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Risultati per i tag 'poesia'.
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Scacciare Certo consulto il libello esemplare: se lo posso agilmente per mummie e vampiri, qual veto insiste allo scacciare la suocera il mezzodì che c'ho la partita? Il Premio del Paladino Emergo da spoglia del dracoverme abbattuto dimonio tonante che faticai al trapasso or spei che tu nobile desirata mia ancella accogli l'afflato che volse alla pugna e non ti inventi il solito mal di testa Roba Vecchia Lo messicano ingenuo addentò l'alimento Dolor! e di denti fu privato: giacché illetterato fraintese quel THACO. Problemi che uno non ci pensa Fu tragica sorte del mago, che dramma ei trovò morte castando la Fiamma. 'Com'è che non posso?' strepitava quel mago mentre cremisi, e rosso l'uccideva tal drago. "Ecco morale, tosto ai posteri data" sibilla poi il mostro con forte risata. Aggiunge non pago col fare sardonico: "non puoi fare il mago se sei pure daltonico"
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Bah, proviamo. Mai fatto poesia. Così, per cazzeggiare, ho scritto una piccola poesia in verso libero. Tra l'altro è come un concept di una creatura. È cortissima. Se volete usatela nelle vostre campagne. Alcune considerazioni mentre scrivevo, quello che FeAnPi scrive sul suo blog. Saltatele pure. - Il verso libero è una delle invenzioni progressiste più combinatoriamente stimolanti dai tempi dell'abolizione della schiavitù. Non ci sono assolutamente possibilità di dire quello che vuoi dire nel modo che vuoi dire se devi stare a pensare al giambico, esametrico, rima incrociata ABBA. Nessuna lingua è sufficientemente abbondante da permettere che uno riesca a combinare proprio la metafora che vuole mettendola in rima e pensando alle sillabe (e sì, anche io ho studiato Dante e lo ritengo un mostro tecnico). E qual è il vantaggio? Il vantaggio è basso e per roba gerarchicamente non importante (la bellezza ritmica, ma per piacere!! Tra l'altro deriva mi pare da roba tipo per recitarla meglio, comunque roba che non serve). A me non piace pensare così, mi piacerebbe poter mantenere la tradizione, ma davvero questa è una eccezione troppo utile. - Scrivere poesia cosa più utile al mondo per parlare meglio, per improvvisare, per chiarificare i concetti, per ragionare meglio, per argomentare meglio e che voi ci crediate o meno per fare migliori battute (uno anziché andare ad esercitarsi su battite etc. fa poesia ed è panacea). Effetto immediato e visibilissimo nei primi 20 minuti in cui ti sforzi di fare associazioni libere e metafore, utilizzare verbi e aggettivi in maniera jazzistica diciamo, etc. Lo status di arte superiore stra, stra. Meritato. Non pensavo, una delle cose più potenti e scientificamente efficaci che ho mai visto. Vi prego di credermi. Penso di continuare nel microscipico tempo libero che ho. - Effetti speciali e illustrazioni del fantastico (Fantasy, Sci - Fi, New Wierd, etc.) contengono più poesia di altro (filastrocche di Pascoli etc.). - Il ricorso a parole auliche e altri strumenti di bassa lega (allitterazioni, etc) ti vien voglia proprio esattamente preciso il momento quando non hai niente da dire. Poi non si è capito perché non ho mai letto di una gerarchia delle figure retoriche. Immaginate: i Veda potevano essere i Veda se fatti di sole allitterazioni anziché di metafore? - Secondo me c'è un particolare meccanismo "a trappola" prociclico in cui se non hai niente da dire, a causa dei vari pregiudizi storicamente stratificati che bisogna avere qualcosa da dire o che l'arte