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Ricomincerei da qui, ovvero dei vampiri sbrilluccicosi et similia
D@rkraven ha risposto alla discussione di Tolman in Libri, fumetti e animazione
quoto Airon al 100%, e non riesco ad esprimermi meglio. -
Progetto: rivitalizzare la sezione racconti!
D@rkraven ha risposto alla discussione di doria in House rules e progetti
i corsi di scrittura non servono solo a chi non sa l'italiano: io mi ritengo piuttosto colto ed il mio linguaggio è spesso più elevato di quanto convenga ma accolgo con piacere ogni possibilità di migliorarsi! un'idea sarebbe anche quella di iniziare più corsi (pensavo a cose come 'Principiante' - 'intermedio' - 'Esperto') a uno dei quali uno scrittore con abbastanza autocritica si iscrive per migliorare il proprio stile. la cosa più importante da trovare, comunque, è una buon'anima che si prenda la briga di seguire il (o i) corso/i. -
nessun paraculismo, è un abbozzo accuratamente ponderato in mesi e mesi di meditazione: il difficile, in questi casi, è definire il criterio con cui si danno a certi generi posti più alti. anche questo è alla base della commercializzazione: molto spesso la gente classifica la musica in base all'orecchiabilità, come dici giustamente, e la musica commerciale diventa quella che tende alla soddisfazione dei gusti della massa. la mia ricerca musicale è guidata dalla ricerca del trascendente: a mio parere solo l'arte è in grado di rendere l'uomo migliore di sé stesso, e la musica è quella che più di ogni altra cosa ha le potenzialità per adempiere allo scopo. così, pezzi prodotti per la gente (sto parlando di produzione musicale, quindi mi riferisco alla musica senza spirito (come diceva in modo molto appropriato Irrlicht), senza calore umano o senza atto di composizione, che ha il solo scopo di essere venduta), pezzi prodotti in serie dicevo, diventano, metaforicamente parlando, la prostituta del porto (da cui il massimo che puoi ottenere a lungo termine è la sifilide), mentre la musica classica con le sue armonie e le sue trascendenze (per me Bach e Debussy sono divinità a cui erigere templi) diventa la giovane vergine di cui hai una visione fugace su una spiaggia, che concede al cuore una catarsi più profonda del fuoco. quoto con convinzione, ed apprezzo la distinzione. l'orecchiabilità ben utilizzata a mio parere è, come diceva Lucrezio, "Il miele sul bicchiere di medicina del malato", che rende concetti preziosi ma difficili da digerire più facili da accettare.
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indie Doramarth - Nuovo anno
D@rkraven ha risposto alla discussione di lepracauno in House rules e progetti
mi sento buono e ti do un'altra dritta : prova a cercare nelle biblioteche comunali libri relativi alla magia bianca: non è difficile trovarli, credo, io a guastalla ne ho trovati 2... fatto sta che, lì dentro, trovi rituali a bizzeffe, dal semplice girare tre volte in senso orario attorno ad un sacchetto contenente lavanda, rosmarino e una foto della persona amata per farla innamorare alla più complicata procedura per preparare una stanza alla comunione con il regno degli spiriti ( Spoiler: Ovvero renderla spoglia, lavarla con acqua e sale, dipingerla di bianco, segnare i punti cardinali, preparare un armadietto con candele, elementi chimici (zolfo, sale, polvere di gesso...) e gessi di diversi colori, tracciare due cerchi (uno per ricaricare le proprie riserve di magia ed uno dove stare mentre si evoca) ed un pentacolo (da me accuratamente ricopiato su un foglio ^^), e non credo sia finita qui XD ) anche i libri più 'seri' (come i vari saggi sulle eresie scritti dagli inquisitori o le raccolte di miti greci e latini) possono offrire validi spunti. in definitiva, però, dipende tutto dall'alchimia che vorresti contestualizzare: è un'arte riservata ai dotti razionali? o una pratica di stregoneria? si ricollega al culto di qualche dio o è una manifestazione delle forze della natura? questi particolari sono forse i più importanti per la ritualistica, in quanto offrono già di per sé spunti validi e possono essere personalizzati (quindi più fertili di culture mistiche già definite) -
indie Doramarth - Nuovo anno
D@rkraven ha risposto alla discussione di lepracauno in House rules e progetti
come futuro pseudo collaboratore, cerco di rispondere alla domanda sull'alchimia: tu hai considerato vegetali e minerali. io te ne propongo di ulteriori: - Animali (cuori, zampe, scaglie..) - Fluidi (dall'acqua al sangue di drago...) - Mistici (Lacrime di bambino, sangue di vergine...hanno tutti un valore simbolico, non è solo un ricettario da fiaba) Inoltre, tieni presente che l'alchimia può prevedere non solo chimica e fisica, ma anche tutta una ritualistica complessa, che comprende formule, movimenti, momenti precisi del giorno o della notte... non è una classificazione, ma può essere un buono spunto nel caso si voglia particolareggiare il processo di raffinazione alchemica. spero di esserti stato di aiuto! -
attenzione, però, che nonstante molto suono spacciato per musica sia effettivamente tale è oppportuno distinguere in fascie di 'cultura': è interessante vedere che già 50 anni fa Orwell aveva previsto che sarebbe nata la 'musica per proletari: una melodia sintetica prodotta dal vibrafono, che assopisce gli animi eccetera'. io identifico la musica commerciale con quella che passano in TV tutte le sante ore del giorno (vedi ad esempio Waka Waka che, pur essendo anche abbastanza ascoltabile, non può essere assunta in dosi massicce senza provocare rigetti al sottoscritto), ma dopo averla etichettata non la considero indegna di essere ascoltata: semplicemente, ho cose migliori da ascoltare. IMHO, la scala della cultura musicale è così composta (è ancora incompleta): ultimo posto: House penultimo posto: pezzi Commercialoni e tormentoni delle varie stagioni ... ... ... primo posto: Musica Classica (imprescindibile per chi voglia avere una seria cultura musicale. sta di fatto che di per sé l'essere 'commerciale' non è una colpa né una cosa proibita, è la strumentalizzazione della musica che dovrebbe essere guardata con orrore. stiamo parlando di cultura, ragazzi, di cultura. Se molti scrittori cominciassero a scrivereromanzetti rosa, probabilmente molti lettori si butterebbero dai ponti - a torto: bisognerebbe tentare la fuga qualora gli scrittori vengano fortemente portati o addirittura costretti a scrivere Harmony. purtroppo è quello che sta accadendo oggi: poca gente ha il controllo di ciò che ascolta..si limita a 'subire' le mode che gli passano di fianco e che sono controllate non dal bisogno di esprimere uno stato d'animo o un ideale ma dal guadagno economico e di fama, mentre i pochi che cercano con attenzione i generi da seguire si vedono oberati da imput che portano da tutt'altra parte. il vero 'commerciale', la vera tragedia, arriva quando la gente ha una parte passiva nell'ascolto della musica, e non attiva. in conclusione, uno può anche essere un fan sfegatato di Shakira senza che io gli tiri dietro il servizio di ceramica (almeno non subito ), basta che prima di gettarsi su quel genere ne abbia provati altri. la fossilizzazione conduce alla decomposizione. culturale.
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guarda se ti va di ritoccarlo per tuo gusto personale fallo pure, ma a me piace già così e non ti chiederei mai di cambiarlo solo per mie manie di perfezionismo (del resto ho notato che, 'stranamente', scattano solo per lavori altrui ) inoltre, essendoti venuto così spontaneamente, senza riferimenti né puntigliosità da parte del 'committente' mi sembra molto migliore di altri disegni che invece vengono ritoccati 3, 4, 5 volte: questa è un'immagine nata con il minor numero di vincoli possibile, e già solo il pensiero di avere davanti un personaggio 'spontaneo' rende il dipinto, appunto, 'trascendentale', ovvero che viene prima dell'esperienza stessa....... sono le 11 30 e sto delirando come solito :D beh colgo l'occasione per farti gli auguri di compleanno anche se in ritardissimo a presto! ps Spoiler: ho già un concetto pronto per un eventuale PG, se sei interessata...un monaco (o una monaca, il concetto è flessibile) amanuense che parte dal monastero di Monte Falco verso l'Oracolo di Temiscyra in cerca di risposte riguardo alle visioni che tormentano il suo sonno...nel caso non avessi altri spunti, ma spero che non succeda mai!
