Mi piace il cinema, mi piace molto. Non sono uno di quelli che contribuiscono a riempire le tasche dei vari buzzurri pseudo-romaneschi dei cinepanettoni, non credo che si stia vivendo la nuova età dell'oro del cinema italiano come alcuni insinuano (forse consci di avere le carte per stampare una bella profezia auto-avverante, foraggiati dai produttori cui gioverebbe molto la cosa...).
Non sono uno di quelli per cui un film di nicchia è bello in quanto tale, non sono uno di quelli per cui un film incomprensibile è bello in quanto tale (anzi, penso che nulla sia incomprensibile nel buon cinema).
Non sono uno di quelli che cedono a idolatria dell'una o dell'altra specie (quelle dettate dall'inquadramento in greggi di idioti alla moda e quelle dettate dall'inquadramento in greggi di idioti contro corrente, per inciso), dunque non ritengo qualcuno grande perché lo dicono altri.
Tuttavia, non mi vergogno ad ammetterlo, esistono alcuni miti popolarmente accettati per i quali provo a mia volta una forte ammirazione.
Charles Spencer Chaplin Jr., o più semplicemente Charlie Chaplin, indissolubilmente legato al personaggio del Vagabondo (the Tramp, noto come Charlot in Italia, Francia e Spagna), è uno di questi miti che condivido con la massa (NOTA: purtroppo, in realtà temo che la massa non lo conosca più; sono tuttavia un sognatore, e voglio sforzarmi di credere che il Mondo abbia speranza, che la gente conosca ancora Charlie Chaplin. Che stia io stesso tentando una profezia auto-avverante? Che l'averlo svelato ora abbia invalidato il mio stratagemma? Che l'aver dichiarato lo stratagemma come svelato lo renda in realtà falsamente innocuo, dunque terribile? Che l'aver prospettato una tale ambigua sottigliezza l'abbia svelata a voi che leggete? Che l'aver svelato l'ennesimo strato l'abbia a sua volta reso inutile? Che...?).
Charlie Chaplin, secondo me, è stato un personaggio assolutamente eccezionale. Regista in grado di dirigere un intero film senza sceneggiatura scritta, andando a memoria e a intuito; "sceneggiatore" (virgolette d'obbligo per la quasi superfluità delle sceneggiature di cui sopra) di pellicole memorabili, profetiche, toccanti, colossali come Il Grande Dittatore (un monologo finale che dovrebbe aprire qualsiasi antologia sul cinema), Tempi Moderni (l'alienazione fatta immagine, evocativo e citato dall'inizio alla fine), Luci della Ribalta (delicatissimo e malinconico quasi-testamento di un clown); compositore; attore dotato di mimica strepitosa e d'altri tempi, dotato di versatilità, di doti da camaleonte (sempre ne Il Grande Dittatore c'è di che applaudire da principio a fine per il dualismo di caratteri presentato), di una drammatica incapacità di filtrare l'esperienza recitativa (al giorno d'oggi quelli toccati da questo dono sovente si suicidano, lui si limitò a una vita tormentatissima).
Charlie Chaplin poi ha fatto la storia, ha posto pietre di paragone ad altezza ineguagliabili: chi non ha impresso nella mente l'operaio di Tempi Moderni imprigionato negli ingranaggi di una fabbrica claustrofobica? Chi non conosce la silhouette di quell'omino spaesato con le scarpe larghe e il cappello in testa?
Dite la vostra, se volete, io di cose da dire ne ho molte.