sia qualcosa che debba incanalare emozioni (romantico), punti di vista (relativismo), nevrosi (psicoanalitico) continui a non aver niente da dire. Immaginiamo uno che inizia a scrivere da adolescente senza che abbia incanalato nell'agganciare le compulsioni in teorie (tra l'altro questa è una cosa che richiede un bel po' di coincidenze). Dato il pregiudizio che debba avere qualcosa da dire, si sforzerà di farlo. Questo sforzo gli pregiudicherà la qualità rispetto al caso in cui faccia art pour art, perché si deconcentra e forma una immagine negativa di sé (a buon ragione, ma comunque è svantaggioso). Inoltre, e questa è la cosa importante, questa è la trappola, nel caso in cui inizi a formarsi qualcosa dentro di lui per cui si potrebbe arrivare a dire qualcosa, una nebulosa di inconscio diciamo, questa verrà usata immediatamente, e troppo presto, e non si raggiungerà mai una "massa critica" inconscia necessaria affinché qualcuno davvero abbia qualcosa da dire. Bisogna prima creare (o meglio è necessario che sia stato già creato in adolescenza) quel meccanismo di sublimazione in contenuti, e quello che voglio dire è che il pregiudizio romantico, la presa di coscienza del fenomeno, pregiudica la possibilità anche nel caso in cui later in life la "stella" si sarebbe potuta accendere. Bravi, è proprio quello che stavate pensando e proprio in questi termini: è come quando fai metacognizione sul fatto che stai facendo socialmente una brutta figura, l'inconscio si riempie e peggiorate la situazione. ---- Il titolo me l'ha consigliato il famoso Paulo Perugina sotto ispirazione della goliardia di Zappa, Feynmann e Bulgakov (che il titolo fosse davvero quello, non mi insultate per cortesia). Quindi il titolo è goliardico. Questo a dispetto della comunque presenza di contenuti in questa poesia (per sovrabbondanza), ho cercato di non metterci neanche un PE e non dare via neanche un pazzo di anima. Ripeto, a dispetto di quanto sembri - ma se avete comunque un livello minimo per la sovrabbondanza di cui sopra - ho cercato di NON metterci contenuti anche se ce li ha. Qualche PE ci è finito comunque, ma quello che ho cercato di fare è fare una roba che non seria, un gioco (che poi è esattamente il contrario di quel meccanismo che ho detto all'ultimo punto). Bene. LA MIA ANIMA La mia anima è petali di titanio di luce, (Avvolgo i pollini invisibili che chiamano l’uragano) (Taglio l’aria con aria meno densa) (Illumino di fantasmi elettrici i simpatici scheletri dei miei tentacoli) E sui petali, tentacoli di spugna di fuoco. (Sputo pece bollente di fodere elastiche di acido di oro celeste) (Assorbo il fuoco d’attrito dei fossili di meteoriti di cotone) (Conservo braci cardiache nel sottosuolo incandescente delle mie maschere) E sui tentacoli, maschere di specchio di carta velina. (Soffoco le stelle con nuvole di carbone ghiacciato) (Ricevo l'immagine di me stesso che volevo dare: è lo scudo per conservare la mia forma) (Mi sbriciolo e così mi autoimpollino) Fine. Bella no? La cosa bella è che la poesia è comprensibile, la spiegazione no. Ci sta