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Posso dirlo senza peli sulla lingua, hai colto il segno. è concettualmente perfetto, lo spirito del duirismo è pienamente soddisfatto. poche cose mi lasciano perplesso, ma sono inezie e particolari minori che derivano da mie aspettative: l'avrei visto di 3/4, magari, invece che di profilo, magari in procinto di lanciare una fiammata, ma in questo modo viene evidenziato l'aspetto aggressivo e non quello curioso/culturale, come invece tu hai giustamente fatto. il PG che userò nel PbF porterà il saio nero per lutto, ma avevo previsto un abito meno appariscente da mettere in bisaccia, e non sapevo come avrebbe potuto essere. questa mi sembra la soluzione migliore, quindi mi hai anche risolto un piccolo dilemma unica cosa che realmente mi lascia lievemente perplesso è il bastone, che ricorda più quello del druido oscuro che ti chiesi di fare qualche settimana fa..a saetta contando queste considerazioni (che mi sembra giusto far presenti) il bilancio generale è quello di un disegno che soddisfa quasi pienamente il committente (diciamo un 99%), e che meriterebbe almeno 3 punti fama! ti ringrazio profondamente per il tempo che mi hai dedicato, somma niji, e giuro eterna fedeltà al tuo nascente culto di pittura trascendentale :pray: che dire? resto a tua disposizione per aiutarti a fare il PG del PbF, se vuoi un aiuto. basta schiccare le dita! continua così, patrona dei pittori
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Commissioni, collaborazioni e progetti
D@rkraven ha risposto alla discussione di Gideon Rowhan in Disegni e Illustrazioni
chiedo scusa, ma non ho la scheda qui in vacanza, appena torno la posto, Darth. per ora, avendo anche a disposizione il BG (appena fatto ) posto anche quello: Spoiler: Hemlet nasce da una famiglia Fremese, di umili origini. Durante una caccia all'eretico in Florentia sua madre venne uccisa come strega. Capita l'antifona, quella notte padre e figlio partirono lungo la via Flavia in direzione delle Province Unite, il luogo più vicino dove poter vivere al sicuro dal fanatismo religioso. Pur dovendo passare per Siddheim, il padre non esitò. Purtroppo, nel Siddlend, il padre di Hemlet fu notato per la sua inortodossia. Fu seguito, ed assassinato in una locanda di Hedhoven. Hemlet, che all'epoca aveva quattro anni, era stato lasciato fuori dalla porta della locanda ad aspettare il padre. Quando l'oste uscì, vedendo il bambino abbandonato, capì che era figlio del morto, e decise di tenerlo ed usarlo come servetto quando sarebbe stato abbastanza grande. Dopo un paio di mesi, però, un duir travestito da mercante capitò alla locanda e, notando il ragazzo, chiese di lui. Saputa la sua condizione di orfano, si offrì di allevarlo lui stesso, per poterlo usare come garzone. L'oste, che non aveva pazienza per allevarlo e non aveva donne che badassero al pargolo, fu felice di liberarsene. Il duir cominciò ad insegnare al bambino il culto degli Antichi Dei, e lo educò come suo allievo, insegnandogli a leggere e parlare l'Omnis, a far di conto ed a tirar di spada, continuando a spostarsi di paese in paese attraverso le Province e il Nulevis settentrionale. Quando il ragazzo ebbe una dozzina d'anni, lo portò in Asher e lo battezzò come Hemlet con il rito duirico. Durante la permanenza in Asher, Hemlet rimase affascinato dal suono dell'arpa, ed iniziò ad apprenderne la tecnica. Quando il suo maestro ripartì per il continente, dopo tre o quattro anni, Hemlet ormai era un giovane duir con tanto di arpa, cappa e bordone, curioso nei confronti delle culture e della musica. Continuando ad esercitarsi, suonando nelle locande e nelle taverne, e tenendo un comportamento gioviale ed aperto, riuscì a guadagnare i talenti necessari per viaggiare agevolmente con il maestro, che cominciava ad invecchiare, ed anche qualcuno in più, con il quale riuscì a comprarsi una semplice corazza di cuoio che da allora tenne ben nascosta sotto al saio. Grazie al suo bell'aspetto, riusciva annche a farsi amiche le ragazze del luogo, anche se non ebbe mai una storia seria a causa del suo destino di pellegrino. Dopo una decina d'anni di vagabondaggi, quando ormai la passione per le culture era sfociata in un interesse morboso verso la cabala, il suo maestro fu catturato. Ormai sapeva come sarebbe andata a finire, e fece finta di non conoscerlo quando gli misero i ceppi. Non avrebbe potuto aiutarlo in alcun modo, anzi avrebbe corso il rischio di farsi catturare, rendendo vani gli ultimi quindici anni di vita del maestro. Mentre lo vedeva bruciare, e sottovoce salmodiava una semplice preghiera duir per la salvezza della sua anima, l'ultimo pensiero telepatico del maestro lo raggiunse, colmando la sua mente di parole di consolazione e di coraggio. Rianimatosi, Hemlet decise che sarebbe partito quella sera stessa alla ricerca dei misteri nivejan. Partì dalla cittadina sulla Stillstrasse, dove stava riposando con il maestro, e la seguì verso Sonderheim. Portava cappuccio e saio neri, a lutto per il maestro, ma a chi lo interpellava diceva che stava tornando a casa, in Frimea, dopo aver fatto un pellegrinaggio a Siddheim per l'anima della moglie, morta di parto. La menzogna del pellegrino riuscì bene, ed Hemlet decise che ne avrebbe fatto uso sistematico. Così continuò a seguire la strada verso sud ovest, finché giunse al bivio a sud di Wassendorf. A sud est, la Via della Seta lo chiamava invitante a scoprire le genti di quelle nazioni, a sud ovest la Frimea, che gli era stata attribuita come luogo di nascita. Decidendo in uno slancio di passione, diede le spalle al suo passato e si avviò verso la Mesia. Lì cominciò ad apprendere l'alchimia dai niveja, mentre l'aria diventava via via meno oppressa dalla Chiesa della Presenza. Ma Hemlet non abbassò la guardia e continuò a tenere la maschera, in vista di un suo ritorno in Asher come duir rispettato. Quando scoprì che un riccone locale, nella Mesia, teneva sotto chiave un libro 'prezioso', intuì che quel libro conteneva interessanti nozioni cabalistiche. Mettendosi alla ricerca di un ladro professionista, trovò un fabbro magnano che sembrava fare al caso suo. Dopo averlo apertamente smascherato come scassinatore, riuscì ad estorcergli la promessa di un lavoretto su commissione, con pagamento e promessa di mantenere il segreto. Il fabbro, prendendo tempo, riuscì a trovare (e forzare) il baule di Hemlet, trovando prove della sua appartenenza all'ordine duirico. Così, trovatisi entrambi con le prove che incriminavano l'altro, si trovarono costretti a viaggiare insieme per evitare tradimenti. Durante i viaggi in Mesia riuscì anche a modificare il suo bordone mascherato da bastone da viandante per farci stare dentro una katana, lama che lo aveva sempre affascinato per la sua leggerezza ed eleganza, anche se non aveva lo stile delle massicce spade aserite. Inoltre, non mi offendo se qualcun'altro vuole dilettarsi oltre a niji, ovviamente! tanto siete tutti bravissimi, sono certo del risultato di qualità XD -
Commissioni, collaborazioni e progetti
D@rkraven ha risposto alla discussione di Gideon Rowhan in Disegni e Illustrazioni
Già che ci sono chiedo anche un'immagine per il mio PG, che a breve impersonerò nel PbF di Eden: in questo caso, credo che la penna più indicata sia quella di Niji707, anche perché avrà l'opportunità di conoscere il PG durante il PbF. Hemlet è un trovatello delle Province Unite, preso sotto l'ala protettrice di un Duir. è di bell'aspetto, indossa saio e cappa neri che nascondono una corazza leggera, capelli neri lunghi, ha una 30ina d'anni, porta una katana nascosta in un bordone da druido ed un'arpa celtica sulla spalla. è appassionato di Musica, occulto, cultura in generale e cabala in particolare, e viaggia nelle terre dei Niveja alla ricerca delle loro conoscenze. non è un erudito nel senso classico del termine, non sa scrivere, ma è sapiente ed ha una buona memoria, inoltre è sempre pronto all'azione, quando ce n'è bisogno. ovviamente non ha una grande resistenza fisica, ma ha un forte potere offensivo in quanto può manipolare il fuoco e la materia, oltre ad essere in grado di percepire guizzi di passato e futuro e di conoscere le persone a prima vista. è a conoscenza di segreti che solo alcuni gradi della Chiesa possono dire di conoscere, ed ovviamente per questo e per la sua professione duirica potrebbe essere braccato dall'inquisizione, se si venisse a sapere la verità sul suo conto. Hemlet la maschera sotto un aspetto da innocuo pellegrino, e finora ha funzionato. -
te lo do io, anche se non è politicamente corretto temo. marioraiola@gmail.com se è politicamente scorrettissimo chiedo perdono a tutti e chiedo ai mod di radere al suolo questo post!
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Lasciatelo dire, sei 'na grande! ho il wallpaper di Raguel come sfondo del desktop e credo che non lo cambierò più!!! continua così!
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Dopo lungo meditare, guidato dai consigli di Marquand, ho deciso che il PG che impersonerò sarà niente popò di meno che...un Duir! i dettagli li ho già inviati al Megisto, a voi faccio solo presente che se per caso qualcuno ha bisogno di un aggancio per saper utilizzare i poteri mistici può essere mio allievo. se nessuno ha in mente di prendere poteri mistici, invece, ho già pronto il mio piccolo allievo...
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Ricomincerei da qui, ovvero dei vampiri sbrilluccicosi et similia
D@rkraven ha risposto alla discussione di Tolman in Libri, fumetti e animazione
Non è detto che la letteratura 'di bassa lega' sia un oppio senza via d'uscita: sono passato con fluidità da Breaking Dawn al Piacere di d'Annunzio, e non mi reputo un geniaccio. quello di cui parli, e di cui condivido la disperazione, è il livello culturale mondiale, che si abbassa a picco. l'esercizio della lettura, come quello di godere dell'arte in genere, a mio parere sta subendo uno scisma: da una parte la massa segue il mercato, ed il mercato segue la massa, ed entrambi seguono l'ignoranza e l'oblio. i pochi eletti hanno abbastanza testa da capire che si stanno perdendo un mondo di grande letteratura, e la seguono a costo di sembrare antiquati. io ho letto breaking dawn in inglese soprattutto come esercizio di lingua, ma se mi fosse capitato sottomano l'Ulisse di Joyce con testo italiano a fronte non avrei esitato a prenderlo. anche se forse, ripensandoci, è meglio sporcarsi di melma ogni tanto, per ritrovarsi da puliti ad ammirare il proprio candore. la disciplina di sé stessi e della propria fame letteraria è una proprietà importante, che non si trova spesso e che fa la differenza tra chi Legge per Piacere e chi Legge per Piacersi. tutto ovviamente IMHO [citando Aerys ] -
Perfetto! allora, vi dico che oggi in Toscana ho mostrato il 'bimbo' ad un grande appassionato di GdR, molto purista e pretenzioso dal punto di vista della qualità..ebbene, appena ha intravisto il nome, ha fatto una gran faccia, ed ha cominciato a dire di averlo già sentito. per quanto possa essere rilevante la mia opinione di empatico lo toccava come fosse fatto di oro puro. il difficile è stato spiegargli le meccaniche di base, soprattutto per la creazione del PG, anche perchè una rapida spolverata non basta a rendere lucido il piatto, ma credo che sia rimasto profondamente impressionato. lo manderò al vostro stand a lucca perchè si sbarluccichi gli occhi!
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di solito è così, anche per evitare power play non intenzionali, ma nella 3.5 non ho una gran esperienza. nella 4E non sono cumulativi i bonus che vengono dalla stessa fonte, come ad esempio bonus di talento o di potenziamento (metti che uno abbia arco +2 e frecce +2, non credo che abbia un +4 al tpc, ma potrei sbagliarmi, sono illazioni) mi ricollegavo al 3D per sapere costo e caratteristiche di un 'normalissimo' arco lungo composito +3 incantato con bonus +2: a quanto sono riuscito a capire fa 1d8 + For (max 3) + 2 danni costa 9100 MO (circa) e il bonus al tpc è Livello + Bonus Attacco Base + Des + 2 Giusto? scusa per aver spammato leggermente...
