Il Flagello di Durin, Balrog di Moria
Disgiunta di un oscuro Balrog è l’ardente scorza
tra fuoco e fiamme purpuree altresì amate adesso
da molli creste adorne al pari d’un elfico ricamo
che l’intreccio, fitto, dimena fra i lunghi vessilli
smossi dal vento su un cinereo campo di guerra.
Elfico il lamento, a muta voce, sì nell’accogliere
della sua violenta frusta, il sorridente abbraccio,
quando altrettante lingue poi con rubiconda furia
ripetutamente anelano di un’elsa la presa sicura.
Né una corazza o elmo o ancora un eroico scudo
ad arrestar della fiamma di Udun l’antico rancore
covato a lungo attraverso le remote cave di Moria
dei nani tutti, perduto e sepolto paradiso nascosto
sigillato dagli splendenti fregi in lega di Ithildin,
quale lieto corpo alla lusinga di una pallida Luna.
Ruggisce al di là del litico ponte di Khazad-Dum
un longilineo staffile dalle molteplici maschere,
ove quell’iracondo sguardo del Flagello di Durin
presto, alimenta dell’unico anello la rapida fuga.
Tu, non puoi… Passare!
Questo, l’infuocato guaito di colui che s’appresta
ineluttabile, a condividere con il più tetro Abisso
le tinte profonde e finanche le prigionie tortuose.
Come l’esporsi alla luce attraverso un buio varco
addentro le cupe e sorde ombre di siffatte miniere,
dispiegansi le imponenti ali di brace, così ferendo
della notte i primi squarci d’un insolito fato,
onde brilla del canuto bastone, il poderoso sfrigolio:
Ambedue crollano giù solerti dall’infranto passo
dello stregone la caviglia dapprima incatenando
all’etereo cappio ora filato dalle demoniche dita.
Le corna oblunghe, ben assesta nel debole torace
del proprio nemico, finché esauste le calde froge
di soffocante bruma, or vengono sfiancate a lutto.
Un lieve sussulto, e di Glamdring, elfico flagello,
risplende sottile la lama, la cui nomea sussurrata
appena dal vento, nella belva apre la serica ferita.
Sempiterna, risuona tale battaglia con Mithrandir
il Grigio, sulle innumeri vette di un gelido colle
Celebdil, questo il nome ovvero Argentacuspide,
altresì combattuta su una coltre di velato incanto
per ben dieci lunghissimi giorni dell’era mortale
poiché per indole funesta, il Demone di Fiamma
di valoroso Maiar, tenne ancora ribelle il ricordo.
Adesso, sovviene il riposo e degl’Istari, lui solo,
segue l’eterica scia di un altro dì, in nuove vesti.