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Ciao a tutti e a tutte, sto scrivendo "La setta della giada", un fantasy in versi. Pensavo di essere l'unico pazzo a fare una cosa del genere e invece eccovi tutti qui. Il poema alterna momenti d'azione a momenti più "poetici" (e beh, è un poema...) _______ … Era notte e tutto era nero,/in quattro presero un veliero,/ come il cielo anch’esso nero./Sull’onde via leggero./ In coperta, appena un cero./Tutti e quattro col pensiero/ "Di vivere io spero/e vendicarmi per davvero"./ Fiammella traballante, fumosa./Caravella scricchiolante, ondosa. Via da una fine tragica/su un’imbarcazione magica,/ via da giusti editti,/i loro cuori battevano zitti. [nota:editto=legge] Cuori di maghi,/di certezze al più un paio,/ sperduti come aghi abbandonati in un pagliaio. Tal pagliaio, poco a poco,/aveva preso fuoco./ Il fuoco di un agone/tra il bastone e lo spadone./ ... Dei templari una legione,/dei maghi muore il nome./ [nota: agone=lotta] I quattro adesso stanchi/non sono maghi bianchi./ Magia antica,/chi la sfida langue,/magia vietata,/magia di sangue./ Accovacciati incappucciati/discorron preoccupati,/cullati e sballottati,/dei lor tremuli fati. «Dove stiamo andando/sballottati tra onda e onda?»/ «Per lo meno stiamo andando,/per lo meno non si affonda»/ «Farò un altro incantesimo,/le forze mie non lésino … [nota: non lesino = non risparmio] …Vedo terre sconosciute,/le canzoni tramandate+ a tale riguardo sono mute» «Un demone vermiglio/dentro me mi dà consiglio:/è gran periglio oltrepassare l’orizzonte e fare un miglio»/ [nota: vermiglio = rossastro; periglio = pericolo] «Che dovremmo fare,/forse ritornare?/ Vada come vada/siamo la setta della giada,/rimettiam piede nel regno e ci daranno il fil di spada…/passeranno al filo noi,/taglieranno gole e poi/la mia salma assieme a voi/sarà pasto d’avvoltoi». ______________ il resto è qui su questo link con il font giusto. https://zuraar.wordpress.com/ (è un blog gratis senza registrazione richiesta in cui spiego con una nota iniziale il cambio di tempo nell'ultimo verso di questa anteprima) Per ora sono 70 pagine (15mila parole), ma, 200 parole al giorno, arriverò a 80.000 parole (la lunghezza di un romanzo commerciabile medio) ______________ Fatemi sapere se vi piace (è una lettura invernale, credo)
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Dell’era di Nimhior ivi si narra, quand’eran calde di sangue le spade e l’odio, come terra sulla marra, sporcava i cuori portandoli ad Ade. È tempo di uomini che cambian schiera e terrore di chi non sa che accade. Un’alleanza trascina però fiera paladini nel fragor del suo fiume e il dilagar dell’invasione nera si argina al baglior di codesto lume. Il Terzo Ordine è il nome e l’effige; lo generò un dio d’immenso acume. Pilastri d’amore da sempre erige, egli porta la Conoscenza antica, celeste il Padre, dalle chiome grigie. Gaiam la dea della Magia gli è amica, suoi i favori divini son restati, fino alla fine e finché se ne dica. I pochi pionieri del Terzo nati sono grandi amici e compagni d’armi, vantan poteri tra i più disparati. Trema la muta tetra a udirne i carmi, che mai più si cantò di simil gesta, fuggono i demoni nei neri marmi. Un mago aiuta gente povera e mesta: Belgharat è chiamato dai campioni. Dell’impresa che or dico è lui la testa. Nimhior, l’Oscuro, ha tremendi copioni; lui tra tutti i draghi è il più potente, rovesciare e conquistar vuole i troni. Lucifero l’insidioso serpente ordisce in segreto più grandi piani, offuscandogli di gloria la mente. Sul Piano sono inviati i più Anziani, generali infernali camuffati, di Nimhior i servi sì come cani. Per Saint Immon e i cancelli assediati, una soluzione va escogitata. Lì re Akron e valorosi soldati difendono una lama incantata, verde molto più del puro smeraldo. Che dal nemico sia stata trovata è grave, ora egli s’è fatto spavaldo. Il Creatore potrebbe essere ucciso ma solo del Primo Ordine l’araldo sa tal segreto di mistero intriso. Agli uomini dei più alti e altri mondi il sapere come un fiore è reciso. Inutile il pensar dove non sondi.