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white wolf Glitter Is for Vampires and Strippers
D@rkraven ha risposto alla discussione di Benkalas in Altri GdR
No problem Mithril: anche per me la Vera Letteratura è un'altra. sto solo dicendo che, nonostante la cioccolatosa sbarluccosità del 'novel vampiro' che fa imputridire ogni amante dell'horror che si rispetti, la saga (e le sue millemila scopiazzature) rappresentano una fascia nuova, che sta emergendo. un po' come il metal 30 anni fa (mutanda mutandis). poi, sarà perché l'ho letto in un periodo di profonda depressione e mi sono sentito più emo che mai, ma non ho vomitato mentre leggevo, insomma. Edit: non la giudico positiva in sé, ma per il movimento dal quale è elevata a bandiera: un movimento in cui comincia a manifestarsi, larvalmente, una ricerca dell'uomo nel mostro da parte della massa. parliamoci chiaro: la lov stori fa pena, ma il circondario mostra un'ambientazione dove i protagonisti sono attratti dal buio e dalla diversità. una volta si voleva essere Spider Man o Superman: non erano anch'essi personaggi piatti e stereotipati? a me personalmente non sono mai piaciuti. ma raffiguravano l'eroe che sacrifica la sua vita per la libertà e la giustizia, e non posso spogliarli di questi valori. questi personaggi non sono letti perchè sono importanti, sono importanti perché sono letti. è una tendenza che modificherà (per quanto leggermente possa modificare una moda) la coscienza collettiva, a mio parere, e pertanto da non sottovalutare. insomma, un interesse puramente accademico e statistico. con un briciolo di partecipazione in quanto espressione dei valori del sottobosco della cultura 'trash' con cui condivido qualcosa. e poi, ribadisco la frangiona con la 7° in classe...ci sono argomenti validi per sopportare la frattura pubica. -
white wolf Glitter Is for Vampires and Strippers
D@rkraven ha risposto alla discussione di Benkalas in Altri GdR
OT non mi sono soffermato ad analizzare i PG (personaggi gay) ma qualche descrizione (specialmente la trasformazione in vampira) mi ha toccato, devo ammetterlo. sarà anche il periodo, ma non mi è sembrata cattivissima. inoltre, segna un giro di boa della letteratura 'moderna commerciale': il passaggio da concetti classici ed ormai stereotipati a nuovi valori emergenti per la massa (che, ricordo, può essere guidata facilmente) che valorizzano anche le nuove sonorità del sottobosco giovanile come l'emo. ... no scusate è che ho una frangiona con una 7° in classe... IT -
armi simili possono essere usate in Eberron...a proposito, sei sicuro che lì non implementassero le armi da fuoco?
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Magari ci provo... Chissà!
D@rkraven ha risposto alla discussione di Mithril in Disegni e Illustrazioni
Ammiro le ali! forse ci avrei messo qualche 'frangia' in meno, ma sono stupende! -
Non mi sognerei mai di farmi infastidire da un tuo disegno, somma niji, e la mia firma ne è una prova! era solo un'osservazione, una perplessità che richiedeva una spiegazione (prontamente data ). Assolutamente niente da ridire, se questo è il tuo stile e trovi che ti appartenga nessuno ha il diritto di criticarlo in modo distruttivo. i miei complimenti sfegatati dovrebbero provarti che la mia adorazione verso i tuoi disegni non diminuisce! come consiglio (se ogni tanto vuoi cancellare questa peculiarità alla ricerca di realismo), da puro profano/niubbo/sbragalattine posso dirti di provare ad allungare un color carne più acceso (da quello del tonno a un rosso un po' spento) fino ai limiti della bocca. insomma, se i tuoi soggetti usano rossetto stendere un rosso acceso sulla parte centrale e 'moderata' (sto parlando in termini di politica, non so in che altri termini esprimermi per individuare le varie zone delle labbra ) e una tonalità un po più color carne che segue il labbro vero e proprio fino in fondo all'ala 'estremista' per 'mascherare' il taglio netto. ma questo se vuoi togliere l'effetto, e ripeto, te lo dico da puro profano/niubbo/sbragalattine. Che la Forza sia con te
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Arensalda - Bianco e Nero [Libro Intero]: Commenti, prego!
D@rkraven ha risposto alla discussione di D@rkraven in Prosa e Poesia
Terzo Capitolo Spoiler: In viaggio Quando Miran si riprese, con delle gocce d’acqua sulla faccia, la prima cosa che pensò sdraiato sull’erba annerita e bagnata di sangue fu: “Sta piovendo…” poi si ricordò degli avvenimenti della sera precedente e desiderò essere rimasto svenuto per terra. Si mise faticosamente a sedere e si ritrovò davanti la grossa lucertola dorata che gli spruzzava dell’acqua sulla fronte. Ora che la vedeva, gli sembrava parecchio strano che una cosa simile fosse capitata proprio a lui. Ritrovatosi orfano ed erede di una spada ed un arco di valore inestimabile, in compagnia di una grossa lucertola dorata con due piccole creste sulla nuca, una fila di squame drizzate sulla schiena e un paio di membrane che volteggiavano pigramente alla brezza mattutina. « Frewa! gli disse la lucertola. Miran per la sorpresa fece un balzo e, ormai completamente sveglio, cadde vestito nel lago. Il drago (almeno quest’aspetto della bestiola l’aveva capito) emise quello che doveva essere una risata e si gettò nel lago anche lui. Miran vide il pericolo e pensò di svignarsela. Ma non c’era niente da fare, il drago sembrava nato nell’acqua. Con due rapide codate si avvicinò, ripeté “Frewa” e ripreso Miran, lo riportò sulla spiaggia come fosse un pulcino, nonostante la sua stazza di appena una spanna e mezzo di lunghezza. Il povero Miran dovette continuare a ripetersi: “È solo un grosso ramarro, è solo un grosso ramarro” per non svenire di nuovo. Quando per sbaglio disse “ramarro” ad alta voce, il drago lo fissò e chiese: « Raamaro? Miran sorrise, pensando al drago appena nato. Non sapeva che i draghi potessero parlare, ed ora che ci pensava non era neanche sicuro che quello fosse un drago, guardando i suoi occhi affettuosi. Solo una lucertola. « Raamaro? Continuava ad insistere il giovane rettile, e Miran, sebbene riluttante, lo prese in mano, sentendo una vita forte e possente nel corpicino. Drago, senza ombra di dubbio. Alzò la bestiola fino a trovarsela davanti alla faccia e disse: « No, ra-mar-ro! Il drago sgranò gli occhi languidi e chiese con voce candida: « No? Per tutta la mattina, Miran si mise ad insegnare al piccolo alcune (si fa per dire) parole, e lui le imparò tutte, compresa qualche imprecazione che si era lasciato sfuggire quando le fiammelle che serpeggiavano fuori dalla mascella del drago lo sfioravano. Quando lo ritenne abbastanza istruito gli chiese: « Perché hai aiutato contro i lupi? Lui gli rispose, una risposta che lo fece sobbalzare. Coniugazioni e verbi non glieli aveva quasi insegnati. E già li utilizzava correttamente: « Eri in pericolo. In pericolo? Non gli aveva insegnato quella parola… curioso chiese alla nobile creatura come mai sapeva così tanto su di lui, cose che mai aveva detto. « Hai parlato molto mentre dormivi. Ad ogni modo eri in pericolo « Lo so» rispose Miran, ansioso anche lui di ritornare alla discussione, anche se si ripromise di interrogarlo più approfonditamente sull’argomento in futuro. Sperava di non aver cominciato a borbottare nel sonno le rare lezioni di grammatica che gli faceva sua madre adottiva. « ma non sempre devi aiutare chiunque. Potrebbe essere tuo nemico. « Nemico? » chiese lui sgranando gli occhi. « Ad esempio, i lupi erano tuoi nemici. « Ma io non aiuto i lupi. Miran perse la pazienza. Non aveva previsto la necessità di dover considerare il drago come un neonato. Si avvicinò ad una carcassa di uro e prese un pezzo di coscia. Lo alzò, bene in vista, e disse: « Carne. « Carne. » Ripeté il piccolo drago. Miran continuò: « Se Miran ti dà carne, tu sei felice? « Sì…» rispose esitante il drago. « Se un altro ti dà carne tu sei felice? « Sì! » esultò il cucciolo, credendo tutto un nuovo gioco. « Oh.» Esclamò Miran soddisfatto. «E se Miran e l’altro si picchiano tu chi aiuti? « Miran. « E se improvvisamente l’altro ti dice che se lo aiuti lui ti darà tanta altra carne? Il drago si bloccò inorridito. Non lo sapeva, non sapeva cosa fare in questi casi. Esitante, rispose: « Dipende… non era sufficiente. E Miran lo sapeva. Ma non doveva continuare a riempirlo di domande. E non poteva corromperlo. Doveva creare un essere autonomo, non una succube. « Bisogna vedere chi è tuo amico. « Ma se siete tutti e due miei amici? « Non fare niente. Mi verrai a dare una mano se sto perdendo. « C’è una parola che racchiude tutto…questo?» Miran sorrise sotto i baffi. Era davvero intelligente. O, perlomeno, sapeva che non poteva dire ogni volta che si fosse presentata la necessità: ‘Ti vengo ad aiutare se ne hai bisogno. ’ « Si chiama Neutralità, o Astenersi… Il drago non riusciva a volare. Tentava inutilmente, ma le sue gracili ali erano troppo leggere. Miran aveva già la soluzione. Lo avrebbe messo nella borsa. Doveva partire. Dopo un lungo pranzo aveva deciso che non poteva più aspettare. E non poteva lasciare lì la creatura, indifesa contro i predatori. A patto che non bruciasse le provviste. Mangiava poco, ma sapeva cacciare suricati e rettili e poteva accendere il fuoco. Era una macchina dorata, troppo preziosa per dare nell’occhio. Dopo varie discussioni durante le quali il drago aveva difeso il suo diritto di restare di fianco a Miran o su una spalla, la bestia aveva ceduto davanti agli ordini e alle argomentazioni del Lendiano, non dare nell’occhio, dalla quale derivavano tutti i rischi del rapimento, della morte o della tortura sotto il Monarca. Aveva risposto con quello che sapeva alla curiosità del drago di fronte alla parola che esprimeva sovranità ma pronunciata con disprezzo. Avevano parlato anche del nome da dare alla bestia. Il piccolo aveva prontamente affermato la sua discendenza nordica, dopo i patetici tentativi di Miran di inventare un nome glorioso per il cucciolo: “Ptah” e “Toth” erano nomi egizi, poco adatti. Provò con “Flamberg” e “Yannuth”, ma senza grandi risultati. Dopo un disperato: “Vola, Ciccio!!!” Miran cedette e si contorse a terra, in preda a convulse risate. Il drago gli si avvicinò con aria mite e gli disse: « Forse è più semplice usare il mio nome di famiglia… Miran si rialzò e lo guardò fisso: « Che nome è? Nome…di famiglia? Quindi anche tu sai chi sono i tuoi genitori…beato te. « Io discendo dalla nobile famiglia dei Nidhogg. Sono originario del nord, ma non chiedermi da dove di preciso perché non lo so. Ad ogni modo Nidhogg non si sposa a nessuna