmente arrivarono di fronte al grande portone d’ingresso della scuola. Veck aiutò Lariel a rimettersi in piedi e la sostenne mentre salivano i pochi scalini che conducevano alla porta. L’elfa si sentiva estremamente debole, completamente svuotata di ogni energia, mentre le immagini nella sua mente si facevano sempre più indistinte e nebulose.
Veck la guardò perplesso: entrare nella mente di un non-morto non doveva essere un’esperienza piacevole.
Una volta nell’atrio, Lariel si bloccò e fissò con sguardo supplicante Veck: “Kirne, io… io non mi sento bene. Sarebbe un problema per te, andare a presentare il rapporto da solo?”.
Veck sorrise lievemente: “No, assolutamente. Più tardi, quando ti senti meglio, ti farò sapere com’è andata”.
Lariel si diresse verso la scalinata che portava al piano superiore e salì lentamente gli scalini, mentre un angolo della sua mente rielaborava ciò che aveva visto nella stanza di quel palazzo.