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Finisce un amore, la vita va avanti. Ardono fiamme di rosso scarlatto Nel fuoco ogni passione si consuma, Scompare. Fata di smeraldo Il mio conforto. Addio. (spiegazioni, note ed esegesi di questi versacci si trovano sul blog)
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Breve poesiola notturna, qualche dettaglio extra sul blog. Al buio della notte solo tu Nei miei pensieri, e nel cielo una falce, Un filo d'oro. Ascolto in lontananza La voce del ruscello. Un bacio, ancora Un bacio, un bacio ancora.
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Dopo non so più quanto si verseggia nuovamente. Che cosa, cuore mio, potrei cantare Se non quel sogno ricorrente, quel nome Che ogni notte mi si insinua nei pensieri E quel volto, che ricerco in ogni viso? All'alba, al mio risveglio, assieme al sole Il nome tuo riscalda i miei ricordi. Nel blog, oltre alla poesia, offro anche alcune riflessioni a riguardo. Leggete pure, se vi va-
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[Poesia] Il Flagello di Durin, Balrog di Moria
Angmasir ha inviato una discussione in Prosa e Poesia
Il Flagello di Durin, Balrog di Moria Disgiunta di un oscuro Balrog è l’ardente scorza tra fuoco e fiamme purpuree altresì amate adesso da molli creste adorne al pari d’un elfico ricamo che l’intreccio, fitto, dimena fra i lunghi vessilli smossi dal vento su un cinereo campo di guerra. Elfico il lamento, a muta voce, sì nell’accogliere della sua violenta frusta, il sorridente abbraccio, quando altrettante lingue poi con rubiconda furia ripetutamente anelano di un’elsa la presa sicura. Né una corazza o elmo o ancora un eroico scudo ad arrestar della fiamma di Udun l’antico rancore covato a lungo attraverso le remote cave di Moria dei nani tutti, perduto e sepolto paradiso nascosto sigillato dagli splendenti fregi in lega di Ithildin, quale lieto corpo alla lusinga di una pallida Luna. Ruggisce al di là del litico ponte di Khazad-Dum un longilineo staffile dalle molteplici maschere, ove quell’iracondo sguardo del Flagello di Durin presto, alimenta dell’unico anello la rapida fuga. Tu, non puoi… Passare! Questo, l’infuocato guaito di colui che s’appresta ineluttabile, a condividere con il più tetro Abisso le tinte profonde e finanche le prigionie tortuose. Come l’esporsi alla luce attraverso un buio varco addentro le cupe e sorde ombre di siffatte miniere, dispiegansi le imponenti ali di brace, così ferendo della notte i primi squarci d’un insolito fato, onde brilla del canuto bastone, il poderoso sfrigolio: Ambedue crollano giù solerti dall’infranto passo dello stregone la caviglia dapprima incatenando all’etereo cappio ora filato dalle demoniche dita. Le corna oblunghe, ben assesta nel debole torace del proprio nemico, finché esauste le calde froge di soffocante bruma, or vengono sfiancate a lutto. Un lieve sussulto, e di Glamdring, elfico flagello, risplende sottile la lama, la cui nomea sussurrata appena dal vento, nella belva apre la serica ferita. Sempiterna, risuona tale battaglia con Mithrandir il Grigio, sulle innumeri vette di un gelido colle Celebdil, questo il nome ovvero Argentacuspide, altresì combattuta su una coltre di velato incanto per ben dieci lunghissimi giorni dell’era mortale poiché per indole funesta, il Demone di Fiamma di valoroso Maiar, tenne ancora ribelle il ricordo. Adesso, sovviene il riposo e degl’Istari, lui solo, segue l’eterica scia di un altro dì, in nuove vesti. -
Sorrisi di risacca, il cielo attorno A me, abbracciato al bianco della rena. Il sole in faccia, il vento sulla schiena. Mare, con te per quest'ultimo giorno. (per gli interessati, sul blog mi dilungo un pochino di più su alcune scelte metriche)
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Istanti di poesia dal mio blog Gelo dall'ossa Penetra fino al cuore. Ecco l'inverno. Velo di nubi, Luce soffusa, e vento. Tutto è quiete. Vidi una foglia, Fragile, in primavera. Nido di serpe Come sempre, la pubblicazione originale sul mio blog.