situazione. È troppo generico! Miran parve illuminato: lo guardò e chiese con una voce più persuasiva possibile: « Ti va bene Zanna?” Miran e Zanna si erano messi in viaggio, Zanna dentro ad uno zainetto e Miran fischiettando allegramente sotto ad una via alberata. Era notte, e Miran dovette ammettere che il mago aveva fatto bene a suggerirgli di spostarsi di notte, perché era rimasto con il fiato sospeso già tre volte nel corso della giornata, mentre gruppi di Ilf-Urad gli passavano accanto e Densei brillava di una luce azzurrina. Era diretto a sud. Progettava di raggiungere Patavium entro due giorni se continuava di questo passo. Sarebbe poi vissuto in una locanda per un po’, riprendendosi dal viaggio, e poi si sarebbe recato da questo fantomatico mago di Avia Lenae. All’improvviso sentì qualcosa, che era poi poco più di un presentimento, ma in quei tempi bui era sempre meglio ascoltare chi (o cosa) è più prudente di te. Quindi salì veloce su un albero e stette a guardare quel che succedeva giù nella strada. Appena in tempo. Sulla chiara biscia di terreno risaltarono due figure nere. Erano Polveri. Parlavano tra loro animatamente, e Miran per curiosità abbassò la guardia e si sporse dalle fronde del faggio del quale era temporaneamente diventato parassita: « Sì, è come ti dico, non lo hanno più ritrovato! « Dicono che sia esperto nell’uso di arco e spada… « Speriamo di no, ha trovato l’arco di quel Guardiano elfico sulla montagna, o era suo fratello? « Era suo fratello, e per nostra sfortuna gliel’ ha regalato! Che stupido…E la spada dov’è finita? Densei brillò pericolosamente, ma le Polveri sembrarono non averlo notato. « Anche quella è nelle sue mani. E il Padrone ha mobilitato la Squadra speciale per cercarlo? Per me è diventato matto…continua a sbraitare: ‘Lo voglio qui, subito, il suo arco, la sua spada e anche quella sua dannata lucertola …» Lo zainetto ebbe un sobbalzo. « Si aggira nel suo palazzo a Rocca del Sacrificio, ad Est, ed è spesso in preda a gravi crisi, già cinque medici tra i più esperti sono stati licenziati e bruciati…Mentre il Padrone li guardava agonizzanti tra le fiamme sai cosa faceva? Rideva! E già tre Capi sono stati Spazzati. Miran notò la sua perplessità riflessa sulla faccia dell’altra Polvere, chiaramente una recluta… « Spazzati? « Sì, Spazzati. Le corde d’argento trattengono lo sventurato Capo Polvere, mentre un vento fortissimo soffia verso il suo ventre. Lo sfortunato può gridare quanto vuole, di lui non rimarranno che pochi brandelli di tessuto. « Sì, Capi…ma non erano generali…no, erano…scusa, non ho ancora ben capito le gerarchie… « Ma è facile! Ci sono 20 Polveri Supreme, al cui comando stanno 100 Generali, sotto i quali stanno 10000 Capi… ehi, chi c’è? Miran ebbe un sobbalzo al cuore: vide la Polvere più esperta sparire in una nube di polvere, ricomparendo poi sotto l’albero, puntando dappertutto i suoi occhi sanguinari. ‘Cercano me, cosa faccio?’ pensò il povero Miran, mentre la Polvere si materializzava su una diramazione principale dell’albero. Non c’era vento. L’aria sembrava paralizzata dal terrore da lui stesso emanato. Miran si chiese disperatamente cosa poteva fare, come aveva fatto la Polvere a spostarsi così velocemente e soprattutto come avevano saputo tutto quello che aveva fatto…? Pensò freneticamente ad un’idea, scartandone decine, a centinaia, finché una folle idea suicida gli attraversò il cranio, e lui, fermandola ed elaborandola, giunse rapidamente alla conclusione che era un’idea tanto folle quanto geniale. Nel frattempo la Polvere si avvicinava sempre di più. ‘Come è possibile…? La sella! Perché la portano se…il dolore fisico! Si può fare! L’altro dopo…un’ assassino…ma non sono umani, siamo in guerra…e va bene. ’ Pensò Miran, prima di avventarsi con un tremito sulla Polvere, che nel frattempo stava annusando l’aria alla ricerca di qualcosa d’insolito. Fu un attimo. Densei brillò del suo strano sfavillio azzurro prima di penetrare con facilità la toga della Polvere, facendo accasciare l’essere con una smorfia ed una occhiata traboccante di odio puro prima di ridurlo in un mucchietto di terra. Non si chiese perché o cosa aveva fatto. Aveva la pelle d’oca, ma la attribuì al freddo che gli attanagliava le membra. Si chiedeva la provenienza di quello strano sfavillio. E si chiedeva se c’era qualche locanda disposta a dargli cibo e alloggio gratis per quella bravata. Scrollò le spalle: “E ora occupiamoci dell’altro. « Non dovevi farlo. ‘Lo so…’ avrebbe voluto rispondere Miran, ma stette zitto mentre Zanna finiva la sua ramanzina. « Che male ti hanno fatto? Stavano semplicemente parlando di te e tu li aggredisci come niente fosse… Miran serrò la mascella e strinse i pugni, ma aspettò che l’altro continuasse, trattenendo a stento le migliaia di cose che gli venivano in mente concentrandosi sulla ricetta di un pasticcio a base di carne, funghi e basilico. « Quello che hai fatto è imperdonabile. Non puoi averlo fatto fuori così. Forse aveva anche qualche affetto che lo aspetta… « ORA BASTA! Smettila di sparare… Un pudico brontolio del drago coprì la parolaccia che avrebbe fatto fischiare per l’ammirazione persino uno scaricatore di porto. Miran, imperturbabile, proseguì: « Era una Polvere! Ti ricordi cosa ti ho detto riguardo a loro! Non hanno affetti, se non quello del loro maestro di omicidio, e ti assicuro che uno deve proprio amarlo per considerarsi suo affetto… Miran infatti aveva parlato, alimentato dalle terrificanti leggende popolari, delle Polveri che circolano di notte. Ritornò con il pensiero a quello che gli aveva detto il Mago Elementale, riguardo alla raccomandazione di viaggiare di notte, ed incurante del battibecco con Zanna, si chiese per l’ennesima volta se l’eredità di un villaggio defunto lo stava trasportando dalla persona sbagliata. Ciò permise a Zanna di rincarare la dose con una serie di epiteti che Miran percepì vagamente in mezzo alla nebbia che gli oscurava la mente. Aveva l’impressione che il groviglio si fosse sciolto, quando Zanna gli bruciacchiò una mano, facendo fare all’umano un triplo salto mortale con strillo sorpreso ed infuriato seguito immancabilmente dalla solita sfilza di epiteti: « Porca di quella… « Biip in Biip che Biip un Biip. Su, dai, Miran, si sapeva già! Non sei più originale come una volta… Miran, sbuffando per l’impazienza e per l’irritazione, ma sotto sotto sorridendo per il carattere ribelle del drago, dovette rinchiudere il drago in una borraccia vuota perché lui smettesse di prenderlo in giro. Ripresero il viaggio, senza preoccuparsi dell’assenza di buio. Ad un certo punto Zanna riuscì a liberarsi dalla prigione improvvisata, gli salì sulle spalle e sbottò: « Ti ho sentito borbottare prima di liquefarlo…volevo dire polverifarlo. Si può sapere perché o è segreto elfico? E poi comunque è stato poco saggio, perché se lo mancavi saresti morto… L’ultima frase la disse tutta d’un fiato, per non lasciare il tempo a Miran di controbattere. Ma ottenne l’effetto contrario: Miran scoppiò in una risata. « Vedi, noi Lendiani pensiamo che le polveri siano inconsistenti…” Esordì, solo per essere interrotto l’ennesima volta da un commento acido di Zanna sulla sua avventatezza. Miran alzò una mano. «Lasciami finire. La sera prima del nostro primo incontro, è arrivata una Polvere su un Drago…» continuò, ma Zanna lo precedette. « Com’era il drago? « Beh, non saprei dire…» ammise Miran a disagio. «Era nero, molto grande, i canini spuntavano dalle mascelle… « Aha! Un Drago Oscuro!» Notando il lampo di perplessità di Miran, spiegò: «Questi draghi vengono creati con la magia oscura, o Negromanzia, per…per creare draghi. Sono abbastanza potenti, ma non hanno speranze contro un vero drago adulto. Comunque, cosa stavi raccontando? » Chiese Zanna con rinnovato interesse. « Il Drago aveva una sella. « E allora? « Il fatto è questo: perché, se sono inconsistenti, hanno bisogno di una sella? Inoltre la mia spada è speciale, stando a quanto dicono loro. In quanto alla discussione di poco fa, ti annuncio che gli uomini di Lentha sono in guerra con le Polveri. Cioè, non apertamente, ma nutrono una certa ostilità nei loro confronti… « Hai capito che genio…? Sai, forse è meglio che la smetta di prenderti in giro sul tuo cervellino…« Ah, e per il Drago Oscuro…? Perché dici che era un drago…finto? « È facile. I draghi di colore nero sono draghi Oscuri. Ciò perché…» Si aspettava da Miran una risposta che non venne. « Il nero non è un colore! I draghi, vedi, hanno tutti un colore. Il nero non è un colore (è assenza di colore) quindi non è un drago. Compermesso. Quindi tornò nello zaino. Miran rimase sbigottito. Il drago aveva cercato una uscita di classe, e ci era riuscito. Rinunciando a comprendere il suo compagno di viaggio per quel giorno, sospirò e riprese a camminare. Una settimana dopo arrivarono in vista delle mura di Partacum sudati e stanchi ad un livello critico: al loro passaggio la gente della piccola metropoli si girava dall’altra parte tappandosi il naso. Arrivarono ad una locanda semidistrutta e chiesero al padrone, un uomo di mezza statura e molto, molto robusto, una camera singola ed un bagno. Come c’era da aspettarsi la stanza era isolata e il loro era l’ultimo bagno. Da soli. « Ben ti sta. » Osservò Zanna, non si sa per l’odore, per l’assassinio o per qualche altra oscura ragione. Miran guardò fuori dalla finestra: pioveva. Che squallore. Ma almeno avevano un tetto sulla testa e una cena calda al fuoco di un falò nella stanza. Che all’improvviso parve molto più accogliente di prima. Merito della cena calda…? Quella sera, appena saputo da un Miran ubriaco lo svolgimento del viaggio, il padrone si apprestò a calciarli fuori dalla locanda. Miran si rialzò stordito, guardando intorno le porte mentre alcune si chiudevano. Barcollò verso un altro uscio, che subito si chiuse. Provò con un altro ed un altro ancora, ottenendo sempre lo stesso risultato. Borbottò un: « Ma voi non sapete chi sono… dopo di che quelle che parvero tutte le porte di Partacum si chiusero davanti a lui in un unico tonf, lasciando buio il vicolo puzzolente. Miran crollò a terra spossato. Guardò sulla sua spalla destra dove uno Zanna pienamente lucido lo squadrava con un’aria investigativa, prima di scoppiare in una gorgogliante risata. Miran rise alla prospettiva di una sera sotto la pioggia fredda che gli appesantiva i vestiti a mangiare la carne essiccata di chissà che giorno. Si stese sotto la doccia naturale ed esclamò, provocando un’altra risata del drago: « Questa si che è vita!! -
Arensalda - Bianco e Nero [Libro Intero]: Commenti, prego!