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Durante il breve soggiorno milanese pro-raduno ho avuto modo di scrivere due poesie. Pallidi sogni, la neve si scioglie In lacrime alla luce del risveglio. Ci baciavamo nell'assenzio, un tempo; Quei giochi di lingua, quei dolci morsi, Ricordo d'una vita scapigliata Che non fu mai veramente la mia. Ma tu, tu mai, neppure nei ricordi Di vite passate, mai, mai le labbra Intrecciate nei giochi dell'amore, Mai le carezze dal brivido intenso. Mai, solo l'ombra soffusa d'un sogno Irreale, solo nuvole al vento. Tuttavia, siccome sono un becero egoista che si bea degli accessi sul blog (e un becero egoista stupido, perché per principio non voglio mettere nessun banner pubblicitario), per tutte le riflessioni profonde e pregnanti e personali riguardo alle poesie di cui sopra vi rimando all'articolo sul mio mio blog con un link enorme.
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Una nuova poesia non proprio lieta (ma chi è proprio lieto di questi tempi? Di certo non io, decisamente non io). Sul blog chi fosse interessato potrebbe leggere qualche parola in più su alcune scelte e qualche altro delirio del sottoscritto. Ma la poesia vera e propria, in tutta la sua piccola pochezza, ve la lascio qui. Sopisco i sogni, e non più mi consumo In attese e speranze. Attimi andati, A cosa giova il rimorso, il rimpianto Per gli istanti sognati e mai veduti? Tutto svanisce, ogni memoria lieta Solo un inganno. E allora perché piango, Nostalgico, le vite mai vissute?
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O: delle scanzonate rime baciate di recentissima composizione, nonché mio ultimo post sul blog. Ma che bello 'sto mattino: Oggi l'è San Valentino. Tanti auguri ai fortunati; Mentre invece noi sfigati Che restiamo sempre soli, Senza pindarici voli, Senza cioccolati e fiori, Senza rime “cuori-amori” – Il che, se s'ha un po' di gusto, Non è proprio male, giusto? – Senza labbra da baciare Ci sentiamo bestie rare. Ma poi guardo il portafogli, E mi dico: “Ma non cogli? Quel che viene festeggiato Non è, no, l'essere amato, Ma lo spendere in regali – Fiori o dolci – tutti uguali Seguitando sol la moda.” Ed allora che si roda! Sarò solo, ma non spendo E di certo non m'arrendo Alla vita solitaria. Ma lungi da me quest'aria Di bacetti e cuoricini Solo per sborsar quattrini.
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Un uomo in TV dice che sono libero. Io dico di no. Se rispetto significa oppressione, se l'educazione ci rende ciechi, allora i nomi di tutti quegli uomini sui libri sono polvere che si solleva con il vento dell'Est. Tutte le urla delle sorelle bruciate per sporcare di sangue gli altari sono polvere che si solleva con il vento dell'Est. Allora spero che qualcosa mi spazzi via. Per sempre. E mi solleverò con il vento dell'Est.
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A me, pellegrino che vago per strade più perse di quanto io sia mai stato. Bubolano i gufi e brillano le stelle in un cielo che ricorda questa mia favola ribelle. Sai, il gatto di una strega non è nero in confronto al mio cuore, così stanco e così tetro. Eppure in una gelida notte di ottobre mi hai preso per mano e hai messo fine alla mia febbre. Così, sotto una quercia senza nome qualcuno troverà un bastone piegato e un mantello strappato. di Jason R. Forbus
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In maniera forse strana, ma di certo adeguata a me, ho deciso di dedicare il trecentesimo post sul mio blog a una poesia non proprio felice, ma vera. Rimorsi. Mi straziano, m'opprimono, Sono macigni, e sono artigli, Sono catene d'attorno ai miei sogni straziati. E tu, fra di essi, tu, Fulgida luce accecante, accecata tu stessa. Ricordi, riflessi di istanti Che furono, forse, soltanto immaginati.