D@rkraven ha inviato una discussione in Prosa e Poesia
Posto qui, dopo averne più volte constatato l'impossibilità editoriale il mio primo libro, scritto tra seconda e terza media ^^. da allora credo di essere cambiato, e non poco, anche come stile (vedi qui) ma feedback e critiche (anche spietate) sono ben accette, anche perché non mi sento ancora perfetto. Vi prevengo, è infantile. stereotipato. piatto. questo lo so già (non l'ho pubblicato per un motivo ) ma allora non me ne rendevo conto, come non me ne potrei rendere conto oggi. quindi, se volete/potete, confrontate il libro con il link qui sopra (che forse aggiornerò se vedrò che reclamano il resto del prologo) e ditemi se le imperfezioni rimangono. allora, ogni settimana posterò un paio di capitoli, per lasciarvi commentare. arriverò a postare il libro intero, poi se vorrete anche parte del secondo. che dire, sono ansioso di sapere che ne pensate, e pronto a sentire consigli e critiche! grazie a tutti in anticipo! Introduzione e prologo Spoiler: Nel buio freddo delle prime ore della notte, la locanda emanava una delle poche luci fioche dei dintorni. Alcuni cavalli erano posteggiati fuori, legati saldamente alle travi e coperti con pesanti coperte di lana e una tettoia di legno che li riparava dalla pioggia impetuosa. Dentro aleggiava un odore di birra e alcuni musicisti stavano suonando una musica intrigante, mentre due ballerine improvvisavano una danza sul bancone. La loro bravura, abilmente nascosta sotto le vesti di semplici contadine, ammaliava gli spettatori. Ben presto, però, le contadine smisero di danzare, e la locanda rimase in silenzio. Così, quando il pesante portone di quercia si aprì lentamente, lasciando intravedere uno straniero intabarrato, l’oste del Cervo Bianco accorse con una coperta di lana ricamata e un boccale di tisana calda per il nuovo arrivato. Subito lui si sedette ad un tavolo vicino al camino, dove un nano gentile gli aveva fatto spazio. Un umano ed un’elfa dai fiammeggianti capelli rossi subito si avvicinarono, seguiti da altri due elfi, le ballerine di prima , un altro umano e un mago alto e slanciato. Il nano che gli aveva fatto posto gli si avvicinò e con aria determinata gli propose: « Se mi racconti una storia ti offrirò una birra. E migliore sarà il racconto, migliore sarà la birra. « Tu vuoi che io ti racconti una storia? « Sì.» Il nano annuì fermamente. Il viandante guardò fisso e assente il fuoco. Poi, voltatosi improvvisamente, disse: « Io un racconto ce l’avrei. Ma è lungo.» La sala fremette d’eccitazione. Finalmente qualcosa di diverso dalle solite dispute, risse, o altre cose del genere. Una storia…sì, effettivamente poteva essere di buon gusto. Mistica, l’esperienza di una storia raccontata durante una notte uggiosa. « Io ho tempo.» Il nano si accomodò sulla bassa sedia, si avvicinò al tavolo e chiese al barista una dozzina di boccali della migliore birra. L’altro accorse subito, accomodandosi per vedere chi gli avrebbe pagato duecento Deltine di birra. Il viandante, per nulla turbato dalla birra invitante che gocciolava sul tavolo, sorseggiando lentamente la tisana calda, cominciò a raccontare. Prologo Un uomo stava attraversando quello che gli pareva un deserto freddo e desolato. Il Monarca aveva fatto tutto con meticolosa precisione. Non un’anima viva li guardava, solo gli stormi di kinderian, i temibili predatori delle Paludi di Sylthrim li osservavano, dalle loro cupe sopracciglia di quasi non-morti. Aale non sapeva molto di loro, ma conosceva abbastanza le leggende da capire che quei tremendi avvoltoi giganti, così vaghi ed empirici da sembrare spettri, non trovavano seggi da reclamare nell’assemblea degli esseri viventi. Scoccò una fugace occhiata al suo compagno di viaggio, sperando vivamente di non avere mai a che fare con un viaggiatore del genere. Poteva nascondersi chiunque dietro quelle vesti nere marchiate di rune violacee; dal più comune dei capi di Set-Khaal ad un pericolosissimo membro delle Psiche Domate. Rimpiangeva amaramente il giorno in cui era andato in missione. Ma ancora di più rimpiangeva il giorno in cui aveva accettato il suo aiuto. Che scelta aveva avuto, se non quella di obbedirgli ciecamente? Era un suo superiore, almeno secondo il travestimento che si era fatto. Era meglio restare bassi con il rango. Indossava la tunica degli Iniziati, quindi andava bene per le sue capacità magiche. Anche gli Iniziati erano discreti in Negromanzia, dunque poteva essere accettato alla Loggia dei Set-Khaal. Bastava solo non farsi scoprire…Rabbrividendo per il terrore che gli attanagliava le membra si costrinse a dare un’occhiata in giro, ma il paesaggio era uguale da tutte le angolazioni. Chiazze d’acqua stagnante di un insolito colore tra il cuoio e il sangue si estendevano per circa trecento leghe, raramente punteggiate da qualche albero rinsecchito che svettava come per sfidare la potenza poggiata sul puro terrore delle montagne taglienti e sottili come un arco da avventuriero elfico: il Circolo Sethis. Con un brivido si costrinse a ripensare agli ultimi eventi e a quelli cui presto avrebbe dovuto presiedere. Il travestimento aveva funzionato bene: ora doveva entrare e distruggere tutto. Si toccò il petto, lentamente, controllando d’avere ancora il papiro sigillato: bastava che aprisse il papiro e, grazie alle rune di protezione, tutto si sarebbe distrutto. Non era una missione suicida, lui sarebbe stato protetto da un incantesimo che avrebbero evocato alcuni Maghi al momento opportuno. Lo raggiunse un brivido: potevano essere protetti anche i membri della Loggia? Non fece in tempo a darsi la risposta. Erano arrivati al portale del Circolo. L’Anziano gli sussurrò: “ « Oyna zyrta ethn thakieln Ziya che verrebbe tradotto con un: “Siamo arrivati, puoi dire tu la parola d’ordine.” nella Lingua Arcana. Parola d’ordine? Lui non sapeva di nessuna parola d’ordine. Cercò di risolvere la situazione con una patetica, balbettante scusa, ma niente sembrava più essere d’aiuto per Aale. I Seguaci sanno uccidere in mille modi diversi senza usare attrezzi o magie. Lo straniero si avvicinò ad un Aale inebetito, terrorizzato. Non poteva più muovere le gambe, sembrava un cadavere. L’Anziano gli ispezionò la palma destra, senza trovarci niente. Sogghignò e gli disse: « Te la scriverei io, mia giovane spia, ma non so scrivere. Scoprirai presto cosa significa dimenticarsi di guardare avanti a sé e non fare simili sciocchezze. Si allontanò e guardò fisso Aale negli occhi. Mormorò qualcosa che il mago terrorizzato non comprese e all’improvviso s’innalzò nell’aria, in un globo rosso fuoco, unì le mani e formo con lo sguardo un grafo violaceo sulla sfera, gridò un: « Tiniarel Aale etebhis therilas zun yarhet! che il mago apprese con terrore come formule di magia oscura, gli occhi si accesero di una violenza inimmaginabile e dalla runa partì un raggio purpureo e scarlatto. L’ultima cosa che vide Aale l’Infiltrato. Il mago atterrò, il viso contratto in una smorfia: amava uccidere ma dopo un ferreo addestramento nessun membro della Loggia riusciva a sorridere più. Erano rare le smorfie e ancora di più i sogghigni. Certe cose ti allietavano la giornata più di qualunque battaglia. Fissò il mucchio di cenere, intento a riordinare i suoi pensieri: gli piaceva uccidere, ma gli piaceva ancora di più insegnare ad uccidere. Scrocchiò le sue dita scheletriche, pensando a cosa ci poteva fare con quella polvere. Polvere…finalmente un’idea decente. Non sarebbe stata molto potente, ma tanto valeva… Tramutò il mucchio di cenere in una forma umana, che cresceva a vista d’occhio, fino ad arrivare ai due metri. Prese per mano la Polvere, e mentre le porte della sede si chiudevano dietro di loro, lo istruiva: « Tu ti chiami Zunya. « Zunya ripeté la Polvere, i piccoli occhi rossi scintillanti nella fredda notte assassina senza stelle di Set-Khaal. Da qualche parte risuonò un botto, delle grida e dei nitriti, poi una grande esplosione che mandò in aria pezzi di svariati metalli incandescenti, che svanirono senza rumore nella notte. Risuonò un corno: nessuno poteva più entrare o uscire a Set-Khaal. Primo capitolo Spoiler: Fuochi Artificiali Miran si alzò dal giaciglio che giaceva nell’angolo della stanza al piano terra. Le occhiaie lo invitavano a tornare a dormire, ma l’eccitazione e lo stomaco ebbero la meglio. In mezzo a quella stanza con tutti gli attrezzi — tanti, alcuni dicevano troppi: tenaglie, martelli di ogni forma e dimensione, stampi e un caos apocalittico — molti si trovavano a disagio, ma Miran sentiva che quello era il suo ambiente. Stancamente, accese il fuoco sotto l’incudine. Un altro po’ di lavoro e la sua prima creazione sarebbe terminata. Non era solo: dietro di lui sentiva la presenza rassicurante del fratello maggiore, ormai adulto, che scendeva le scale con la grazia di un orso. Ad Aniam i fabbri erano considerati molto, molto bene. Ed i fratelli Melnior erano quelli che avevano insegnato a quel luogo dimenticato dagli Dèi cosa voleva dire “forgiare qualcosa”. « Dai un colpo a lato, o diventerà così duro che non si muoverà nemmeno a pregarlo. Miran sorrise, impugnando il martello, pronto per cominciare a forgiare il metallo con l’attrezzo. Si sorprese quando capì che effettivamente gli piaceva la consapevolezza di riuscire a piegare qualcosa che gli altri non potevano muovere. Sbuffò a quel pensiero, poi, quasi illuminato si voltò verso Frewa: « Perché, hai paura di essere schiacciato da una meteora? Eddai, Frewa, non resti a forgiare con me? Le gote di Frewa arrossirono violentemente e un lampo di comprensione brillò negli occhi di Miran. « Ah, capisco, Javannah…beh, vorrà dire che mi divertirò da solo! Auguri e…» Miran finse di pensare un po’ sulle parole adatte e proseguì: « Non spiumarla troppo, d’accordo? « D’accordo!» rise Frewa. « Oh, a proposito… questo è per te! Tese un involto rosso lungo. Miran prese a svolgerlo lentamente, facendo di tutto per non sorridere: l’emozione era ai livelli massimi. Un lampo di meraviglia guizzò negli occhi di Miran prima di rivolgersi con ilarità a Frewa: « Questo si chiama Corruzione con la C maiuscola! Smettila di farmi questi regalini, altrimenti per pagare i debiti sarò costretto a lavare i piatti tutti i giorni!» Dentro all’involucro giaceva dormiente un arco in filigrana d’argento con tanto di corde metalliche di ricambio, una cosa abbastanza rara. Sembrava elfico. Ai due estremi c’erano due ingranaggi che tendevano le corde trattate con alcol dei soffioni del Deserto del Corno, che passavano da una parte e dall’altra degli ingranaggi, rendendo la corda una doppia corda, che avrebbe conferito maggiore potenza alla freccia. L’arco era leggerissimo, e dava l’impressione di non essere mai stato usato. Sgomento si chiese dove l’avesse trovato. Una cosa del genere poteva valere più dell’intero villaggio. Si sarebbe potuto uccidere per quell’arco. Tutti questi ragionamenti non li disse ad alta voce, ma fece una piccola osservazione: « Quando lo uso? L’ilarità della domanda ebbe l’effetto di sconcertare il povero Frewa, che cercò di schernirsi sostenendo che non gliene poteva fregar de meno, che i suoi archi se li gestiva da solo, che un ‘povero piccolo messaggero che portava un regalo da Sua Sovranità ’ non aveva alcun rapporto con la missiva, e soprattutto che il Monarca poteva avere spie dappertutto, scenate che incontrarono solo l’espressione di conciliante comprensione negli occhi scuri di Miran. Quando il fratello si fu allontanato, borbottando qualcosa sulla gente paranoica, Miran tornò ad ammirare l’arco: sapeva che non era altro che un arco da caccia, anche se elfico, ma a Miran, abituato ad avere a che fare con semplici barre di legno, sembrò di vedere il ritratto della perfezione. Guardando il lavoro che aveva cominciato, e che doveva vagamente somigliare ad una spada, si rese conto di quanto doveva imparare sull’arte della forgia. Poi decise che in fondo non gliene importava più di tanto. Miran era immerso nei suoi pensieri e le forge non c’entravano niente. L’appuntamento di Frewa l’aveva messo un po’ sottosopra. Era Miran il più ‘attraente’, e lui lo aveva saputo da una delle chiacchierate che le ragazze facevano in un luogo appartato e che lui regolarmente spiava. Era alto, forte e profondo di pensiero, e i lunghi capelli castano - mogano gli davano un’aria da conquistatore barbaro che faceva letteralmente impazzire le ragazze. Ovviamente non bastava il bell’aspetto o l’intelletto. Bisognava uscire dal tugurio e andare a cercarsi qualche compagna decente. E Frewa aveva passato anni a parlare con Javannah, cercando in tutti i modi di apparire interessante. Ed era stato premiato per la sua costanza. I due erano quasi inseparabili, e ormai si parlava di matrimonio. Ma Miran era più carino del fratello. Oltretutto era intelligente, ma lo sapeva già da prima, da quando suo padre lo aveva invitato a lasciare il villaggio per studiare e diventare qualcuno, al che lui aveva prontamente ribadito che la sua intelligenza l’avrebbe messa al servizio della Confederazione del Giusto per combattere il Monarca. Il padre si era limitato a ridere e a scuotere le spalle, ma era rimasto in silenzio. Era una cosa seria, soprattutto se il vecchio Melnior non trovava niente da ridire. Il padre non era l’unico ad aver scoperto il suo talento, poiché Frewa si allenava regolarmente con lui a spade ed arco, e Miran regolarmente lo batteva: conosceva molte mosse solo per sentito dire e molte di più le aveva inventate, ma già dalla prima volta che si era allenato aveva finito con lo stancare seriamente Frewa, anche se a terra c’era finito lui. E con il tempo non aveva fatto altro che migliorare. Ora se ne stava in silenzio, osservando da una piccola altura la cittadina di Aniam e il Lago, un’espressione indecifrabile dipinta sul volto immobile color olivastro, con sprazzi di luce che gli bagnavano il volto quindicenne con la prima barba, sacrosanta, che gli sarebbe stata tagliata dopo la prima battaglia e offerta agli Dei. Dall’altura poteva vedere il paesino che era la sua città natale e i campi di bietole, grano e maggese tutt’intorno. E, come in una scatola di sabbia con tanti granelli di sabbia diversi aveva notato un campo misto, e gli ci volle un po’ prima di associare il bizzarro campo, così confuso in mezzo agli altri campi di grano, ad una discussione in casa Melnior qualche tempo fa, riguardo a quel pazzo di Jim il Folle, che alla spartizione dei terreni aveva annunciato che avrebbe piantato tutte le piante che poteva, e alle stupite e ironiche domande della folla aveva risposto che, se un campo dava un tot, immaginiamoci tanti campi di grano! Alle risate che ne seguirono, Jim il Folle, disperato e confuso, scese dal pulpito e attraversò la folla rispondendo ad ogni osservazione frasi del tipo: “così faccio prima a raccoglierli!” e “si arrangerà il terreno!”. Vedeva anche il lago, che veniva riempito dal fiume Aasgram, leggermente allargatosi a causa degli spostamenti del letto. “Il fiume non dorme”aveva commentato qualcuno. Miran personalmente trovava ripugnante anche solo pensare di inoltrarsi in quelle acque che arrivavano dai domini delle Polveri. Miran seguì con lo sguardo le stradine che seguivano i confini dei campi, fino a che s’imbatté nel fiume. Guardando la limpidezza dell’acqua Miran si sentì improvvisamente stupido per aver pensato a cose tipo: “Chissà se, bevendola, diventerò anch’io una polvere…” e si gettò in una folle corsa giù per il campo, dimenticandosi temporaneamente delle forge, dell’arco e persino di Javannah. Ad un tratto si fermò e cominciò ad ascoltare: gli era sembrato di sentire un fischio…ma forse era solo la sua immaginazione…riprese a correre, ma dopo un po’ si fermò di nuovo, con la stessa sensazione accompagnata da un senso di rovina e morte: corse fino ad arrivare alla Piazzola delle Stelle; molte volte era venuto lì ad ammirare gli astri. Non era molto più che uno spiazzo in mezzo alla foresta, ma aveva una eccellente vista sul cielo. Miran si fermò ansante in mezzo alla Piazzola, e quando si alzò per guardare in alto vide una cosa che mai avrebbe dimenticato: un pezzo di metallo incandescente passava lento nel cielo, e dietro la sua scia tutto si tingeva di scarlatto. Ad un certo punto il meteorite sembrò esplodere in un lampo bianco accecante, e prese velocità dirigendosi verso il villaggio indifeso: ‘Perché, hai paura di essere schiacciato da una meteora?’ le parole che Miran aveva pronunciato la mattina gli tornarono in mente, nude e crude come le aveva dette, ed il cacciatore si rese conto della tragicità della situazione, troppo scontata per essere una coincidenza. Pensò a tutti quelli che aveva lasciato sotto il letale ammasso di materia infuocata che bruciava l’aria ogni secondo. Miran si mise a correre più veloce che poteva con un opprimente senso d’impotenza verso le centinaia di persone in serio pericolo di vita. Era quasi arrivato ai piedi della montagna quando un lampo esplose, i suoi occhi catturarono un’impressionante serie di acrobatiche allegorie pirotecniche e, quando un fascio di onde gialle lo sbatterono contro un albero, prima di svenire Miran riuscì solo a sospirare una parola: « Frewa… Si risvegliò la mattina seguente: subito corse verso il villaggio ma non c’era più. Al suo posto c’era un cumulo di macerie annerite e fumanti. Subito gli venne un dubbio: si precipitò verso il monte e ne uscì seriamente rinfrancato con l’arco e la faretra piena di frecce: alla vista di quello che un tempo era stato il suo mondo e ripensando alla vita appena perduta, una vita semplice e serena, non poté fare altro che gettarsi a terra e piangere. Piangeva di rabbia per avere lasciato che ciò accadesse, e di rabbia verso gli artefici della meteora assassina. Piangeva la famiglia che aveva lasciato al suo destino, che la mattina prima aveva lasciato sorridente, pronto per un’altra giornata di lavoro. Finito di piangere, dopo aver lasciato l’arco da una parte cominciò a prepararsi all’ultimo omaggio, quasi un onere, che doveva a tutti. Prese una pala mezza bollente e cominciò a scavare tra le rovine alla ricerca dei concittadini defunti: ne trovò parecchi e li raggruppò da una parte, a cerchio, con la testa verso il centro. Finito il lavoro ricominciò a piangere. Con il viso sporco raccolse legna e al centro della pira improvvisata dispose della paglia miracolosamente scampata all’incendio. Poi si fermò a ragionare: di solito si metteva un oggetto che era appartenuto al defunto sulla pira. Non aveva trovato niente, ma in compenso ci mise l’arco elfico. Gli sembrava un gesto giusto e doveroso nei confronti di Frewa, forse in mezzo ai tanti cadaveri sformati che formavano il cerchio. Quindi accese la paglia e stette a guardare il falò che cresceva. Fu allora che, forse per volere degli Dei o più probabilmente per un ciocco di legno esploso proprio sotto il manico, l’arco descrisse un complicato arabesco aereo prima di riatterrare fumante ai piedi dello stupito Miran. Quando lo prese notò il marchio di famiglia impresso probabilmente da un usbergo incandescente a contatto con la canapa del manico, ma chissà perché, Miran preferì optare per la soluzione degli Dei e dimenticare il carbone. Dopo aver degnamente onorato i morti cominciò a pensare alla sua vita e a ciò che il futuro poteva riservargli. Prese l’arco e si diresse verso la meteora, pensando intensamente a che poteva servirgli. Alla fine optò tra tutte le scelte possibili e immaginabili la più sensata, in altre parole la forgiatura di frecce per poi l’emigrazione nella Confederazione del Giusto ad esercitare il mestiere di famiglia in tempo di pace; in caso di guerra sarebbe sicuramente stato tra i primi ad arruolarsi, lui e il suo arco. Non era molto bravo a tirare con l’arco, ma la sua forza fisica acquisita