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Continuo, dopo le mie riflessionie a riguardo (dopo la consapevolezza di aver fatto di un gradino un traguardo), a sperimentare con i versi liberi. Il respiro sospeso Sull'eterno istante di un battito di ciglia. Ho amato quegli occhi, Forse, In un sogno dimenticato.
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Ultimamente stavo riflettendo su come nello scribacchiare versi mi fossi "adagiato", componendo sempre allo stesso modo e senza variare niente di nulla, componendo per comporre e non perché mi sentissi di comporre. Devo cambiare qualcosa, lo so. E dal cambiamento è nato questo scherzo. Davvero ho infranto le catene d'altri, Quei vetusti retaggi ammuffiti, Per aggiogarmi poi da solo Con nuove catene antiche? Davvero la conquista Di cui vado fiero È nulla, un nulla Celebrato E vuoto? Questo Mi Chiedo, Se forse M'ha rinchiuso Il troppo orgoglio Dentro qualche gabbia Di versetti serrati, Tutta intarsiata d'accenti Disposti secondo uno schema Antico, sterile, ammutolito. L'arte mi elude, inganno di superbia. Niente di serio, ma se vi interessa saperne qualcosina di più potete pure leggervi l'autoanalisi che ne ho fatto sul blog.
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Raccolta di distici a ritmo dattilico dal mio blog Quello che vi propongo è l'ultimo risultato di un lavoro al quale mi dedico ormai da quasi un anno, ovvero l'elaborazione di un modo personalizzato per impiegare in italiano un metro analogo all'esametro dattilico della poesia classica senza mandare a quel paese la metrica italiana. Le tematiche non sono molto ben elaborate, ma quel che mi interessava sperimentare -e quello con cui devo ancora prendere bene la mano- è la forma metrica. Corrono leste le nubi nel cielo Ma passano lente, Quasi irridendo, beffarde, le ore, Antico splendore, Mentre s'evolve quel cupo ricordo Mal nato, e crudele Figlio di molte cocenti illusioni, Speranze irreali. Stelle nel cielo, nascoste e celate, Che fan capolino Timide, incerte, fra nubi e tempeste Rievocan sogni Lievi, ricolmi di dolce abbandono; Talvolta sicuri, Quando richiamano i giorni felici Da tempo passati, Quelli trascorsi con gioia ed ingenuo Sognare, perduto Dietro a progetti mai resi reali Ma dolci, ben dolci. Se la poesia vi è piaciuta, potete leggere maggiori chiarimenti riguardo alla sua struttura e al tema sul mio blog.
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Bando di selezione del volume "Autunno - Haiku" (Collana editoriale)
Astyrre ha inviato una discussione in Prosa e Poesia
Riposto il link: http://www.edizionidellasera.com/2013/03/25/selezioni-per-autunno-haiku/ -
All'ombra dell'ultimo sole si era assopito un muratore che aveva un solco lungo il muro, ma il suo stucco era già duro e venne fuori il committente due occhi grandi da demente il committente un po' incazzato il muratore ha svegliato e disse al vecchio "chiudi il foro! Presto ritorna al tuo lavoro!" e disse al vecchio "mammalucco! Presto usa quello stucco!" il vecchio dischiuse gli occhi al giorno non si guardò neppure intorno ma impugnò il suo martello e al committente aprì il cervello lo contemplò per un momento poi lo gettò dentro al cemento lo seppellì in un paio d'ore come ogni bravo muratore come ogni bravo muratore lui cementò lo scocciatore che ora resta lì a languire come una statua nel cortile vennero dunque due gendarmi vennero in sella con le armi chiesero al vecchio se di recente fosse passato il committente nessuno si era aspettato una cosa seria, no? in ogni caso, ieri ho giusto finito questa cosa che avevo iniziato tempo fa. essendo molto felice per aver raggiunto una conclusione, ho pensato di postarla ().