con la forgiatura, poteva sicuramente fare carriera. Oppure poteva forgiarsi una spada ed andare…ma tanto, ci avrebbe pensato più tardi. Prese un lembo di metallo dalla meteora assassina, che aveva cominciato a colare un liquido rossiccio, e si stupì nel sentirlo tiepido e malleabile. Lo mise nella forgia, prese uno stampo di punte di ghisa leggermente deformato e cominciò il suo lungo lavoro… Miran era arrivato a tarda sera, ma i risultati non erano modesti. Con tutte quelle frecce poteva distruggere un intero esercito. Aveva cominciato a mangiare le carcasse degli uri che avevano catturato la settimana prima. Tanto non ci sarebbe stato nessun mercato… in compenso il combustibile non era poco. Poteva durare tutta la notte. E doveva, perché di notte, le fredde notti invernali, scendono i lupi. Sentì un lieve flap flap, e alzò lo sguardo, lievemente spaventato. Non si vedeva niente, solo le stelle stavano lì, immobili, illuminando la notte scura come una mediocre lucerna. Di nuovo si sentì il rumore, e l’arciere alzò gli occhi al cielo, dove continuavano ad avvolgersi le spire della pira funebre. stavolta seriamente irritato. Non era un’aquila, ma molto più grande. E molto più tremendo. Zunya aveva ricevuto un ordine dal suo padrone. Doveva obbedire. Molte frustate lo attendevano al fallimento. Ma al successo lo attendeva carne. Carne fresca, carne umana. Umani, sciocchi piccoli umani. Si credono capaci di misurarsi con il grande padrone, il ‘Monarca’, come lo chiamavano. Sostenevano che era un tiranno. Non era vero. Profetizzavano che li avrebbe uccisi tutti. Non era vero. Dicevano che voleva la distruzione di Arensalda. Il contrario. Egli era un gran condottiero, nonché altissimo benefattore e uomo d’onore, con altrettanto alte intenzioni. Zunya era lieto di lavorare con lui. Anche alcuni elfi erano stati abbastanza saggi da unirsi al Padrone, ma molti lo avevano definito uno sfruttatore. Stolti. Stolti e ingenui. Il Padrone ama e protegge i propri amici, ma è crudele con i nemici. Zunya diede uno strattone al Drago Oscuro. Erano arrivati. La Polvere scese dal bestione e atterrò in quella che pareva una landa desolata, inconsapevole che due penetranti, terrorizzati occhi scuri la stavano spiando da un cespuglio. La Polvere si guardò un po’ intorno: gli avevano ordinato di portare il Metallo…tirò su da un cumulo di macerie un pezzo di metallo appuntito, ma poi la gettò via. Non era questo il metallo che cercava…quella si chiamava spada, ed era una cosa abbastanza comune alla Loggia di Set-Khaal. Il Padrone non avrebbe mandato una Polvere perfettamente addestrata con un Drago Oscuro e un sacco di corde a prelevare una spada. Alla fine scorse una sfera di metallo. Era molto grande: era il metallo che doveva prelevare. Lo tirò in spalla e lo mise sul reticolo di corde e fibbie, poi si arrestò: gli era parso di sentire un gemito soffocato, quasi roco. Si avvicinò ad un cespuglio e proprio allora emerse un uccellino. Si strinse nelle spalle trattenendo l’impulso di distruggere la creatura, e si avviò, dando ordini e incitamenti, verso la Rocca. Miran si tirò a sedere, ansimando per la paura. Quel giorno, ne era sicuro, aveva guardato la Morte negli occhi. Ed era sopravvissuto. Secondo Capitolo Spoiler: Un ramarro…? Per tutto il giorno seguente Miran oltre a salare la carne per prepararsi a fuggire da lì si fece una bella scorta di sassi e un rozzo scudo circolare ricavato da un paio d’assi che aveva trovato nella scorta di legna per l’inverno, che di solito erano umide, ma con l’impatto della meteora si erano seccati, ed erano perfetti per farne scudi degni di uno spadaccino. Sì, perché la spada trovata e scartata dalla Polvere portava il suo nome. E non era l’unica sorpresa. Sull’impugnatura, fredda per la morsa letale della Polvere, oltre ad un’incisione, c’era anche un messaggio d’appunti che aveva l’aria di essere stato scritto più da una gallina che da un essere umano, che recava la scritta: “Miran il Protettore, 24simo giorno del quinto mese del 136° anno del governo di N.S. il Monarca.” Ed il 24simo giorno del quinto mese era proprio il giorno dell’Addio, il giorno in cui i trovatelli venivano orientati verso una scelta: stare nel villaggio o andare alla ricerca della propria avventura. Quindi Melnior & Co. Non era la sua famiglia, né Aniam la sua città natale. Sospirò, ripensando ai sogni che faceva da piccolo, di restare a casa a fare il fabbro che gli aveva insegnato a combattere e a forgiare armi temibili. Ma i tempi erano cambiati, non c’era più Aniam e tanto meno la possibilità di restare in quella piana torrida di giorno e gelida di notte, con i lupi, la classica ciliegina sulla torta. Tornò ad ammirare la spada e la trovò perfetta, come l’arco elfico. Era quella che si poteva definire una spada possente. L’elsa era a forma di testa di drago, o almeno così sembrava a Miran, ma sotto le fauci c’era un curioso incavo sferico. Miran seppe con assoluta certezza che dentro ci si doveva infilare qualcosa, come seppe con assoluta certezza che l’avrebbe riconosciuta al momento opportuno, risparmiandosi così una patetica caccia al sasso tra gli oltre 300 che aveva accumulato. La guardia era lunga circa una spanna e mezzo, facendo rientrare lo strumento di morte nelle file delle spade “Bastarde”. All’elsa la guardia si piegava ad angolo retto costruendo una complessa struttura simmetrica al baricentro, creata da triangoli Dava una meravigliata sensazione di rudezza e di perfezione che faceva ammutolire persino il veterano più esperto. E la lama era ancora migliore. Cominciava ad una larghezza di circa tre quarti di spanna, e dopo una spanna netta dall’elsa s’inclinava a mezzo angolo retto, scendendo rapidamente ai 10 centimetri, come continuava per un metro circa, finendo con una punta a guglia, con curve troppo morbide per non essere taglienti come un rasoio. Dalla fine della lama larga cominciavano a spuntare dei cunei di tre dita, ricurvi, con la punta rivolta verso l’elsa. Miran sapeva che i cunei così disposti aiutano la lama ad entrare e ostacolano la sua uscita, e si complimentava mentalmente con il fabbro artefice della spada (o Densei, che significa La Primogenita). Già, perché l’artefice della spada non apparteneva alle terre Nord-Occidentali, e l’aveva capito dopo un dubbio risolto confrontando il Metallo delle frecce con la pala funebre e con la Densei: i primi combaciavano (e ciò dava a Miran un ottimo motivo in più per mettersi contro il Monarca, il rifornitore di Aniam), mentre Densei non combaciava per niente con le frecce. La spada era più morbida, ma più resistente. Era un’opera sublime, un’intera vita di sapienza e di studio fusi in un unico, freddo, letale, meticoloso e preciso strumento di giustizia. E cercando ancora tra le rovine trovò una mappa d’Arensalda con dietro un discorso datato 24simo giorno del quinto mese. Miran svolse il papiro mezzo sigillato e cominciò a leggere: “Concittadini, siamo qui per annunciare la partenza di Miran di Aniam. Il nostro caro concittadino si è dimostrato leale, paziente e coraggioso. Purtroppo alcuni fatti ci costringono a lasciarlo partire per le terre della Confederazione del Giusto. Un Mago Elementale ci ha urgentemente richiesto la sua presenza ad Avia Leniae. Pur non sapendo le intenzioni del Mago abbiamo deciso di lasciarti partire, Miran. Ma non prima di altri consigli e di alcune rivelazioni che ci sentiamo di doverti dare. Prima di tutto tu non sei un Melnior. La famiglia ti ha trovato in una piccola imbarcazione sul fiume. Abbiamo deciso di adottarti, sperando di poterti un giorno vedere accolto come uno di noi. Purtroppo i progetti quasi mai si avverano, e tu dovrai rinunciare alla favola che hai vissuto in questi anni. Speriamo un giorno di poterti rivedere. Ma non c’è tempo per gli addii: raduna le tue cose e parti. Vai verso Sud, percorri strade poco frequentate, protette dagli alberi. Dormi di giorno e spostati velocemente di notte. Questo ha detto il Mago. Ha aggiunto che arrivato ad Avia Lenae Egli si farà trovare. Ti auguriamo una buona fortuna, Miran, e ti auguriamo anche di non avere l’occasione di usare questa spada, omaggio del Mago. Ti salutiamo, Miran il Liberatore.” Miran lesse con le lacrime agli occhi per la commozione. Le parole del vecchio sindaco, per pompose che fossero, lasciavano trapelare un grande affetto per il giovane cacciatore. Girò la carta per non pensare più alla vita passata, quella che non avrebbe mai più avuto, e si costrinse a scrutare la mappa, miracolosamente intatta. Doveva andare ad Avia Lenae, vero? Bene. Non doveva fare altro che seguire l’ovest. Con qualche piccola deviazione, orientandosi con le stelle (Miran sapeva che la coda del Drago indicava il Sud) sarebbe arrivato in capo ad una settimana. Incuriosito, guardò i confini delle Terre del Nord: a Nord le Polveri dominavano su un terreno montagnoso sui confini e tetramente piatto, quasi piallato, nella zona centrale. A Nord-Ovest la Confederazione del Giusto governava un territorio montuoso. Ad Ovest il Mare del Drago, con i mitici animali dell’Isola del Drago, con la città in rovina proprio sul collo, sotto le ali: Derys la Leggendaria. Nella mappa scorse anche i territori di Set-Khaal, e cominciò a riflettere sul suo “armatore”. Non aveva dubbi sulla provenienza del misterioso Mago. I Membri della Loggia erano chiamati Stregoni, lui era un Mago…Ma non riusciva a capacitarsi del fatto che un solo Mago, per quanto potente, riuscisse a dare ordini (anche se era così carismatico da farli assomigliare a dei consigli e ad una preghiera appassionata) persino al Sindaco. In ogni caso non aveva motivo di ignorare i moniti e riteneva non punibile con la morte sotto tortura l’anticipazione della partenza per Avia Lenae. Cominciò a preparare le provviste essiccando la carne salata e incartando legumi e mele. Sarebbe partito il giorno dopo, con Densei e Frewa (così aveva chiamato l’arco in omaggio al fratello morto) e un bagaglio sufficiente ad alimentarlo per il viaggio. Trovò anche delle monete, 278 Deltine per la precisione, e le mise in una tasca della giacca da viaggio. Doveva solo stare attento a non sperperarle. Avrebbe potuto comprare altre provviste, e una buona cavalcatura. Si preparò tutto in un’ala riparata dalle intemperie in una delle tante case mezze sfasciate di Aniam. Se Aniam significava Città Splendente, ora, forse non era più degna del suo nome. Tradita dal Monarca, che era intervenuto non per salvare la città, ma per recuperare un pezzo di ferro partito per sbaglio dalla sua fucina personale a Set-Khaal, era ora ridotta a un camino spento. E la Polvere…Miran rabbrividì, non sapeva se per il freddo delle ultime ore della sera o per il ricordo improvviso dell’immagine della Morte fatta ossa e carne…o meglio polvere. La creatura fredda e spietata sembrava l’ideale per assassini, ma Miran era certo che sotto il mantello esse nascondevano abbastanza potere da frantumare un esercito con un solo gesto, e un’intelligenza almeno tre volte quella umana. Pensò ai nani che da tempo fermavano le Polveri, ai passi del Nord, e reputò la Confederazione fortunata della loro alleanza. Pensò ai vari motivi che avevano spinto il mago a chiamarlo via dalla sua cittadina, tra cui la possibilità di impiegarlo nell’Esercito Libero, quella di mandarlo al sicuro, anche se aveva appena avuto una manifestazione della potenza del Monarca, e la possibilità recondita ma presente di essere stato preso in giro, in modo che il Mago potesse usarlo come spia. Assorto in questi pensieri, ad un tratto si sentì osservato, si girò e gridò in avvertimento all’aria. Non c’era nessuno. Ma la sensazione non diminuiva. Si fece all’erta…e la sensazione lo abbandonò gradualmente.Da qualche parte qualcuno in una radura con un laghetto circondato da alberi imponenti si alzò di scatto da una bacinella d’acqua, e una nebbia azzurrina si alzò dal liquido, dissipandosi fino a sparire. Il mago si passò una manica nera sulla fronte. L’aveva scampata bella. Ma poteva fare ancora un ultimo tentativo… Miran si alzò dal falò che stava preparando per la carne da essiccare. Le parole gli martellavano in testa…no, quelle non erano parole, ma sensazioni, premonizioni…gli procuravano un senso di fretta, di persecuzione cui sfuggire: doveva andarsene al più presto, l’indomani mattina. Non poteva restare più di tanto nella radura indifesa, tra le macerie ormai nemiche e in balia dei lupi, che ormai, attratti dai fumi, erano scesi dalle montagne basse per cercare qualche cadavere tra le rovine. Miran radunò le poche cose che gli restavano e le dispose dentro ad alcune macerie, preparandosi all’assalto dei lupi, che in quella zona erano particolarmente temuti. L’ultima loro vittima era stata una bambina di sei o sette anni. I genitori non l’avevano più trovata, fin quando nella foresta ne era stato riscoperto lo scheletro, vicino ad un lupo morto, azzannato dai compagni affamati che non volevano dividere…compagni lunghi circa due metri senza contare la coda, e alti circa la metà. Potevano azzannare un orso adulto imbufalito senza troppe difficoltà. E nelle sere d’inverno si sentiva il loro ululato perdersi nelle tormente di neve, mentre i vecchi e i bambini stavano davanti al fuoco, i vecchi a narrare gli antichi miti dei famosi lupi Lendiani, i bambini ad ascoltare rapiti e i loro genitori a sparecchiare, passando lì davanti ad affermare o a negare ciò che era appena stato detto dal nonno. Una goccia di pioggia bagnò il naso di Miran, scotendolo dalla visione piena di colori caldi del camino con la famiglia riunita e lo pose davanti ad un serio dilemma: come fare contro la pioggia? Non poteva dormire, non con un acquazzone sulla testa. Decise di tendere un telo dal muro, e al contempo che doveva farsi amicizie. Se no sarebbe caduto nel circolo vizioso del parlare da soli… Miran era in attesa. Non aveva chiuso occhio, raggomitolato nel ciuffo di sterpaglie non aveva dormito per niente. Non gli sarebbe servito, l’unica cosa che poteva ricavare dal giaciglio era quel po’ di calore che l’avrebbe tenuto su, pronto per la battaglia imminente. Sì, ci sarebbe stata battaglia, e lui lo sapeva. Aveva preparato i sassi, lucidato la spada e messo a seccare su una lastra di ferro caldo dei bastoni corti. I lupi quella notte avrebbero avuto del filo da torcere! Miran era in attesa, sì, in attesa di provare il suo arco e la sua spada contro un vero avversario, non contro un fratello o contro un fantoccio di paglia. Voleva far capire ai lupi che non aveva paura né degli artigli né degli ululati che risuonavano vicini. Era in piedi, la spada in pugno, lo scudo sistemato e un pezzo di legno in mano. “Coraggio, vediamo che sapete fare”si ripeteva ogni tanto, in preda ad un’euforia che nascondeva appoggiandosi ad un palo tiepido, il viso calmo incorniciato da capelli sporchi e sudici. Sembrava un assassino. E all’alba del giorno dopo lo sarebbe stato. Assassino di lupi. Gli ululati si avvicinarono, centinaia di occhi di brace lo fissarono e Miran deglutì. Non pensava che fossero così in tanti. Si nascondevano nella foresta, circondando il rifugio provvisorio, digrignando i denti minacciosi. Ad un tratto un lupo più grosso emerse dalla penombra. Era una femmina, probabilmente la capostipite del “Clan”. Numerosi graffi risaltavano rossi sul pelo nero, mentre si avvicinava ad un piccolo umano con un pezzo di metallo in mano. Miran aspettava che il lupo venisse più vicino, ma l’animale si fermò a poca distanza dal fuoco. Miran decise di rischiare, e si avvicinò con passo lento al lupo, tenendo in mano la spada. Sapeva cosa sarebbe successo. L’animale si accucciò e con un ululato spiccò il balzo. Miran si gettò di lato e colpì di punta la bestia, che rantolò, cadde e non si mosse più. Regnava il silenzio. Miran sapeva cosa sarebbe successo. Lentamente si mosse verso il falò e avvicinò il ramo secco alle fiamme. Appena il fuoco crepitò, l’orda di lupi si gettò su Miran. Miran sapeva cosa sarebbe successo. Prese la torcia e la gettò in un punto predefinito. Le fiamme bramose di più spazio attaccarono subito la legna secca. Miran sapeva cosa sarebbe successo. Il fuoco divampò, ardendo e bruciando i lupi che vi erano sopra. Miran sorrise complimentandosi tra sé e sé. Sapeva che sarebbe successo. L’aveva provato e riprovato durante la mattina. Era il suo asso nella manica, e aveva funzionato alla perfezione. I lupi si ritrassero, inorriditi e sgomenti, guardando i cadaveri dei compagni arsi vivi dalle fameliche fiamme, che vivevano ancora da qualche parte, reprimendo ogni tentativo da parte dei lupi di attaccare. Non sarebbero durate ancora per molto. Miran cominciò a tirare i sassi, colpendo a destra e a manca, stordendo e spaventando gli aggressori, che si ritrassero sottomessi. Poi ad un tratto un ribelle ringhiò ed attaccò Miran, seguito dal branco. Miran cercò di lanciare un altro sasso, ma un lupo deviò il lancio. Sentì la massa compatta assalirlo, facendolo cadere. Avvertì un vago senso di luminescenza, e poi i lupi lo abbandonarono. Scombussolato li guardò fuggire con la coda tra le gambe. “Beh, almeno per stanotte non torneranno”si diceva per rassicurarsi. Poi guardò verso il fiume e vide la pietra che aveva lanciato risplendere d’oro mentre rotolava sul terreno, poi di azzurro quando cadde nel fiume. Lo vide scuotersi e frantumarsi. Poi la luce divenne verde acqua, forse a contatto con un’alga, e quando divenne bianca il bagliore avvolse tutto intorno a lui. Poi Miran non fu più nulla. Quando si svegliò dallo stato di torpore in cui era caduto, meravigliato di essere tutto intero, guardò per terra, e vide una grossa lucertola dorata con un paio di membrane che sventolava con pigrizia. Prima di cadere addormentato ebbe appena il tempo di pensare: “Cielo, un ramarro…”. -
Allora lascio gli ultimi post dell'estate, vi saluto e faccio i complimenti! Monti d'Acciaio: le Iron Mountains, negli USA Santa Raghele: è l'angelo Raguel (bellissima illustrazione, per inciso...) Sumitia fu sommersa da un immane alluvione: allora si riferisce al mito di Noè e del diluvio universale...ma su questo punto, c'è chi dice che in realtà il mito del diluvio sia una costante nelle culture antiche in quanto prende spunto proprio dalla sommersione di Atlantide. Sinodo: deriva dal greco synodos, che scompongo in syn (insieme) e odòs (cammino). è un altro termine per dire 'Concilio', ovvero quelle riunioni lunghe anni ed anni dove si riunivano tutti i vescovi (non avevano altro da fare?) La Fede nell’Unico ha come simbolo il Disco Alato e la sua dottrina si basa sulla dualità tra il bene e il male, la lotta che ne consegue e il ruolo dell’umanità in essa: si riferisce allo Zoroastrismo. Occhio Fiammeggiante: Rimando all'Occhio della Provvidenza, un simbolo tipico della Massoneria e degli Illuminati. Dias: Dia, come già detto da Atride, è una figura della mitologia greca. qualcuno però l'ha identificata con Ebe, la dea della giovinezza e coppiera degli dei. Larìa: Larissa, città greca. Mesia: è un altro nome di province Romane, corrisponde approssimatamente all'unione di Serbia e Bulgaria. Ultima battaglia presso il monte Bad: l'ultima che combattè Artù fu la Battaglia di Camlann, quella famosa dove lui e Galaad si ferirono a morte. Heft Sirr: difficile, difficile...secondo la visione del mondo yazidi, Dio creò il mondo, che ora è guidato da sette esseri santi, conosciuti come angeli o Heft Sirr (i Sette Misteri). Fakhraddin: Fakhr ad-Din ibn al-Hasan, citato in un libro di narrativa religiosa Yezida. Quelippoth:Qliphoth, sono rappresentazioni delle forze maligne negli insegnamenti mistici giudaici e cabalistici: in questo particolare contesto sono...Gusci attorno alle sephirot. hm. non è che c'entra qualcosa con il progetto avviato nella Terra promessa, vero??? ;D